Capitolo 1

1062 Words
1 Sara Delle labbra calde premono sulla mia guancia, con un bacio dolce e tenero, anche se la barba di un giorno mi graffia la mascella. "Svegliati, ptichka" mormora una voce con un familiare accento, quando borbotto assonnata e affondo la testa nel cuscino. "È ora di andare." "Hmm-mm." Tengo gli occhi chiusi, riluttante a lasciare andare il mio sogno. Per una volta, è stato piacevole, c’erano un lago soleggiato, un paio di cani vivaci e Peter che giocava a scacchi con mio padre. I dettagli stanno già svanendo dalla mia mente, ma la luce, la sensazione di euforia rimane, anche se la realtà, insieme all’amara consapevolezza dell’impossibilità del sogno, si sta insinuando. "Andiamo, amore mio." Dà un delicato bacio sulla parte inferiore e sensibile del mio orecchio, provocandomi piacevoli brividi. "L’aereo sta aspettando. Puoi dormire sulla strada di casa." Il residuo del sogno svanisce, e mi rotolo sulla schiena, reprimendo una smorfia per il persistente dolore alla spalla sinistra, mentre apro gli occhi per incrociare il caldo sguardo argenteo del mio rapitore. Incombe su di me, con un sorriso tenero che gli curva le labbra scolpite, e per un momento la leggerezza dell’euforia si intensifica. Siamo vivi, ed è qui con me. Posso toccarlo, baciarlo, sentirlo. Il suo viso è più magro di prima, scavato dallo stress e dalla privazione del sonno, ma la perdita di peso ne evidenzia la cruda bellezza maschile, accentuando quegli zigomi esoticamente angolati e risaltando la linea dura della mascella. È stupendo, questo assassino che mi ama. L’assassino di mio marito, che non mi libererà mai. Mi si irrigidisce il petto, con la gioia contaminata dalla familiare stretta del disprezzo per me stessa e del senso di colpa. Forse arriverà un giorno in cui non mi sentirò così in conflitto, così tormentata dal bisogno che l’uomo mi guardi come se fossi il suo cuore, ma per ora, non posso dimenticare quello che è e ciò che ha fatto. Non posso lasciar andare la vergogna di sapere che mi sto innamorando del mio tormentatore. Il sorriso di Peter si affievolisce, e mi rendo conto che percepisce i miei pensieri, che legge il senso di colpa e la tensione sul mio viso. Nelle ultime due settimane, da quando mi sono svegliata qui nella clinica, ho evitato di pensare al futuro e di soffermarmi su ciò che ha portato all’incidente. Avevo troppo bisogno di Peter per allontanarlo, e lui aveva bisogno di me. Stamattina, però, torneremo nel suo rifugio in Giappone, e non posso più nascondere la testa nella sabbia. Non posso fingere che l’uomo a cui sono aggrappata come se fosse la mia ancora di salvezza non abbia intenzione di tenermi prigioniera per il resto della vita. "No, Sara." La sua voce è profonda e dolce, anche se l’argento caldo dello sguardo si trasforma in gelido acciaio. "Non pensarci." Sbatto le palpebre e addolcisco l’espressione. Ha ragione: non è il momento giusto. Sostenendomi sul gomito destro, dico con tono uniforme: "Dovrei vestirmi. Se puoi scusarmi..." Si raddrizza, concedendomi lo spazio per mettermi seduta. Grata per la vestaglia ospedaliera, scendo giù dal letto e mi affretto ad andare al bagno, prima che cambi idea e decida di discutere, dopotutto. Abbiamo bisogno di parlare di quello che è successo—lo scontro è atteso da tempo, in realtà—ma non sono pronta per questo. Nelle ultime due settimane, siamo stati più vicini che mai e non voglio rinunciare a quello che abbiamo. Non voglio tornare a vedere Peter come il mio avversario. Mentre lavo i denti, studio la cicatrice diagonale sulla mia fronte, dove un frammento di vetro ha lasciato uno squarcio lungo. I chirurghi plastici della clinica hanno fatto un buon lavoro sistemando quello che poteva essere un segno sfigurante, e senza i punti la cicatrice sembra già meno spaventosa. Tra poche settimane, sarà una sottile linea bianca, e tra un paio di anni, potrebbe essere completamente svanita, come i deboli lividi che ancora segnano il mio volto. Quando il bambino che Peter vuole costringermi ad avere sarà abbastanza grande da notarla e fare domande, non ci dovrebbero essere tracce del mio disastroso tentativo di fuga. Il mio respiro si blocca a quel pensiero, e premo la mano sullo stomaco, contando i giorni con crescente terrore. Sono passate due settimane e mezzo da quando abbiamo avuto rapporti sessuali non protetti durante una finestra potenzialmente fertile, il che significa che il mio ciclo sarebbe dovuto iniziare qualche giorno fa. Tra gli interventi chirurgici e i farmaci, non ho prestato molta attenzione al calendario, ma ora che faccio i conti, realizzo che è in ritardo. Non così in ritardo da dover entrare in modalità panico totale, ma abbastanza in ritardo da essere seriamente preoccupata. Potrei essere già incinta. Il mio primo impulso è quello di correre fuori, trovare l’infermiera più vicina, e chiedere un’analisi del sangue. Sono sicura che abbiano fatto un test di gravidanza due settimane fa, quando sono stata portata in clinica dopo l’incidente, ma le prime tracce di hCG nel flusso sanguigno appaiono solo sette-dodici giorni dopo il concepimento. Indubbiamente sono risultata negativa, e non hanno avuto motivo di ripetere il test. A parte il fatto che il mio ciclo è in ritardo. Sto già cercando la maniglia della porta, quando mi fermo. Non appena farò quell’analisi del sangue, Peter lo verrà a sapere. Avrà accesso ai risultati prima di me, e qualcosa dentro di me indietreggia al solo pensiero. Non ho avuto scelta, nessun controllo su nulla nella nostra relazione fino ad ora, e ho bisogno di sentire di averlo, anche se solo per questa volta. Se c’è un bambino, sta crescendo nel mio corpo, e voglio essere io a decidere quando condividere le notizie. Non è una decisione razionale, lo so. Peter non è stupido. Può anche contare i giorni. Se non ha realizzato che il mio ciclo è ancora in ritardo, lo farà presto, e poi capirà di aver vinto, che nel bene o nel male, siamo legati insieme dal fascio di cellule che forse stanno già crescendo dentro di me. Dal bambino che nascerà da un assassino ricercato dalle autorità di tutto il mondo e dalla prigioniera oggetto della sua ossessione. Il mio occhio sinistro inizia a palpitare dolorosamente, con il mal di testa improvviso e implacabile. Non posso più evitare di pensare al futuro, non posso permettermi di prendere ogni giorno come viene e sperare per il meglio. Devo proteggere questo bambino, ma non so come farlo. Non posso scappare, e Peter non mi libererà mai.
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