IV

2429 Words
IV L’ufficio del tenente Perrotta è un vano di pochi metri quadri con un leggero sentore di lavanda, e non esiste in giro un posacenere che sia uno. Verrebbe da pensare che fumare in questa stanza equivalga ad un attentato contro la salute di pubblico ufficiale – se esiste un reato simile – e che la pena venga applicata con effetto immediato. Anche solo chiedere per cortesia se ha da accendere va dai sei agli otto mesi di reclusione. Perciò Dante non insiste e aspetta calmo che il graduato finisca in santa pace il cappuccino. E magari che chieda al piantone se l’ospite gradisce almeno un espresso. Invece il sospetto è che Perrotta sia sceso dal letto dalla parte sbagliata visto che neppure lo intenerisce il candore dello zucchero a velo sul cornetto. “Ma cosa pensa lei?”, gli si rivolge brusco. “Che passiamo la giornata alla bocciofila?”. “Non volevo certo darle l’impressione di pensare una cosa del genere”. Tuttalpiù a rubamazzetto al Circolo dell’Acli gli verrebbe da replicare, mordendosi metaforicamente la lingua. “Lo sanno anche i sassi che a Tortona c’è un nucleo No Tav. Non hanno un domicilio fisso... si incontrano dove capita... A casa dell’uno, a volte dell’altro... Dica al suo super informatore di fare meno lo sbruffone e di godersi la pensione una volta per tutte”. “Quindi mi sta consigliando di buttare il vecchio nell’indifferenziata?”. Lo sguardo di ritorno del Perrotta sa tanto di compatimento, ma riprende. “Hanno già organizzato qualche incontro pubblico sia qui in città che nei paesi attorno. Sono attivisti, certo! Ma è gente tranquilla. Ragazzi socialmente impegnati, un po’ rumorosi a volte ma senza uscire dal seminato... non ci hanno mai dato rogne serie... e men che meno quel tal Baroni”. Lo dice con un tono perentorio che non ammette repliche. E Ferrero non ne fa, un po’ per non contrariarlo e un po’ perché ha la sensazione che a farla passare per poco più di una semplice intervista ci sia solo da guadagnarci. Così fa un paio di ghirigori sul blocco note tenuto sulle ginocchia e accenna un sì condiscendente con la testa. “L’unico è il riccio di capelli, quello ha tutta l’aria di essere il capoclasse... una denuncia per resistenza alle forze dell’ordine e danni alla proprietà privata su a Chiomonte in Val di Susa. Il faldone delle informative è abbastanza sostanzioso”. “Quindi mi pare vi vogliate indirizzare verso questa pista?” “Dottor Ferrero... che abbiamo scritto Giocondo in fronte?” “Nel senso?!”. “Nel senso che potrebbe essere una delle tante da seguire... non l’unica certamente”. “Il capitano Lodetti cosa dice?”. “Non so cosa dice... So cosa direbbe se ci vedesse farci dettare la linea da un giornalista”. “Tenente, io non detto proprio nessuna linea, pensavo potesse tornarvi utile l’indicazione di questa storia dei No Tav”. “Lei mette in dubbio che non avessimo già valutato quest’ipotesi?”. Assume l’aria di chi sta per metterti una nota sul registro. Ferrero ha come la certezza che le indagini coordinate dal comando non abbiano ancora preso una direzione precisa e il natante navighi ancora ben lontano dalla costa. “Non la scartiamo, ma sembra la meno praticabile”. “Ha ragione. Anch’io faticherei a trovarci un senso”. “C’è qualcosa di molto più grave dietro...”, dice con un’aria da giorno del giudizio. “In effetti il giovane assassinato avrà giusto sventolato qualche striscione in piazza, ma da qui a tagliargli le mani ce ne corre”, commenta guardando in tralice il tenente. “Che poi... a ben vedere... questa delle mani mozzate e dei sassi in bocca...”, si regala un attimo di suspense cinematografica, “... non vi suggerisce nulla?”. “Sì! Una cosa ce la suggerisce” e guarda l’orologio al polso. “Che il tempo a disposizione della stampa è terminato e suona la campanella del fine ricreazione... è ora che si torni al lavoro, tra un minuto inizia il mio turno”. Ferrero chiude il notes dove non ha scritto proprio nulla, si infila la stilo nel taschino e sfodera il suo miglior sorriso Durban’s al tenente e al sottoposto, prima di sfilare a fianco del ritratto di Napolitano ed imboccare il portoncino blindato dell’uscita. Sta voltando i tacchi per via largo Europa quando gli vibra il cellulare nel taschino. “Eccolo qui!”, quasi gongola, riconoscendo la chiamata sul display. Chissà perché gli viene da sperare in una risposta affermativa. Come ricompensa per la fatica fatta da rocciatore provetto. “Ciao Mario...” e resta in attesa. “Niente besugo”. “Cosa vuol dire niente?”. “Niente vuol dire niente, nulla, nigot, ninte de ninte!”, fa il poliglotta improvvisato. “Significa che non sono parenti, è così?”. “Alla lontana, forse. Si somigliano...”, lo disillude. “Quelle che mi hai fatto avere sono rocce calcaree come lo sono quelle trovate in bocca al Baroni...”. “Cos’è? Giochiamo a scopri le differenze?”. “La differenza potrebbe essere solo una, ma fondamentale”, risponde serio Mario. “Non è che siano molto distanti orogeneticamente...”. “Parla come mangi, prof!”. “Non lo dico io, lo dice l’ingegner Stassani che fa il collezionista di rocce da quando Garibaldi era in fasce”. “E chi sarebbe? Uno dei due esperti inviati al Lodetti dal Comando Provinciale?”. Si aspetterebbe un bel sì rotondo. “Ma va’ là! C’avrà ottant’anni suonati! Sta in piedi quando tira il vento. È il vicino di casa dei miei suoceri, abita agli Orti. È vedovo. Ha lavorato una vita intera per Itinera e adesso si gode il meritato riposo collezionando quarzi”. “E cosa dice questo Cavaliere di Vittorio Veneto?”. “Sono simili, entrambe rocce clastiche tipo arenaria, ma le tue sono di superficie, mentre le altre, secondo Stassani, sembrano avere un’altra granulometria più compatta come se appartenessero al cuore di una montagna... poi forse volendo fare lo sborone ha tirato in ballo dei termini come avanfosse... che sul momento ho pensato che parlasse di formaggio”. “Per farla breve?”. “Dice che ci sono alte probabilità che appartengano ad uno scavo, secondo lui profondo... e in più mi ha fatto notare che alcune presentano un lato dalla superficie liscia e impercettibilmente curvo, come se fossero state estratte attraverso un supporto meccanico”. “Un escavatore?”. “Una macchina da carotaggio secondo lui”. “E dato che di carotaggi a Tortona non se ne vedono... viene da pensare che bisognerà traslocare”. “Ma dove, Dante?”. “Non ne ho la più pallida idea, ma qualcosa dalla pia madre la dobbiamo far uscire... ho solo bisogno di riflettere”. “E da quando in qua pensi?”, gli rinfaccia Mario. “Vaffa ’n cuore, va’!”, chiude la conversazione. Vaffa ’n cuore te e le tue rocce classiche e i formaggi di fossa. Oggi va di fretta e l’Opel Astra è dal meccanico per una revisione che, già calcola, gli costerà il quinto dello stipendio per le prossime sei mensilità. Tra poco sarà Natale e sono due anni buoni che promette alla Mercy di portarla a Limone Piemonte per la settimana bianca. Così l’auto per quel periodo dev’essere in gran forma. Almeno quanto lui che con le Alpi e gli sci ci ha litigato quand’era il mesozoico. Ah... l’amour! Cosa non si fa per quello slogacaviglie dell’amore! E come sarebbe meglio starsene in baita, sepolti sotto due metri di neve a fare l’amore con la tua ciccina per tutto il week-end. Col camino a bruciarti le chiappe mentre la trombi bello disteso sulla pelle dell’orso. Sorride tra sé per il volume di stupidate che riesce a mettere insieme. Ma oggi va di fretta e, complice un sole erroneamente primaverile e un giubbotto in nappa dura come il cuoio da stare in piedi da solo, non gli è rimasto che scorrazzare per la cittadina con il Kimko 125. Quello che anni addietro era di un bell’argento lucido ed ora invece ha le cromature un po’ ossidate, varie ammaccature satinate color ruggine, il sedile sfondato e fa fumo peggio di una corriera. Destinazione il casermone in piastrelle color caghetta di via Morandi. Quasi in culo al mondo, tanto per stare in tema. Parcheggia lo scooter a fianco di un muretto in cemento con la scritta spray Pu ti amo!, con cuoricino d’ordinanza, e cerca di immaginarsi quale faccia può mai avere il tizio che ama una tizia che si fa chiamare Pu. Dito premuto sul terzo nome a sinistra del pannello, alla voce Monticelli. “Sììì...”, sente gracchiare al citofono con sibilo finale, “chi è?”. “La Fata Turchina... sto cercando il tenente Colombo. Ci ho preso?”. “Sali su Dante Pirlante Pirla!” e mette giù, facendo scattare l’apriporta. Tre rampe di scale che sanno di muffa e polvere e infine il Gaeta che lo aspetta a piedi uniti sullo zerbino con un paio di pantofole patchwork improponibili. “Accomodati dentro. Muoviti!”, lo invita con fare sbrigativo, guardando a destra e a manca. “Ci scommetto! Con quella roba ai piedi mi vergognerei anch’io a farmi vedere!”. “Ma sta’ zitto!” e sigilla la porta alle sue spalle. “Va’ che è finita l’era del KGB, agente Smiley!1”. “Accomodati che ti offro il liquore della casa”, gli fa segno una sedia, “o preferisci un caffè?”. Poi sparisce in cucina senza attendere una risposta e torna offrendogli un nocino che le noci deve averle viste in un documentario su Rai 3 e sa di spirito cancerogeno. In compenso si può fumare. Ne approfitta per piazzarsi una bionda tra le labbra e offrirne una al Gaeta. “Perrotta dice che ti devo rottamare”. Si sistema sull’impagliata e cerca il coraggio di finire la sua cicuta. “Sei andato a rompergli le palle ai caramba? E scommetto che gli hai fatto il mio nome!”. “Seee. E gli ho lasciato anche il tuo codice fiscale. Ma va’ a cagare, Gaeta!”. “Allora cos’è ‘sta storia del Perrotta?”. “Niente di niente. Il tuo nome lo sanno già per conto loro”, lo rassicura. “In ogni caso ero venuto solo per darti due info a mia volta. Dato che ti eri premurato di indirizzarmi sulle tracce dei No Tav, volevo ricambiare il favore”. “Sarebbe?”, gli chiede sospettoso. “Che intendo seguire quella traccia lì... Intendo dire... Non avendo altre idee sulla morte di quel ragazzo... Continua a suonarmi assurda l’idea ma da qualche parte dovrò pur cominciare”. Fa ancora un tiro sostanzioso, si alza e getta il mozzicone dalla finestra. Il capitano Ipsilon lo guarda con riprovazione ecologista. “Qui sotto in cortile c’è il mio orto, non il cesso”. “Speravo ci fosse la tua Santabarbara!”. Gaeta alza le spalle e scuote la testa in segno di resa. “Secondo te può essere che l’abbiano fatto fuori quelli del suo giro di amicizie estremiste?”. “Qui di estremista c’è solo il tuo cervello”. “Intendevo dire se pensi lo abbiano fatto fuori i comunisti”. “Ma se i comunisti sono rimasti in quattro gatti!”, lo gela il Gaeta. “Ci mancherebbe solo che si facciano fuori l’uno con l’altro da rischiare l’estinzione”. “Allora come te lo spiegheresti, tu?”. “Non so... Io ti ho indirizzato sui No Tav perché sapevo che il Baroni c’aveva quegli interessi lì. Che altro posso dirti?”. “Allora l’alternativa è che abbia rotto i coglioni di brutto a qualcuno favorevole alla Tav!”, commenta soddisfatto dall’intuizione. “Più che a ‘chi è favorevole alla Tav’, che sono ancora meno dei comunisti”, prosegue il vecchio, “sarebbe ragionevole pensare che le abbia rotte a qualcuno che con la Tav ci mangia tre volte al giorno”. Dante si alza e fa cenno di andare. Si infila il giubbotto di legno, chiude la zip e saluta. “Grazie del veleno... ma ora scappo per una lavanda gastrica”. Poi ci ripensa e dalla porta d’ingresso semichiusa, lascia a metà del pianerottolo l’ultimo commento, che rimbomba giù per la tromba delle scale. “Anche al comando sembrano brancolare nel buio, ma non hanno scartato la pista dei No Tav”. “Shhht”, gli fa cenno con l’indice sulla bocca e gli occhi iniettati di sangue. “Ma di chi hai paura, Sisde?”, scherza Ferrero. “Dell’inquilina al piano sotto? Quella che se sommi i suoi anni ai tuoi, superate alla grande l’età di Noè?”. Mette il piede sul primo gradino e scende giù filato. Il tempo di farsi sentire ancora: “Intanto, rottamato oppure no, tu vedi di stare appiccicato ai tuoi informatori come la carta moschicida, Gaeta, che il Perrotta non me la racconta giusta...”