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Dark Resurrection

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Sono trascorsi dieci anni dalla vittoria dell"Impero.

Gli ultimi Guardiani della Forza sopravvissuti, Zui Mar, Dan Lee, Nemer e la veggente Organa, sono braccati dall"esercito imperiale e dall’allievo di Sorran, il terrificante Lord Drown.

Durante una rocambolesca fuga dal pianeta minerario in cui i fuggiaschi sono rifugiati, un’eco nella Forza riporta la speranza nei loro cuori: forse Hope, l"unica in grado di sconfiggere Sorran e il suo apprendista, è ancora viva.

Forti di questa convinzione, e affiancati da una nuova alleata, gli esuli iniziano un pericoloso viaggio alla ricerca della ragazza nelle cui mani è riposto il destino dell’intera galassia.

Dark Resurrection è una trilogia filmica sperimentale senza alcuno scopo di lucro, liberamente ispirata al meraviglioso universo creato da George Lucas.

Questo romanzo è un’opera indipendente e conclusiva, e può essere letto anche da chi non ha mai visto nessuno dei film realizzati precedentemente: Dark Resurrection vol. 0 e Vol.1

Entrambi visionabili gratuitamente su YouTube.

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PROLOGO
PROLOGO L’aria fresca del mattino accarezzava il viso di Hope facendole danzare i capelli castani. Era passato da qualche giorno il suo ottavo compleanno, e la bimba, guidata dal Maestro Zui Mar, iniziava ad addentrarsi più profondamente nello studio della Forza. Entrambi sedevano sulla fredda roccia, l’uno di fronte all’altra, ma qualcosa impediva alla piccola di concentrarsi. Il volto volitivo del giovane Maestro sembrava scolpito nella roccia più dura di Minar; i capelli corti e nerissimi e le folte sopracciglia scure gli davano un aspetto fiero e severo. Zui credeva nella disciplina e nel controllo delle emozioni e più volte si era distinto per le sue qualità di combattente, ma non aveva mai trasmesso la sua conoscenza. Quando Organa, quattro anni prima, gli aveva affidato la piccola, aveva accettato di buon grado. Gli era bastato osservare i grandi occhi azzurri per legarsi a lei in modo indissolubile. Aveva sondato il suo cuore e la sua mente ed era rimasto sorpreso: sebbene la bambina fosse debole nella percezione della Forza, aveva sentito in lei un potenziale celato che sembrava destarsi di tanto in tanto, soprattutto quando emozioni molto forti la attraversavano. Hope sollevò le palpebre rivelando le iridi azzurre e infranse il silenzio. «Maestro…» «Hai interrotto ancora la meditazione, piccola indisciplinata!» disse Zui Mar in tono severo. «Io... scusa, Maestro…» esitò, abbassando lo sguardo turbata, «ma quando meditiamo, ogni tanto… vedo cose che mi fanno paura.» Zui Mar contrasse la mascella e inspirò profondamente. La brezza sapeva del frutto di Gelx, tipico delle colline di Akiah. Le piccole sfere color porpora maturavano in fretta e cadevano sul suolo erboso impregnando l’aria di un aroma dolciastro. Si avvicinò alla piccola apprendista e le sfiorò una guancia con il dorso della mano. Non poteva fare a meno di essere affettuoso con lei: era pur sempre una bambina e il legame che li univa era ormai molto forte. «La paura è una scelta, e tu devi scegliere di liberartene» disse con voce profonda e calda. Lo sguardo della piccola scattò verso l’alto. «E come faccio?» chiese con l’ostinazione di un bambino. «Qual è la cosa più terribile che ti può capitare?» La fissò mentre Hope distoglieva lo sguardo per iniziare a visualizzare ciò che la spaventava di più. «Pensaci bene» la esortò Zui Mar. «Morire?» disse la piccola come se avesse paura di pronunciare ogni sillaba. «Esatto, ma la morte non esiste. Quando il corpo muore, noi ci uniamo alla Forza Vivente, e continuiamo a esistere. Quando accetterai questa verità potrai annullare ogni paura.» Hope sembrò accettare le parole del Maestro, chiuse gli occhi e strinse le labbra come se stesse rievocando un ricordo lontano. Zui Mar sorrise e si apprestò a tornare al suo posto per meditare. «Maestro...» disse di nuovo Hope. Poi riaprì gli occhi; erano così tristi e sembravano riflettere l’oscurità dell’universo... Zui Mar si perse in quegli specchi azzurri e sentì un brivido percorrergli la schiena. Le