VII - Bologna-1

2047 Words
VII - Bologna L’uomo seduto dietro allungò il braccio e cercò di strattonare la borsa di Sara, ma la tracolla si bloccò sotto il casco, in modo che lo scippatore subì uno strappo, mentre il suo compagno accelerava, perse l’equilibrio e cadde dal motorino in malo modo. Sara fu sbattuta a terra con una brutta torsione e picchiò la testa, mentre la sua borsa volò parecchi metri lontano. Il pilota, dopo un vano tentativo di tenere la strada, perse il controllo dello scooter. Allyson fu presa dal panico. Scese velocemente dalla moto e gridò per chiedere aiuto. Sara era rimasta immobile: per un attimo, aveva perso totalmente la cognizione del luogo e la percezione del proprio corpo. Quando si rese conto di essere caduta, provò istintivamente a rialzarsi, ma sentì un dolore insopportabile al braccio e urlò. Con i sensi ridestati dal male, mise a fuoco ciò che vedeva davanti ai suoi occhi: asfalto e sangue. Allyson era lì vicino a Sara. Non voleva muoverla, quindi provò a capire la gravità della situazione, ma a malapena riuscì a sentire quello che Sara le diceva, masticato dalle lacrime e soffocato dal casco. Capì solo che le faceva male il braccio e le parve di distinguere la parola sangue, quando notò che da sotto il casco cominciava a formarsi una piccola chiazza scura. Alla vista del sangue il panico divenne terrore, si sentì mancare, e dovette farsi forza e respirare profondamente per non svenire. Aveva già preso il telefonino quando sentì dietro di lei una voce, che la fece sobbalzare per lo spavento: “Come sta?” I ragazzi, che prima erano in gruppo poco distanti, le avevano raggiunte in un attimo e uno di loro era chino vicino a Sara. “Non lo so, non ho visto bene” rispose Allyson, concentrata nello sforzo di rimanere lucida. “Penso che abbia un braccio rotto, e ha battuto la testa… sanguina!” “Abbiamo appena chiamato l’ambulanza e la polizia. Arrivano subito” disse uno dietro di lei, con voce rassicurante. Allyson alzò lo sguardo per ringraziare. “Tu?!” Quando la riconobbe, Luca rimase sbalordito, ma allo stesso tempo fu preso da una specie di euforia, mista alla rabbia per quella situazione. Si sentì subito coinvolto personalmente, tanto da provare un senso di vendetta nei confronti dei due scippatori. “È Allyson, Mike, la festeggiata.” “Voi… cosa ci fate qui?” “Giochiamo qui dietro...” Allyson guardò Mike, sospettosa. “Tranquilla, ti puoi fidare” aggiunse Luca. “Bisognerebbe capire perché sanguina e da dove…” disse Mike, controllando le condizioni di Sara. Intanto, l’uomo che aveva tentato lo scippo aveva provato a rialzarsi, ma non era nemmeno riuscito a fare un passo che era caduto di nuovo a terra rovinosamente. L’altro era scattato subito in piedi, si era impossessato della borsa con una mossa felina ed era già sul motorino per scappare. Allyson naturalmente non si era accorta di niente, concentrata com’era su Sara, Mike invece alzò la testa per parlare con Luca: “Quello là è steso. L’altro se ne sta andando...” Era tranquillo e dava l’idea di avere in mano la situazione. Sembrava stesse dicendo una cosa ovvia ai suoi amici e che loro sapessero esattamente cosa dovevano fare. Luca vide il casco di Allyson poggiato per terra accanto a lei. “È tua questa moto?” “Sì, perché?” “Dammi le chiavi.” “No, guido io!” Allyson scattò in piedi. “Tu devi stare con la tua amica” disse categorico Luca, fermandola con una mano sulla spalla. “Dammi le chiavi, fidati...” Riluttante, Allyson gliele consegnò, e Luca le lanciò a un suo amico. “Tieni Loru, guida tu!” Lorenzo le prese al volo. “Steve, Andre, voi pensate a quello là. Mike e Simo stanno con le ragazze.” In un attimo erano entrambi sulla sella, entrambi senza casco, la moto accesa. “È depotenziata!” disse Allyson. “Andrà bene lo stesso” rispose Lorenzo. “Come si chiama la tua amica?” chiese Mike. “Sara.” “Ehi, Sara” le disse con dolcezza “stai tranquilla, ok? Finché arriva l’ambulanza ci siamo noi. Un po’ me ne intendo. Sono abituato anch’io a prendere delle gran botte, sai?” Allyson rimase stupita. Le venne persino il dubbio che fosse lo stesso ragazzo di tre giorni prima in discoteca. “Sicuramente ha una brutta frattura all’avambraccio” le sussurrò Mike, senza che Sara lo sentisse. “Poi sta sanguinando molto, dobbiamo capire da dove. Aiutami a farla stare calma.” “Ma forse non è prudente muoverla.” “Infatti non ho intenzione di farlo io. Ehi Sara, riesci a muovere la mano destra?” Sara mosse abbastanza bene sia le dita che il braccio.” “Ok. Perfetto, Sara. Allora prendi per mano la tua amica, va bene?” Allyson le strinse la mano. Sentiva che la tensione stava diventando insopportabile, non vedeva l’ora che arrivasse l’ambulanza, ed era sempre più confusa. “Adesso dimmi se senti i piedi e le gambe e prova a muoverli lentissimamente.” Sara singhiozzò che nella parte bassa del corpo si sentiva a posto. “Ottimo. Rimane solo da capire da dove sanguini. Stai tranquilla, la visiera del casco è rotta: probabilmente hai preso solo una brutta botta.” Mike fece luce con la torcia del cellulare e riuscì a vedere che sanguinava abbondantemente dal naso. Estrasse dalla sua borsa un asciugamano e cominciò ad assorbire il sangue attorno a lei. “Dovrebbe essere solo il naso, per fortuna” disse ancora sottovoce. Ma Allyson, vedendo l’asciugamano bianco inzupparsi di sangue, fu sopraffatta e scoppiò a piangere. Quell’immagine non se la dimenticò più. Capì che si stava incidendo dentro di lei, come un tatuaggio nella memoria. “Che vuoi fare?” chiese Lorenzo. “Non ti preoccupare. Tu raggiungi quel pezzo di merda, affiancati, e non fare un graffio a questa moto, altrimenti quella ci ammazza!” “Ok, capo!” La strada dove si trovava la baracchina dei gelati era un ampio rettilineo, dove guadagnarono facilmente molto terreno nei confronti del motorino. Il ladro, però, girò in un vicolo, e di nuovo in un altro, mantenendo la distanza. Svoltarono ancora e si trovarono in una strada abbastanza lunga, a senso unico. “Perfetto!” disse Luca. Si avvicinarono moltissimo al fuggitivo, al punto che non appena iniziarono ad affiancarsi, senza far capire le sue intenzioni, Luca diede con la gamba una spinta violentissima al motorino, facendolo cadere per terra. Anche Lorenzo fu sbilanciato, deviò a destra e frenò lentamente per evitare di perdere il controllo. Il tizio si rialzò di nuovo in maniera sorprendentemente veloce e estrasse un coltellino dalla tasca destra. Luca scese al volo, senza pensare a quello che stava facendo. Aveva più adrenalina che durante l’azione della vittoria in un match e gli venne tutto spontaneo: decidere cosa fare, farlo e riuscirci. Corse verso l’uomo e fece un movimento assurdo con il corpo e le gambe, come se avesse di fronte un difensore pronto a placcarlo. Era la sua finta preferita. L’altro si mosse fendendo l’aria. Luca lo cinturò da dietro senza concedergli nemmeno il tempo di vedere dove fosse andato a finire – questa l’aveva imparata dai difensori, era la loro mossa per stendere il quarterback – e, facendo leva sulle gambe, lo rigirò sbattendolo violentemente a terra. Il ladro perse la presa sul coltello, Lorenzo lo allontanò con un calcio, Luca si staccò dall’uomo e si rimise in piedi all’istante. Dopo poco, anche il balordo si alzò barcollando. Ci fu un istante in cui si guardarono in faccia: Luca e Lorenzo, uno accanto all’altro, erano almeno quindici centimetri più alti di lui. Erano enormi. Il complice, nel frattempo, era ancora a terra nel luogo dello scippo e gemeva. Era un ragazzo e chiedeva disperatamente aiuto, perché gli faceva male la gamba. Stefano e Andrea lo presidiarono senza troppa benevolenza, finché non arrivò la polizia, mentre Mike cercò di rassicurare Sara e di tranquillizzare Allyson, in attesa dei soccorsi. Quando udirono le sirene dell’ambulanza e la videro sbucare in fondo alla strada, tutti tirarono un sospiro di sollievo. Approfittando di quel momento, prima che li raggiungessero gli infermieri, Mike piantò i suoi occhi in faccia a quelli di Allyson e le disse: “Scusami per l’altra sera. Sono stato davvero un coglione.” Subito dopo arrivò una seconda ambulanza, che si prese cura del ladro. “Se te ne vai” disse Lorenzo al ladruncolo “a te va grassa e noi non abbiamo rogne con la polizia per questo piccolo assaggio che ti abbiamo dato. Se invece resti, noi abbiamo qualche bega, ma tu ti becchi una denuncia bella e buona, contro otto testimoni. Vedi tu.” “E lasciate stare le ragazzine, stronzi!” concluse Luca. Il tizio fece tre passi indietro lentamente, come se sospettasse una trappola. Poi si voltò e provò a correre, faticosamente, infilandosi in un vicolo buio e proseguendo fino alla strada successiva, controllando di essere rimasto solo. “Povero idiota!” commentò Lorenzo. “Se avessimo voluto l’avremmo ripreso in un attimo!” Luca non aveva neanche il fiatone. “Ottimo lavoro, pilota!” gli disse, dandogli una pacca sulla spalla. Recuperarono la borsa di Sara e tornarono di nuovo in sella. La luce gialla dei lampioni faceva risaltare il bianco della moto, mentre le tute scure dei ragazzi scomparivano nel buio insieme al motore. Erano allegri per la loro impresa, senza essere consapevoli dei rischi che avevano corso e delle possibili conseguenze. In quel momento, non gliene fregava niente. Si sentivano solo potenti, come dei giustizieri della notte, ed era bello. “Gran ferro… la ragazza!” commentò Lorenzo prima di arrivare dai loro amici. L’ambulanza li aveva preceduti; per la precisione ce n’erano due e, con esse, due macchine della polizia. Luca scese al volo dalla moto. Un agente fece cenno a Lorenzo che non poteva avvicinarsi. “Siamo amici. La moto è della ragazza” disse indicando Allyson, che annuì con la testa. “E cosa ci facevate in due, su una moto non vostra, senza casco?” Allora Lorenzo, che ci sapeva fare con le parole, lanciò le chiavi a Allyson in modo plateale, e convinse il poliziotto a essere indulgente e preoccuparsi di cose più importanti: “Sa com’è” disse “la fretta, lo spavento... è difficile rimanere lucidi! E poi alla fine quando abbiamo capito che ci era scappato, siamo tornati subito indietro...” Mentre diceva queste cose, Luca fece un cenno a Allyson come a dirle: “Non crederci…” e senza farsi vedere da nessuno, ma facendosi notare da lei, appese con noncuranza la borsa di Sara al manubrio. Gli infermieri informarono Allyson delle condizioni di Sara. Dal primo esame risultava solo una brutta frattura al braccio, ma non sembravano esserci altri traumi. Dal modo in cui si era accartocciata la visiera, confermarono l’ipotesi che avesse sbattuto di faccia, ma fortunatamente il casco l’aveva protetta. Al Pronto Soccorso avrebbero comunque fatto tutte le verifiche. “Vai Allyson” le disse Mike. “Stiamo noi a rispondere agli agenti. Abbiamo visto tutto.” Lasciò che lei realizzasse che non c’era altro da fare, poi parlò a Luca con tono di voce più bassa: “Vai anche tu, Luca. Non fare il coglione…” e gli diede un pugno sulla spalla. “Vengo con te” disse Luca. “Grazie, ma... me la cavo.” “Tu sei sotto shock, stai piangendo e hai appena subito uno scippo. Secondo te ti lasciamo andare in moto da sola al Pronto Soccorso a quest’ora? Io vengo con te, punto. Avvisa i suoi, però. E anche i tuoi.” “I miei li avverto dopo, altrimenti si preoccupano. I suoi non riesco a contattarli, penso che siano ancora al lavoro...” “Sai dove lavorano?” “Hanno un ristorante in Centro.” “Dopo lo cerchiamo su Google, adesso andiamo.” Un agente si avvicinò a Luca e gli chiese: “È la tua ragazza quella?” Allyson sentì e ci fu un momento di imbarazzo. “No, no” rispose prontamente Luca. “Siamo solo… amici.” “Beh, ricordatevi di sporgere denuncia. È importante. Noi intanto facciamo rapporto sulla base delle testimonianze raccolte.” “Certo, grazie.” Uno degli amici di Luca aveva un casco di riserva e glielo diede. “Va bene” disse infine Allyson, che non aveva le forze per lottare. “Salta su.” “Sai guidarla?” disse Luca salendo. Allyson pensò che quel ragazzo era impertinente, ma che – sotto la maschera – doveva nascondere qualcosa di buono. Si sentiva talmente sicura in sella, che in quel caso la battuta la fece sorridere. “Guarda e impara” si limitò a rispondere. Non c’era lezione che Luca avrebbe seguito più volentieri: si trovò per la seconda volta, nella stessa sera, su quella moto. Solo che, stavolta, a guidarla era Allyson. Avrebbe voluto stringere le braccia intorno al suo corpo, ma resistette e si resse diligentemente alla piccola maniglia posteriore, per tutto il tragitto. Fu Allyson a rompere il silenzio per prima, alzando la voce attraverso il casco. “Quindi, cosa ci facevate da queste parti voi due?” “Voi due chi? Eravamo in otto!” “Te e quell’altro tuo amico, quello della discoteca.” “Te l’ho detto: ci alleniamo nel centro sportivo di fianco al parco, in fondo alla strada della baracchina.” La conversazione era difficile, si faceva fatica a sentire e a capirsi, quindi non dissero altre parole. Allyson pensava a Sara, Luca pensava ad Allyson. Tutt’attorno a loro scorreva Bologna, di notte. Allyson guidò con disinvoltura, ma nervosamente, tra le rotonde e gli incroci, dalla periferia fino ai viali di circonvallazione. Era arrabbiata per quello che era successo a Sara e si sfogò maledicendo un paio di auto che avevano accostato senza preavviso per rimorchiare una prostituta. La visione della casa dove avevano abitato i suoi nonni la distrasse dalla sua irrequietezza. Le tornò in mente la prima volta che il nonno le aveva insegnato a usare una macchina fotografica e il giorno in cui si erano appostati sui viali a fotografare i ciclisti del Giro d’Italia.
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