Giorno 1: Come districarti tra le regole-1

2028 Words
Giorno 1: Come districarti tra le regoleLa prima regola da afferrare è che esiste un commercio “usuale” e un commercio “speciale”, di ampiezza diversa. Delle speciali forme di commercio ti parlerò più avanti; per ora concentriamoci su quelle consuete. C’è una sostanziale differenza tra la definizione legale e quella comune di commercio. Comunemente, per esempio, l’espressione “essere nel commercio” è usata in modo molto generico e rimanda a una serie di attività molto diverse tra loro: dall’albergo al ristorante, dall’agenzia di viaggi al distributore di carburante, dal negozio di abbigliamento allo spaccio alimentare, solo per citarne alcune. Obiettivamente in ogni attività citata è ravvisabile un commercio, uno scambio di prestazioni di beni o servizi a fronte del pagamento di un prezzo e, quindi, una vendita, ma la legge (il D. Lgs. 114/98, cosiddetto decreto Bersani di riforma del commercio) distingue tra chi vende e chi commercia, ossia “rivende”. Il commerciante, per legge, è una figura tipica che storicamente si è distinta in commerciante all’ingrosso e al dettaglio. Il commerciante all’ingrosso è colui che professionalmente acquista merci in nome e per conto proprio e poi le rivende ad altri commercianti, a utilizzatori professionali o in grande. In altri termini, acquista dal produttore/fabbricante dei prodotti materiali finiti (risultato finale di un processo di produzione/fabbricazione/lavorazione), e, senza apportarvi modifiche, li rivende ad altri commercianti. Non commercia direttamente con i consumatori finali, a meno che non si tratti di utilizzatori professionali o in grande, cioè con persone che acquistano in grosse quantità per l’esercizio di un’attività di scambio, di produzione di beni o servizi, per un’arte o professione o per la conduzione di associazioni, comunità, convivenze, cooperative di consumo. Il commerciante al dettaglio è colui che professionalmente acquista merci (dal grossista, dal produttore o anche da privati) in nome e per conto proprio e le rivende direttamente al consumatore finale, cioè al privato, che le utilizza in modeste quantità per il proprio consumo personale, senza dare luogo a ulteriori passaggi. Caratteristica essenziale è che il commerciante non interviene sul prodotto: la creazione o la preparazione di un prodotto a scopo di vendita è propria di altri soggetti, come l’artigiano, l’artista, l’inventore, il produttore agricolo, il cacciatore e il pescatore, il gestore di un bar o di un ristorante. In tutti questi casi abbiamo un intervento diretto e materiale sul prodotto inteso a trasformarlo, a renderlo diverso, ciò che invece nel commercio non avviene. Il commerciante si pone infatti come semplice intermediario nello scambio di beni, mette a disposizione del consumatore il prodotto così com’è, così come egli stesso lo ha acquistato. Il suo margine di intervento sta in altro: nella posizione del suo negozio (in centro o fuori città), nei comfort che offre (parcheggio, aria condizionata, angolo giochi per bambini, bancomat, bar, ristorante ecc.), nella specializzazione o, al contrario, nell’assortimento delle merci, nell’esposizione, nell’accostamento e nella composizione dei prodotti, nell’organizzazione in settori o reparti, nell’assistenza al cliente, nella consegna a domicilio, nella concessione di credito. Un margine, questo, che intende ricompensare con la differenza tra costi e ricavi delle vendite. Altra caratteristica è che il commercio si pone come un servizio (di distribuzione e rifornimento), ma non riguarda i servizi, riguarda solo ed esclusivamente le merci. Non sono perciò attività commerciali quelle che riguardano: trasporti, viaggi, telecomunicazioni, assicurazioni, credito, intermediazioni, fornitura di energie, spettacoli, acconciature, estetica, ristorazione, alberghi e simili. SEGRETO n. 1: il commercio, sia all’ingrosso che al dettaglio, si configura come una rivendita di beni e non riguarda mai i servizi. La regola è semplice, ma la realtà è piuttosto varia e complessa. Alcuni casi possono creare dei dubbi. Come possiamo distinguere con certezza un’attività artigianale da una commerciale? Perché un’attività sia definibile artigianale occorrono tre requisiti: 1. Bisogna possedere la qualifica di artigiano, che deriva dall’iscrizione nell’Albo Provinciale degli Artigiani. 2. La vendita deve riguardare beni di produzione propria, cioè beni che sono il risultato di una propria lavorazione o trasformazione. Così, per esempio, chi adatta delle lenti a una montatura di occhiali non svolge attività artigianale, perché non fabbrica né le lenti, né la montatura, ma si limita a unirli. Allo stesso modo, chi acquista auto da demolire e ne smonta i pezzi di ricambio non svolge attività artigianale, ma commerciale, perché si limita a separare le parti utili da un’auto per rivenderle al consumatore finale. Rientrano nella vendita anche i beni accessori (per esempio i gancetti di una cornice o di un tendaggio, l’applicazione di pelliccia su un capo di sartoria, un certo tipo di materiale per la stampa di fotografie), purché strettamente necessari per il risultato finale. 