CAPITOLO DUE

1527 Words
CAPITOLO DUE Chiariamo subito una cosa prima di continuare. Non posso lanciare fulmini dalle dita. La magia è spesso più sottile di così, ma non sempre. Diamine, chi voglio prendere in giro? Io non sono sottile. Il punto è che la magia è più potente quando ci sono preparazione, pensiero e pazienza. Ma quando si viene assaliti dopo essersi svegliati confusi in un cassonetto? Ero in una situazione difficile. Se avessi combattuto, o sarei morto io o sarebbero morti loro, e le probabilità di successo non mi piacevano. Optai per la porta numero tre: correre come il vento. Tornai in fretta nel vicolo, imprecando. Mentre i criminali haitiani sollevavano le armi, realizzai che non sarei arrivato a una copertura in tempo. I cassonetti erano troppo lontani. Seguendo qualche impulso misterioso – chiamatelo istinto – sollevai la mano sinistra dietro di me e mi sentii formicolare il palmo. Udii diverse raffiche proprio mentre un chiarore bluastro si irradiava dalla mia mano fino a formare una semi sfera (immaginatela come lo scudo di Captain America). I proiettili furono deviati sul cemento della strada e delle pareti fino a quando non scivolai dietro il cassonetto. Mentre l’energia svaniva, un simbolo sul mio palmo brillò flebilmente, quindi si affievolì fino a tornare un normale tatuaggio. Sembrava un fiocco di neve. Un altro tatuaggio correva lungo il mio avambraccio, una linea che formava una specie di freccia. Non ricordavo di essermi fatto tatuaggi, ma le rune erano germaniche e collegate agli dei nordici. Okay, negromanzia, magia oscura, rune nordiche… devo rallentare, giusto? Mi piacerebbe poterlo fare. In ogni caso cercherò di farvela breve. Come ho detto, usare la magia significa incanalare il potere degli spiriti. Questo significa che la magia è sciamanica per natura. Ma ora non correte a conclusioni affrettate. Non vuol dire danzare intorno a un fuoco. La magia – la vera magia storica, basata sulla conoscenza di ogni cultura dall’alba dei tempi – è sempre stata basata sugli spiriti. Non si va a una scuola privata e non si studia sui tomi. Non è che si nasce con o senza di essa. La magia è spirituale. Non religiosa. Non degli illuminati. Ma degli spiriti. Gli spiriti sono energia. Vivono in un mondo alternativo, un posto morto, con libero accesso agli Intrinseci. Per parecchie ragioni, innumerevoli civiltà sono state esposte agli spiriti nel corso dei secoli e i popoli li hanno usati a loro beneficio. Gli Egizi lo hanno fatto con i loro dei. I Nativi Americani pregavano il sole e la luna. Potete considerare questi spiriti dal dio supremo al più basso degli ingannatori. In ogni caso si chiamano patroni e senza di loro la magia non esisterebbe. Nessuno sa davvero cosa siano i patroni o da dove vengano. Non so neanche se siano realmente degli esseri senzienti. Quello che penso è che, quando abbastanza persone credono, c’è una specie di potere nella cosa in sé. La magia ribolle nella mente che stimola l’energia spirituale, perciò ha senso che una fede sufficiente sia capace di crearla. Il tatuaggio sul palmo della mano, la runa, era una scorciatoia per un simbolo di potere. Non avrei saputo dire quale patrono rappresentasse. Per qualche ragione, nonostante non l’avessi mai vista prima, ero abbastanza allenato a utilizzare il flusso della sua energia. Con un minimo pensiero cosciente, mi ero difeso rapidamente. E, a tal proposito, detta difesa era ancora in corso. Sbirciai da dietro il cassonetto di metallo e osservai i miei avversari. Quattro haitiani. Tre di loro avevano mitragliette in bella vista, la loro jeep lasciata a cavallo del marciapiede. Per qualche ragione non si preoccupavano di dare spettacolo. Il quarto aveva delle linee bianche dipinte sul volto. Eravamo a Miami Beach, ma non si trattava di protezione solare. Li identificava come membri di una gang di strada. Si facevano chiamare Bone Saints. I tizi con i mitra erano semplici tirapiedi che per lo più agivano agli angoli delle strade, ma quello con la pittura sul viso era diverso. Era un bokor. Ancora una volta ci troviamo a parlare di titoli. La magia cambia a seconda della società che la pratica. I praticanti del voodoo haitiano vengono chiamati bokor. Anch’io sono bokor per qualcuno perché conosco un po’ di voodoo. Anche se questo Bone Saint indossava una tuta da ginnastica e aveva solo un po’ di trucco, lo avrei riconosciuto come bokor a un miglio di distanza. La gang aprì il fuoco di nuovo. Alzai lo scudo e cercai di fare un bilancio dei miei nemici. Non avevo idea del perché mi volessero morto, ma sembravano irremovibili sull’argomento. C’erano buone possibilità che fossero stati proprio loro a lasciarmi nel cassonetto. Più si avvicinavano e meno copertura avevo. Normalmente sarei passato all’offensiva con una manifestazione d’ombra, ma quel tipo di incantesimo era troppo difficile