Capitolo 1-2

2684 Words
Murphy gemette. «Estrella ha un fidanzato.» Lucky rise forte, coprendosi rapidamente la bocca allo sguardo di rimprovero di Murphy. «Mi dispiace tanto, fratello. So che è una cosa molto difficile per te.» «Sto cercando di non comportarmi come un uomo di Neanderthal dispotico e iperprotettivo, ma lei è la mia bambina. Com’è possibile che esca già con i ragazzi?» Il broncio di Murphy era troppo adorabile, e Lucky gli diede una pacca sul grosso bicipite per solidarietà. «Estrella è una ragazza forte e sveglia. Non accetterà stronzate, lo sai.» «Sì, lo so,» commentò Murphy con un sospiro. «Ehi, potrebbe andare peggio,» lo prese in giro. «Potrebbe uscire con uno come me.» Murphy assottigliò lo sguardo su di lui, facendolo ridere. «Signore, sa che il suo mezzo è parcheggiato in divieto di sosta?» Lucky alzò le mani. «Okay, okay. Vado.» Si rimise i guanti e tornò alla sua moto. «Buona giornata, agente Murphy. Saluti le sue figlie da parte mia.» «Stai fuori dai guai, Morales.» «Non faccio promesse,» gridò Lucky; gli squillò il telefono non appena fu in sella alla sua Harley. «¿Sí?» «Dove sei?» «Sto bene, Ace.» «Non è quello che ti ho chiesto. Dove sei?» Lucky sospirò. «Non distante. Ho bisogno di rilassarmi.» «Fallo. Stai attento.» «Sempre.» Lucky attaccò e, dopo aver rimesso il casco, girò la moto e si avviò nella direzione dalla quale era venuto. Mason ormai doveva essersene andato da molto tempo, ma se non fosse stato attento, c’era sempre la possibilità di imbattersi in lui. Perché diavolo dovevano vivere entrambi nella stessa cazzo di città, e in una piccola come St. Augustine Beach? Decise che aveva pensato abbastanza a Mason, ma quella risoluzione durò solo per il tempo che impiegò a raggiungere il parcheggio dietro al molo. Quel giorno avevano flirtato. Nulla di diverso da qualsiasi altra giornata. Lucky non nascondeva mai ciò che pensava, e poi chiunque poteva vedere che uomo stupendo fosse quel cowboy, dalle gambe lunghe e potenti al petto ampio ai grossi bicipiti. Aveva mani grandi, che lui amava, e la voce bassa e roca con quel suo accento del Texas, che gli spediva brividi deliziosi attraverso tutto il corpo. Ma Lucky non faceva altro che flirtare. Non significava nulla. Mason gli brontolava contro, gli mostrava il medio e poi si lagnava della sua moto o del costo dei suoi vestiti firmati. Era sempre stato divertente. Però qualcosa era cambiato, e Lucky era stato colto impreparato. Dopo aver chiuso a chiave il giubbotto e i guanti nella borsa della sua moto parcheggiata, si diresse verso la banchina. La spiaggia era piena, e alcune persone erano sedute sulle assi in legno del molo, con le gambe che penzolavano da entrambi i lati; l’estremità della passerella, tuttavia, era vuota come al solito. Lucky era distante da tutti, quindi fece quello che aveva già fatto tante altre volte. Si spogliò restando solo con i boxer neri, fece un respiro profondo e chiuse gli occhi. La voce di Mason gli riempì i pensieri, e Lucky emise un brontolio basso. Era così stupido. Idiota. Si era lasciato irritare, si era arrabbiato. Non era la prima volta che discutevano, assolutamente, ma era stato il loro primo vero litigio. Faceva male, e lui non riusciva a togliersi le parole del cowboy dalla testa. «Dannazione, Lucky, aspetta.» Mason lo aveva afferrato per il braccio e fatto girare con uno strattone per guardarlo. No. Non questa volta. «Vaffanculo, Mason. “Una botta e via. Non significava nulla.” È questo che hai detto a Oscar, no? E quando è stato? Meno di una settimana dopo tutte le stronzate che mi hai detto in auto, dopo che mi hai quasi…» Lucky scosse la testa, disgustato. «Poi vado al club, e trovo Oscar in ginocchio con il tuo cazzo in bocca. Sei un pezzo di merda bugiardo.» Era stato così stupido, cazzo. Stupido per aver permesso che le belle parole di Mason lo influenzassero, che gli facessero perfino prendere in considerazione… Mason gli aveva puntato un dito in