CAPITOLO 2

819 Words
CAPITOLO 2 La vita non si modificò di molto se non per il fatto di avere più cibo e più compagnia, anche mamma iniziava ad apprezzare il cambiamento. Aveva una totale venerazione per la signora della macchina e di contro, riceveva più carezze e sguardi affettuosi. Noi piccoli dovevamo sottostare alle regole dei gatti. Quando comparivano in giardino dovevamo stare attenti a come ci muovevamo e, se loro percepivano disturbo, sibilavano e tiravano fuori gli artigli. Erano davvero spaventosi: drizzavano il pelo e piegavano la schiena, mostrando i denti appuntiti. Quando non c’erano correvamo come pazzi attorno alle piante. Una mattina, la signora della macchina decise di farci salire nuovamente nell’abitacolo e ci portò in un altro posto. Con rinnovata allegria mi divertii a farmi cullare dal movimento del veicolo e questa volta fu ancora più emozionante perché non ci mise dentro alle gabbie. Potei quindi studiare un metodo per non perdere l’equilibrio e lo trovai seguendo il ritmo della corsa. Quando arrivammo a destinazione ci sistemò tutti assieme all’interno di una scatola trasparente dalla quale, però, non potevamo uscire. Di fronte a noi una vetrata ci permetteva di vedere la strada e le persone che passeggiavano. La signora se ne andò e restammo con un uomo che passava tutto il tempo a guardare il cellulare. A volte entrava della gente e ci accarezzava mentre noi cercavamo di salire loro in braccio per uscire dalla scatola. Solo le mie due sorelle ci riuscirono e se ne andarono senza più tornare indietro. Non sapevo che ora fosse ma vidi che all’esterno si faceva sempre più buio e non riuscendo più a vedere fuori dalla finestra, ci stavamo annoiando. Durante il giorno ci eravamo divertiti a salutare i bambini che passavano davanti la vetrata perché loro ricambiavano le nostre feste con dei sorrisi sinceri e uno si era messo quasi a piangere perché non voleva andarsene! A un tratto entrò la signora dell’auto e ci riportò a casa in macchina. Ci diede da mangiare mentre mamma ci leccava con nervosismo e, come se conoscesse già la risposta, non ci domandò per quale motivo mancassero le nostre sorelle. Il giorno dopo si ripeté la stessa avventura solo che questa volta toccò a me essere preso in braccio da un bambino e portato lontano dai miei fratelli. Ero eccitato e spaventato allo stesso tempo. Da una parte ero felice di stare con un cucciolo di umano che mi guardava con affetto, dall’altra mi mancava la mia mamma e il resto della mia famiglia. Avevo la sensazione, mentre me ne andavo con lui, che non li avrei mai più rivisti. Aspettai tutta la sera senza mangiare, sperando che la signora dell’auto passasse a prendermi, ma non lo fece. Il mattino dopo mi svegliai accanto al piccolo uomo e giocammo un po’ assieme. Mi prese tra le braccia e mi disse di chiamarsi Massimiliano, per gli amici Max. Io ero un amico disse, anzi sperava diventassi il migliore che avesse, poi decidemmo assieme il mio nome: sarebbe stato Pepe. A me, per la verità, il nome era indifferente perché noi cani abbiamo un altro modo per distinguerci gli uni dagli altri. Non sentiamo la necessità di definire un essere con un nome. Lo annusiamo, cataloghiamo il suo odore e così lo riconosciamo, senza etichetta, lasciandolo libero di essere ciò che meglio crede. Mi sembrava di capire, invece, che gli umani fossero diversi e che avessero l’esigenza di sapere in modo preciso con chi avessero a che fare. Come facessero non so, dato che non annusavano e non percepivano le nostre stesse sensazioni, questo l’avevo scoperto stando in loro compagnia. Avevo notato che quando dicevo qualcosa telepaticamente non veniva recepito, mentre con gli altri animali ciò avveniva simultaneamente, forse a loro non interessava o facevano finta di non capire. Un po’ alla volta imparai a godere dei momenti che trascorrevo assieme a Max. Di giorno andavamo al parco con i suoi amici o giocavamo in giardino. Spesso potevo anche nuotare nel fiumiciattolo che passava vicino casa, imparai a farlo guardando gli altri cani. La sera, invece, ci sedevamo sul divano e guardavamo assieme la televisione. Quando vedevo qualcosa che mi spaventava mi accoccolavo in grembo a Max e lui mi accarezzava dolcemente la testa. Ogni giorno era un’avventura diversa. Scoprii che il mondo è costellato da milioni di animali diversi, dai più piccoli ai più grandi. Uccelli che volavano e che gracchiavano, altri che cinguettavano e alcuni che fischiavano. Gli insetti, invece, erano molto diversi fra loro: le formiche si insinuavano sulle zampette a volte mordendo, le cavallette saltellavano facendomi impazzire e imparai, durante il soggiorno nella mia seconda casa guardando i gatti, a catturarle e a mangiarle, avevano un sapore delizioso. C’erano poi animali pericolosi come le api, le vespe, le processionarie e le cimici. Mamma ci raccontava delle storie spaventose su di loro, tanto da farci tremare. Io stavo bene attento a non avvicinarmi troppo anche se, a essere sincero, certe volte avrei proprio voluto prenderle in bocca.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD