Capitolo unico-3

2165 Words
«Sì, e l’ho sempre considerato un ottimo dipendente.» «Penso che avrete fatto l’inventario di quanto aveva in tasca al momento della morte, vero, Ispettore? «Certamente: e se aveste interesse a vederli, gli oggetti sono tutti raccolti in salotto. «Mi farebbe piacere.» Entrammo tutti nella sala centrale e ci sedemmo intorno alla tavola, mentre l’Ispettore aprì una scatola di latta e ne versò il contenuto davanti a noi. C’erano una scatola di cerini, un pezzetto di candela, una pipa di radica, una borsa di tabacco in pelle di foca contenente mezza oncia di cavendish, un orologio d’argento con catena d’oro, cinque sterline d’oro, un portamatite di alluminio, alcune carte ed un coltello dal manico d’avorio dalla lama delicatissima, rigida, recante la marca “Weiss & Co., Londra”. «Che strano coltello!», commentò Holmes, prendendolo in mano ed esaminandolo attentamente. «Immagino, vedendovi tracce di sangue, che deve essere quello che è stato ritrovato tra le dita del morto. Watson, mi pare che questo coltello sia di sua competenza.» «Infatti, è quello che noi medici chiamiamo un coltello anatomico», affermai. «L’ho pensato. Una, lama molto delicata, studiata per un lavoro altrettanto delicato. E strano che Straker lo portasse con sé per una spedizione così poco scientifica, tanto più che non poteva tenerlo chiuso in tasca» Infatti la punta era protetta da un disco di sughero che abbiamo trovato accanto al cadavere», espose l’Ispettore. «Sua moglie ci ha spiegato che quel coltello era rimasto per alcuni giorni sul loro tavolo della toeletta e che suo marito l’ha preso quando ha lasciato la stanza. Come arma è poco valida, ma forse la sola che egli avesse a portata di mano in quel momento. «Può darsi. E quelle carte cosa sono?» «Tre sono conti saldati, di commercianti di fieno. Una è una lettera di istruzioni del Colonnello Ross. Quest’altra è un conto di sarta per l’ammontare di trentasette sterline e quindici scellini, presentato da madame Lesurier di Bond Street, a William Darbyshire. La signora Straker ci ha spiegato che Darbyshire fosse un amico di suo marito e che di tanto in tanto le sue lettere venivano indirizzate a casa loro. «La signora Darbyshire ha dei gusti piuttosto dispendiosi», osservò Holmes, scorrendo il foglio con una rapida occhiata. «Ventidue ghinee sono una cifra piuttosto ragguardevole per un solo vestito. Mi sembra comunque che non vi sia altro da apprendere, e possiamo quindi recarci sulla scena del delitto.» Mentre stavamo uscendo dal salottino una donna che era rimasta in attesa nel corridoio fece un passo in avanti e posò una mano sul braccio dell’Ispettore. Il suo volto era smarrito, magro, teso dall’angoscia e recava ancora i segni di un recente terrore. «Li avete trovati? Li avete già presi?», domandò con ansia. «No, signora, ma il signor Holmes qui presente è venuto appositamente da Londra per aiutarci e faremo tutto il possibile per scoprire i colpevoli. «Signora Straker», interloquì Holmes, «sono certo di avervi conosciuto a Plymouth, a una festa campestre, qualche tempo fa.» «No, signore, voi vi sbagliate.» «Perbacco! Eppure lo avrei giurato. Voi indossavate un abito di seta color tortora guarnito di piume di struzzo.» «Non ho mai avuto un vestito simile», rispose la signora. «Se è così...», e con un inchino di scusa seguì l’Ispettore in strada. Una breve passeggiata attraverso la landa ci portò alla conca in cui era stato trovato il cadavere. Sull’orlo di questa si ergeva il cespuglio di ginestre dove l’impermeabile era stato appeso. «Da quanto ho capito, quella notte non c’è stato vento», asserì Holmes. «Sì, è vero, però pioveva molto forte.» «In tal caso l’impermeabile non è stato spinto sul cespuglio di ginestre dalla violenza della tempesta, ma vi è stato posato sopra.» «Già, è così.» «Voi saziate la mia curiosità. Ho l’impressione che il terreno sia stato molto calpestato. Senza dubbio ci sono passati molti piedi da lunedì mattina.» «Abbiamo messo qui da un lato una stuoia, e tutti ci siamo fermati su quella». «Eccellente.» «In questa borsa ho uno stivale di Straker, una scarpa di Simpson ed un vecchio ferro di cavallo di ‘Silver Blaze’.» «Mio caro Ispettore, voi mi superate!» Holmes prese la borsa, e scendendo nell’avvallamento, mise la stuoia orizzontalmente. Poi vi si stese sopra, faccia a terra, appoggiò il mento sulle mani, ed iniziò ad esaminare attentamente il fango calpestato che si stendeva dinanzi a lui. «Ecco!», esclamò a un tratto. «Questo che cos’è?» Era un cerino mezzo bruciacchiato, e talmente coperto di fango da sembrare a prima vista un minuscolo frammento di legno. «Non so come abbia fatto a non vederlo», mormorò l’Ispettore con aria infastidita. «Era impossibile notarlo perché era affondato nel fango. Io l’ho visto proprio perché l’ho cercato.» «Come! Voi vi aspettavate di trovare un fiammifero qui?» «Ho ritenuto che fosse possibile». Prese lo stivale, scarpa e ferro di cavallo dalla borsa e confrontò le impronte coi segni impressi sul terreno. Quindi si arrampicò fino all’orlo della conca e strisciò tutt’attorno tra le felci ed i cespugli. «Non credo vi siano altre tracce», aggiunse l’Ispettore. «Ho esaminato il terreno tutt’attorno con la massima cura per un raggio di cento metri.» «Perbacco!» disse Holmes alzandosi, «non avrò certo l’impudenza di riesaminarlo dopo quanto mi dite. Vorrei però fare una passeggiata nella brughiera prima che si faccia buio, in modo da conoscere il terreno per domani, e credo che mi metterò in tasca come portafortuna questo ferro di cavallo. Il Colonnello Ross, il quale aveva già dato qualche segno di impazienza di fronte ai metodi di lavoro calmi e sistematici del mio amico, lanciò uno sguardo all’orologio. «Avrei piacere che voi tornaste con me, Ispettore,» disse. «Vi sono alcuni punti sui quali desidererei chiedere il vostro parere, e vorrei sapere soprattutto se io debba o no informare il pubblico che il nome del mio cavallo debba essere cancellato dalla lista dei partecipanti alla Coppa.» «Di certo no!», gridò Holmes con impeto. «Deve assolutamente lasciarglielo.» Il Colonnello si inchinò. «Sono lieto di conoscere la vostra opinione in proposito». affermò. «Quando avrete terminato la vostra passeggiata, potrete trovarci a casa del povero Straker, e poi torneremo insieme a Tavistock.» Si allontanò con l’Ispettore, mentre Holmes ed io ci avviammo lentamente attraverso la landa. Il sole stava cominciando a calare dietro le scuderie Mapleton, e il lungo declivio che si stendeva innanzi a noi era divenuto color d’oro, e si arricchiva di ricchi toni bronzei là dove le felci ormai morenti e i rovi trattenevano la luce della sera. Ma le bellezze naturali erano sciupate per il mio compagno, il quale seguiva invece il corso dei suoi pensieri. «Non c’è altro da fare, Watson,» esclamò infine. «Lasciamo per il momento da parte il problema di chi sia stato ad uccidere John Straker, e limitiamoci a scoprire cosa sia successo al cavallo. Ammettendo dunque che l’animale sia fuggito durante o dopo la tragedia, dove può essere andato? Il cavallo è un animale di natura gregaria: se lasciato a se stesso il suo istinto l’avrebbe riportato a King’s Pyland oppure l’avrebbe sospinto verso Mapleton. Per quale motivo avrebbe cavalcato per la brughiera allo stato brado? A quest’ora lo avrebbero certamente rintracciato. E che scopo avrebbero avuto gli zingari nel rapirlo? Quella è gente che fugge subito non appena sente odor di polvere, poiché non ha alcuna intenzione di avere contatti con la Polizia. Ora non potevano avere alcuna speranza di riuscire a vendere un cavallo come ‘Silver Blaze’, il rischio sarebbe stato troppo grosso ed il guadagno sicuramente nullo o quasi. Mi sembra che su questo punto non ci sia nulla da ridire. «Ma dov’è andato a finire allora?» «Vi ho già detto che o sarebbe tornato a King’s Pyland, oppure sarebbe andato a Mapleton. Dal momento che non è a King’s Pyland, non può che essere a Mapleton. Accettiamo momentaneamente questa ipotesi come se fosse vera, e vediamo dove ci conduce. Questa parte della brughiera, come l’Ispettore ha giustamente osservato, è molto impervia ed asciutta. Ma verso Mapleton va declinando, e voi stesso potete vedere laggiù un profondo avallamento, che la notte di lunedì deve essere stato particolarmente impregnato di umidità. Se la nostra supposizione si rivelasse esatta, il cavallo dovrebbe essere andato da quella parte, e quello è il punto dove noi dobbiamo cercarne le tracce.» Durante questa conversazione avevamo camminato di buon passo, e di lì a pochi minuti ci venimmo a trovare di fronte all’avvallamento di cui il mio amico aveva appena accennato. Su richiesta di Holmes mi diressi verso il bordo di destra, mentre lui si portò sulla sinistra, ma non avevo fatto che cinquanta passi che lo udii lanciare un grido, e vidi che mi stava facendo un cenno con la mano. Le tracce di un cavallo apparvero chiaramente impresse nella terra molle, ed il ferro da cavallo che egli aveva tenuto in tasca si adattò esattamente alle impronte. «Ecco il valore dell’immaginazione», enunciò Holmes. «Purtroppo è una qualità che manca a Gregory. Noi abbiamo immaginato quello che sarebbe potuto avvenire, abbiamo agito di conseguenza ed ora vediamo che le nostre ipotesi risultano esatte. E adesso continuiamo.» Attraversammo il fondo paludoso e percorremmo un quarto di miglio di terreno duro ed asciutto. Poi il declivio ricominciò e di nuovo ci imbattemmo nelle impronte di ‘Silver Blaze’; le smarrimmo per un altro mezzo miglio, per ritrovarle però vicine a Mapleton. Fu Holmes il primo a vederle, e me le additò con un’espressione di trionfo negli occhi. A fianco di quelle dell’animale era visibile un’orma umana. «Il cavallo era solo, prima!», sostenni. «Proprio così. Prima era solo. Perbacco! Che cos’è questo?» La doppia pista svoltava bruscamente e si dirigeva verso King’s Pyland. Holmes emise un fischio di soddisfazione ed entrambi iniziammo a seguirla. I suoi occhi erano fissi sulle orme, ma per caso io volsi lo sguardo da una parte, e constatai con mia sorpresa che le stesse piste ritornassero in direzione opposta. «Bravo, Watson», esclamò Holmes appena gliele indicai, «questo ci ha risparmiato un lungo giro che ci avrebbe riportati al punto di partenza. Seguiamo adesso la traccia di ritorno.» Non dovemmo fare molta strada. Essa terminava davanti al marciapiede di asfalto che conduceva ai cancelli delle scuderie Mapleton. Come ci avvicinammo uno stalliere ci venne incontro. «Non vogliamo vagabondi dalle nostre parti», gridò. «Desidero solo farvi una domanda», annunciò Holmes ficcandosi l’indice ed il pollice nel taschino del panciotto. «Sarebbe troppo presto per parlare col suo padrone, il signor Silas Brown, se dovessi venire alle cinque di mattina? «Neanche per idea, signore, se c’è un uomo mattiniero è proprio lui. Ma eccolo qua in persona e potrà rispondervi lui stesso. No, grazie, signore; guai se mi vedesse prendere dei soldi! Più tardi se non vi dispiace.» Mentre Sherlock Holmes rimise nel taschino del panciotto la sua mezza corona, un uomo anziano, dall’aspetto poco rassicurante, uscì a grandi passi dal cancello agitando in una mano un frustino. «Che cosa c’è, Dawson?» gridò. «Niente pettegolezzi! Tu va per i fatti tuoi, e voi che diavolo volete?» «Parlare semplicemente con voi per dieci minuti, egregio signore», dichiarò Holmes con la sua voce più suadente. «Non ho tempo per parlare con gente che non ha nulla da fare. Non vogliamo estranei qua dentro. Andatevene, altrimenti vi sguinzaglio dietro il cane.» Holmes si piegò in avanti e bisbigliò qualcosa all’orecchio dell’allenatore. Questi trasalì violentemente e arrossì fino alla punta dei capelli. «È una menzogna!», urlò. «Una maledetta menzogna!» «Molto bene! Dobbiamo discuterne qui in pubblico, o farlo nel suo salotto?» «Beh, se proprio volete, entrate pure.» Holmes sorrise. «Non vi prenderò più di cinque minuti, Watson», annunciò. «E adesso, signor Brown, sono completamente a vostra disposizione.» Furono venti minuti, e i toni rossi del tramonto si erano trasformati in un’unica sfumatura grigia quando Holmes e l’allenatore finalmente ricomparvero. Era incredibile il mutamento avvenuto in Silas Brown in un così breve spazio di tempo. Il suo viso era di un pallore cinereo, la sua fronte era imperlata di sudore e le mani gli tremavano talmente che il frustino oscillava tra le sue dita come una foglia mossa dal vento. I suoi modi bruschi, arroganti, erano scomparsi, e seguiva ora docilmente il mio compagno come avrebbe fatto un cagnolino col suo padrone. «Osserverò le vostre istruzioni nei minimi dettagli; farò esattamente come voi chiedete», mormorò. «Non ci deve essere il più piccolo errore», sentenziò Holmes, fissandolo diritto negli occhi, mentre l’altro sotto l’imperiosità di quello sguardo si contorse tutto come un verme. «State sicuro, vi prometto che non ci saranno errori. Devo cambiarlo prima o è meglio che aspetti?» Holmes rifletté un attimo, quindi scoppiò in una risata. «No, è meglio di no», rispose. «Comunque, vi scriverò in proposito. Ma niente trucchi, altrimenti...» «Oh, fidatevi di me, fidatevi di me!» «Sì, penso proprio che possa farlo. Domani vi farò avere mie notizie.» E così dicendo girò sui tacchi senza badare alla mano tremante che l’altro gli tese, ed insieme ci avviammo verso King’s Pyland. «Non ho mai visto una più perfetta combinazione di arroganza, codardia e di cialtroneria di quel Silas Brown», osservò Holmes, mentre c’incamminammo sulla via del ritorno. «Mi pare di aver capito che lui abbia il cavallo, non è così?» «In principio ha tentato di fare il bullo, ma gli ho descritto con tanta esattezza tutti i suoi movimenti di quella mattina, che si è convinto che io abbia visto. Voi avrete naturalmente osservato le caratteristiche punte quadrate delle impronte, e come gli stivali di Brown vi corrispondano inequivocabilmente. D’altronde non è possibile pensare che un subalterno abbia osato correre un rischio così grave. Gli ho descritto dunque, come, secondo la sua abitudine, essendo il primo ad alzarsi, egli abbia notato un cavallo sperduto nella landa, come gli si sia avvicinato, ed il suo stupore nel riconoscere dalla stella bianca sulla fronte che gli ha dato il nome, come la sorte gli avesse messo tra le mani l’unico cavallo che potesse battere quello su cui egli aveva puntato il suo danaro. Gli ho detto poi come il suo primo impulso fosse stato di riportare il favorito a King’s Pyland, e invece il demonio gli ha suggerito il modo di tener nascosto il cavallo sino alla fine della corsa, e come poi lo avesse ricondotto e nascosto a Mapleton. Dopo che gli ho descritto tutti questi particolari, la sua arroganza è svanita, ed il poveraccio ora non pensa più ad altro che a salvarsi la pelle.»
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD