Giorno 1: Come districarti tra le regole-2

2044 Words
L’edicola è la rivendita di quotidiani e periodici o, meglio, una rivendita esclusiva. Fino al 1999 solo le edicole potevano vendere questi generi; dopodichè, con la L. 108/99, è intervenuta la loro liberalizzazione. Di conseguenza si sono delineate due attività: • i “punti vendita esclusivi”, cioè le edicole tradizionali; • i “punti vendita non esclusivi”, consistenti in esercizi commerciali interessati a vendere quotidiani e periodici: tabaccherie, distributori di carburante con una superficie di almeno 1.500 mq., bar, medie strutture di vendita con una superficie di almeno 700 mq. e librerie con una superficie di almeno 120 mq. Per le edicole si è mantenuto per alcuni anni il sistema del numero chiuso, con dei piani di localizzazione basati principalmente sulle distanze minime tra le rivendite. Dopo la L. 248/2006, cosiddetta legge Bersani sulle liberalizzazioni, tesa a eliminare vincoli e ostacoli alle attività commerciali, i Comuni hanno man mano sostituito i piani di localizzazione con programmi volti a favorire l’insediamento di nuove edicole, secondo le esigenze delle varie zone e della popolazione. Sono rimaste uguali le modalità di vendita di quotidiani e periodici: prezzo stabilito dal produttore/editore, margine di guadagno identico per tutte le rivendite, adeguato spazio di esposizione dei giornali e parità di trattamento alle diverse testate. Per i punti vendita, in ogni caso, occorre sempre l’autorizzazione comunale. Per le edicole non sono previsti generi annessi. Tuttavia le leggi regionali possono prevedere, unitamente all’autorizzazione, la vendita di pastigliaggi (caramelle, confetti, cioccolatini e simili). Le edicole inoltre, sebbene definite “punti esclusivi di vendita di quotidiani e periodici”, possono vendere anche altri prodotti, sia alimentari che non alimentari, purché vi siano i requisiti professionali e le condizioni igienico-sanitarie richiesti per legge. I distributori di carburante sono impianti per la maggior parte (il 65% circa) di proprietà delle compagnie petrolifere, che operano anche nel campo dell’estrazione, della raffinazione e del commercio di prodotti petroliferi (Esso, Shell, Q8 ecc.). La restante parte dei distributori è di proprietà di altre imprese, in genere convenzionate con le compagnie petrolifere. Le compagnie possono operare/gestire direttamente gli impianti di rifornimento o affidarne la gestione ad altre imprese mediante un contratto di comodato gratuito, vincolato a un contratto di fornitura esclusivo di carburante. I gestori devono esporre il marchio della compagnia (si parla in tal caso di “pompe di colore”) e praticare il prezzo indicato dalla stessa. Un discorso simile vale anche per i proprietari convenzionati con le compagnie. A parte ci sono i proprietari indipendenti (le “pompe bianche”) che praticano i loro prezzi, mediamente inferiori agli altri. Per gli impianti di distribuzione non esiste più il numero chiuso a partire dal D. Lgs. 32/98. Per ogni impianto occorre comunque l’autorizzazione comunale (le vecchie concessioni sono state convertire in autorizzazioni) e la licenza fiscale dell’Ufficio Tecnico di Finanza (UTF). Per i distributori di carburante sono previsti generi annessi, come ricambi e accessori per veicoli, prodotti per la loro manutenzione, pile e torce, kit di pronto soccorso. Tutte le attività esaminate hanno delle caratteristiche comuni: sono prevalentemente a numero chiuso; sono tenute a rifornirsi da determinati soggetti che fissano i prezzi, garantendo ai rivenditori un certo margine di guadagno; sono soggette a particolari autorizzazioni; hanno una riserva di vendita su certi prodotti, il che è spiegabile visto lo stretto legame con l’ente di produzione, interessato ad avere una rete di distributori di fiducia. Si tratta indubbiamente di categorie privilegiate che godono di situazioni di rendita, con effetti non sempre positivi per i consumatori. Si pensi alle farmacie, che traggono il maggiore ricavo dai medicinali rimborsati dal Servizio Sanitario Nazionale. Il prezzo sembra essere il principale elemento di distinzione. In tutte queste attività, infatti, il prezzo non viene determinato a valle, ma a monte, dal produttore o dallo Stato, facendo venire meno quel margine di intervento tipico del commerciante, ma non il suo margine di guadagno. Un discorso particolare va fatto per i distributori di carburante: in questo caso i margini di guadagno riguardano soprattutto le compagnie petrolifere. Il vincolo di approvvigionamento dalla compagnia è sicuramente penalizzante per il gestore, che in alcuni casi deve ricorrere all’overpricing, ovvero al sovrapprezzo rispetto al prezzo delle compagnie. La possibilità di rifornirsi direttamente ai depositi generali comporterebbe, da un lato, un aumento del guadagno per il gestore e, dall’altro, un prezzo più conveniente per il consumatore, ma tale possibilità incontra inevitabilmente la resistenza delle compagnie. Nonostante ci siano stati degli interventi tesi a modificare questi assetti, con leggi e decreti di liberalizzazione (come per i farmaci da banco e i punti vendita non esclusivi di quotidiani e periodici), molto rimane ancora da fare. SEGRETO n. 3: ci sono ancora forme di commercio privilegiate, poco favorevoli per i consumatori, che riguardano farmaci, tabacchi, giornali e carburanti. Chi può commerciare Prima del decreto Bersani del 1998 esisteva il REC, il Registro degli Esercenti il Commercio, un sistema teso a dare un minimo di qualificazione al commerciante. Il decreto Bersani ha abolito il REC, che funzionava di fatto come una barriera all’entrata di nuovi soggetti nel mondo del mercato, ma ha fissato comunque dei requisiti morali e professionali. Il decreto Bersani inoltre ha eliminato le 14 tabelle merceologiche precedenti, prevedendo solo 2 tipologie di merce: alimentare e non alimentare. Per i generi non alimentari bastano i requisiti morali; per quelli alimentari, invece, occorrono requisiti sia morali sia professionali. I requisiti morali I requisiti morali sono stati rivisti dal D. Lgs. 59/2010, che ha recepito la Direttiva Bolkestein. Attualmente non possiedono i requisiti morali richiesti le categorie elencate di seguito. Prima categoria senza requisiti «Coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per cui è prevista la reclusione di minimo 3 anni, purché sia stata applicata in concreto la reclusione per più di 3 anni» (versione tradotta). Ricordo solo brevemente che i reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, in base alle pene applicate: si parla di delitti per i reati puniti con la reclusione, compreso l’ergastolo, e la multa; si parla di contravvenzioni per i reati puniti con l’arresto e l’ammenda. I delitti possono essere dolosi, se commessi con l’intenzione di nuocere, o colposi, se commessi per inosservanza di norme di legge o di condotta. Nella legge si fa riferimento a qualunque delitto doloso per cui il codice penale preveda la reclusione di almeno 3 anni. Quindi bisogna innanzitutto guardare alla pena indicata in astratto per ogni reato; in secondo luogo bisogna guardare alla pena applicata in concreto dal giudice, tenuto conto di attenuanti e aggravanti del caso. Quella che conta è quest’ultima, se è superiore a 3 anni. Seconda categoria senza requisiti «Coloro che hanno riportato una condanna alla reclusione, con sentenza passata in giudicato, per delitti contro l’industria e il commercio (di cui al libro II titolo VIII capo II del codice penale artt. da 513 a 517), ovvero: turbata libertà dell’industria o del commercio; illecita concorrenza con minaccia o violenza; frodi contro le industrie nazionali; frode nell’esercizio del commercio; vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine; vendita di prodotti industriali con segni mendaci, e per i seguenti reati: ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, estorsione e delitti contro la persona commessi con violenza (omicidio, percosse, lesioni personali, sequestro di persona, violenza privata)» (versione estesa). In questo elenco sono stati aggiunti, rispetto al passato, i delitti contro la persona commessi con violenza e sono stati eliminati i delitti contro la Pubblica Amministrazione. Terza categoria senza requisiti «Coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per reati contro l’igiene e la sanità pubblica, tra cui anche i delitti di comune pericolo mediante frode (di cui al libro II titolo VI capo II del codice penale artt. da 438 a 448), ovvero: epidemia; avvelenamento di acque o di sostanze alimentari; adulterazione e contraffazione di sostanze alimentari; adulterazione e contraffazione di altre cose in danno della salute pubblica; commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate; commercio o somministrazione di medicinali guasti; commercio di sostanze alimentari nocive; somministrazione di medicinali in modo pericoloso per la salute pubblica» (versione estesa). Rispetto a prima si è fatto un riferimento generale ai reati contro l’igiene e la sanità pubblica. Il D. Lgs. 114/98 considerava infatti solo il commercio di sostanze alimentari contraffatte o adulterate e il commercio di sostanze alimentari nocive. Quarta categoria senza requisiti «Coloro che hanno riportato due o più condanne, con sentenza passata in giudicato, per delitti di frode nella preparazione e nel commercio di alimenti previsti in leggi speciali». A proposito di frodi alimentari è bene fare due precisazioni. La prima è che per “frode alimentare” tipica, come delineata dal codice penale, si intende una “vendita sleale” che va a intaccare la lealtà dei rapporti commerciali (es. la presentazione di alimenti scongelati come freschi o la vendita di alimenti con data di scadenza alterata). La frode alimentare nel senso più comune si riferisce invece a una serie di situazioni che vanno a incidere sulla salute pubblica: • l’alterazione: la modifica delle caratteristiche e della composizione di un alimento per cause naturali quali la luce, l’aria, la temperatura o una cattiva conservazione (es. l’olio rancido o usato più volte per le fritture, il latte o il vino inaciditi); • l’adulterazione: l’aggiunta o la sottrazione di sostanze nel prodotto, senza modificarne sostanzialmente le caratteristiche e la composizione (es. il vino annacquato, l’olio d’oliva allungato con olio di semi, il latte scremato); • la sofisticazione: l’aggiunta di sostanze al prodotto come coloranti e aromatizzanti tali da influire sulle sue caratteristiche o da mascherarle (es. la pasta comune colorata in modo da spacciarla per pasta all’uovo, la carne rossa con l’aggiunta di nitriti, le arance deverdizzate per farle apparire mature); • la contraffazione: la combinazione di due o più alimenti presentati come un prodotto di una certa qualità o rinomanza (es. la combinazione di vino e sidro spacciata per moscato, lo spumante venduto come champagne); • l’avvelenamento: l’aggiunta o la formazione di sostanze tossiche per l’organismo negli alimenti (sono sicuramente rimasti impressi nella memoria di tutti i casi del vino al metanolo e del mascarpone al botulino). La seconda precisazione da fare è che il D. Lgs. 507/99 ha depenalizzato, vale a dire trasformato in illeciti amministrativi, i reati previsti dalle leggi speciali in materia di alimenti, elencati nello stesso decreto. Di conseguenza queste violazioni vengono oggi punite solo con delle sanzioni amministrative consistenti nel pagamento di una somma di denaro. È stata fatta solo un’eccezione per alcuni reati previsti dalla Legge 283/62 di disciplina igienica degli alimenti. Questi reati riguardano, nello specifico, la vendita di sostanze private degli elementi nutritivi o mescolate con sostanze di qualità inferiore, in cattivo stato di conservazione, con cariche microbiche superiori ai limiti consentiti, insudiciate, invase da parassiti, alterate o trattate in modo da mascherare un precedente stato di alterazione, contenenti residui di prodotti utilizzati in agricoltura o con aggiunta di additivi chimici non autorizzati dal Ministero della Sanità. In caso di condanna, sussiste il divieto di esercitare un’attività commerciale per 5 anni dal giorno in cui la pena è stata scontata o dal giorno in cui è intervenuta l’amnistia, la prescrizione, la grazia o l’indulto. Il divieto non opera qualora intervenga la riabilitazione (con provvedimento formale) e, a differenza di prima, neanche in caso di sospensione condizionale della pena. In questo secondo caso occorre però che la sentenza di concessione della sospensione sia divenuta irrevocabile, cioè non più soggetta a impugnazione. La sentenza di patteggiamento è parificata a una sentenza di condanna. Quinta categoria senza requisiti «Coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza». Sesta categoria senza requisiti «Coloro nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione, misure “antimafia” o misure di sicurezza non detentive». Per misure di prevenzione si intendono le c.d. misure di polizia applicate dal Tribunale su proposta del Questore, che riguardano soggetti pericolosi sui quali gravano indizi o sospetti di reati. Sono: il foglio di via obbligatorio, la sorveglianza speciale, il divieto o l’obbligo di soggiorno in un determinato Comune. Le misure antimafia sono queste stesse misure di prevenzione applicate a soggetti indiziati di appartenere alla mafia, alla camorra o altre associazioni che agiscono con gli stessi metodi delle associazioni di tipo mafioso; sono previste dalla L. 575/65 (Disposizioni contro la mafia). Per misure di sicurezza non detentive si intendono misure relative a soggetti che hanno già commesso reati, applicate dal giudice penale che emette la sentenza di condanna. Si tratta della libertà vigilata, del divieto di soggiorno, del divieto di frequentare pubblici esercizi e spacci di bevande alcoliche, dell’espulsione dello straniero. La dichiarazione di fallimento non è più di ostacolo per l’esercizio dell’attività a seguito del D. Lgs. 169/2007. Questa legge infatti ha preso atto che la crisi dell’impresa non può essere ricondotta unicamente alle capacità/incapacità dell’imprenditore di tenere fede ai propri impegni, ma dipende anche da una serie di condizioni di mercato e di rischi degli investimenti.
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