3. La vendita deve avvenire nei locali di produzione (negozio, laboratorio, abitazione) o nei locali a questi adiacenti, cioè vicini, in comunicazione, in contatto. Non sono vicini, per esempio, un locale al primo piano e uno al terzo, pur essendoci la comunanza delle scale. Se non ricorrono queste condizioni (ognuna di queste), siamo di fronte a un commerciante, poiché non è possibile sapere se i beni venduti sono stati prodotti direttamente o semplicemente acquistati da altri produttori. Di fronte a due locali distanti, non possiamo sapere se si tratti di un’unica attività o di due attività diverse: ciò che appare ai clienti è un locale di produzione, da una parte, e un locale di rivendita, dall’altra. Se l’artigiano, oltre a vendere i propri prodotti, vende anche quelli altrui, diventa in parte commerciante. Deve trattarsi però di una minima parte: l’attività prevalente deve rimanere sempre quella artigianale. Nella vendita rientra anche una limitata somministrazione. Per somministrazione la legge intende “la vendita di alimenti e bevande che vengono serviti per il consumo sul posto, in un locale debitamente attrezzato allo scopo”. Se un artigiano si limita a somministrare di fatto (es. una gelateria che vende i gelati o una gastronomia/pizzeria che vende dei piatti pronti, panini, pizza al taglio), senza predisporre particolari attrezzature per il consumo (tipo tavoli, sedie, carrelli per vivande ecc.) e senza provvedere a un servizio personale rivolto al cliente (servizio al tavolo, tovagliato, posateria ecc.), per legge non somministra, ma vende. Diversamente siamo di fronte a un’attività di “somministrazione”, che, come l’attività commerciale, deve essere residuale, non deve cioè prevalere sull’attività artigianale. L’agente di commercio è un commerciante? No, è il collaboratore di un produttore o di un commerciante, che viene incaricato di promuovere o concludere la vendita di prodotti in una o più zone stabilite. È sempre un imprenditore, coinvolto nella compravendita di merci, ma non di carattere principale, bensì “ausiliario”. Invece il concessionario di auto, che potrebbe essere scambiato per un agente di commercio che agisce per conto della casa automobilistica produttrice, in realtà è un commerciante, perché acquista in nome e per conto proprio dal produttore per rivendere auto al consumatore finale. Il gestore di una galleria d’arte com’è considerato? Il gallerista si occupa di esporre delle opere d’arte e svolge di base un’ attività di servizio, di intermediazione simile a quella delle agenzie di affari. All’esposizione naturalmente può seguire la vendita e, in tal caso, siamo di fronte a un commercio, se si tratta di vendere opere altrui, o a una normale vendita, se le opere vendute sono le proprie. E chi gestisce una casa d’asta? In questo caso siamo di fronte a un intermediario che si occupa della valutazione e pubblicizzazione di beni e si incarica di venderli all’asta dietro apposito compenso o “commissione di vendita”. A quest’ultimo si aggiunge poi il compenso del compratore o “commissione d’acquisto”, in caso di vendita andata a buon fine. La casa d’asta non va confusa con l’I.V.G. (Istituto Vendite Giudiziarie), che si occupa anche di aste, ma svolge principalmente un’attività ausiliaria a quella del giudice nelle procedure esecutive e fallimentari. Svolge un incarico di pubblico servizio e segue quindi le norme del codice di procedura civile e della legge fallimentare. Un’associazione può svolgere un’attività commerciale? L’associazione è un complesso organizzato di persone interessate a un’attività comune, come la società commerciale, solo che quest’ultima ha uno scopo di lucro, mentre la prima è senza fini di lucro. Ora, com’è possibile lo svolgimento di un’attività commerciale da parte di un’associazione? È possibile purché non vi sia la distribuzione di utili agli associati. Il ricavato della vendita deve essere reinvestito in beni, servizi e attività utili all’associazione. Per esempio, un’associazione sportiva che vende articoli sportivi deve utilizzare i ricavi per la manutenzione dei campi di allenamento, per l’acquisto di nuovi attrezzi ecc. Associazioni molto importanti sono i GAS (Gruppi Solidali d’Acquisto) e i GAP (Gruppi Popolari d’Acquisto). Si tratta di gruppi di consumatori che acquistano prodotti in grandi quantità, soprattutto prodotti locali, biologici, naturali e di stagione, preferibilmente da produttori conosciuti della zona, e li distribuiscono agli