6 - ADRIEL JOÃO

1028 Words
Ripresi gli allenamenti e la vita quotidiana più sereno. Come mi promise, io e papà andammo a villa San Francisco per fare i controlli medici. Compresi subito che papà lì era di casa per la confidenza che aveva con lo staff. Erano medici e infermieri, ma sembravano una grande famiglia. Mentre papà era a fare gli esami io incontrai la psicologa, che mi spiegò la causa della mia fobia. "Dipende dalla prima volta in cui hai provato una vera paura. Una grande paura legata alla morte." Mi spiegò. La morte? "Perché ero stato male?" Chiesi. Lei scosse la testa. "Il discorso è molto più complesso. Eri stato male, ma eri anche solo, quindi in aggiunta al dolore fisico c'era quello emotivo per cui ti sentivi abbandonato. In un luogo a te sconosciuto dove eri circondato da degenti gravi. In contemporanea a te, arrivò al pronto soccorso anche un altro paziente con la milza perforata. I medici provarono a rianimarlo incuranti della tua presenza." "Perché i miei genitori non erano con me?" Chiesi. "Loro erano a Sao Paolo per via del lavoro di tua madre, ti portarono in ospedale con la scuola e tua nonna ti raggiunse lì. Ma nel tuo inconscio anche stare con lei per te era un abbandono. Sono state tante casualità che si sono incrociate a farti arrivare al punto di stare male in ospedale." Sospirai. La guardai attentamente per poi riportarle il mio dubbio. Anche se il professor Barrow mi aveva alleggerito l'animo. "Avevo intenzione di studiare medicina, crede sia importante per me superare questa fobia? "Sono contenta che tu abbia già le idee chiare sul tuo futuro." Disse lei. "Ma non posso assicurarti che tu guarisca facilmente, le fobie nascono dal profondo del nostro inconscio. Credo dipenda tutto dalla tua forza di volontà, perché sai che l'ospedale è una struttura come tutte le altre. Devi trovare la forza di reagire alle tue paure." Mi spiegò. "Capisco. Quindi è inutile fare la ipnoterapia." Dissi. "Probabilmente ciò di cui hai bisogno è sicurezza in te stesso. Volendo fare il dottore penso tu sappia che la morte è una realtà, come anche l'abbandono di chi amiamo per mano di questa." "Giustamente mi ero viso d solo. All'epoca però avevo solo cinque anni e non comprendevo queste cose." Dissi ringraziando. Raggiunsi mio padre che aspettava in sala di attesa e quando fummo soli in auto gli chiesi come era andata. "Dobbiamo aspettare l'esito degli esami." Affermò. "Tu invece?" Chiese. "'Molto bene." Dissi piatto. "Senti papà..." "Dimmi figliolo. Ti ascolto!" Mi disse lui con rassegnazione. Probabilmente pensava che volessi parlare della sua malaria e del fatto che fosse sterile o che avesse menzionato il mio vero padre. Ma non mi soffermavo su quelle cos'è memore del discorso che avevo sentito dieci anni prima. Mio padre era Pedro Suarez. "Volevo dirti. Ho conosciuto una ragazza... e ci siamo baciati." Dissi. Papà mi fissò interdetto dopodiché scoppiò a ridere. "Il mio bambino sta diventando un uomo." Disse. "Guarda che non è divertente. Ti sto parlando di una cosa seria." Gli dissi. Lui sogghignando annuì. "Scusami, è che sei tutto rosso. Ti piace lei?" Chiese. "È carina. Il problema non è lei, sono io." Ammisi. "Cioè... ecco ho reazioni che..." "Sono normalissime." Disse papà. Fermò l'auto e mi guardò attentamente. "Reazioni fisiche che provi quando vedi qualcuno che ti piace. Quando vi baciate o vi toccate. È tutto normale figlio mio.” “Cosa dovrei fare? Papà io vorrei…” Dissi imbarazzato. “Seguire il tuo istinto. Se ti piace qualcuno e approva, tu fallo. Ricorda sempre di avere rispetto per il tuo partner, è la cosa più importante. Se lei non vuole tu non prendi! Se lei vuole assicurati di darle quanto più piacere possibile, perché così sarà più bello anche per te.” Assorbii tutto come una spugna. Dopo il comportamento, papà mi ricordò di assicurarmi sempre un rapporto sicuro, così da evitare le complicanze come gravidanze e malattie. “Poi un giorno incontrerai la persona a cui concederti per sempre. Ma nel frattempo impara a divertirti Adriel.” Annuii. “Ma non devo aspettare di sposarmi? Cioè a me Milena piace, ma non penso che la sposerò.” “Ragazzo mio hai quindici anni! Perché dovreste sposarvi per stare insieme?” Mi chiese papà. “Papà non si può senza… Cioè bisogna sposarsi!” Dissi. “Figlio mio chi ti ha detto queste cose? La nonna?” Chiese papà. “Lo dicono anche in chiesa!” Dissi imbarazzato. “Oh… ti dirò. Se avessi sentito la nonna o il parroco me ne sarei pentito amaramente. Con tua madre era unico e speciale avere rapporti, fare l’amore..” disse papà. “Ma anche il sesso prima di lei è stato bello e meno male che l’ho fatto. Sono state esperienze importanti, come anche per tua madre, tanto serve.” “Il mister dice di non fare sciocchezze e sentire padre Francesco.” Dissi. “Non fare sciocchezze per non farti male.” Disse papà. “Puoi stare con la tua ragazza, la cosa importante è non sforzare il fisico prima di una partita e non parlo solo di rapporti. Ma in via generale, prima di una partita dormi e riposa il fisico.” “Quindi posso…” chiesi titubante. “Puoi! Anzi approfittane finché può. Non si sa mai cosa può succedere nella vita.” Mi disse. Io lo fissai serio. “Parli del tumore?” Chiesi. Dopo che me ne avevano parlato apertamente mi ero informalo e sapevo cosa era successo a papà. Infatti lui annuì. “Potrei dire che sono un uomo a metà.” Mi disse rassegnato. “Perché non puoi avere più figli?” Chiesi. “Non sono solo i figli! È tutto.” Spiegò. “Quando ero ragazzo ero ossessionato dal voler diventare un campione. Anche quando conobbi tua madre e la sposai. Il calcio era per me più importante di tutto, volevo diventare un campione a livello internazionale, fare soldie avere successo. Mi dicevo che eravamo giovani.” Disse amareggiato. “Cosa è successo?” Chiesi curioso, ormai eravamo in argomento e io non avevo mai sentito mio padre così sincero e loquace.
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