faccia. «Meglio un bugiardo che un maledetto provocatore. Sei tu quello che lancia segnali contrastanti. Un minuto prima penso di sapere ciò che vuoi, e quello dopo tu sei pronto a infilare il tuo uccello in qualsiasi bel culo si presenti. Vuoi parlare di quello che è successo in auto? Parliamo di come non appena siamo scesi ti sei messo a flirtare con la prima scopata potenziale che hai adocchiato. Che diavolo dovrei pensare?» «Non “fammi andare a cercare la bocca di qualcuno per scoparmela.” Sì, ho flirtato, ma non era nulla di più. Quello che hai detto mi ha colto di sorpresa, quindi scusa se avevo bisogno di tempo per dare un senso a cosa cazzo stava succedendo. Non sono un rimpiazzo per mio cugino.» «Ma va. Ace non è mai stato così sfibrante.» Lucky era trasalito. Si era ripreso rapidamente dal colpo e aveva spinto Mason lontano da sé. «Sì, beh, non ho l’abitudine di andare dietro agli scarti di mio cugino.» ‘Fanculo Mason Cooper. ‘Fanculo la sua faccia bellissima, gli occhi tristi e la bocca allettante. Provocatore? «Vaffanculo, Mason.» Lucky saltò giù dal molo, le braccia avvolte attorno alle ginocchia mentre colpiva l’acqua. Venne circondato dall’oscurità mentre affondava, gli occhi chiusi, le gambe incrociate e le braccia lungo i fianchi. Accolse il silenzio, la calma, il nulla. Il mondo attorno a lui cessò di esistere, lasciando solo lui e la quiete. Faceva quella cosa fin da quando era un ragazzino. A Cuba andava a nuotare sia da solo che con gli amici alla Baia di Cojimar, non lontana dal paesino in cui vivevano i suoi genitori. Saltava giù dal vecchio molo arrugginito, le braccia avvolte attorno alle ginocchia ossute, e affondava lasciando che l’acqua zittisse i suoi pensieri e la pancia affamata. Era successo una vita prima, eppure sembrava passato soltanto un giorno. Pensava che fosse bizzarro il fatto che avesse più incubi su quando stava ancora a Cuba che sul periodo di tempo passato nell’esercito. Lucky rimase sott’acqua più che poté, ovvero molto più tempo di quanto riusciva a resistere la maggioranza delle persone. Era parte del suo addestramento delle Forze Speciali. Sua madre aveva pianto quando aveva annunciato che si sarebbe unito all’esercito insieme a Ace. Le loro madri avevano discusso al riguardo, perché la sua dava la colpa a Ace per quella scelta, ma il risultato sarebbe stato lo stesso anche se quella fosse stata un’idea di Lucky. Lui e il cugino avevano fatto tutto insieme. Non voleva essere lasciato a Miami mentre Ace era per conto suo chissà dove. Quando era arrivato lì da Cuba, aveva paura della propria ombra. Era tutto troppo grosso, troppo rumoroso… troppo, ma non aveva mai dovuto preoccuparsi. Ace lo aveva protetto come un fratello maggiore, anche se tra di loro c’era solo un anno di differenza. Gli aveva insegnato come difendersi, lo aveva aiutato con il suo inglese ogni giorno e gli aveva aperto la strada per il suo coming out. L’annuncio di Ace di essere gay durante la festa del suo sedicesimo compleanno aveva dato a Lucky il coraggio di dire che era bisessuale qualche mese dopo. Certo, quando Lucky aveva fatto coming out, la sua famiglia aveva creduto che fosse confuso. Per loro era stato difficile capire l’attrazione di Ace per gli uomini, ma non avevano messo in dubbio la sua dichiarazione perché il cugino era sicuro di sé, forte, e sapeva sempre quello che voleva anche a quella giovane età. Quando si metteva qualcosa in testa, nessuno riusciva a dissuaderlo. Con Lucky, la sua famiglia si era inventata un sacco di scuse per la sua sessualità. Alcuni avevano creduto stesse cercando di essere come Ace, mentre altri avevano pensato che alla fine avrebbe scelto o gli uomini o le donne. La cosa era stata frustrante e aveva portato a molte discussioni perché, se lui aveva un’opzione, allora perché non scegliere solo le donne? Era stato esasperante. Un giorno, durante un addestramento nelle Forze Speciali, dopo aver camminato per dieci delle dodici ore previste trasportando pesanti sacchi di sabbia, se ne era finalmente reso conto. Il suo corpo gridava per il dolore, la testa gli pulsava a causa della disidratazione ed era pronto a crollare per la stanchezza, ma la sua mente si era schiarita. Perché stava cercando di compiacere tutti? Forse era ora che facesse delle cose per la sua felicità. Lucky riemerse in superficie e sorrise, mentre si toglieva l’acqua salata dal viso. Avvertì la presenza di Ace ancora prima di alzare lo sguardo e avere la conferma che il cugino era lì, seduto sul bordo del molo. «Ti senti meglio?» gridò Ace. «Forse.» In realtà, il solo avere Ace vicino lo faceva sentire meglio. «Dov’è il tuo uomo?» «Colton è in auto, dove c’è l’aria condizionata. Così non prenderà fuoco spontaneamente per essere stato esposto alla superficie del sole. Parole sue, non mie.» Lucky rise. «Il tuo uomo è molto drammatico.» «Disse il tizio che è saltato giù dal molo in intimo perché ha litigato con il mio ex ragazzo.» Lucky arricciò il naso. «Perché devi sempre ricordarmi che è stato il tuo ragazzo? Ne hai uno nuovo. Che ami, a proposito.» «Sì, lo so. Te lo ricordo perché devi capire in cosa ti stai cacciando. Quante volte sono venuto da te per parlare dei problemi che avevamo?» «Non mi sto cacciando in nulla, soprattutto non con Mason. Possiamo non fare questa conversazione gridata con me quaggiù e tu lassù?» «Giusto. Ti porto i vestiti e ci vediamo giù.» «Grazie.» Lucky nuotò sotto al molo, verso la riva. Quando raggiunse l’acqua bassa, Ace lo stava aspettando con un asciugamano e i suoi vestiti. Assicurandosi che nessuno stesse guardando, Lucky si sbarazzò della sua biancheria bagnata e si infilò rapidamente i jeans. Attese finché non si trovò fuori dalla sabbia per mettersi i calzini e gli stivali, poi seguì Ace al SUV nero. Con un sorriso, diede un colpetto al finestrino del lato del passeggero, ridacchiando mentre il vetro veniva abbassato, rivelando un Colton imbronciato. «Ciao, Colton.» «Sali in macchina. È disgustoso là fuori. Guarda.» Indicò i suoi occhiali da sole appannati. «Ti comporti come se questa fosse la tua prima estate in Florida.» «Solo perché vivo in Florida non significa che apprezzi il tentativo del sole di agosto di farmi prendere fuoco. Tiro su il finestrino ora. Parliamo dentro.» Con una risata, Lucky aprì lo sportello posteriore e poi salì. L’aria condizionata era piacevole. Ace si mise al posto di guida e si girò sul sedile per guardarlo. «Vuoi dirci cos’è successo prima?» Lucky fece spallucce. «È successo che Mason Cooper è un pezzo di merda bugiardo e uno stronzo.» «Lucky, Nash che chiama Mason per Oscar non significa che finiranno a letto insieme.» «Sai che mi importa.» Lucky incrociò le braccia sul petto, lo sguardo fuori dal finestrino. «Non dirmi stronzate. Non appena Bibi ha confermato che si trattava di Oscar, ti sei alzato dalla sedia così rapidamente da farmi prendere un colpo di frusta. Ti conosco, fratello. C’è il te arrabbiato, il te incazzato e poi il te molto incazzato. Cos’è successo tra voi due? Cosa è cambiato?» «Come lo sai?» chiese Lucky, come se il cugino avesse tutte le risposte. Anche ora che era un uomo adulto, si rivolgeva sempre a Ace per essere rassicurato. «Come so cosa?» «Che non andrà a letto con Oscar?» «Non lo so. Tu come sai che lo farà?» Lucky spostò lo sguardo assottigliato su Ace. Odiava quando il cugino aveva ragione. Non che glielo avrebbe detto. «Perché non dovrebbe? Sono già stati insieme da Frank. Perché non ora?» «Forse perché lui tiene a te,» offrì Colton con gentilezza. «Stronzate.» Ace fece un sospiro profondo. «Andiamo, Lucky. Se non gliene fregasse un cazzo, farebbe ancora sesso con Oscar, e di certo non ti sarebbe venuto dietro al bar quando ha visto che eri sconvolto. Dimmi cos’è successo.» Loro due parlavano di tutto. Erano il confidente l’uno dell’altro. Ora che il cugino stava con Colton, anche lui era diventato uno dei suoi amici più stretti, soprattutto