10 - ADRIEL JOÃO

1018 Words
Osservai i due nervoso. Il professore veramente voleva farmi stare con un tossico? "Capisce la mia lingua, quindi...." "Solo perché la parlavo durante il matrimonio con sua madre. Non è così bravo." Mi disse Gonzales. Ezra ci raggiunse mettendosi sulla sedia e incrociando le gambe sulla scrivania. "Voglio tornare a Parigi. Michelle ci è rimasta." "Tua sorella sai che... non vuole lasciare la scuola e non ha le tue tendenze." Affermò. "Comunque andrò all'università di Sao Paolo." Dissi a Gonzales chiudendo l'argomento. "Credo che la squadra del Santos potrebbe assegnarmi una camera." Dissi tirandomi su. "Prendi in considerazione la mia offerta per favore." Disse Gonzales. "Se non avrai una stanza, potrei offrirtene una con Ezra vicino l'università. Così sareste indipendenti dalla struttura accademica e potrai andare a giocare quando vuoi." Annuii. Con queste premesse accettai di entrare nel Santos chiedendo la disponibilità a frequentare i corsi universitari. Non mi aspettavo di trovare una dirigenza disposta a farmi studiare. Invece mi diedero anche la disponibilità a giustificare le assenze per le partite cui avrei partecipato. Non mi diedero un appartamento. Così dovetti accettare la proposta del professor Gonzales di vivere con Ezra almeno per pagare la metà dell'affitto. Quando presi possesso dell'appartamento scoprii che io ed Ezra non eravamo soli. C'erano anche un ragazzo del secondo anno, sempre alla Sao Paolo e due ragazze che vivevano con noi. Io e Ezra, due matricole, dividevamo la stessa stanza. Fu dura! Ezra si drogava e il mio compito era tenerlo lontano da presunti spacciatori che potessero fornirgli stupefacenti. All'università riuscivo a seguirlo quando non c'erano i corsi, ma quando ero agli allenamenti era difficile. Spesso lo portavo con me, così da poterlo tenere sotto controllo. Mi favoriva la sua carenza di liquidi, per evitare gli stupefacenti infatti Gonzales non gli dava molto liquidità monetaria. Anche la spesa, Ezra non lo sapeva, ma avevo io la carta di debito che mi aveva lasciato il professore per i beni di prima necessità. Credevo che sarebbe andata bene! Io iniziai a giocare e Ezra mi era sempre dietro, se non era con me, era con Blanca la nostra coinquilina, che si divertiva a fargli fare degli slot fotografici oppure a scoparselo a seconda dei casi. Scoprii nel primo anno che Ezra aveva una sorella minore, Michelle e una sorella sua coetanea, Gabrielle detta Gaelle. Egli figlio di una tossicodipendente, sua madre lo era stata anche durante la sua gravidanza e non aveva mai smesso. Ballerina di un nightclub a Piagalle, aveva conosciuto Felipe Gonzales quando era giunto a Parigi per studiare letteratura europea, si erano innamorati e sposati, col matrimonio Ezra e Michelle erano stati adottati da lui. La coppia aveva anche avuto un figlio, morto prematuramente durante la gravidanza per via della tossicodipendenza di Monique. Avevano divorziato quando Monique si era rifiutata di disintossicarsi, addirittura Gonzales aveva preso in affido i due bambini in quanto genitore più responsabile. Un anno dopo l'inizio dell'università Ezra era diventato ufficialmente il mio procuratore sportivo. Era più bravo di me con i contratti e aveva più capacità comunicative quando si trattava di compravendita. In contemporanea aveva iniziato a lavorare come modello. I servizi fotografici fatti da Blanca erano saltati agli occhi dei talent scout e gli avevano dato dei lavori. Questa era una cosa che non mi piaceva, lavorare nel mondo della moda non solo gli avrebbe procurato denaro in abbondanza, ma gli avrebbe anche concesso di trovare dei pusher a portata di mano. Iniziammo a litigare all'epoca. Io stavo emergendo sugli altri giocatori diventando capo cannoniere della mia squadra e lui faceva le stronzate. Così facendo mi avrebbe messo nei guai. Con la minaccia che lo avrei lasciato solo, Ezra mi disse che non si sarebbe drogato. Gli credevo poco in realtà, ma quando era in mia presenza restava abbastanza lucido e pulito che non potetti mai portare in atto la mia parola. Mi accorsi così che Ezra era diventato succube di me. Anche lui come me aveva una paura nascosta, il mio, ormai, amico temeva l’abbandono. Durante il corso di psicologia in facoltà cercai anche di capire da cosa ne potesse derivare, ma non trovai mai una risposta effettiva. Segno che ancora non sapevo abbastanza di Ezra per poterlo comprendere. Intanto la mia scalata nel Santos era ormai avviata come anche quella universitaria. Riuscii a prendere la laurea prima della fine dei tre anni previsti. Questo comportò dover iniziare a entrare in ospedale. Mi ero preparato fisicamente e mentalmente per quel momento, andavo a correre e facevo delle sedute di yoga. Capii che se era la morte a causare le mie crisi dovevo accertare che esistesse , come anche la paura dell’abbandono, come all’ epoca mi disse la psicologa. Era difficile! Perché sapevo che non era l’abbandono a spaventarmi, c’era qualcosa nel profondo, forse legato alla realtà che papà non fosse realmente mio padre. Forse lo avevo sempre saputo anche a cinque anni e inconsciamente il suo non esserci quando avevo bisogno aveva scatenato una reazione a catena. Ero però adulto e potevo affrontare la paura degli ospedali senza farmi venire crisi d’ansia o svenimenti. All’inizio fu difficile e dovetti spiegare al docente del percorso clinico della mia fobia. Fortunatamente non ebbe pietà di me, anzi mi disse di darmi una mossa a risolvere quel mio piccolo problema. Poiché iniziavo a diventare famoso come giocatore, temevo che ci fossero favoritismi. Nonostante ciò il mio percorso universitario calcistico continuò senza intoppi. Forse perché agonisticamente mi facevo riconoscere come João Suarez, mentre all’università ero Adriel Suarez, portavo i ricci scuri ordinari e indossavo gli occhiali da vista. Infine nascondevo il fisico muscoloso dietro una tuta informe e il camice. João Suarez invece portava i ricci sciolti, una fascia gli impediva che questi gli andassero sugli occhi a nascondere lo sguardo scuro di una particolare tonalità grigia scura. João poi parlava poco, era Ezra il suo portavoce e nei post partita era sempre evasivo. Adriel era incline a parlare, spiegare e fare domande sempre invece. Io ero semplicemente tutti e due, quando ero con i miei genitori, Daniel e Ezra inoltre, ero anche oltre che socievole un giocherellone.
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