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Salvati dal Re della Mafia

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Blurb

Per salvare la vita di sua madre, Marabella accetta di sposare il signore della mafia, Luca Barello. Per Luca, è amore a prima vista, non aveva mai incontrato una donna così coraggiosa come Mara. Per Marabella, Luca l'ha salvata da una vita di miseria impostale dalla madre. Insieme, diventano sempre più vicini, lottando contro gli ostacoli che i nemici di Luca hanno preparato per loro.

Avvertenza: Questo libro è per adulti (18+). Contiene scene esplicite, comprese scene b**m. Leggere a discrezione personale.

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Grato all'uomo che siede sul divano.
Punto di vista di Marabella Sono le 23:00, orario di chiusura del bar sportivo di Nick. Gli ultimi ubriachi se ne vanno mentre io giro intorno ai tavolini dei cocktail per pulire. Mi dirigo verso il retro e appoggio i piatti nel lavabo. Mi prendo il tempo per tirare giù l'orlo dei miei pantaloncini, che continuano a salire sulle mie cosce. Stupida divisa. "Sbrigati, Mara. Ho un posto dove andare stanotte", mi dice il mio responsabile, Sean. "Ho quasi finito", dico io, mentre pulisco il bancone e i tavoli del bar. Dopo aver terminato le mie mansioni, stacco e incontro Sean davanti alla porta d'ingresso. "Era ora!", sogghigna lui. Alzo gli occhi al cielo e inizio il mio percorso verso casa. Non mi piace tornare a casa a piedi di notte, ma non ho davvero scelta. Mia madre e il suo fidanzato non hanno una macchina, né un lavoro. Tendo a pagare le bollette e fare la spesa con quello che guadagno da Nick, cercando nel contempo di frequentare l'università. Mi manca solo un anno e mezzo prima di laurearmi in triennale. Poi potrò lasciare il mio lavoro di merda e iniziarne uno migliore. La mia passeggiata viene interrotta da due uomini che barcollano sul marciapiede. "Ma ciao bella", borbotta uno dei due. "Cosa ci fa una piccoletta carina come te qui fuori tutta sola a quest'ora?", provoca l'altro. Cercano di accerchiarmi, quindi faccio qualche passo indietro, eliminando la possibilità. "Mi faccio i fatti miei", ribatto, distanziandomi per potermi difendere. "È attraente, vero?", chiede uno di loro all'altro. "Divertiamoci un po' con lei. Diamole una lezione, eh?", dice l'altro, facendo un passo verso di me e afferrando il mio braccio. Faccio un passo indietro e colpisco l'uomo sul naso con il pugno. "Ah, brutta stronza", ringhia lui. L'altro uomo balza su di me, facendomi cadere a terra. Sento il ginocchio e il gomito strusciare contro il cemento all'impatto. Uso il gomito per colpire l'uomo che è sopra di me, nei fianchi. La sua presa si allenta, anche se quando mi alzo, afferra l'orlo della mia maglietta e tira, strappando la metà inferiore. Gli do una gomitata sul naso, un rumore disgustoso riempie l'aria notturna, mentre l'uomo cade all'indietro. Mentre mi giro per scappare, l'altro uomo mi schiaffeggia in faccia con la mano aperta. Una bruciatura acuta si propaga sul mio viso, mentre percepisco il sapore del rame in bocca. Do un calcio all'uomo sulla rotula del ginocchio, rompendolo verso l'esterno, prima di colpirlo il più forte che posso nella giugulare. L'uomo cade in ginocchio e afferra la gola. Ne approfitto per scappare. L'adrenalina scorre forte nelle mie vene, impedendomi di sentire dolore, anche se riesco a sentire il sangue scorrere sul mio braccio, sulla gamba e sul collo. L'aria fresca della notte trasforma il mio sangue caldo in ghiaccio mentre corro. Scorgo la mia piccola casa all'orizzonte, quindi accelero il passo, andando ancora più veloce. Sento i pesanti passi dei due uomini che mi seguono mentre urlano insulti nell'aria della notte. Salto i gradini d'un balzo, irrompendo dritto nella porta d'ingresso. Chiudo rapidamente e metto il catenaccio. Appoggio la testa sulla porta mentre ansimo pesantemente per riprendere il respiro. "Mara?", la voce di mia madre trema. Mi giro per guardarla, ma vedo una scena che non mi aspettavo. Davanti a me, ci sono 8 uomini vestiti con eleganti abiti neri. Uno tiene una pistola puntata alla testa di mia madre e un altro tiene una pistola puntata alla testa del suo fidanzato. Gli altri uomini hanno le mani sulle pistole mentre mi fissano, pronti a estrarle e sparare al comando. I miei occhi si posano sui volti della stanza fino a che non si fermano su di un uomo che siede sul divano di fronte a mia madre. Ha una gamba appoggiata pigramente sull'altra, mentre i suoi occhi grigi penetranti mi fanno restare immobile. Il suo sguardo è intenso, facendomi venire i brividi. È bellissimo, con una mandibola affilata, una pelle olivastra e capelli neri che mettono solo in risalto i suoi magnifici occhi grigi. Sono affascinata dal suo sguardo. I suoi occhi percorrono lentamente il mio corpo prima di scurirsi leggermente. "Mara, cosa ti è successo? Che succede?", chiede mia madre in preda all'ansia. Ho interrotto lo sguardo verso l'uomo sul divano per guardare mia madre, Sherry, e il suo fidanzato, Carl, e poi giù ai miei vestiti strappati e sporchi e al mio corpo graffiato. Torno a guardare mia madre e faccio una smorfia: "Niente. Cosa succede qui?", chiedo, con ira evidente nella mia voce. Purtroppo, la mia rabbia non è diretta agli uomini con le pistole, come dovrebbe probabilmente essere. Ma verso mia madre e Carl per essere finiti in guai profondi ancora una volta. "Oh, beh", la spiegazione di mia madre viene interrotta da dei forti colpi alla porta. Mi giro immediatamente verso la porta e faccio un passo indietro. Merda. Merda. "Stupida stronza. Apri questa porta, ti daremo una cazzo di lezione!", urla uno degli uomini, mentre continuano a picchiare sulla porta d'ingresso. Sento la risata sinistra di Carl: "Credo che non siamo gli unici nei guai. Vedi, sapevo che non eri un angelo", sogghigna. La mia testa si volta verso Carl. "Vaffanculo. I miei guai non sono perché sono un'idiota come te", sibilo prima di voltarmi di nuovo verso la porta. Noto che uno degli uomini è vicino alla porta, guardando casualmente ogni mio movimento. Guardo la sua pistola e poi stendo la mano verso di lui. "Posso?", chiedo. Le sue sopracciglia si alzano sorpreso, guardando dietro di me l'uomo seduto sul divano. Immagino che l'uomo sul divano abbia dato il suo consenso perché la guardia sfilò la pistola dalla fondina e me la consegnò con il retro davanti. "Grazie", dissi educatamente, lasciando cadere il caricatore per assicurarmi che fosse caricata. Reinserii il caricatore e tirai indietro la slitta, confermando che c'era un colpo in canna. Metto la mano sul catenaccio e lascio fuori un respiro teso. Gli uomini continuano a picchiare sulla porta, urlando che mi daranno una lezione. Sblocco il catenaccio e tiro la porta aperta, mentre al contempo estraggo la mia arma, puntandola direttamente al volto del primo uomo. "E che lezione sarebbe?", chiesi, un sorriso disegnato sulle mie labbra. Nel mio campo visivo periferico, vedo un'altra pistola estratta e puntata verso gli uomini, anche loro. Mi viene l'idea che l'uomo sul divano mi abbia procurato un aiuto. "Oh, aspettate. Non vogliamo problemi", dice uno degli uomini, mentre entrambi alzano le mani in segno di resa e fanno un passo indietro. "Io la penso diversamente. Non avete capito l'indizio per strada e mi avete seguito a casa. Secondo me, stavate cercando di prendermi di mira", dissi tra i denti serrati. "E dal momento che ho l'arma, solo la mia opinione conta", so che il mio sorriso è sadico, tuttavia questi uomini hanno cercato di portarmi via qualcosa di valore, qualcosa di insostituibile. Sentii una voce profonda e affascinante parlare da dietro di me. "Sono loro il motivo per cui hai questa faccia?", chiese. "Sì", risposi senza staccare gli occhi dagli uomini di fronte a me. "Uccideteli", comandò con voce profonda. E senza battere ciglio o pensare, abbassai il grilletto. La guardia premette il grilletto nello stesso momento in cui lo feci io. Entrambi gli uomini caddero sul portico e il sangue schizzò su tutto il mio viso e la pistola. Ero esausta. La mia mente ronzava a una velocità incomparabile. "Pulite questo pasticcio", disse l'uomo sul divano. Quattro uomini si affrettarono immediatamente a portare via i corpi e a pulire il sangue dal portico. Strappai un pezzo di stoffa dalla mia maglietta già strappata e pulì il sangue dalla pistola. La diedi al proprietario, con il retro davanti. Lui la prese con cautela, chiaramente scioccato dalle mie azioni. Non posso biasimarlo, anch'io sono scossa per ciò che ho appena fatto. Ho ucciso qualcuno. Senza pensarci due volte. Era quella voce. Aveva un potere su di me, era pericolosa e affascinante. Mi volto verso l'uomo seduto sul divano, come un re. Aveva un bellissimo sorriso stampato sulle labbra, uno scintillio di ammirazione rifletteva nei suoi occhi e una delle sue sopracciglia era arcuata. Rompo a malincuore lo sguardo per rivolgere di nuovo la mia attenzione a mia madre. "Hai qualcosa da dire?", chiedo con disprezzo. Mia madre e Carl mi guardano entrambi con orrore dipinto sul viso. "Che cosa hai fatto?", chiede mia madre tremando di paura. Mi avvicino a una delle sedie in salotto e ci cado con un sibilo. "Non stiamo parlando di me, mamma. In che guaio ti sei cacciata questa volta?", chiedo infastidita dalle sue scenate. Guardo le mie ferite che ancora hanno del fango incrostato. Mia madre non mi risponde, quindi, è l'uomo sul divano a farlo, attirando i miei occhi verso di lui. "Mi devono dei soldi", mi informa. Scuoto la testa disapprovando. "Non mi sorprende", sussurro, tirando fuori il mio libretto degli assegni. So che ci sono almeno 1.500 euro nel mio conto. Spero che non sia di più. "Quanto?", chiedo. "500.000 euro", risponde. Mi immobilizzo mentre il mio cuore precipita nello stomaco. La mia testa si volta verso mia madre. La rabbia scorre nelle mie vene, dandomi una nuova forza per alzarmi dal divano. "Cosa diavolo?", sbuffo, l'ira evidente nella voce. Il viso di mia madre impallidisce mentre quello di Carl si tramuta in rabbia. "Non alzare la voce con me, piccola ingrata", sbraita Carl. "Taci. Nessuno ha chiesto un'opinione dalla galleria dei critici", sbraito a lui. Sentii ridacchiare alcuni degli uomini al mio commento. "In che diavolo hai speso 500.000 euro?", chiedo arrabbiata. Sento la mia pressione sanguigna schizzare alle stelle. "Non è un affare tuo, marmocchia", sbraita Carl con odio. Un ringhio esce involontariamente dalla mia gola. Guardo l'uomo seduto sul divano. Lento, alza i suoi occhi freddi e scuri da Carl. Si ammorbidiscono quando incontrano i miei. Ci fissiamo a lungo, studiandoci reciprocamente. Sorrido e guardo di nuovo Carl. "Hai ragione. E siccome non è affar mio, non è neanche un debito che devo pagare io. Lui se lo prenda da te. Se mi scusate, vado a fare una doccia e a occuparmi dei fatti miei", ribatto, mentre attraverso il soggiorno, passando l'uomo sul divano. "Marabella, per favore aspetta. Abbiamo bisogno del tuo aiuto. Per favore, te lo dirò", supplica mia madre. Mi fermo davanti al divano, di fronte all'affascinante uomo dai capelli scuri. Guardo mia madre con aspettative. "Abbiamo scommesso gran parte dei soldi, ma il resto l'abbiamo speso per droga. Mi dispiace tanto, Mara. Ma c'è ancora un modo per sistemare la situazione", dice in modo ottimistico. Non mi piace dove sta andando a parare. "Come, esattamente? Io non ho 500.000 euro, madre", sbraito, irritata dal fatto di essere sempre coinvolta tra le loro beghe. Sherry sorride con dolcezza, il suo sorriso finto che fa sempre ribollire il mio interno. "Il signor Luca qui ha bisogno di una sposa vergine", dice in modo suggestivo. Il mio stomaco si contorce alla sua proposta. Fantastico. Mi giro e lo guardo. "Tu sei il signor Luca?", chiedo scetticamente. Lui mi annuisce deciso. Nel frattempo, mi studia con i suoi occhi grigi, affascinandomi con il suo sguardo. Svolgo lo sguardo e aggrottò le sopracciglia mentre guardo di nuovo mia madre con disprezzo. "Vuoi farmi offrire? Vendermi come un pezzo di merce da impegnare?", chiedo incredula, mentre il dolore si mescola alle mie parole. "Per favore, farò in modo che le cose cambino questa volta. Non sarà invano. Per favore, non farmi morire. Sono tua madre", prega senza vergogna. So che in fondo mi sta mentendo. Lo fa sempre. Non cambierà mai la sua vita. È una tossicodipendente da quando me ne ricordo. Ma non voglio nemmeno che muoia. "Lo sei?", chiedo, incrociando le braccia sul petto e inarcando la testa. "Certo che lo sono. Ti amo, Mara. Ma questa è l'unica opzione rimasta", dice, fingendo tristezza.Lei non si preoccupa davvero. Lo so anche io. "Fallo solo, maledetta stupida," Carl scoppiò impaziente. Mi sono voltato verso il signor Luca, gli occhi che non sembravano allontanarsi da me se non quando Carl parlava duramente. Sapevo che era un uomo pericoloso, ma non vedevo ostilità nei suoi occhi nei confronti di me. Non era