perché bilanciava Lucky ed Ace. Colton era la cosa migliore che fosse successa a Ace, ed era anche il motivo per cui quest’ultimo correva meno rischi, cosa che Lucky apprezzava. Il cugino aveva la terribile abitudine di pensare di essere invincibile. Lo pensava ancora, ma almeno adesso era più cauto e analizzava a fondo le cose prima di buttarsi nella mischia. La maggior parte delle volte. Cedendo, Lucky raccontò tutto, da quello che era successo nell’auto di pattuglia di Mason il giorno in cui avevano sparato a Laz, fino ad arrivare a poco prima, quando lo aveva lasciato nella sua polvere. «Merda,» borbottò Ace. «Vedi? È uno stronzo.» «Lucky, io ti voglio bene. Sei il fratello che ho sempre voluto,» disse Ace, incontrando il suo sguardo e sostenendolo. «Ti dico questa cosa con tutto il mio amore fraterno.» Lucky lo squadrò. In attesa. «Piantala di fare il coglione.» «A me questo non sembra amore fraterno.» Lucky guardò Colton. «Per te questo è amore fraterno?» Colton fece spallucce. «Non saprei, sono figlio unico. Forse?» Il divertimento danzava nei suoi occhi grigi. «Non sei di aiuto.» Colton rise. «Lucky, penso che quello che sta cercando di dire Ace, nel suo modo molto Ace di dire le cose, è che chiaramente Mason tiene a te, ed è ovvio che anche tu tieni a lui. Penso che la cosa abbia spaventato entrambi e che tu stia cercando delle scuse per continuare a fare in modo di attaccarvi l’un l’altro e restare nella stessa situazione in cui eravate prima, salvo che non si può tornare indietro. Devi pensare a ciò che vuoi da Mason e poi decidere cosa fare. Sai che ci siamo se hai bisogno di noi.» Ace inclinò la testa verso Colton. «Quello che ha detto lui.» Lo baciò sulla tempia. «Sei così intelligente.» Colton scosse la testa, divertito. «Grazie, amore. Lucky, perché non vieni a casa con noi?» «Non sono un cucciolo randagio,» brontolò lui. Solo perché Colton aveva ragione, non significava che lo avrebbe ammesso. Ace si sporse per dargli un pizzicotto sulla guancia. «Oh, ma sei altrettanto carino.» «Vaffanculo, fratello.» Lucky gli schiaffeggiò via la mano. «Ti morderò.» Ace rise fragorosamente. «Ci vediamo a casa nostra.» «Sì, sì,» brontolò Lucky, scendendo dall’auto. Li salutò con la mano prima di tornare verso la sua moto. Passare un po’ di tempo da Colton con Ace gli avrebbe fatto bene. Sarebbe potuto andare in spiaggia e scordarsi di Mason per un po’, o almeno provarci. Il telefono di Lucky squillò e lui controllò lo schermo, il cuore che mancava un battito. Cazzo, odiava quella cosa. Stazionò con il dito sul display, ma invece di rispondere rimise in tasca il cellulare, lasciando che la chiamata finisse nella segreteria telefonica. Per quanto volesse sentire la voce di Mason – e quando diavolo era successa quella cosa? – non poteva parlare con lui in quel momento. Se lo avesse fatto, avrebbe finito con il peggiorare le cose. Prese il giubbotto e i guanti dalla borsa sulla moto, li indossò prima di allacciarsi il casco e poi si rimise su strada. Per quanto Lucky odiasse ammetterlo, Colton aveva ragione. Doveva capire cosa fare riguardo a Mason perché non poteva tornare indietro. Anche se in realtà non era ancora successo nulla tra di loro, quello che era quasi successo cambiava ogni cosa. Con una sola frase Mason aveva risvegliato qualcosa dentro di lui, qualcosa che non sapeva neanche ci fosse. Come se la loro relazione non fosse già stata abbastanza esplosiva. Mentre Lucky si immetteva sulla A1A in direzione nord per Ponte Vedra Beach, con il vento che lo sferzava e la strada libera davanti a lui, si sentì molto meglio. Tempo e distanza. Ecco di cosa avevano bisogno lui e Mason. Il resto si sarebbe risolto da solo. Sì, non avevano bisogno di altro. Magari, quando si fossero incontrati di nuovo, avrebbero scoperto di essersi perfino scordati perché si erano incazzati. Chissà, forse le cose tra di loro erano cambiate per il meglio.
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