1. Sasha-1

852 Words
1 SASHA «Dakota,» urlo dalla cucina. «Farai meglio ad alzarti e prepararti se non vuoi perdere l’autobus e arrivare tardi a scuola.» Mescolo lo zucchero nel tè in modo distratto mentre con l’altra mano tengo il k****e. Sfoglio le pagine e allo stesso tempo controllo l’orologio del microonde e guardo i minuti scorrere. Ogni mattina mi sveglio un po’ prima di lei, cercando di rubare qualche momento di tranquillità con mia figlia, che cresce sempre più in fretta. Spero di non essere ovvia e, il più delle volte, non ottengo ciò che voglio quindi, prima di andare al lavoro, finisco per restare seduta da sola e a divorare i capitoli del libro del momento. Non mi va di soffocarla, ma non voglio nemmeno perdermi niente. Quando avevo la sua età, ero già madre, la mia adolescenza era finita prima di quanto avessi immaginato. Tutto quello che avevo programmato era finito in un batter d’occhio. Anche se non mi pento di essere diventata una ragazza madre, credo comunque di avere il diritto di desiderare che lei abbia la vita semplice che io non ho mai avuto. Esce dalla stanza con gli occhi a malapena aperti, i capelli spettinati e i pantaloni del pigiama sollevati fino alle caviglie. Le sorrido mentre viene verso di me con un aspetto stanco ma stranamente anche riposato. Come se stesse ancora pensando a ieri, ma fosse pronta ad affrontare le esperienze di oggi. Sono felice che non sia una ragazzina ingenua, ma è troppo curiosa e non ha paura di niente. Questo è quello che mi spaventa di più. Si siede sullo sgabello di fronte al mio, nasconde il viso tra le mani e grugnisce. «Non vedo l’ora di non dover più andare a scuola.» «Pensavo che la adorassi.» «Sì, ma dormire è al secondo posto.» «Parli come una vera adolescente.» Metto giù il k****e, bevo un sorso di tè e comincio a prepararle la colazione. «Presto ti renderai conto che dormire è sopravvalutato.» Sbuffa. «Se dici così, allora stai sbagliando qualcosa.» Le porto la tazza, i cereali e il latte. Apro il cassetto delle posate e prendo un cucchiaio prima di passarglielo. «Ti stancherai mai di mangiare questa roba?» Mangia un boccone, sgranocchiando in modo rumoroso, e lo manda giù prima di rispondere. «Direi proprio di no.» Dakota mangia questa roba da cinque anni e la sua risposta non mi sorprende. Persino i suoi gusti in fatto di cibo la rendono la ragazzina più semplice al mondo. «Oggi tornerai a casa a un orario normale?» Aspetto che parli tra un boccone e l’altro, cercando di chiacchierare con lei il più possibile prima che ci separiamo per le nostre rispettive giornate. «No, dopo la scuola andrò da Emma.» «Dovete occuparvi insieme di un progetto?» «No, la ascolterò lamentarsi del divorzio dei suoi.» «Sei molto gentile.» Finisco di bere e lavo la tazza. «Ma non restare indietro con la scuola, okay?» «Lo so. Mi dispiace per lei e abbiamo un paio di lavori da finire.» Solleva la ciotola dei cereali e mi guarda mentre beve il latte. «Se non mi assicuro che non resti indietro, non lo farà nessun altro.» Le restano soltanto altri diciotto mesi di scuola. Meno di due anni di compiti, esami e scadenze folli prima del diploma, ma i suoi amici sono comunque una priorità. In casa nostra, finire la scuola è sempre stato un obbligo e una delle poche cose che mi aspetto da lei. Non deve limitarsi a frequentarla, deve anche impegnarsi. Anche se ero rimasta incinta del mio migliore amico, non avevamo abbandonato la scuola. Da genitori, avevamo deciso di non utilizzare la nostra bambina come scusa e mia madre si era assicurata che non perdessimo di vista l’obiettivo. Mia madre era stata il genitore più d’aiuto che un’adolescente disperata e incinta potesse desiderare e si era assicurata che Jagger, il padre di Dakota, restasse a scuola mentre io mi spaccavo la schiena per diplomarmi da casa. È grazie a mia madre se sono riuscita a crescere Dakota nei primi due anni della sua vita. Anche dopo l’arresto di Jagger, aveva raccolto i pezzi tutte le volte che ero andata in frantumi. Senza di lei non sarei riuscita a rimettermi in piedi. La vita che ho dato a Dakota, e di cui vado fiera, non sarebbe stata possibile senza l’aiuto di mia madre. «Tesoro, mi dispiace interromperti, ma devo andare,» dico, controllando l’orologio al polso. Devo uscire entro qualche secondo. «Chiamami appena arrivi da Emma. Non so se dovrò restare al lavoro, ma parlerò con tuo padre e ti farò sapere chi passerà a prenderti.» «Posso prendere l’autobus per tornare a casa.» Scende dallo sgabello dell’isola ed entra in cucina. Mette la ciotola vuota nel lavabo e sento l’acqua scorrere proprio quando sto per ricordarle di sciacquare la tazza. «Conosci le regole, niente trasporti pubblici dopo il tramonto.» «Presto avrò diciotto anni.» Sbuffo. «Dakota, hai appena compiuto sedici anni.» «D’accordo.» Mi dà un bacio sulla guancia. «Vado a prepararmi, passa una buona giornata al lavoro.» «Anche tu, tesoro. Ti voglio bene.» Solleva la mano e mi saluta. «Ti voglio bene anch’io, mamma.»
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD