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3082 Words
2 Confessioni Mi sveglio presto e rotolo su un fianco. Guardo Jasper che dorme profondamente. È la cosa più bella che abbia mai visto. Le sue labbra a cuore sono leggermente aperte, il fiato leggero e pacifico entra e esce a ogni respiro. Non si rade da qualche giorno e la ricrescita scura che gli ombreggia la mascella si sposa alla perfezione sul suo volto spigoloso e sicuro. I capelli spettinati ricadono scomposti sul cuscino, e questo aggiunge un tocco virile al suo aspetto. Sembra un tipo pericoloso, o meglio, pericolosamente sexy. Mi prendo a sberle mentalmente per cercare di smetterla di sbavare, prima che Jasper si svegli e mi colga in flagrante, come una ninfomane pervertita. Decido di scendere di sotto a preparargli la colazione tanto tornare a dormire sarebbe impossibile. Mi sono girata e rigirata tutta la notte pensando al casino in cui mi sono ficcata, e il mio cervello non regge più. Apro le tende della cucina e mi godo la vista. Amo l'alba, è uno dei momenti più belli della giornata. È come se tutto fosse nuovo e fresco e i guai del giorno prima fossero roba vecchia. Be'… quasi. Per fortuna Jasper non ha fatto ulteriori domande sul perché mi sia raffreddata, sul divano ieri sera, ma dopo tutto quello che è successo tra noi, non posso mentirgli. È proprio questo che mi ha cacciata nei casini la prima volta. Credevo di fare la cosa giusta e invece ho ottenuto l'effetto opposto e non farò più lo stesso errore. Mi alzo sulle punte dei piedi per raggiungere la farina e la t-shirt di Jasper, che ho raccattato dal pavimento, si solleva esponendo il mio culo. Sono sola e per nulla imbarazzata dal fatto di essere nuda. Ripeto il mio spettacolino hot per un paio di minuti, mentre cerco nella credenza di Vi gli ingredienti per preparare la colazione preferita di Jasper: le frittelle. Ho tutto quello che mi serve e mi volto per iniziare a preparare. «Tutto qui? Avevo appena cominciato a mettermi comodo». Caccio un urlo e mi aggrappo al piano della cucina per non piombare col culo sul linoleum. Il mio ragazzo è seduto al tavolo della cucina, a cavalcioni su una sedia e a torso nudo. Non posso trattenermi dal fiondare lo sguardo su quel meraviglioso esempio di perfezione di fronte a me. I suoi occhi cerulei sono così brillanti quando si sveglia e, come sempre, mi tolgono il fiato. La parte alta del corpo è pura perfezione, con quei muscoli così scolpiti che mi viene voglia di passarci la lingua. Lo sguardo scende sul petto, sugli addominali ben definiti e poi finisce sulla peluria del pube. La intravedo dai jeans lasciati sbottonati. «No, dico, ti piace lo spettacolo? Dovrei iniziare a farti pagare», ridacchia Jasper, soddisfatto. Le sue parole mi risvegliano dal sogno erotico e gli faccio un sorriso imbarazzato, consapevole di essere stata colta in pieno stupro mentale. Alzo gli occhi al cielo, sarcastica, quando mi fa un sorrisetto compiaciuto, ma solo per nascondere il fatto che mi sto sciogliendo in un mare di Jasper. «Ah! Parli tu? Da quanto sei a lì ad ammirare il mio culo?», gli domando divertita mentre mi piego per prendere un cucchiaio di legno dall'ultimo cassetto in basso. «Non so di preciso. Ho perso la cognizione del tempo da quando ti ho vista trotterellare mezza nuda in cucina», risponde con un tono divertito. Guardo la sua faccia compiaciuta e gli lancio uno strofinaccio. «Pervertito», ridacchio. «Ehi, mica mi lamento. Cazzo sarà materiale per i miei sogni stanotte quando dormirò tutto solo». Solo? In un attimo sento il vuoto dentro me. Ho dormito con Jasper tutte le notti da cinque settimane e il pensiero di stare nel letto senza di lui mi manda in pieno panico. Percepisce il mio terrore e si alza di scatto dalla sedia. Si avvicina a me in tre passi, mi prende tra le braccia e nasconde il mio volto sul suo collo. «Che hai piccola?». La voce risuona sul petto. Mi abbarbico forte a lui. «Non riesco a dormire senza di te», confesso a voce bassa. Jasper mi stringe più forte. «E allora vuol dire che non dormirai senza di me». Mi tiro indietro per guardarlo nei profondi occhi blu e chiedo speranzosa: «Starai dai miei con me?». Lucas e Vi tornano oggi dalla luna di miele e Jasper, che è l'uomo più cortese e premuroso che ci sia, non ha dato per scontato che passeremo la notte insieme. Abbiamo badato alla casa di Vi mentre loro erano via, ma ora non occorre più. «Starò ovunque vorrai tu», risponde baciandomi la punta del naso. «Anche se, credo, sarebbe più pratico stare da me. Non vorrei che tuo padre sentisse cosa faccio alla sua piccola bambina», dice sfoggiando le sue fossette. Gli rispondo con un sorriso, mentre roteo gli occhi divertita. «Grazie». Poggia il mento sulla mia testa e sospira: «Qualsiasi letto è gelido senza di te. E anche se di notte sei come una scimmia ragno, non riesco a dormire se non ci sei». Ridacchio beata, perché è vero. Mi sono svegliata appollaiata sulla schiena di Jasper in diverse occasioni. «A che ora tornano Lucas e Vi?», mi domanda. «Credo verso mezzogiorno», rispondo mentre mi sciolgo dal suo abbraccio e mi rimetto a preparare la colazione. Sento gli occhi di Jasper su di me mentre mescolo gli ingredienti. Mi giro e mi abbasso per prendere una padella e le guance mi si infiammano perché so che mi sta mangiando con gli occhi. Tempo cinque secondi e il suo petto è appoggiato alla mia schiena. Godo al pensiero che il mio ragazzo non riesca a tenere le mani a posto quando è con me. Inizia ad accarezzarmi la pelle e mi schiaffeggia, leggero e impunito, sul sedere. «Ahi!», ridacchio svincolandomi dalla presa, perché so dove andremo a finire se non la smetto subito. E non posso, per la situazione in cui mi trovo. Uffa, non voglio avere questo pensiero la domenica mattina. «Siediti», sorrido, puntando il coltello verso la sedia. Lui mette il broncio ed è ancora più adorabile. «Se vuoi la tua colazione, siediti», dico quando vedo che non si muove. Mi tira a sé, con il petto nudo che mi scalda il corpo dalla testa ai piedi. «Tu sarai sempre il mio cibo preferito», mormora in tono seducente. A momenti mi strozzo con la mia stessa lingua e lui ride di fronte alla mia reazione, prima di lasciarmi andare, un po' riluttante. «Sei autoritaria quando cucini», sorride mentre si infila in bocca una fragola e si appoggia al piano di lavoro. «Be', tu sei autoritario a letto», replico senza riuscire a fermare il pensiero. Ho davvero il chiodo fisso del sesso! E questo perché mi sto precludendo qualcosa che, di solito, faccio più volte al giorno e, spesso, senza neanche doverlo chiedere. «Non mi pare tu ti sia lamentata la scorsa settimana», dice guardandomi eccitato, con le labbra colorate di un intenso rosso fragola. Divento viola al ricordo e vorrei non aver detto nulla, perché ora tutto ciò a cui penso è sesso, sesso, sesso! «Non mi stavo lamentando. Stavo solo facendo un'osservazione», replico sentendo i brividi partirmi dalla nuca. «Bene se non ti stai lamentando, allora…», si avvicina. Devo fermarlo, prima di soccombere ai suoi occhi blu e a quella voce allusiva. Metto il palmo della mano sul suo petto per impedirgli di venirmi più vicino e sogghigno. «Spiegami bene, quale parte di “siediti” non hai capito?». Jasper si picchietta il mento con un dito. «Uhm… a dire il vero nessuna». Rido di gusto, mi sgancio dal suo abbraccio e mi giro verso i fornelli, mentre cerco di rifiutare le sue avances con uno sforzo titanico. Sospira in maniera melodrammatica. «Okay, ma queste frittelle dovranno essere davvero la fine del mondo», mi prende in giro mentre cammina