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Dirty Dom

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Blurb

Dominic è l’allibratore della famiglia criminale Valetti e conosce il proprio lavoro. Impegnato a fare affari, non ha tempo per occuparsi delle donne che lo rincorrono, desiderando più di una forte e sporca scopata. D’altra parte questa è l’unica cosa che possono ottenere da lui, oltre a un cuore spezzato.

Ma quando Becca irrompe nel suo ufficio per pagare il debito dell’ex marito, Dom capisce che quel corpo fatto per il peccato lo condurrà a un punto di non ritorno.

Eppure, una donna come lei, pulita e senza ombre nel passato e nel presente, non dovrebbe stare con un uomo come lui. Becca merita di meglio.

Oppure no? Oltrepassare i limiti è così facile, ma anche fatale.

Dom il Peccaminoso rischierà tutto per tenere al sicuro Becca oppure onorerà il nome della sua famiglia?

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Prologo
Prologo DOM | BECCA Mi scrocchio le nocche e sgranchisco le braccia mentre guardo lo stadio da football dall’alto della mia suite. Cazzo quanto amo che questo sia il mio ufficio, ma d’altra parte, quando fai quello che faccio io, il tuo “ufficio” può essere ovunque. Afferro lo scotch dal bar e dico a Johnny di andare a prendere il pranzo. Mi siedo al tavolo, prendo il telefono e controllo la tabella di marcia. La prima consegna dovrebbe arrivare tra poco. Cazzo, sono così nervosa. Guardo il telefono e mi accorgo che ho quindici minuti per trovare la suite dell’allibratore. Stringo più forte la borsa, tenendo la tracolla della Coach vicino al fianco. Ho 12.000 dollari in contanti sotto a un foulard, e l’idea che possa rapinarmi e uccidermi fa sì che un mix di angoscia e adrenalina mi scorra nel sangue. Non posso credere che Rick mi abbia messa in questa situazione. Merda. Sono una vera stronza. Mando giù il groppo alla gola e raddrizzo le spalle per impedire alle lacrime che cercano di salire in superfice di pizzicarmi gli occhi. Ora non è il momento di pensare a Rick. E di certo non è che mi abbia chiesto di farlo, i suoi problemi continuano a perseguitarmi e mi voglio tutelare. Il bussare alla porta sembra titubante e questo fa nascere in me una profonda e crudele risata. Chiunque vi sia dietro è spaventato e io vivo per quella paura. Hanno ragione a essere terrorizzati, non sono arrivato dove sono oggi facendo quello gentile e comprensivo. Fanculo. Sono un bastardo senza scrupoli e lo so. Per un secondo sento un peso opprimermi il petto, ma scaccio subito quella merda, sono uno spietato figlio di puttana e non lascerò che qualche emozione da femminuccia mi renda debole. Alcuni giorni vorrei non essere uno stronzo così crudele. Non mi piace picchiare le persone, romper loro le gambe, le mani o qualsiasi altra parte del corpo scelgano – se le lascio scegliere – ma sanno cosa stanno accettando quando fanno affari con me. È un vero peccato che non abbiano preso anche loro un dottorato in statistica alla Stanford. Un sorriso diabolico mi si allarga sulle labbra. Se hai intenzione di fare scommesse con me, farai meglio a essere disposto a pagare. Mi asciugo il sudore freddo delle mani sulla gonna, stringo con maggior fermezza il pugno e busso alla porta un po’ più forte. Mi chiedo se le persone che mi passano davanti sappiano perché sono qui. Deglutisco con forza, sentendomi una sporca criminale. Gli occhi sfrecciano verso una donna anziana con sguardo gentile e capelli screziati di grigio che spinge un carrello delle vivande. Sono sicura che lei lo sa. Sono sicura che tutti quelli che mi guardano sanno che non sto facendo nulla di buono. Guardo a destra e a sinistra mentre attendo con impazienza. Sarah mi sta aspettando fuori e tra poco dovrò andare a prendere mio figlio agli allenamenti di calcio. Mi lecco il labbro inferiore in preda al panico. Fingerò che non sia reale. Basta consegnargli i soldi e andarsene. Tornare alla vita vera. Tornare dalla mia assistente e proseguire con la normale, innocua vita di tutti i giorni. Mi prendo tutto il tempo per arrivare alla porta. Non importa quanti soldi mi debbano, o vincano, devono sapere che faccio tutto quel cazzo che mi pare e piace. Se devono aspettare, aspettano. Ma di certo non sarò io ad aspettare loro. Apro la porta e il mio impietoso e freddo cuore pulsa di passione e desiderio. Una donna minuta, con dei tacchi rosa stile scopami e un abito grigio che le si aggrappa alle curve e finisce sopra le ginocchia, mi sta fissando con gli occhi nocciola sbarrati e spaventati. I seni si alzano e abbassano, spuntando dalla modesta scollatura. Il cardigan nero glieli copre troppo e a malapena resisto all’impulso di toglierglielo dalle spalle. I miei occhi le viaggiano lungo il corpo con evidente apprezzamento prima di fermarsi sulla borsetta. Ci si sta aggrappando come fosse un’ancora di salvezza. Stringo la mascella, come fa una donna come lei a fare scommesse con un tipo come me? Adesso Johnny gestisce buona parte di questa merda. Non dovremmo accettare scommesse dalle donne. Non mi piace. Devo assolutamente chiedergli informazioni su di lei. La porta si apre e sbircio nervosamente attraverso le folte ciglia scure l’uomo stupendo che mi sta guardando. Le rughe intorno agli occhi rispecchiano l’uomo che è, ma il ghigno diabolico dai denti bianchi gli conferisce un fascino da ragazzino destinato a ingannare donne come me. È maledettamente attraente nel completo nero elegante, cucito senz’altro per adattarsi al suo corpo scolpito nel migliore dei modi. Con quella sottile camicia bianca e la semplice cravatta nera, si potrebbe pensare sia un giovane amministratore delegato, ma il corpo muscoloso, i penetranti occhi blu e i disordinati capelli castani, abbastanza lunghi per afferrarli, lo rendono un dio del sesso. Lussuria e potere si diffondono dal possente torace quando quegli occhi mi percorrono il corpo. Sembra un uomo che sa come annientarti. Un’ondata di desiderio si accende dentro di me quando incrocio il suo sguardo incandescente. Mi si blocca il respiro e ricaccio indietro il panico del mio corpo traditore. Gli darò soltanto i soldi che Rick gli doveva e me ne andrò. Al ricordo del motivo per cui sono in piedi davanti alla sua porta spingo la borsetta verso di lui. Sorrido al suo evidente nervosismo e alzo un sopracciglio. «Le borsette non sono nel mio stile, bambola». Apro di più la porta e indietreggio abbastanza per farla passare. Il morbido corpo mi sfiora con leggerezza nell’attraversare il piccolo varco che le ho aperto. Il leggero tocco manda una scarica al mio uccello, che sento indurirsi e spingere contro la cerniera. Si affretta a spostarsi appena mi appoggio a lei. I suoi fianchi ondeggiano e soffoco un gemito quando vedo il vestito aderire a quel culetto seducente. Maledizione, voglio quel sedere. Non mischio mai il lavoro con il piacere, ma c’è un’eccezione ad ogni regola. Qualcosa in lei mi attrae. Qualcosa nel modo in cui si comporta. Sembra avere bisogno di me o io di lei. Nel momento in cui si gira il mio cazzo s’impenna. Fanculo, quantomeno una parte di me brama disperatamente la sua attenzione. Il suo corpo che mi tocca accende ogni terminazione nervosa del mio nucleo; stringo nervosamente la tracolla della borsa. Voglio soltanto andarmene da qui, ma il mio stupido cuore desidera conforto. Il mio corpo tremante brama di desiderio. Cosa diavolo c’è di sbagliato in me? Sono passati soltanto tre giorni; dovrei avere più rispetto per Rick. Ricaccio indietro le lacrime. Voglio solo essere abbracciata, ma non sono così stupida. L’uomo che mi sta fissando non è di quelli che mi abbraccerà. Faccio un bel respiro e mi giro a fronteggiare l’uomo al quale mio marito doveva dei soldi, scavando nella borsetta per raccogliere le mazzette di contanti. «Ci sono tutti?». Non so chi cazzo sia o quanto si supponga debba darmi. Johnny ha la lista, ma non è ancora rientrato con il pranzo. È una rarità che debba anche parlare durante i depositi. Mi piace osservare e basta. E quando si tratta di persone che non pagano è meglio che sia qui. «Mi spiace, sono in ritardo». Dita ruvide sfiorano le mie quando gli porgo le enormi mazzette di centoni. Il tocco invia un’iniezione di lussuria al mio nucleo incandescente e chiudo gli occhi, negando il disperato bisogno che brucia dentro di me. Mi farebbe stare davvero bene lasciare che mi prenda nel modo in cui un uomo dovrebbe fare. Non vengo toccata da mesi. Non avvertivo desiderio da quasi un anno e so per certo di non aver mai provato una così forte attrazione per un uomo, non ho mai voluto darmi a qualcuno come vorrei fare con lui. «Cosa mi dici degli interessi?». Spalanca gli occhi dalla paura, il respiro le si blocca nello stesso momento in cui le labbra carnose si separano. Se è in ritardo, allora dovrebbe sapere di dover pagare un 5 per cento extra per ogni giorno. Capitalizzazione. Johnny avrebbe dovuto riferirle tutta questa merda. Ma a giudicare dal silenzio e dall’espressione spaventata sul viso, non ne aveva la minima idea. Un enorme ghigno mi si forma sulle labbra, ma lo soffoco. Voglio che mi creda infuriato, voglio che si senta in debito con me. Non voglio i soldi, però. Può pagarmi come non sono mai stato pagato prima. Non accetto mai una scopata come pagamento ma per lei, cazzo sì, lo farò. L’uomo al telefono ha detto di non preoccuparmi del ritardo. Di essere dispiaciuto per la mia perdita e che capiva. Sento mancarmi il respiro e un nodo formarmisi in gola. Cazzo! Che diavolo dovrei fare? Vaffanculo Rick, mi hai lasciato con questa merda da affrontare. Vorrei soltanto nascondermi nell’attimo in cui queste dannate lacrime iniziano a pungermi gli occhi. Le mani iniziano a tremarmi quando realizzo di essere intrappolata nella suite dell’allibratore e che gli devo dei soldi. «Accidenti, bambola. Non piangere. Possiamo trovare un accordo». Il labbro inferiore le trema e i bellissimi occhi nocciola sono colmi di lacrime. Mi sento un fottuto stronzo ad approfittarmi della situazione. Ma poi, che cazzo si aspettava? Primo, ha fatto una scommessa con un allibratore, non molto intelligente da parte sua. Secondo, è in ritardo con la consegna della grana. Doveva sapere che ci sarebbero state delle conseguenze. Apre la bocca per rispondere, ma è troppo scossa. Mi si stringe il cuore nel vedere quel corpo minuto tremare di preoccupazione. Le renderò le cose facili, sembra una ragazza con la quale potrei costruire qualcosa di serio. Aggrotto le sopracciglia e mi allungo per toccarle la guancia con la mano. Non so da dove sia venuto questo pensiero, ma più ci penso e più mi piace. Chiude gli occhi e asseconda il tocco quando le asciugo le lacrime che scendono sulla pelle baciata dal sole. Quando raggiungo le labbra, le separo con il pollice. Odio le lacrime bastarde che mi sono sfuggite. Mi sento troppo nuda e vulnerabile. Non posso fare a meno di amare il calore della sua pelle. Quanto tempo è passato dall’ultima volta che qualcuno mi ha toccata con gentilezza e guardata con desiderio? Ho bisogno di questo. Di essere stretta, anche se per poco. Mi sfiora il labbro inferiore con il pollice e all’istante separo le labbra per lui. Può stringermi per un momento e io posso fingere che sia qualcosa di più, che mi voglia davvero. Posso fingere che mi ami. Cazzo, è così dannatamente perfetta. Si sta appoggiando a me come se lo volesse davvero. Come se avesse bisogno di me. Emana una dolce innocenza, ma c’è qualcosa di più in lei, qualcosa che non riesco a decifrare. Provo una fitta di malinconia. Giocavo con il pensiero di averla in ginocchio in cambio del pagamento ma voglio di più, voglio che ami quello che le faccio, cazzo. Farò in modo che mi desideri quando sarà finita. Il gelo si insinua dentro di me. Loro mi vogliono sempre dopo, ma per i soldi. Un sorriso triste mi affiora sulle labbra quando mi lecca il pollice e ne massaggia la parte inferiore con la lingua calda. Fanculo, la prenderò. Se mi vuole soltanto per i soldi e sia. Sento il bisogno ardente di stringerla. Provo rabbia per i miei stessi pensieri. Il mio cazzo di cuore mi sta trasformando in una femminuccia. «Spogliati. Adesso». Le parole escono dure e le fanno fare un passo indietro titubante mentre tolgo il pollice dalle sue labbra. Mi pento all’istante di essere il maledetto stronzo che sono, ma non posso rimangiarmelo. Le volto le spalle per chiudere la porta. Sfilo la pistola da sotto la cintura e la nascondo con facilità alla sua vista, per posarla sul tavolo vicino alla porta. Dio solo sa cosa penserebbe nel vederla. Sussulto quando il suono della porta che si chiude rimbomba nella stanza. Si muove con padronanza e sicurezza, lo sguardo sembra quello di un predatore. Ingoio l’orgoglio e mi sfilo il cardigan. In questo momento non ho bisogno di orgoglio e rispetto per me stessa, ho bisogno di un uomo che mi desideri. Questo pensiero e il suo sguardo affamato su di me mi fanno togliere il vestito senza esitazione. Non mi interessa se è un pagamento o soltanto una scusa per scoparmi; voglio questo o, perlomeno, voglio lui. Quando allungo la mano dietro la schiena per slacciarmi il reggiseno mi raggiunge avvolgendomi le braccia forti attorno al corpo e plasmando il duro petto contro il mio. Preme le labbra sulle mie, le separo per permettere alla lingua calda di assaggiarmi. Mi bacia con passione e bisogno. Il duro uccello mi spinge contro lo stomaco, la sensazione fa stringere e infiammare la mia femminilità. Sì. Le lacrime si sono fermate, ma il petto è ancora in agonia. Fallo sparire, ti prego. Cancella il mio dolore. Ha dannatamente bisogno di me, posso sentirlo. E allo stesso modo io di lei. Non esito a liberarmi l’uccello duro dai pantaloni. Le strappo con facilità le striminzite mutandine di pizzo dal corpo e le getto sul pavimento. Le stringo il sedere fra le mani, premendo i nostri corpi insieme e la sbatto contro il muro, tenendo le labbra sulle sue per tutto il tempo. Il petto martella, il sangue pompa bollente nelle vene. Ho bisogno di entrare dentro di lei, adesso. Avvicino il cazzo alla sua calda entrata, massaggiando la punta fra le labbra umide. Cazzo, mi vuole proprio come la voglio io. La penetro fino in fondo. Interrompe il nostro bacio per piegare la testa all’indietro, sbattendola contro il muro e urlando di piacere, mentre scopo perdutamente la sua fica stretta. La mia mano destra vaga per il suo corpo, la sinistra la tiene inchiodata al muro. L’eccitazione scorre fuori dalla sua v****a e giù per le mie cosce. Lo avvolgo con le gambe mentre mi solleva con un bisogno primitivo. Il corpo sa di aver bisogno del suo tocco, ma il cuore esige le sue labbra e si stringe quando me le dà. Mi bacia in modo frenetico e si spinge dentro di me con disperazione. La posizione in cui mi tiene gli garantisce di sbattere contro il clitoride ad ogni spinta. Sento il corpo avvicinarsi sempre di più al culmine, ogni terminazione nervosa in massima allerta. Le labbra scendono lungo il mio collo verso la spalla e la clavicola, lasciando una scia di piccoli morsi e baci a bocca aperta. Mi lecca l’incavo della gola prima di riportare la lingua rovente sul collo. Mugolo di piacere nell’aria fredda sopra di noi. Il cuore si calma e il corpo trema quando torpore e ardore mi colpiscono in contemporanea. «Sì!», urlo, la femminilità che pulsa attorno al suo enorme uccello. Mi contorco su di lui nel momento in cui calore e piacere mi scorrono attraverso gli arti pesanti. Sento ondate di sperma caldo inondarmi la v****a dolorante. I miei occhi si spalancano mentre le scosse di assestamento si placano. Cosa diamine ho appena fatto? Devo uscire da qui. Mi spinge come se non potesse aspettare ad allontanarsi e questo fa precipitare il mio dannato cuore nel petto. Ottimo. Va bene. Non è che questo fosse più di un pagamento. Continuo a ripetermelo, voltandole le spalle e afferrando i pantaloni. Cammino attraverso la suite per prendere un fazzoletto dalla scrivania e permetterle di pulirsi, ma quando mi giro è già vestita. Il sangue scorre raggelato dal modo in cui si è congedata da me e da ciò che abbiamo appena condiviso. Non era soltanto una scopata, c’era qualcosa lì. Non mi sono MAI sentito così prima. Qualsiasi cosa fosse, la voglio, cazzo, e io sono un uomo che ottiene quello che vuole. La mia convinzione si rafforza quando mi avvicino a lei. L’avrò di nuovo, farò in modo che accada. Che cazzo ho fatto? Ho bisogno di andarmene. Devo andare da mio figlio. Non vorrei altro che quest’uomo mi stringesse a sé, ma so che non succederà. Sono proprio una stupida, non so neanche come si chiama. Questi sentimenti nel mio cuore distrutto non sono gli stessi che prova lui. Era soltanto un pagamento. Il pensiero mi fa fermare il cuore e dolere il petto, ma lo scaccio. Mi rifiuto di mostrarmi debole di fronte a lui, ho bisogno di essere forte solo per un altro po’. Tento di aggiustarmi i capelli meglio che posso senza uno specchio. Raddrizzo la schiena e afferro la borsa mentre avanza verso di me. Alle donne piace quando faccio lo stronzo. Non so perché e non mi importa, ma le fa sempre ritornare da me. Voglio rivedere questa ragazza ad ogni costo; ho dannatamente bisogno di stare dentro di lei il più spesso possibile. Quindi, dopo aver portato il suo dolce culetto alla porta, le faccio un sorrisetto arrogante e le do un bacio sulla guancia. Si protende verso di me e mi sussurra all’orecchio, lasciando che il respiro caldo mi solletichi il collo sensibile. «Grazie per il pagamento, bambola». E con questo mi volta le spalle e chiude la porta senza degnarmi di una seconda occhiata. Questo è il momento in cui la mia speranza piena di desiderio muore e il cuore mi si spezza nel petto vuoto. Conto i soldi e inizio a camminare avanti e indietro. Ho bisogno di informazioni da Johnny, devo sapere chi è quella donna. Chiunque sia, finirà per essere mia. Johnny ritorna proprio cinque minuti dopo che se n’è andata. «La prima consegna è appena uscita. È venuta con tutto tranne gli interessi». Nascondo le sue mutandine perché non le veda. «12.000, giusto?». «Non le abbiamo fatto pagare gli interessi; non sapeva del debito del marito fino a ieri». «Da quando li facciamo così gli affari?». Non tento nemmeno di abbassare la voce. Il sangue inizia a martellarmi nelle orecchie. «E perché cazzo sta pagando il debito del marito? Non ha le palle per venire qui di persona? Manda la sua donna?!». Le parole mi escono dalle labbra prima che abbia il tempo di pensare. Di solito sono più controllato e riflessivo. Se questo lavoro mi ha insegnato qualcosa è che il silenzio è mortale e l’essere una testa calda ti ucciderà. Ma sto tremando di rabbia. Rabbia che trasuda dai pori, rabbia per il fatto che sia sposata con un fottuto vigliacco e bastardo ma, più di questo, sono incazzatissimo che sia impegnata. Johnny scuote la testa smarrito e rallenta i movimenti intanto che registra la mia collera. «No, non è così. È morto la settimana scorsa, un attacco di cuore o qualcosa del genere». Nel momento in cui Sarah mi vede, l’ultimo frammento della mia scorza indurita si frantuma. Sento le labbra tremare e le mordo per prevenire le lacrime. «Cos’hai fatto, Becca?». Gli occhi imploranti di Sarah mi fanno sentire ancora più di merda. Lei sa, può capirlo. Sono sicura di sembrare una che è stata appena scopata. Il collo vibra nel punto in cui mi ha morsa. I suoi occhi vogliono che le dica che ha torto, mi implorano di dirle che si sbaglia, ma non posso mentire. Posso sentire il suo sperma fuoriuscire da me e scorrermi lungo la coscia, prova della mia debolezza e tradimento. Le lacrime salgono agli occhi e non riesco a impedire ad alcune di loro di lasciarmi scie calde e rabbiose lungo le guance. Tutto ciò che riesco a rispondere è la più nuda delle verità, «Sono andata a letto con lui». «Non piangere, Becca. Va tutto bene». «Rick è appena morto e io sono andata a letto con uno sconosciuto». Non riesco a nascondere il disgusto nella voce. «Ad ogni modo non è che alla fine voi due stavate proprio insieme. Eravate separati da quasi due mesi». Mi si spezza il respiro nello stesso momento in cui appoggio la testa alla portiera della macchina. Amavo mio marito, ma non riesco a ricordare l’ultima volta che mi ha abbracciata, in cui abbiamo fatto l’amore. Un criminale, che con buone probabilità mi avrebbe fatto del male se mi fossi presentata a mani vuote, mi ha dato più compassione e mostrato più desiderio di quanto Rick abbia fatto per anni. Il respiro mi si ferma in gola. Ho approfittato di lei in un momento di debolezza, ma non potevo sapere quanto fosse vulnerabile. Sbatto il pugno contro la finestra. Non lo sapevo, cazzo! Un turbine perverso e malato mi fa venir voglia di vomitare. Porca troia! Lo sapevo che aveva bisogno di me. Lo sapevo, cazzo. Avevo soltanto bisogno di essere stretta e di sentirmi amata. Questa devastazione nel petto, come schegge di vetro frastagliate che scavano nel mio cuore, mi dice che non ne valeva la pena. Fa troppo male. La cosa peggiore è che un’enorme parte di me vuole… no, ha bisogno di tornare da lui e implorarlo di stringermi ancora. Soltanto un’ultima volta. Vorrei non averla lasciata andare. Vorrei non averlo mai dovuto incontrare. Stringo i denti e chiudo gli occhi, chiedendomi se mai la rivedrò ancora. Faccio un profondo respiro e mi calmo, mentre mi allontano con la consapevolezza che non lo rivedrò mai più. Mi odio. Mi odio. Sono un lurido bastardo.

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