II
“Si chiamava Fabio Baroni”.
“Chi?”.
“Come chi? Il tizio trovato al ciglio della ferrovia!”, urla al telefonino. “Per caso ti si è ingrassato anche il cervello, Dante?”.
“È che ero distratto”, dice non perdendo di vista il televisore e sbuffa fastidio per la seccatura.
Abbassa il volume a zero nell’istante in cui dal piede destro di Alessio Cerci parte un cross che spiove in area per la testa di Ciro Immobile. Incornata in rete. Uno a zero per il Toro. Aleeeee.
E si morde le labbra resistendo alla tentazione di saltare sul tavolino in cristallo dalla gioia. Poi Giraudinho è pure tifoso dei gobbi e non capirebbe. Anzi, non gliela perdonerebbe.
“Pensavo ti interessasse dare un nome al tizio finito sotto il treno?”.
“L’articolo è uscito sul numero di oggi”, risponde assente, “trafiletto nella cronaca locale... passato per un incidente... non avevo sbatti”.
Intanto cerca un posacenere per casa.
“Fa clamore il fatto che sia finito sotto il treno, ma credimi, è roba di un attimo, anonimo o non anonimo, gliene frega un cazzo a nessuno... la gente adesso ha ben altri problemi per la testa”, risponde, “di incidenti ne succedono tanti... la gente dimentica in fretta... figurati cosa gli può interessare di un pirla che fa l’equilibrista sui binari?”.
“Il macchinista non si è accorto di nulla”, sostiene l’altro.
“Cosa vuoi? Notte, nebbia... magari lo ha preso di striscio... un treno mica deraglia per colpa di un sacco d’ossa di cinquanta chili”.
“Peccato perché c’era qualche novità in più”.
“Sarebbe?”, incalza Dante puntando il cellulare con gli occhi.
“Il capitano Lodetti non sembra essere di questo parere...”, gli risponde sospensivo.
“Allora spara. Forza. Non è che metti l’acquolina e poi divaghi. Cosa c’è d’altro? Cosa dice Lodetti?”, si spazientisce.
Forse più per la seconda occasione gol mancata dal Toro che per il fare evasivo del medico.
“Fabio Baroni, anni ventiquattro appena compiuti, di Pontecurone... Hai presente? Sulla statale per Voghera”.
“Uhè Mario... l’ho studiata la geografia a scuola!”.
“Famiglia per bene, non aveva la ragazza, viveva in casa dei suoi...”.
“Quindi?”, sbotta spazientito.
“Quindi ti invito stasera per una pizza... ti va al Lord Nelson?”, gli chiede. “Quello in corso Don Orione al 102”.
“Sempre preciso come un TomTom, eh?”, battibecca. “Confessa che c’avevi paura che mi perdessi per Tortona!”.
“Mogli e compagne al seguito ma lascio a casa i figli... anche tu i tuoi”.
“Non ho figli, pirla!”.
“Questo lo dici tu... Otto, otto e un quarto? Ti va bene? Prenoto io”.
“Per me una margherita, la Mercy una quattro formaggi” e mette giù.
L’ambiente si ispira a un brigantino, per via dello stile marinaro e del bancone di legno dagli oblò in vetro e ottone, tant’è che uno s’aspetta che a dare il benvenuto arrivi davvero Nelson. Invece nisba. Ti becchi un tortonese normale e sorridente.
Il primo pensiero del Dante, che di solito frequenta locali meno esclusivi, è che se per caso il veliero si mette a beccheggiare, la pizza gli si rivolterà subito nello stomaco e sporcherà il ponte di coperta. Poi scosta la sedia alla Mercy e si siede dove ha indicato il lupo di mare, pregando non si trasformi in un filibustiere quando porterà il conto. Ma tanto invito e portafoglio sono a carico di Giraudinho e quindi ci scapperà pure il dolce.
Al tavolino dipinto di azzurro cielo servono tre pizze fuori misura più un calzone, due Coca Light per le signore e due pinte di pilsner chiara per i maschietti.
“Pensavo servissero rum delle Antille”, commenta ironico Dante.
Mario è già concentrato sulla prima fetta e litiga con la mozzarella.
“Allora prima ti lascio divorare la tua preda in pace e poi racconti...”, gli assicura.
L’altro bofonchia qualcosa a bocca piena.
“Mario è tutto il giorno che ci riflette su...”, interviene la prosperosa Betty col frontespizio di un decolleté di quelli che ogni volta che sospira, gli operai della Michelin di Spinetta trattengono il fiato. Niente silicone, pensa tra sé Ferrero, altroché le coppette di champagne della Mercy. La signora Montgolfier.
“E da quando ha imparato a pensare?”, scherza, indicando Giraudo con la testa giù sul piatto.
“Anch’io sarei curiosa di sapere di queste novità”, ribatte Mercy. “Ciccio mi ha accennato qualcosa mentre mi truccavo... riguarda quel ragazzo morto l’altro ieri, vero?”.
“Così ti sei accorta anche tu che è un po’ fuori forma il tuo ciccio?”.
Dante alza le spalle, butta un’occhiata acida a Mercedes e ingolla un sorso, oltre al rospo.
Mario si forbisce labbra e baffi, piega il tovagliolo sul tavolo e inizia.
“Allora, sta bene a sentire Montanelli... t’ho detto che si chiamava Baroni, aveva ventiquattro anni e abitava con i genitori... gente a posto, proprietari di una piccola azienda a conduzione familiare, zero dipendenti... un fratello”.
“Allora?”, riprende Dante pensando di volersi accendere una bionda nella sala non fumatori tanto per essere un po’ trasgressivo.
“Un ragazzo che sembra non abbia mai dato seri problemi, a sentire il capitano Lodetti”, riprende, “nessun precedente se non una segnalazione... roba di poco conto”.
“Minchia se la tiri lunga!”.
“Attivista politico... sinistra... come dicono adesso? Sinistra antagonista. Una mezza testa calda, ma innocuo. Lodetti dice che non risultano atti a suo carico. È stato solo attenzionato. Sembra non frequentasse neppure i centri sociali troppo spesso... qualche gita, ogni tanto”.
“Quindi un bel niente! Nessuna novità. Dunque? A meno che tu non mi voglia dire che quelli di sinistra tendenzialmente si buttano sotto gli accelerati?!”.
“No, ma di strano c’è il modo in cui lo hanno ritrovato”, sottolinea Mario, “non ho voluto dirtelo l’altro ieri ma... sai il segreto istruttorio, le solite menate... compresa quella di tenere giornalisti e ficcanaso fuori dalle palle...”.
Manda giù un boccone e mastica con calma.
“Quel ragazzo lì non è morto travolto dal treno”, prosegue, “erano pochissimi i lividi trovati sul suo corpo, nessuna frattura, e la cosa mi ha portato subito a escludere che si sia incontrato vis-à-vis con la motrice”.
“Mi stai dicendo che non è morto per un incontro ravvicinato del primo tipo con le FFSS uno che hanno trovato steso sui binari con le ruote che gli hanno fatto la manicure?!”.
“Dio che fine orribile”, commenta Mercy angosciata, “uno così giovane maciullato sui binari”.
“Proprio perché non è stato maciullato sui binari sono iniziati gli interrogativi!”.
“Sicuro che la ragione non sia che qualcuno vuole montarne un caso e salire sul palcoscenico della celebrità?”, domanda sarcastico Ferrero. “Nel caso io non mi presto a reggergli il culo... e a scrivere della sua faccia e delle sue gesta... e delle sue voglie di sfilare sul red carpet, se è questo il motivo dell’invito a cena”.
“Ma lascia perdere...”.
“E allora cosa volevi dire alla vecchia volpe del deserto?”.
“Gli interrogativi nascono da due fatti precisi e circostanziati”, ribatte Mario, “emersi nel corso degli esami autoptici al nosocomio”.
Le donne sgranano gli occhi di chi sfoglia giornali gossip, mentre Dante, se potesse, la chiuderebbe lì con uno sbadiglio, abituato com’è ai colpi di scena fantasiosi dal Giraudo.
“Troppi polizieschi”. Pensa tra sé. “Giraudinho ha la testa farcita di puntate di CSI, mentre vive la quotidiana noia mortale della provincia. Qui, ben che vada, lo scoop più verosimile è scoprire i palchi da alce canadese esibiti sulla testa di qualcuno”.
“Cosa dice il nostro Gil Grissom dei poveri, allora?”, attacca.
“Dice che sei una foca monaca in letargia”, rimbecca quell’altro, “di quelli che non sentono il profumo del tartufo neanche se glielo mettono nel piatto!”.
“Sono come un Landini testa calda”, risponde divertito. “ci metto un po’ a scaldare ma poi... quando inizio le indagini... sai come mi chiamano in redazione no?... Dante Pedante... anche se preferirei mi chiamassero ‘il Mastino’, renderebbe meglio l’idea”.
Al Mario gli scappa un principio di risata.
“Dai illuminaci!”, lo sollecita la Betty.
“Intanto il particolare delle mani... escludiamo siano state troncate dalle ruote sui binari, il taglio è molto più netto e preciso. Quasi chirurgico... Roba fatta con un’arma da taglio affilata”.
“Ecco che a Tortona piomba la Yakuza nipponica con i suoi colpi di katana”, ghigna beffardo.
“Katana sicuramente no, ma i rilievi della scientifica eseguiti sulla traversina in prossimità del corpo parlano di alcuni colpi secchi e precisi sferrati con uno strumento da taglio... ipotizzano un’ascia di piccole dimensioni... alcuni di questi andati decisamente a fondo nel legno... e di qualche reperto osseo”.
Ferrero si mostra interessato sotto lo sguardo sempre più sgomento della Mercy.
“Io stesso durante l’autopsia ho rilevato la presenza di scheggiature sullo scafoide e sul semilunare di entrambi i polsi”.
“Quindi gli hanno mozzato le mani con un’accetta?”, deglutisce Dante.
“Perspicace!”.
“Sei riuscito a capire se questa può essere la causa della morte? Per dissanguamento intendo?”.
“Dallo sversamento di liquido ematico ero pronto a giurare che fosse già morto quando gli hanno mozzato entrambe le mani”, risponde, “in più, però, la garanzia è arrivata dal confetto calibro 9 corto estrattogli dal torace... e dal danno fatto sembrerebbe pure sparato da distanza ravvicinata”.
Addenta l’ultima porzione.
“E questa sarebbe la seconda novità?”.
“No! In effetti quando ti ho accennato ai due fatti precisi che mi hanno incuriosito mi riferivo non tanto al colpo di arma da fuoco...”, fa cenno al gestore di portarsi al tavolo poi riprende.
“Scusate! Qualcuno di voi vuole un gelatino? Caffè?”.
Dante fa cenno di no con il capo seguito a ruota dalle due pallide statue di sale annichilite.
“Alla faccia del bravo ragazzo! Chi mai farebbe le unghie all’altezza dei polsi ad uno appena appena attenzionato?”.
“Tu precipiti alle conclusioni!”, lo rimprovera la mora.
“Spero non sia così anche a letto!”, scherza Mario ricevendo un colpo di tacco dodici alla caviglia e un vaffanculo sibilato dall’amico. La Mercy accenna appena un lieve rossore sulle guance. Troppo aristocratica per certe volgarità. Il Ciccio non sarebbe mai arrivato ad essere così villano, le verrebbe da replicare.
“Beh allora, invece te, criceto della bassa, prima di declamare le tue intense attività amatorie...”, indica con un’occhiata vaga i due canotti della Betty, “vorresti renderci partecipi della seconda delle tue sherlockiane deduzioni? La prima è che gli hanno mozzato le mani e la seconda?”.
“La seconda è ancora più singolare... sul momento si era pensato che fosse per via della caduta sulla massicciata, ma poi ad un attento esame...”.
“Ad un attento esame che?...”.
“Sassi”.
“Sassi?! Cacchio stai dicendo?!”.
“Sto parlando di sassi, anzi per la precisione frammenti di pietre”.
“Dove?”.
“In bocca. No! Correggo! Uno fin giù nel palato!”.
“Che appetito!”.
“Una manciata... una manciata di pietre frantumate”.
“Stiamo limando il tiro”, ridacchia, “si era partiti con la Yakuza si finisce con la mafia nostrana!”.
“Mafia?”, domanda sbigottita la prosperosa.
“Beh... sembrerebbe essere proprio una caratteristica di quelle parti”.
“Un modo discreto e delicato per dire che il defunto aveva la bocca troppo larga”.
“Giuro che non sono mai riuscito a capire quando scherzi e quando invece parli sul serio”.
“Dipende dalle circostanze, Mario”.
Dante lo guarda serio.
“Non che un ragazzo morto sotto il treno sia una cosa da ridere, ma ti sarai convinto che ora questa storia ha cambiato interamente verso?”.
Dante scosta la sedia e i quattro si infilano verso l’uscita, seguiti dalle reverenze e da un cenno di arrivederci del pirata che, a vedere l’espressione soddisfatta del Giraudo non si è trasformato nel temuto filibustiere quando gli ha presentato il conto.
Fuori l’aria s’è rinfrescata e la Mercy si avvolge un cashmerino intorno al collo.
“Secondo te che senso ha?”, chiede offrendogli una Gauloises rossa mentre si avviano all’auto.
“Non spetta a me sparare ipotesi. Io mi limito a fare il mio mestiere di macellaio qualificato...”, chiude, “Lodetti e i suoi ragazzi mi sembrano decisamente in gamba e poi magari finisce che l’indagine sale in alto... ancora più in alto”.
“Sai cosa trovo di strano in questa storia?”, gli domanda, mentre Mario con il telecomando sta aprendo a distanza la sua BMW.
“Tante cose suonano strane”.
“Come si lega un ragazzotto ventiquattrenne di Pontecurone con dei segnali così... così tipici di certi ambienti?”.
“Indaga tenente Sheridan, datti da fare”, gli dice, sedendosi alla guida, “hai visto mai che dal trafiletto in ventesima sulla cronaca locale viene fuori il caso della tua vita”.
“L’avevo presa un po’ sottogamba questa storia”, sussurra. “Non era mai successo qui da noi...”.
“Ti va di fare due passi o il cane lo porto fuori da solo?”.
“Ti accompagno”, gli fa eco Mercy dal bagno, “mi levo gli orecchini, mi infilo una tuta comoda, il Moncler e arrivo... e di passi ne facciamo quattro. Insieme”, gli miagola una volta affacciata per metà allo stipite dell’uscio, in reggiseno e slip.
“Magari il cane aspetta”, maligna Dante. “Mi sa che non ha tutta ’sta fretta”.
Lei lo guarda maliziosa e sparisce mentre lui l’attende stravaccato sul sofà.
Il cane in realtà fretta ne ha, dato che è tutto il pomeriggio che freme per fare un bisognino, ed è quello il motivo per cui il botolo scodinzola felice, anche se un po’ irrequieto, guardando in alto l’espressione libidinosa del padrone. Poi anche il desiderio di marcare il territorio è così forte da lanciare un latrato puntando il muso verso l’entrata. Un altro bau più convincente e poi una sbirciata al guinzaglio, pestando sulle zampe.
“Dai, portiamo il Cinese fino ai giardinetti di via XX Settembre e ci mettiamo comodi su una panchina stretti stretti come due innamoratini di Peinet”.
“Ci porteranno via come due stoccafissi del Baltico, passata mezz’ora”.
Accende la luce delle scale chiudendo la porta dietro sé.
“L’hai chiamato il Cinese in onore di qualche sindacalista per caso?”, gli fa, sull’atrio.
“Intendi Cofferati?”
“Ovvio”.
“Grande rispetto per quell’uomo, cosa ti salta in mente?!”.
“Dimenticavo che sei di sinistra... Ops... Allora da dove arriva quel nome?”.
“Va’ là... guardagli il muso... avrei potuto chiamarlo HoChiMin ma mi sembrava troppo complicato... e poi mica è un pechinese! Si sarebbe offeso!”.
Il Cinese, due passi avanti, trotterella tronfio dall’alto del suo mezzo metro scarso e poi li guarda. Sembra aver inteso, mentre li luma attraverso quelle fessure che si ritrova al posto degli occhi. Lui che arriva da Vercelli e sul pedigree c’ha scritto figlio legittimo del grande “The Lucifers Bull Big Bang”, per gli amici bastardi o meno del rione è il Gladiatore, e di genealogia è un Bull Terrier mantello bianco e nero, ben convinto di essere l’unica cosa bianconera tollerata in casa del Ferrero.
“Cazzo! Ho lasciato a casa paletta e secchiello!”.
“La Previdenza”, commenta Mercy esibendogli guanto e sacchetto sotto il naso, “però raccogli tu”.
Si siedono su una scomoda panchina senza riscaldamento sotto la luce sbiadita di un lampione immerso nel suo bel velo di foschia come vuole la stagione.
La Mercy sa essere tenera a volte. Come nei momenti in cui fa la gatta morta, come adesso, e gli si struscia contro la guancia sbattendo due occhi dolci color dell’erba.
“Secondo me il Cinese non aveva proprio tutta ’sta gran voglia di uscire”, ribatte.
Lo bacia.
“Che ne pensi?”.
“Che è ora di rientrare e infilarsi sotto il piumone... magari se ti levi anche quegli scomodi slip e il reggiseno...”.
“Stavo parlando del ragazzo, porco!”.
“Ma così mi scappa tutta la poesia”.
“Non ti viene da domandarti come può essere... cosa può essere successo? Cosa c’è dietro?”.
“Che vuoi che pensi? È strana.. è davvero una storia strana...”, strattona il guinzaglio del molosso e si alza. Il tempo di gustarsi una Gauloises.
“Mi incuriosisce il fatto che l’abbiano freddato chissà dove con un colpo di pistola e poi si siano dati pena di portarlo fin sui binari per mozzargli le mani e fargli fare indigestione di pietrisco...”.
“Volevano depistare le indagini secondo te?”.
“Lodetti è bravo, è caparbio... e i suoi ragazzi lavorano bene...”.
“Li lasci fare?”.
“Magari ci scappa una chiacchierata, senza insistere, altrimenti quello è capace di spedirmi fuori dai coglioni alla velocità di un fotone... finisce che gli giro attorno, grazie a Mario”.
“Che gran maleducato!”.
“Chi? Mario? Ma no... È solo un pirlacchione. C’ha un mare di soldi ma con il braccino corto che non arriva a grattarsi le orecchie”.
Mercy ride.
“E poi io non sono uno da pizza, preferisco un ristorantino... una cenetta a due... sono un romanticone io... Ti va venerdì sera?”
“Mi va”.
“Ok... ma adesso sotto il piumone”.