Sterile era una persona che non poteva avere figli. Poi avevo quasi otto anni, non avevo bisogno di un fratello.
“Ma perché? Io sto bene da solo.” Dissi ai miei genitori.
“Non è vero! Nessuno sta bene da solo Adriel.” Disse mio padre.
Scossi la testa. “Non ho bisogno di nessuno. Sono grande adesso, non mi serve più un fratello.” Dissi. “Neanche di un amico, Julio è andato in cielo e mi osserva da la. Sto bene da solo.” Dissi insistendo. Non lo volevo un fratello di quel Thomas. Avevo letto che per fare dei figli, ci volevano dei rapporti e non volevo che mamma si facesse toccare da qualcuno che non fosse il mio papà. Perché lo voleva tradire per un figlio?
“Non fatelo. Non mi serve un fratello.” Affermai. Mamma si toccò la pancia. “Abbiamo aspettato che finisse il terzo mese per dirtelo. Ci stiamo provando da un po’ ad averlo Adriel.” Mi disse mamma. “Adesso c’è e sarà una gioia per tutti, anche per te.”
Come aveva potuto la mamma andare con quel Thomas. Lo odiavo! Odiavo l’uomo che mi aveva messo al mondo. Aveva preso il posto del mio papà.
Trascorsero gli anni, nacque mia sorella Raguel e nonostante tutto dovetti accettarla. Ma mi era del tutto indifferente , papà stravedeva per lei. Raguel era la sua bambina, potevo capirlo perché era bellissima, le sue smorfie erano incantevoli. Non il suo pianto, che era a dir vero, insopportabile.
Però non volevo affezionarmi a lei, così mi tenevo occupato con il calcio. Gli allenamenti erano la mia distrazione, facevo ciò che amavo e a papà faceva piacere sapermi a giocare.
Ahimè meno di un anno dopo mamma ritornò ad annunciare una nuova gravidanza.
“Perché?” Le chiesi arrabbiato. “Ti ho detto che non voglio un fratello.” Le dissi questa volta più deciso.
“Ce lo hai fatto capire benissimo Adriel.” Intervenne Papà
“Abbiamo visto che non vuoi affezionarti a Raguel , non possiamo permettere che lei cresca sola come te. Per questo tra otto mesi arriverà un nuovo fratellino.” Mi spiegò mamma.
“Mamma ci ha provato più volte questa volta per averlo, è piccolina infatti e teme di perderlo. Per questo resterà un poco a casa a riposo fino a quando non farà l’ecografia.” Mi informò papà. “Spero che l’aiuti Con Raguel quando io non ci sarò.”
“In che senso ci ha provato più volte?” Possibile che la mia mamma e quel Thomas avessero dormito insieme così tante volte? E quando era successo? Io a differenza dei miei compagni di classe, dormivo a casa non avevo mai visto nessuno oltre papà dormire con mamma. Forse quando andava nelle altre sedi della Consulting? Era allora che mamma incontrava quel Thomas? “Si abbiamo provato già un paio di volte ad avere questo bambino.” Disse mamma. “Ma gli innesti non sono andate a buon fine.”
Io ero basito come innesti? Avevo studiato anche a scuola il ciclo riproduttivo, non si innestava niente, semplicemente l’uomo pompa il suo seme nella donna nel momento del rapporto. Mamma mi stava prendendo in giro!
“Io non voglio averci niente a che fare con questo qui.” Dissi alla mamma
“Ho capito, Adriel.” Mi disse mamma affranta. Capii che la stavo facendo soffrire, ma anche io stavo soffrendo perché dormiva con un altro. “Puoi però aiutarmi con Raguel, quando non ci sarà papà?” Mi chiese
Al che annuii. “Posso farlo, ma ti ricordo che io vado a scuola e ho gli allenamenti. Papà sarà a casa più di me.” Le ricordai.
“Lo so infatti, è un’ipotesi. Quando Remiel sarà nata, avremmo bisogno del tuo aiuto.” Concluse.
Feci una smorfia, avevano deciso già il nome. L’ennesimo angelo! Non osai risponderle perché sapevo che se lo facevo, mi avrebbero sgridato e messo in punizione. E per punizione non mi avrebbero fatto giocare a calcio per una settimana, così accondiscendente assentii al loro volere.
“Va bene. Fin quando non mi mettete in mezzo a me sta bene!”Così dicendo tornai ad allenarmi il mio unico sfogo era il calcio.
Qualcun altro si sarebbe chiuso nella sua stanza a studiare o piangere, io invece reagivo giocando a calcio. Non avevo bisogno di molto per studiare, soprattutto perché riuscivo ad apprendere facilmente in classe tutte le materie che svolgevamo. Avevo la media più alta della mia classe, nonostante in pratica non facessi assolutamente niente. L’unica cosa che dovevo fare era leggere i libri. Questo perché un libro non riuscivo a memorizzarlo a lezione. Potevano raccontarci la trama, ma finiva lì. Quando veniva dato da leggere eravamo noi studenti che poi dovevamo trarre delle conclusioni con un riassunto oppure un tema.
Scriverli mi veniva facile, mi piaceva anche fare dei temi e divulgavo parecchio tanto che il professore ci scherzava sempre su dicendo che il mio saggio lo teneva per ultimo.
A novembre nacquero i gemelli Remiel e Sachiel, due maschietti molto rumorosi e vivaci. Non potetti esimermi dall’aiutare la mamma alla loro nascita. Cavolo ne erano usciti due e davano tanto da fare.
Sapevo che ci sarebbe stato da lavorare con Raguel piccola ancora, ma non mi aspettavo quel tanto da fare. Anche se mamma e papà sembravano sereni alla loro nascita.
Forse perché mamma fece venire a stare la nonna a casa con noi. “Non ascoltavi i tuoi genitori vero?” Mi disse una volta la nonna.
Mi vergognai al suo sguardo ammonitore. Avevo promesso alla mamma che non ci sarei entrato in quella storia e non lo avevo fatto. Ancora adesso a pensare che il signor Thomas ci aveva messo davvero tanto per far nascere quei due, avevo il voltastomaco.
“Avò Nena, per te è normale avere tanti figli?” Chiesi. Avevo solo nove anni, tuttavia mi sentivo così deluso e vecchio. La mamma aveva tradito tutti.
“Io amo le famiglie numerose João. Se il tuo avò João non fosse morto così presto, avrei tanto voluto altri crianças.” Rispose malinconica. “I bambini sono un dono del cielo, soprattutto quando sono fratelli.”
“Sai che papà è sterile?” Le chiesi schietti.
Lei annuì. “Ti hanno parlato della sua malattia?”
Malattia? Papà era malato? Sorpreso scossi la testa. “Papà sta bene vero?” Chiesi preoccupato.
Nonna annuì. “Adesso si. Un angelo venne in loro aiuto. Lo stesso angelo che ha permesso tutto questo.” Disse la nonna.
“Cosa ha avuto?” Chiesi sempre più in apprensione.
“Non sta a me dirtelo João.” La Nina era l’unica che usava il mio secondo nome. Chissà, forse quando mi vedeva ritrovava nel mio viso il nonno João.
“Capisco. Vuol dire che aspetterò.” Affermai.
In linea di massima era un bambino paziente. Però l’idea che papà stesse male mi metteva in apprensione, per cui decisi di fare delle ricerche. Anche se non sapevo da dove iniziare, ma forse poteva aiutarmi sapere che papà era sterile, quando da piccolo mi diceva che non poteva avere figli faceva intendere che lo era forse diventato? In fondo fino a quando avevo cinque anni ero convinto di essere suo figlio e non di qualcun altro.
Così mi feci audace e andai a chiedere al maestro di scienze come si faceva a diventare sterili.
Il maestro vedendomi così interessato mi spiegò di nuovo i vari processi della riproduzione e poi le causa per cui chi era in salute diventava sterile. Scoprii che poteva accadere per due modi, per scelta. Quando un uomo o una donna decidevano di intervenire sull’ organo riproduttivo, o per malattie. Quando invece avevano dei problemi seri che solo un intervento poteva risolvere.
“Ma quale malattia è così grave da far arrivare a questa scelta?” Chiesi preoccupato.
Paziente il professore mi spiegò tutto per filo e per segno. Fu la prima volta che sentii la parola tumore e mi agghiacciò per tutto ciò che fu il discorso.
Il maestro parlava e io chiedevo sempre di più. Tanto che a fine discorso mi fissò interessato. “Pensi di fare il medico da grande?” Mi chiese.
Il medico? Sorpreso lo guardai, fino ad quel momento non avevo mai pensato da grande.
Per me era importante giocare a calcio. Tutto il resto era soggettivo, in fondo avevo ancora nove anni.
Però studiai tanto il caso dei tumori alla prostata e all’utero. Se si asportava il tumore, l’ammalato poteva vivere in salute per tanti anni, con la sola esclusione di non poter avere figli.
Effettivamente papà era una persona in salute, giocava a calcio, allenava i bambini di strada, faceva volontariato. Lui era sano!
Dopo quelle scoperte decisi di essere un figlio più devoto e comprensivo per i miei genitori.
Li aiutavo con Raguel e i gemelli, portavo sempre il massimo dei voti e miglioravo sempre di più col calcio