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Avevo appena trovato i miei fratelli e già li stavo perdendo. Ero arrabbiato con loro , perché erano sempre stati insieme e mi avevano escluso.
Parlavano di vacanza di non perdersi e di sentirsi ed io venivo escluso.
“Chamael come farò senza il tuo Engel una volta che sarò a Boston.” Scherzò Gabriel riportandomi alla realtà.
“Non resisterai e tornerai a casa da noi.” Gli rispose il mio adorato Chamael.
Lui! Lui per me era il fratello che avevo sempre desiderato e amato. Lo avevo protetto dal primo giorno e senza di lui si che la mia vita sarebbe stata difficile.
In quegli anni aveva preso confidenza con tutti in quel gruppo. Grazie alle vacanze che ogni anno trascorrevamo insieme e alla nostra amicizia reciproca con Giaele, sorella di Heinrich, anche l’introverso Chamael era diventato con loro tutti più confidenziale. Tanto da creare l’Engel.
“Bravo Chamael. Diglielo!” Esclamò Joel.
Gabriel sarebbe mancato a tutti. Era stato una costante nella nostra infanzia e durante la crescita di tutti noi. Lui era il più grande, mi aveva aiutato ad insegnare a nuotare Chamael. Ma prima, lui e Tom, avevano insegnato a me. Durante i tornei di calcio che organizzavano al collegio inoltre ci avevano sempre incluso nella loro squadra.
Ovviamente eravamo la squadra dei Keller, non squadra uno o rossa come si definivano gli altri. Adesso che Gabriel e Tom andavano già tutto sarebbe cambiato. E io ero arrabbiato con loro per questo. Proprio per non far esplodere quella rabbia non vedevo l’ora di andare via.
Quell’anno le vacanze furono torride ma sempre divertenti.
Con i Davis andammo sempre sul lago di Ginevra. Avevo imparato a fare dei tuffi straordinari, anche se mamma disapprovava. “Isaak non tuffarti. Potrebbe essere pericoloso.” Ormai non mi meravigliavo del suo atteggiamento. Forse il mio papà naturale le aveva detto che non potevo farmi male?
“Raziel fai tutti i tuffi che vuoi.” Intervenne la zia Saffi. “Ma mi raccomando, non dove ci sono scogli, inoltre attento a non bere.” Sorrisi.
Ecco il mio angelo salvatore.
Senza attendere che mamma iniziasse a discutere con lei per essersi intromessa, mi tuffai di buona lena iniziando a gareggiare con Joel.
“Ma lo zio drake anche quest’anno non farà le vacanze con noi?” Chiese Chamael.
“È al lavoro!” Rispose Tom. “Le consulting sono come le borse finanziari. Non chiudono mai!”
“Lui e il mio papà lavorano fino ad agosto, poi ci raggiungono quando saranno in ferie.” Spiegai a Chamael.
“Io da sedici sarò via.” Ci disse allora il piccolo.
“Come mai?” Chiese stupito Joel.
“Vado a trovare la mia famiglia naturale. Mamma Saffi ha detto che da quest’anno posso decidere se voglio e restare con loro. Quindici giorni in estate penso che vadano bene, così potrò vedere la mia sorellina.” Ci spiegò.
“Torni per lei.” Affermò Tom. “Quanti anni ha?”
“Io a settembre compirò undici anni e lei a febbraio nove.” Rispose.
Già! Il mio piccolo Chamael aveva una sorellina che adorava.
“Ti saluto io lo zio Drake e le sue donne.” Lo presi in giro.
Però effettivamente non vidi i Robinson quell’anno, ne quelli successivi. Andando dalla famiglia in quel periodo, anche noi tutti lasciavamo la Svizzera per tornare in Inghilterra a prendere profumo di casa diceva la zia Saffi. Erano gli unici quindici giorni durante l’ anno in cui restavo solo con mamma e papà.
“Hai iniziato a pensare alla scuola superiore, Isaak.” Mi chiese papà una sera.
“Mi piacerebbe imparare a cucinare, per lavorare nell’ambito della ristorazione, sono il migliore in economia domestica al college.” Dissi a papà. Aveva ragione, quello era il mio ultimo anno alle medie e dovevo iniziare a pensare al futuro. “Quindi vuoi fare una scuola di cucina?” Mi chiese papà.
Annuii felice, ma mamma distrusse in un attimo questa mia allegria. “Assolutamente no!” Disse. No? Perché no? “Non se ne parla. Continuerai con una scuola superiore più adeguata e che ti lasci in futuro. Potresti andare anche tu alla Eton.” Disse.
Ma io volevo cucinare! “Perché no?” Chiesi deluso, per la prima volta un no della mamma mi strinse il cuore.
“Figliolo.” Intervenne papà. “Purtroppo non conosco scuole di cucina. Forse ci sono delle accademie, ma quelle richiedono prima il diploma delle superiori.” Intervenne papà più accomodante.
“Quindi è questo il problema?” Chiesi a mio padre.
“Il problema è che ti ridurresti ad essere uno schiavo delle cucine.” Intervenne ancora mamma. “Non voglio assolutamente che tu frequenti una scuola del fetente. Immagino il tuo futuro come un uomo di successo Isaak. Sarai colui a cui qualcuno cucinerà e non viceversa.” “Ma a me piace cucinare per gli al…”
“Basta!” Urlò mamma. “Non se ne parla Isaak. Mi hai capito!”
Perché? Perché non voleva.
“C’è ancora tempo….” Disse papà.
“Non contraddirmi Sean.” Urlò ancora mamma. “Non interferire nelle scelte del suo futuro.” “Perché vuole diventare un cuoco!?” Chiese mio padre. “Molly se è ciò che vuole, lo farà. Non puoi…”
“Io posso! Lui è mio figlio.” Urlò madre.
Mi ricordo l’inverno di tanti anni fa, quando chiusi in ufficio lo diceva di continuo: Lui è mio figlio. Lo sapevamo, ero sempre stato bravo e obbediente e per una volta che volevo fare qualcosa di mio, di bello, lei mi diceva di no.
“È figlio di entrambi in egual misura! Quindi Molly non sta a te decidere.”Disse papà.
Mamma sussultò, però non rispose più.
Quella sera per la prima volta, quando andai a dormire li sentii discutere.
Ingenuo che ero, non era la prima volta che i miei litigavano. Discutevano sempre, la differenza dalle altre volte era la mia irrequietezza, non riuscivo a dormire, quindi non metabolizzavo le liti come sogni. Questa volta erano realtà