. Monticelli inghiotte una bestemmia da trenta padrenostro e chiude a chiave. Il tempo di scostare la tendina e vederlo allontanarsi sullo scooter. “Ha cambiato un’altra volta il motorino, ’sto pirla!”, bofonchia. “Una volta ce l’aveva argento, questo qui marrone e nero fa cagare... sembra di terza mano”. C’era da aspettarselo. Bisogna avere la pazienza di Giobbe con gli uomini. Mercy è lì sul pianerottolo con le borse stragonfie della spesa per mano, mezza intirizzita per il freddo, il fiatone e un filo di mal di schiena. Ha già suonato ben tre volte, usando l’unico dito libero, e lui neanche si sogna la gentilezza di aprire la porta e darle il benvenuto con un bacio. Eppure sa che si trova in casa. Posa a terra il malloppo e si fruga nelle tasche alla ricerca delle chiavi della tana dell’orso Baloo. Apre, accende la luce, trascina le borse nell’atrio e si toglie il cappotto. Che strano, pensa tra sé. “Ci sei?”, prova. La sua retorica domanda si perde in un nulla cosmico. Di certo c’è che il pallido sfarfallio che intravede in fondo al corridoio e il ticchettio sui tasti del computer testimonierebbero che l’australopiteco è andato oltre la scoperta del fuoco. “C’è! Ha fatto pace con la tecnologia ma ha staccato le sinapsi!”. Entra in cucina e si mette a sistemare la spesa in frigo facendo un po’ casino, nella speranza che Dante la senta e si materializzi. “Quelli che si materializzano sono la Madonna di Medjugorje e Spock sull’Enterprise...”, si convince, chiudendo l’anta del freezer. Il battere sui tasti insiste, mischiandosi a qualche brontolio. “Il lavoro lo consuma!”, ci scherza su mentre si avvia verso il salotto. Infatti, appena il faccino cerimonioso della Mercy fa capolino sulla porta, lo trova concentrato davanti al monitor, serio come uno schioppo. Si fa bastare il bradisismo del muscolo labiale e l’occhio amorevolmente bovino che la guarda, prima di tornare a smanettare sul suo nuovo HP Pavilion acquistato a rate da Euronics. Gli si porta alle spalle. Il router lampeggia la navigazione in internet. “Eri impegnato con una tale concentrazione addosso da far pensare che stessi visitando siti porno”. “Ti sembro uno da siti porno?”. “Effettivamente sì!”, gli scarmiglia la chioma. “Preferisco essere protagonista”. “Più tardi, se fai il bravo,”, sorride maliziosa. “Adesso che stai facendo?”. “Pregavo san Cristoforo perché mi aiutasse a trovare informazioni”. “Su che?”. “Mah... Ancora quella storia del ragazzo”, le risponde elusivo, “cercavo notizie sui gruppi No Tav qui in zona”. “Non te lo sai levare dalla testa, vero?”. “Più che altro non capisco”, insiste digitando qualcosa su Google, “potrebbe essere che abbia pestato i calli a chi fa affari con con il Terzo Valico e l’Alta Velocità”. Il motore di ricerca riporta una lista di link alla domanda: “Cave zona tortonese”. “Cosa c’entrano le cave?”, gli chiede incuriosita Mercy. “È per via delle pietre che gli hanno ritrovato in bocca... Mario conosce un tale che gli ha assicurato che non sono di queste parti... O meglio. Sono simili ma è come se provenissero da scavi profondi”. “Allora non sarebbe più logico, invece che ‘Cave zona tortonese’, cercare con parole chiave del tipo: ‘Siti deposito smarino del terzo valico’”. A Dante cade la mascella dallo stupore. “E questa come ti è venuta in mente?”. “Ho semplicemente legato Baroni ai No Tav e i No Tav alle proteste che hanno organizzato contro la locazione qui in zona delle discariche di smarino dagli scavi del Terzo Valico... e lo smarino alle cave del tortonese che stavi cercando tu... Semplice!”. “Smarino?!”. “Ma sì...”, lo informa lei con l’aria da maestrina, “tutto il materiale di risulta che viene estratto dagli scavi per le gallerie... quella rumenta lì che conterrà pietrisco e chissà quali altri prodottini... ecologici”. Ferrero digita la keyword per eccellenza: Smarino. Gli compare un mondo. Un mondo di detriti, fanghi bentonitici, agenti inquinanti, schiume e trasporto su gomma. Dante ci legge business mica poco losco, giri d’affari di discariche abusive e soldi come piovesse. E Fabio Baroni che pesta i calli sbagliati. Ci voleva il pensiero laterale della Mercy per scoprire il lato oscuro della luna. Si alza a cercare nella sua vecchia discografia in libreria proprio loro. I Pink Floyd. Il vecchio Sansui SR 112 non tradirà. Speak To Me/Breathe. Adesso la Mercy cede. Non ha scampo. Pink Floyd e Dante Ferrero, una miscela fatale. 1 Agente George Smiley, personaggio nato dalla penna di John Le Carré.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD