CAPITOLO 3

795 Words
CAPITOLO 3 Una mattina partimmo con la macchina carica di valige per le vacanze al mare, così mi dissero. Io non avevo assolutamente idea di cosa stessero parlando ma notando la loro gioia non potei che sentirmi altrettanto felice. Era mattina presto e nella macchina si sentiva della musica. Max dormiva e io a fianco a lui guardavo estasiato il panorama cambiare rapidamente. Ci fermammo al porto, così lo chiamarono, e salimmo con la macchina in un contenitore ancora più grande. Iniziai a tremare e mi accoccolai ancora più vicino a Max. Lui mi prese in braccio e mi disse che quella era una nave e che avremmo proseguito con essa, aggiunse che non dovevo aver paura perché era costruita per sostenere un peso enorme e che non sarebbe mai affondata. La cosa più sorprendente, per me, era che riuscisse a galleggiare! Più ci allontanavamo dalla riva e più il colore dell’acqua si confondeva con quello del cielo. Ero spaventato ma anche eccitato: non avevo mai visto il mare e non riuscivo a togliere gli occhi da quello spettacolo, una vastità infinita di acqua in cui nuotare. Quando arrivammo a destinazione ci riappropriammo della macchina. Mi sentii sollevato e triste a lasciare quel posto. Entrammo in una casa dove furono abbandonate le valige. “Andiamo subito in spiaggia!” piagnucolò Max e i genitori lo guardarono con lo stesso desiderio. Ci dirigemmo verso un luogo con della ghiaia stranissima, non avevo mai sentito niente del genere. Sembrava di camminare sopra a dei biscotti sbriciolati e scottava tantissimo! Per un attimo fui disorientato ma poi sentendo che era soffice corsi felice affondando le zampette e iniziai a scavare. Era così semplice! Stavo facendo un buco profondissimo quando i genitori di Max mi presero in braccio e mi portarono via, abbandonando l’opera a metà. Ci avvicinammo all’acqua ma l’odore non era lo stesso del fiume vicino a casa, in più si muoveva in modo anomalo. I miei compagni umani mi incitarono a entrare ma non mi sentivo sicuro, poi vidi Max andare alla deriva e mi prese il panico. “Se gli fosse successo qualcosa, come avrei potuto salvarlo?” Così mi buttai e quasi mi strozzai. Rimasi esterrefatto: l’acqua sembrava salata. Le onde mi trasportavano di qua e di là e non riuscivo a tenere il ritmo. Tornai indietro e uscii dall’acqua ma Max era sempre più distante. Iniziai ad abbaiare. Non si avvicinava, così mi ributtai in acqua. Questa volta ero sicuro che fosse salata ma era anche calda ed era estremamente piacevole stare dentro. Quando trovai il movimento giusto e smisi di aver paura delle onde, presi velocità e raggiunsi gli umani. Percepii la loro serenità e per la seconda volta mi sentii parte di una famiglia. Ci rincorremmo fra le onde fino a quando non fummo esausti e ci riparammo dal sole sotto l’ombrellone, mangiucchiando qualcosa. A me toccarono le crocchette e a loro i panini. Per la verità mangiai anche parte dei loro panini ma solo perché mi furono offerti spontaneamente! Finito il pranzo si misero a sonnecchiare mentre io mi sedetti ammirando la spiaggia bianca in contrasto con il blu del mare e del cielo. La visuale era disturbata dalla comparsa di qualche uccello che passeggiava lungo la battigia banchettando in cerca di cibo. Qualche cespuglio d’erba cresceva fiero sulla spiaggia battuta da una dolce brezza che mi accarezzava il pelo. Era tutto perfetto: il sole, l’odore del mare e la compagnia. Non avevo bisogno di nient’altro, come quando ero più piccolo e attorno a me c’era il cibo e la mia famiglia canina. Per la prima volta sentii una connessione con gli umani e non resistetti al desiderio di dare una leccata di gratitudine a tutti loro. Più tardi risalimmo in macchina e cambiammo spiaggia, continuammo così per tutta la settimana. Mi ero abituato al dondolio dell’acqua e seguivo Max nelle sue scorribande marine. Quando giocavamo a palla era divertente vederlo corrermi dietro cercando di prendere ciò che avevo faticosamente conquistato. Assaggiammo anche cibi particolari. C’era del pane molto fine che appena lo mettevo in bocca si scioglieva e il latte aveva un gusto forte, deciso. I formaggi erano buonissimi e anche la carne. Un giorno mi sembrò addirittura di vedere un maialino cotto ma probabilmente mi sbagliai. Al termine della settimana rifacemmo le valigie e ritornammo a casa. Apprezzai molto quell’esperienza e ci pensai per i giorni a venire. Mi sentii fiero di aver imparato a nuotare nel mare, significava che stavo diventando grande affrontando le paure e facendo nuove e interessanti scoperte. Mi dispiaceva solo per i genitori di Max che sembravano patire molto il rientro, eppure non ci eravamo separati ma anzi più uniti e avevamo moltissimi ricordi in più da condividere, quindi perché sentirsi tristi? Compresi quanto spaventassero agli umani i cambiamenti, forse perché non capivano o non avevano coscienza di quante meravigliose opportunità, in realtà, potessero nascondere!
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