piccole labbra della giovane apprendista tremavano mentre pronunciavano altre parole. «Ma allora perché nelle mie visioni io vedo te avere paura.» Il sorriso di Zui Mar fu inghiottito dall’oscurità. Zui Mar aprì gli occhi di scatto. Riempì i polmoni con violenza, come se avesse trattenuto il respiro troppo a lungo, e si ritrovò ad ansimare su una piattaforma di pietra. Un vago ricordo lo turbava, ma più tentava di rievocarlo, più le immagini diventavano evanescenti e inafferrabili. Toccò la superficie su cui era disteso cercando di capire dove si trovava. Sembrava pietra, ma lo era davvero? Era tiepida sotto la mano, come se fosse viva. Si alzò e scrutò lo strano ambiente che lo circondava. Si trovava all’interno di una cattedrale dalle strane forme organiche, che gli ricordò il ventre di una balena più che una costruzione. Ma come era finito lì? Cosa era successo alla sua memoria? Poi, come feroci lampi di una tempesta, le immagini frammentate di ciò che era accaduto lo investirono. Zui tentò di dare forma a quelle visioni indistinte: erano stati inviati lì con il compito di controllare la natura di quel tempio remoto, ma qualcosa era andato storto. Erano? Chi altri era con lui? Strinse le mani sulle tempie e scrollò il capo cercando di afferrare altre immagini fugaci... Ricordò di aver lottato e di avere perso. Ricordò una lama rossa che gli trapassava la mano per poi finirlo squarciandogli il torace. D’istinto si toccò il petto, ma sotto il tessuto lacerato la pelle era intatta. Osservò il palmo della mano. Il suo avversario l’aveva trafitta, gli aveva procurato dolore per convincerlo a rivelare qualcosa… ma cosa? Incredibilmente, anche quella ferita era svanita, ma il ricordo del dolore lancinante era ancora vivo. Aveva urlato come non mai e provò vergogna per aver perso il controllo. Rialzò gli occhi verso la volta che incombeva su di lui, come se comprendere quel luogo gli avrebbe ridato la memoria. L’interno del tempio era alieno, organico. Le vertebre che formavano i pilastri di sostegno erano di una sostanza mai vista: un ibrido fra pietra, metallo e un organismo vegetale. Ebbe solo il tempo di coniare quel pensiero e il mondo attorno a lui iniziò a tremare. Una faglia si aprì sulle pareti organiche facendo penetrare la bufera che impazzava all’esterno. Grandi blocchi iniziarono a precipitare al suolo esplodendo in parti più piccole. Schegge mortali e polvere colmarono lo strano edificio e Zui Mar, incitato dal pericolo, si alzò alla ricerca di una via di fuga. La porta del tempio era distrutta e fu facile balzare all’esterno, ma un vento furioso permeato da polvere, pioggia e frammenti lo investì ferendogli la pelle. Calzò sulla testa il cappuccio di tessuto consunto e si strinse nel mantello mentre cercava di camminare lungo la passerella di pietra che univa il tempio a un costone di roccia. Un’altra scossa, più violenta della precedente, lo fece sobbalzare. Il tempio e la passerella sembravano sul punto di cedere e Zui Mar iniziò a correre con tutte le sue forze mentre i grossi blocchi di pietra che formavano il pavimento del ponte iniziavano a staccarsi dalla costruzione e a precipitare nell’oceano in tempesta. Uno dei blocchi sotto i suoi piedi cedette. L’uomo balzò in aria usando la Forza e atterrò sul costone, oltre la voragine che si era formata. Si alzò voltandosi per ammirare il terrificante spettacolo alle sue spalle. L’intera passerella andò in pezzi e i blocchi colpirono le onde alzando lunghe colonne d’acqua. Lo strano tempio rimase isolato dalla terraferma; sembrava un fiore di pietra circondato dall’oceano, ancora in piedi, ma leso da profondi squarci lungo le pareti inclinate. Si chiese quanto avrebbe resistito prima di sgretolarsi e sprofondare nel mare, quando la terra tremò ancora, spezzando la roccia sotto i suoi piedi. Zui si allontanò dal crepaccio, corse verso il passaggio che si allontanava dallo spiazzo su cui si trovava, ma la collina era franata precludendogli quella via di fuga. Abbassò lo sguardo sulla poca terra che aveva ancora sotto i piedi. Il mondo sotto di lui si stava sfaldando e presto l’avrebbe condotto verso l’abisso. Di fronte alla certezza che sarebbe morto di lì a poco, la sua capacità di controllare le emozioni vacillò. Una parte primordiale della sua mente cercò una via di fuga senza trovarla e sentì il terrore farsi strada nel suo cuore. Zui Mar non voleva morire nell’oscurità della paura. Si inginocchiò sul terreno battuto dalla pioggia. Volse il suo sguardo in direzione dell’orizzonte e fece fluire la Forza intorno e dentro di sé. La pace tornò a dominarlo e la sua mente divenne un’isola di quiete lontana da quel mondo sull’orlo della distruzione. La terra si squarciò ancora sfiorandolo, ma il Maestro restò immobile a meditare: si era arreso e stava preparando la sua essenza a unirsi alla Forza. All’improvviso il rombo di un motore ionico emerse dal frastuono della tempesta e Zui Mar aprì gli occhi sorpreso. Forse non era ancora giunta la sua ora. Una nave repubblicana era apparsa all’orizzonte e sembrava volare dritta verso la sua posizione. Il guerriero si alzò pronto a reagire. Pochi arn di terra lo separava dal baratro, ma avrebbe lottato per sfruttare quell’unica possibilità che gli era rimasta. Si spostò qualche passo indietro per evitare la faglia che sembrava sul punto di allargarsi e inghiottirlo, quindi si preparò a saltare ancora. La nave repubblicana rallentò davanti al precipizio e si abbassò per avvicinarsi alla sua posizione. Era un piccolo trasporto simile a quello che aveva usato per raggiungere quell’inospitale pianeta con… con chi era venuto lì? Perché non riusciva a ricordarlo? Il portellone si aprì e Zui riconobbe un volto familiare: Organa, si chiamava così, era la Gran Maestra del suo Ordine. Era stata proprio lei a mandarlo in quel luogo. L’anziana venne affiancata da un’altra donna e da un giovane poco più che adolescente. Urlavano, ma la tempesta copriva ogni altro suono. Lui comprese lo stesso. Il piccolo fazzoletto di terra che lo separava dal burrone stava sgretolandosi sempre più velocemente. Zui Mar raccolse le energie e spiccò un balzo che gli permise di atterrare sul bordo della stiva. Molte mani lo afferrarono e lo trascinarono all’interno. Il portellone si richiuse con un sibilo ma il pilota per qualche ragione non accennava ad andarsene da lì. «Dov’è Hope?» chiese la Maestra Organa. Il viso solcato di rughe si contrasse nel dolore mentre pronunciava quelle parole. I ricordi affiorarono tutti insieme e fu come se il suo cuore esplodesse, sopraffatto dalla disperazione. Hope, la sua apprendista, la ragazza di cui era stato maestro e padre per ventidue anni, era ancora nel tempio. Era scesa negli abissi di quella costruzione per finire chissà dove. Era stata lei a trascinarlo lì dentro, dopo averlo trovato in fin di vita. In quel luogo qualcosa aveva operato un miracolo guarendo le sue ferite mortali, ma poi l’aveva espulso, rigettandolo all’esterno. Hope no, lei non c’era. Senza parlare si voltò verso il tempio e tutti seguirono il suo sguardo. Attraverso la pioggia che batteva sull’oblò della nave vide che la struttura simile a un fiore di pietra stava perdendo gli ultimi pezzi. Grossi frammenti dell’edificio sprofondarono nell’oceano, e infine lo stelo cedette e si sgretolò facendo inabissare l’intera costruzione. “Hope era lì dentro” pensò Zui. Non disse una sola parola ma si voltò sconvolto verso le Maestre e fu come se lo avesse urlato più volte. Nemer e Organa si scambiarono un’occhiata colpevole; Zui intuì che si sentivano responsabili. Dopotutto lui e la sua allieva erano andati lì, incontro alla morte, obbedendo a un loro ordine. La voce del pilota arrivò alla stiva attraverso l’intercom. «La tempesta sta per raggiungerci, dobbiamo abbandonare la zona» Nemer si alzò e premette il pulsante di comunicazione sulla parete. «Portaci su Keys, dobbiamo unirci alla battaglia.» Zui alzò lo sguardo turbato su Nemer, poi si voltò verso Organa in cerca di risposte. «Quale battaglia? Cos’è successo?» «Zail si è proclamato Imperatore e ha attaccato la Repubblica. Ci hanno inviato dei messaggi da Keys, la flotta di quel maledetto è immensa. Dobbiamo andare lì e offrire tutto l’aiuto possibile.» La nave accelerò verso la stratosfera. Zui si voltò ancora verso l’oceano: il luogo che aveva inghiottito il tempio e Hope divenne sempre più piccolo e indefinito e infine scomparve sotto coltri di nubi.

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