2 - ADRIEL JOÃO

1178 Words
"Ti dissi...." "So cosa mi dicesti." La interruppe l'estraneo. "Ma come ti dissi che eri assicurata e che Pedro avrebbe avuto le migliori cure, potevi benissimo seguire una gravidanza assistita." "Sei arrabbiato con noi." Disse ancora papà. "Sicuramente vuoi riprenderti Adriel adesso." Riprendermi? Dovevo andare via? "No! No Pedro assolutamente no! Non toglierei mai un figlio alla propria madre, Gabriel cresce con sua madre, Uriel uguale, sono io che vado a trovarli, loro e Raziel. Quindi no! Non vi toglierei mai il bambino, soprattutto perché l'unico trauma che ha è quello subito in ospedale ieri. Raziel non è stato fortunato al contrario. Per questo l'ho affidato a Sapphire." Disse l'uomo. "Verrai a trovarlo quindi. Sappi che la nostra casa sarà sempre aperta...." "Non verrò!" Intervenne l'uomo. "Mi conosco, già gli sono affezionato, comprendo che è vostro figlio. Per cui cercherò di starne fuori, rendiamo la cosa per come è! Voi siete gli usufruenti e io sono il donatore." "Oh Thomas..." sospirò la mamma. "Ti chiedo solo una cosa." Disse ancora l'uomo. "Non so se voi avete fratelli o sorelle, se si ne capirete l'importanza. Quindi vi prego di non lasciare Adriel da solo. Dategli dei fratelli, vi prego." Fratelli? Avrei potuto averne? Papà e mamma dicevano sempre che non era possibile. "Sai che non è possibile Thomas." Gli rispose papà. "Lascerò dei semi proprio in questa clinica. Mi sono informato." Rispose l'uomo chiamato Thomas. "Potrete usufruirne solo voi Laura. Questa volta farete però le cose per bene, è l'aiuto che vi avrei dato anche sei anni fa. Se lo accetterete agite per il meglio di Adriel, congelate il cordone ombelicale, sperate che il gruppo sanguigno sarà lo stesso mio. Così un domani se non vorrete dire la verità ad Adriel su di me, non sarà costretto a cercare in giro del sangue zero negativo." "Non so Thomas, non vorrei approfittare della tua buona fede. Poi l'intervento costerà..." disse la mamma. "Ti ho detto tante volte che non devi preoccuparti dei costi. Vi ho fatto han buona assicurazione medica, inoltre qui in clinica sanno già la tua situazione, quindi non preoccuparti." Disse l'uomo. "Non so! Prima potremmo provare con l'adozione. Ci sono tanti bambini a Rio che necessitano famiglia." Disse mamma. "Pedro mi dice che la nostra squadra è formata da tanti bambini, ma non hai mai menzionato gli orfani." Disse l'uomo. Sorpreso mi tesi verso il balcone. La squadra di papà era anche del signore estraneo Thomas? "Non si trovano lì i bambini che dico io, comunque prometto che terrò conto della tua offerta Thomas." "Posso salutare Adriel fintanto che ancora dorme?" Chiese l'uomo. Voleva salutarmi? Saltai sul letto e corsi di nuovo sotto le coperte. Se scoprivano che avevo origliato sarei andato in punizione. Chiusi gli occhi e aspettai che il signore mi salutasse per riaprirli. Avvertii una carezza sulla guancia e poi un bacio sulla fronte. "Stai bene piccolo mio. Ti amerò sempre come il tuo papà e la tua mamma." Mi sussurrò, ebbi un colpo al cuore. Mi sali il groppone, poi avvertii la mano che si allontanava dal mio capo lentamente. "Vado adesso. Qui in clinica hanno anche altro sangue, se avete bisogno non dovete fare altro che chiedere. Vi prego, non portatelo più in ospedale." Disse l'uomo. "Lo faremo più avanti, solo per vedere se ha ancora paura." Disse la mamma. "Bene. Arrivederci e... dal momento che sono qui penserò alla consulting e ci vediamo a questo punto al mio prossimo tour." Sentii in contemporanea alla porta che si apriva. "Non tornerai di nuovo a ottobre?" Chiese mamma. "No! Starò più tempo in Australia quest'anno, in estate nascerà Rafael, a settembre poi ci sarà il compleanno di Gabriel e Uriel, solo dopo rientro in America e sicuramente avrò degli arretrati." "Ti fai in quattro." Disse papà. "Vorrei. Ogni anno mi perdo il compleanno di Raziel, ma adesso vado. Non vorrei svegliare il bambino. Ciao ragazzi state bene e mi raccomando Pedro, continua a fare i controlli, sai che qui al San Francisco sei sempre ben accetto." Così dicendo sentii la porta chiudersi. All'epoca non capii quel discorso. Quando il signor Thomas andò via feci finta di svegliarmi ed ebbi tutte le attenzioni dei miei genitori. Mi fecero vedere la cicatrice dicendomi che non avrei più avuto mal di pancia. Quello era un segno distintivo che mi sarei portato dietro per sempre. Quando tornai a casa però la mia curiosità era stata già stuzzicata. Cercai nei libri della mamma le parole che avevo sentito in ospedale. Così compresi che sterile significava non poter avere dei figli. Ero piccolo ma non stupido, papà spesso aveva detto che non potevo avere un fratellino. Questo perché era sterile. Lo aveva detto anche al dottore, da prima che nascessi. Compresi che non ero il figlio del papà. Il mio papà era quel Thomas che mi aveva portato alla clinica San Francisco. Mi si strinse il cuore al pensiero. Però ... papà mi amò così tanto che subito mi dimenticai di quel papà diverso. Anzi, mi legai ancora di più a papà. Passarono gli anni, a sette anni scosso per la morte del mio migliore amico Julio, lasciai la scuola entrando in una nuova, dove era necessario mettere una divisa e diventare indipendenti. Io ero già indipendente, poi quella scuola mi piaceva perché stuzzicava la mia fantasia. Potevo imparare di tutto e c’era una biblioteca grandissima. Dopo aver imparato a usare le enciclopedie, decisi di usarle per il mio tornaconto. Cercai la descrizione di gravidanza in vitro, o di congelamento semi. Ma non trovai nulla. Diversamente trovai il significato del nome Uriel. Era un arcangelo di Dio. Come Adriel, e come Gabriel, Raziel e Raffael. I figli del signor Thomas e io avevamo tuti nomi di angeli. Quelli, compresi, erano anche i miei fratelli. A cinque anni mi sarebbe piaciuto avere un fratello, anche a sei anni quando era venuto il signor Thomas. Ma adesso avevo quasi otto anni, mi serviva un fratello? No! Adesso non più e non volevo neanche amici, non dopo la morte di Julio, se ci pensavo ancora piangevo. Disperato mi chiedevo come si potesse morire per una febbre, eravamo bambini e ci veniva spesso la febbre. Ma lui ne era morto. In quell’occasione mamma mi portò in ospedale a salutare il mio caro amico, non potetti però entrare dentro che mi sentii male, di nuovo dinnanzi a me si presentò la vista del sangue e della pancia aperta, di nuovo mi si offuscò la vista e persi i sensi. Andai alla messa di Julio però. Lo salutai in lacrime per l’ultima volta e gli dissi di divertirsi con gli angeli su in cielo. Ero solo, senza un fratello o un amico. Ma andava bene, avevo il calcio e adesso la scuola nuova che mi piaceva molto di più. Essendo una scuola internazionale si studiavano tante cose belle e nuove e potevano essere anche sciocchezze come la musica o la recitazione. Io provai quest’ultima. Per questo restai stupito quando mamma mi annunciò che presto avrei avuto un fratello o una sorella. Perché? Papà era sterile.
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