verso il tavolo e, finalmente, si siede. Mi volto e inizio a mescolare la pastella, contando i minuti che mancano al momento in cui la mia amica rimetterà piede in patria. Ho bisogno del suo aiuto. Lei saprà cosa fare. Lei sa sempre cosa fare! *** Non posso farci niente, entrare all'aeroporto di Los Angeles mi lascia sempre un sapore dolce amaro in bocca. Quello che ho vissuto l'ultima volta che sono stata qui non lo voglio provare mai più. Io e gli aeroporti non abbiamo mai avuto un buon rapporto, perciò, quando le mani iniziano a sudare e il cuore minaccia di saltare fuori dal petto, mi chiudo a riccio. Jasper si accorge del mio cambio di umore. «Che c'è, bimba?», domanda stringendomi la mano. La parola bimba mi manda in tilt. Di solito adoro quando mi chiama così, ma il termine ora ha un significato del tutto nuovo. «Nulla, sto bene», rispondo con un sorriso che raggiunge appena le labbra. Jasper, sempre in totale sintonia con le mie emozioni, non se la beve. «Non farlo, Ava. Non fare finta che vada tutto bene quando so che non è vero». Ha ragione e l'ho imparato a mie spese che le relazioni devono basarsi sulla fiducia. Se non c'è quella, non esistono rapporti veri. Rimango pietrificata perché ci siamo dentro entrambi e lui ha tutto il diritto di sapere. Si ferma e mi guarda. Tutto ciò che vedo nei suoi occhi blu è apprensione. Odio che si senta così per colpa mia. Di certo questo non è il modo in cui mi immaginavo di confessargli che forse sono incinta, ma non sopporto di vederlo così. Gli prendo entrambe le mani e gliele stringo. Ci siamo! Guardo negli occhi l'uomo che amo con tutto il mio cuore e vedo che trattiene il fiato. «Jasper, credo di essere…». «Ava!». Mi fermo a metà frase e giro di scatto la testa a sinistra, perché giuro che ho appena sentito il mio nome. Il fantasma dell'aeroporto non molla! «Avaaa!». Prima di riuscire a formulare un altro pensiero, la mia migliore amica mi getta le braccia al collo. «Mi sei mancata così tanto, amica», esclama stringendomi forte. Non so dire se il suo tempismo sia positivo o negativo, ad ogni modo sono felice che sia qui. Sbircio dietro le spalle di Veronica e noto Jasper alquanto contrariato dall'interruzione. Mi stacco dall'abbraccio, così la posso salutare ben bene ma, soprattutto, posso respirare. «Wow! Ma guardati, sembri la dea dell'abbronzatura», le dico osservando la pelle baciata dal sole che spunta dagli shorts e dal top rosso. Fa una giravolta con le braccia aperte. «Lo so. Era così bello lì, che stare al chiuso sarebbe stata una follia». Lucas si avvicina a noi ridacchiando. «Esatto, e non potevi neanche fare a meno di spogliarti nuda quando eri all'aperto… tutto il tempo!». La guardo con occhi spalancati. La mia amica esibizionista. Perché non mi sorprende la cosa? «Solo quando non c'era nessuno intorno», gli dice liquidando il suo commento con un gesto sbrigativo della mano. Lucas scuote il capo divertito. «Ma se hai fatto avere al bagnino la sua prima erezione!». Con uno sbruffo, mi copro la bocca per contenere una risata. «Quante storie! Non mi pare tu ti sia mai lamentato, no?». Lucas sghignazza. «E di cosa dovrei lagnarmi? La mia meravigliosa moglie nuda è una vista di cui non mi stancherò mai». La tira a sé e la bacia con passione. Oddio, vomito! Jasper mi lancia un'occhiata lasciva e io tergiverso, sentendomi a disagio. «Dai, piccioncini, la luna di miele è finita. Ora basta!». Li divide intrufolandosi tra loro. Afferro il braccio di Vi e la spingo poco più in là, lontano dai ragazzi che, intanto, si scambiano un abbraccio virile. «Cosa c'è che non va, brontolona», mi domanda. «Credevo di trovarti beata di sesso, con la casa a vostra completa disposizione. A giudicare dal tuo umore, invece, forse sei tu che avresti bisogno di andare in giro nuda». Che bello vedere che la mia amica è in forma smagliante. Vi si allunga verso di me e sussurra per non essere sentita. «No, sul serio, cosa c'è Ava?». Ma come cavolo fa? Sono così scontata? «Ti conosco da sempre, cara mia. E ti leggo come un libro aperto. E, a dirla tutta, un libro assai drammatico e frustrante», dice sbruffando. Ridacchio. «Ho bisogno di parlarti, ma non qui», rispondo in fretta, indicando con la testa Lucas e Jasper. Spalanca gli occhi un po' esasperata, ma comprensiva. «Va bene Ava, come vuoi. Ma giuro su Dio che se osi dirmi che sei fidanzata col tuo ex psicopatico, che emigri in un altro paese o che sei single, ti chiuderò nella mia soffitta e getterò via la chiave. Farò sembrare Annie Wilkes, di Misery non deve morire, una cazzo di Mary Poppins, a confronto! È chiaro?», bisbiglia tra i denti per non farsi sentire dai ragazzi che ci stanno raggiungendo. Le lancio solo uno sguardo sconsolato, mentre Jasper si avvicina e mi cinge in un abbraccio. Se solo fosse così facile... *** La corsa in macchina è decisamente imbarazzante, con Jasper e Vi che sanno che c'è qualcosa che non va. Sono sorpresa di non essere già andata fuori strada. Colgo un'occhiata curiosa di Vi dallo specchietto retrovisore e decido di usare solo quelli laterali. Come se l'atmosfera non fosse già abbastanza imbarazzante, alla radio danno Hey Baby dei No Doubt, così mi allungo veloce per cambiare stazione e cercare qualcosa che mi ricordi meno la mia tragica situazione. Quando Jasper mi posa la mano sulla gamba sobbalzo, perché sono leggermente sulle spine, e mi torturo il labbro con nervosismo. Lo so che sta cercando di decifrare perché mi stia comportando come una squilibrata e mi sento pure stronza perché so che gli devo una spiegazione, ma non voglio dargliela finché non sarò sicura della verità. La sua mano stringe la coscia e inizia ad accarezzarmi piano la pelle col pollice. Do una sbirciata veloce dalla sua parte e lo vedo immerso nei pensieri. Si starà scervellando per capire cosa mi sta passando per la testa. Devo fare il test di gravidanza, adesso! Finalmente entro nel vialetto di casa di Vi e mi catapulto fuori dall'auto. Mentre salgo gli scalini del portico, mi accorgo che Jasper non è dietro di me, perciò mi volto e lo vedo dare una pacca sulla schiena a Lucas e afferrargli la mano, in segno di saluto. Aspetta… cosa? Se ne sta andando? Mi precipito giù per le scale e mi avvicino per chiedergli dolcemente: «Te ne vai?». Jasper annuisce sorridendo. «Ah!», rispondo con disappunto. Fa un passo in avanti e mi sistema dietro l'orecchio una ciocca di capelli sfuggita alla coda di cavallo. «Sì, amore. Tanto devo lavorare alla clinica stasera». Sono solo le due e so che non inizia prima delle dieci. «Va bene». Faccio il possibile per non mettere il muso. Mi solleva il mento con le dita. «Rimani da me stanotte?». Le sue parole mi calmano all'istante e gli sorrido. «Prova a tenermi lontana». Mi premia con uno dei suoi sorrisi a fossette spiegate che, come sempre, mi toglie il fiato. Lucas assiste al nostro scambio di battute, mentre scarica i bagagli dalla mia piccola Honda. «Ci vediamo dopo J», gli dice, mentre Vi mi lancia un'occhiata preoccupata, prima di entrare in casa. Quando sento la porta chiudersi, appoggio una mano sul petto di Jasper. «Ti prometto che finirò di dirti quello che ho iniziato prima». «Okay», mi dice con sguardo inquieto. Mi guardo intorno, non credo che questo sia il momento migliore per rivelargli che forse diventerà padre, mentre i vicini tagliano l'erba e i bambini scorrazzano indiavolati, pompati da livelli di glucosio altissimi, per via dei dolciumi che hanno ingurgitato. «Ma non qui e ora. Devo prima fare una cosa. E ti prometto che dopo ti dirò tutto». Jasper mi guarda con aria decisamente turbata. «Non mi piace quando mi tieni le cose nascoste, Ava». «Lo so, ma non è un segreto. Voglio solo essere sicura di una cosa prima di parlartene». Devo essere strasicura prima di rivelargli una notizia così grande che cambierà per sempre la sua e la nostra vita. Jasper sospira, passandosi una mano tra i capelli. «È per caso un linguaggio cifrato di cui non sono a conoscenza? No, perché non ci sto davvero capendo nulla». Ridacchio. È adorabile. «Ti fidi di me?», gli accarezzo una guancia. Lo so che è chiedergli molto, non lo biasimerei se mi dicesse di no e mi rinfacciasse tutte le bugie e ciò che è successo in passato. Ma non lo fa. Si allunga per abbracciarmi. «Con tutta l'anima», risponde con convinzione, guardandomi dritta negli occhi. Bene, mi si scalda il cuore perché finalmente ho riguadagnato la sua fiducia. «Ti amo». Sorrido e appoggio la mia fronte sulla sua. «E io amo te», abbassa il capo per incontrare le mie labbra inquiete. Mi bacia con tale passione e amore che mi toglie il fiato. Quando si stacca da me, arriccio le labbra imbronciata. «Ci vediamo stanotte». «Okay», mormoro mentre lo guardo salire sull'auto e lasciarmi lì con la spada di Damocle che penzola sopra la mia testa. Salgo le scale con foga. Sto per compiere l'impresa più spaventosa che abbia mai dovuto affrontare in vita mia. Scoprire se sono incinta. Quando entro in casa vedo Vi in attesa vicino alla finestra, da dove ci stava spiando. «Okay, sputa il rospo», dice prendendomi una mano e trascinandomi sul divano. Oddio, come glielo dico adesso? Inizio a giocherellare con il bracciale di Jasper. Faccio un respiro profondo e respingo la nausea. «Vi», bisbiglio perché non so se Lucas è nei paraggi, «penso di essere in…». Prima di riuscire a finire, però, la parola si ferma in gola. Vi arriccia il viso, perplessa. «Pensi di essere in… cosa? Ingrassata? Incosciente? Infame? Cosa Ava?», mi domanda provando a indovinare cosa diavolo stia succedendo. Caccio indietro un risolino nevrotico, mi porto una mano alla bocca per evitare di ridere a crepapelle, perché sarebbe alquanto inappropriato, ma non ci riesco. Inizio a sgignazzare come una pazza isterica, e mentre la realtà si materializza bussandomi alla spalla con un dito, la risata si tramuta in pianto. Singhiozzo senza controllo, nascondendo il viso tra le mani per evitare di guardare la mia amica. «Ava tesoro». La sincera apprensione nella sua voce mi fa piangere ancora più forte. Mi stringe a sé e mi strofina la schiena per farmi sfogare. Dopo qualche minuto che frigno, mi sento un po' meglio. Mi alzo e mi asciugo gli occhi con la mano. Sono molto imbarazzata della mia scenata e mi domando se siano gli ormoni impazziti per via del… Oddio, aiuto! Sbianco. Quando vede la mia reazione, Vi mi cerca lo sguardo e mi accarezza il braccio comprensiva. «Ava, stai bene?». Alzo le spalle perché non lo so davvero come mi sento in questo momento. «Parlami. Qualsiasi cosa sia, devi dirmela». La guardo seria e annuisco. Ha ragione. Faccio un respiro profondo e sputo il rospo. «Vi, credo di essere… incinta». La mascella le cade e la bocca si spalanca, trasformando il suo bel visino nella maschera di Scream. Okay… non è proprio la migliore delle reazioni. «Vi?», le domando dopo un minuto, temendo una paresi facciale. Ho bisogno che dica qualcosa per farmi sentire meglio, che mi dica che andrà tutto bene. «Sei sicura?». Alleluia, parla! Scuoto la testa e abbasso gli occhi. «Non hai fatto il test?». Scuoto la testa, di nuovo. Si alza di scatto, allunga verso di me la mano e io l’afferro, guardinga. «Dove andiamo?», domando mentre mi spinge verso la porta, coi miei piedi che si trascinano dietro il tappeto. Si ferma e mi guarda dritta negli occhi: «A scoprire se diventerò zia».
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