alla luce diretta del sole. Anche se eravamo in un vicolo, era mezzogiorno. Il sole arrivava direttamente dall’alto e i dintorni erano ben illuminati. Non chiedetemi perché un incantatore di ombre dovrebbe vivere nello Stato baciato dal sole. Che posso dire? La vita è noiosa se non ci sono sfide. Un’altra raffica di proiettili arrivò urlando nella mia direzione. Sollevai lo scudo di nuovo. Scintille bluastre esplosero sotto quell’attacco violento, ma l’energia tenne. Potevo essere vicino alla morte, ma la mia magia era ancora forte. Con la coda dell’occhio, vidi il bokor sollevare un braccio. Ci volle un secondo extra per capire che non stava lanciando un incantesimo e ciò mi rallentò. Notai il coltello in volo troppo tardi. Lo scudo era sollevato ma il pesante pugnale ci passò attraverso, non senza conseguenze, ma neanche deviato abbastanza da mancarmi. La lama mi causò un taglio profondo sulla spalla. L’istinto mi diceva che lo scudo serviva solo per proiettili di modeste dimensioni. Per fortuna, la traiettoria era stata alterata abbastanza, altrimenti mi avrebbe colpito al collo. Feci una smorfia per il dolore, mentre il coltello sferragliava contro il muro del vicolo, ora sporco del mio sangue. Con la mano stretta e lo scudo abbassato, un proiettile mi raggiunse all’addome. Strisciai all’indietro, contro la parete. I criminali confluirono su di me, togliendo la mia copertura dall’equazione. Mi premetti a fatica contro il cassonetto. Aprirono il fuoco. L’unica ombra in tutto il vicolo era proiettata dal cassonetto, giusto una striscia di oscurità immediatamente adiacente. Non era per caso che mi ero raccolto in essa. Mi premetti contro il muro, scivolando nell’ombra. Divenni parte della parete, visibile come un’oscurità sporgente. I proiettili sibilarono attraverso di me e devastarono lo stucco in una grandinata di frammenti. Non ero del tutto etereo. Non proprio. Le ombre esistono nella linea sfocata tra oscurità e luce, tra il conosciuto e lo sconosciuto. Ero lì eppure non c’ero, così potei guardare mentre gli haitiani svuotavano i caricatori in preda alla frustrazione. Non sarei potuto rimanere così a lungo. Anche se gli attacchi fisici si erano rivelati inefficaci, il bokor stava arrivando dalle retrovie, intonando un cantico. Contro la magia, la mia posizione fortificata era una casa di paglia. Scivolai in avanti e tornai solido, sorridendo mentre i criminali ricaricavano le armi. Era l’occasione perfetta per un contrattacco, ma vacillavo ancora per la ferita all’addome (e per qualunque cosa mi avesse lasciato mezzo morto nel cassonetto). Afferrai il coltello del bokor e strategicamente scattai verso l’altro capo del vicolo. Prima che ci arrivassi, risuonarono di nuovo i colpi di arma da fuoco. Lo scudo tenne. Be’, fatta eccezione per la pallottola che arrivò abbastanza in basso da graffiarmi la coscia, ma chi stava tenendo il punteggio? Ruzzolai sul cemento mentre la raffica sibilava sopra la mia testa. Rotolando, rimasi in basso, parallelo al vicolo, come un surfer che pagaia sulla tavola. Con lo scudo ancora alto, quella posizione mi avrebbe garantito una copertura totale. L’energia sul palmo non sembrava forte come avrebbe dovuto, ma tenne mentre un altro giro di caricatori si esauriva. La mia gamba si lamentava per essere stata marchiata. Quella era la debolezza della protezione nordica. Nessuno si chiede mai come faccia Captain America a bloccare i proiettili con quello scudo relativamente piccolo, ma credetemi: è difficile. I Bone Saints cominciarono ad avvicinarsi, ma il bokor li richiamò indietro. Strizzai gli occhi e lo vidi spostarsi di lato. Seguii lo sguardo dell’uomo fino ai suoi piedi. Un pitbull ringhiante corse da dietro il bokor, diretto verso di me. Dovevo sembrargli un gigantesco zampone. Mi affrettai a tornare in piedi e corsi a perdifiato fino alla strada seguente. Quella via era meno trafficata di Washington Avenue. Evitai facilmente l’unica macchina che veniva verso di me mentre attraversavo. Avevo un decente vantaggio sugli haitiani, ma quel cane stava guadagnando terreno velocemente. Chi aizzerebbe i cani contro un animista, in ogni caso? Mi infilai in un negozio di frutta e verdura. La porta di vetro fece risuonare la campanella e si chiuse con un click soddisfacente. Mi voltai e ripresi fiato mentre il pitbull silenziosamente raggiungeva il marciapiede e si fermava poco prima di andare a sbattere contro il vetro. Raccolsi un mango da una cassetta per difendermi, ma non lo lanciai. Il cane non mi seguì dentro. Non abbaiò. Si limitava a fissarmi con quegli occhi freddi e morti. Oh, aspettate un attimo, forse avevo capito. Un bokor che sguinzagliava un cane contro un altro praticante? Posso essere lento, ma non sono stupido. Quello non era un normale cane da attacco. Era un pitbull zombie.
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