cattivo, solo pericoloso. Una pletora di emozioni vorticava nelle sue iridi, emozioni nascoste da me in questo momento. Provavo un irrefrenabile desiderio di scoprire quelle emozioni. "Come sai che sono ancora vergine? Ho 21 anni," chiesi, guardando di nuovo mia madre. Ero curiosa perché non ho mai discusso di nulla del genere con lei. Mia madre rise nervosamente, "Beh, non hai mai portato un ragazzo a casa, quindi," si interruppe, in modo suggestivo. Inclinai la testa di lato. "Questo non prova nulla," contraddissi. "Oh, per l'amor di Dio, abbiamo contattato il tuo medico. Pensavi che non fossimo già consapevoli del fatto che il signor Luca sarebbe venuto per noi? Sapevamo anche già che stava cercando una sposa. Questo era pianificato, tesoro," rise Carl oscuramente, svelando il suo e il grande piano di mia madre fin dall'inizio. "Cosa? Queste sono informazioni confidenziali. Non puoi semplicemente farlo. Come hai fatto?", scoppiettai, sentendomi sia violata che tradita. Carl rise maniacalmente, "Beh, l'abbiamo fatto", provocò. Lo guardai, proiettando l'odio e la rabbia che provo per quest'uomo spregevole. Mi sono voltato verso il signor Luca, che aspettava pazientemente una risposta. Ha inclinato la testa di lato e l'ha inclinata appena leggermente, segnalandomi di parlare. Ho trattenuto il respiro, "Va bene. Lo farò, ma con una condizione", dissi con un tono serio. Il signor Luca sollevò un sopracciglio e sorrise, "E quale potrebbe essere?", chiese, la sua voce pesante. Mi sono abbassata, mettendo entrambe le mani sul retro del divano, da entrambi i lati delle sue larghe spalle. Ho avvicinato le labbra al suo orecchio, "Voglio la morte di Carl. È veleno per mia madre", ho sussurrato dolcemente, in modo che solo lui potesse sentire. Il signor Luca ha girato leggermente la testa, sfiorando le labbra sul mio orecchio. "Affare fatto," ha pronunciato. Si è velocemente avvicinato e ha avvolto un braccio attorno alla mia vita. Nel momento in cui mi ha fatto sedere sulle sue ginocchia, aveva già estratto l'arma e sparato un proiettile tra gli occhi di Carl. Il suono dello sparo echeggiava nella piccola casa, facendo ronzare rumorosamente le mie orecchie. Ho guardato il corpo di Carl cadere senza vita a terra. Uno strillo straziante ha squarciato il ronzio. "No! Mara, cosa hai fatto?", urlò mia madre, mentre in realtà piangeva per la morte di quel rifiuto della società. "Ti ho liberata," risposi semplicemente. "Prepara una borsa. Vieni a casa con me, adesso," sussurrò Luca nel mio orecchio. "Ma, non in queste condizioni," fece una smorfia, guardando il mio abbigliamento e tirando l'orlo dei miei pantaloncini. "Da dove vieni vestita così, comunque?", chiese, fissandomi con i suoi occhi. Guardai il suo petto, i primi due bottoni superiori erano sbottonati sulla sua camicia, svelando un'occhiata al suo torace scolpito. "Lavoro," sussurrai dolcemente. Cosa diavolo mi sta facendo questo tipo? "Bene, non tornerai lì, quindi lascia i tuoi abiti da lavoro," disse severamente, mentre puliva delicatamente il sangue dal mio labbro inferiore. Annuii leggermente, "Posso fare una doccia prima?", chiesi timidamente. Luca sorrise e annuì, "Certo. Chiamami quando hai finito e ci prenderemo cura delle tue ferite," disse dolcemente, i suoi occhi corrispondevano al suo tono. Le sue istruzioni mi hanno sconvolto. Non ho mai avuto nessuno che si preoccupasse davvero delle mie ferite. È sincero con me? Annuii mentre mi alzavo dalle sue ginocchia, la sua mano seguiva i miei movimenti, rimanendo sul mio fianco fino a quando non ero completamente in piedi. "Come hai potuto, Mara? Io lo amavo," urlò mia madre, piangendo istericamente. Mi inginocchiai di fronte a lei e la guardai negli occhi. "No, amavi le droghe che lui ti dava, l'eccitazione che provavi. Ma non lo amavi lui, e non mi ami nemmeno me, altrimenti saresti diventata sobria molto tempo fa," pronunciai freddamente, prima di alzarmi di nuovo. Anche se non lo volevo, le lacrime scorrevano sulle mie guance mentre mi dirigevo verso il mio bagno. Sono scese durante la mia doccia e anche quando sono uscita e mi sono asciugata. Cadono ancora periodicamente, mentre mi avvolgo il telo intorno al corpo e entro nella mia camera, dove Luca era seduto sul mio letto ad aspettarmi.

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