associati, in modo da garantire loro prodotti di qualità a basso costo. Assomigliano ma si distinguono dalle cooperative di consumo, che sono società commerciali particolari nelle quali lo scopo mutualistico (fornire beni ai soci a condizioni più favorevoli rispetto al mercato) prevale sullo scopo di lucro. Si tratta di società che necessitano di capitali, poiché acquistano grandi quantità di beni di comune interesse, ottenendo condizioni d’acquisto migliori dai produttori o grossisti, che poi rivendono ai soci, distribuendo anche un minimo di utili. Perchè è così importante inquadrare bene la figura del commerciante? Perché a questo si applica la disciplina propria del commercio riguardo soprattutto a: l’orario di vendita, la denuncia o la domanda di autorizzazione al Comune, il possesso dei requisiti morali e professionali. SEGRETO n. 2: è basilare inquadrare sin dall’inizio il tipo di attività che si intende svolgere. Da questo, infatti, discende l’applicazione della legge appropriata. Alcune attività, pur svolgendo un commercio di beni, non sono tuttavia ritenute attività commerciali. Perché? Perché si tratta di speciali concessionarie di vendita. Esaminiamole insieme una alla volta. La farmacia è un’attività mista di rivendita di medicinali di produzione industriale (“specialità medicinali” o “medicinali generici”, prodotti da imprese debitamente autorizzate dall’Agenzia Italiana del Farmaco e immessi in commercio da grossisti ugualmente autorizzati) e di vendita di medicinali preparati dal farmacista (i c.d. “preparati galenici”). Si distingue poi tra farmaci soggetti a prescrizione medica (OP, c.d. “farmaci etici”) e farmaci non soggetti a prescrizione medica (SOP, tra cui i medicinali “da banco” o di “automedicazione”, o OTC, Over the Counter). Gli OP e i SOP possono essere rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale, a seconda della classe di importanza, gli OTC no. Si tratta di un’attività contingentata, vale a dire che il numero delle farmacie è prefissato dalla Regione. La Giunta Regionale provvede infatti a formare la pianta organica delle sedi farmaceutiche, in base al numero di abitanti dei Comuni, e ad aumentarla o ridurla a seconda delle esigenze; dichiara quali sono le nuove sedi o le sedi che si sono rese vacanti e indice i concorsi per la loro assegnazione a privati e Comuni. Una farmacia pertanto può essere acquisita solo a seguito di concorso, di vendita o di successione ereditaria e solo da parte di soggetti con una determinata qualifica professionale: quella di farmacista. Si diventa farmacisti dopo il conseguimento della laurea in Farmacia o Chimica e Tecnologia Farmaceutiche e dopo il superamento di un esame di Stato che dà diritto all’iscrizione all’apposito Albo professionale, condizione essenziale per poter operare. Il titolare della farmacia deve esserne anche il gestore; non è consentita la gestione da parte di un altro soggetto. Titolari/gestori possono essere personalmente i farmacisti, le società di persone o le società cooperative di soli farmacisti; non sono ammesse società di capitali. Per le farmacie comunali viene nominato un farmacista direttore a seguito di concorso. Per avviare l’attività occorre in ogni caso l’autorizzazione dell’ASL. Le farmacie possono vendere i generi loro propri (farmaci, preparati galenici, dispositivi medici) e i generi annessi elencati nel D.M. 375/88, come prodotti dietetici, prodotti per l’igiene e la cura della persona, articoli sanitari e per neonati, disinfettanti. Per i “generi annessi” si parla di commercio vero e proprio. La tabaccheria è la rivendita dei c.d. “generi di monopolio”, come tabacchi, cerini, fiammiferi, accendini, valori bollati e postali, sale comune da cucina e sale iodato (tenuto conto che la vendita del sale è stata liberalizzata e quindi il sale può essere oggi venduto in qualunque negozio di alimentari). Si tratta anche qui di un’attività contingentata, poiché il numero delle rivendite viene definito dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato (AAMS), che procede all’assegnazione in gestione mediante asta pubblica. Il contratto di gestione ha durata di 9 anni, comporta il pagamento di un canone e può essere rinnovato e ceduto, con l’autorizzazione dell’AAMS. Le rivendite sono tenute a rifornirsi dai Depositi dei Monopoli e devono essere gestite personalmente dagli assegnatari. Per la gestione occorre comunque la licenza dell’AAMS o la sua autorizzazione, in caso di voltura. Oltre ai generi di monopolio, le tabaccherie possono vendere anche generi annessi, come articoli di cancelleria/cartoleria, bigiotteria, articoli di toeletta e trucco, caramelle e pastigliaggi vari, piccoli articoli di pelletteria tipo cinture e portafogli, giocattoli, detersivi e disinfettanti.
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