Introduzione all'opera-1

2042 Words
Introduzione all'opera "D'ora in poi viaggerò solo con la fantasia". Questa fu la solenne promessa - che però non mantenne per intero - che l'undicenne Jules Verne fece a suo padre che l'era andato a bloccare mentre stava imbarcandosi come mozzo su una nave che partiva per le lontane Indie. E' un episodio da non dimenticare, se si vuole capire Verne, perché fa ben comprendere d'un lato i suoi sogni e il suo coraggio, dall'altro il suo realismo e la sua rigorosità morale. Jules Verne era nato a Nantes l'8 febbraio 1828. Suo padre, Pierre, faceva l'avvocato in quella città capoluogo del dipartimento Loire-Atlantique, ma era originario di Lione; sua madre, Sophie Allotte de la Fuye, apparteneva a una famiglia di navigatori e di armatori. Per completare il panorama delle ascendenze genealogiche, spesso così importanti soprattutto nel passato per determinare il destino dei ragazzi, bisogna ricordare che anche il papà e il nonno di Pierre, e quindi il nonno e il bisnonno di Jules, erano stati magistrati, mentre uno zio, Chaubourg, di professione pittore, aveva sposato la sorella più piccola del celeberrimo Chateaubriand (e questo legame di parentela avrebbe giovato più tardi a Jules, durante il suo soggiorno parigino). All'età di cinque anni, Jules era stato alla scuola gestita dalla signora Sambin, vedova di un capitano di lungo corso, scomparso in mare ormai da qualche tempo, ma che la signora Sambin continuava ad attendere al di là di ogni ragionevole speranza. Il piccolo Verne aveva proseguito, poi, i suoi studi alla Scuola Saint-Stanislas e successivamente nel seminario minore di Saint-Donatien, dove aveva avuto sempre fama di allievo modello e veniva proposto come esemplare per il suo fratellino Paul, più giovane di un anno e che era il "coccolino di mamma". Arriviamo così all'episodio che dicevamo. Nell'estate del 1839, quando dunque Jules aveva undici anni compiuti da poco, la famiglia Verne (che s'era arricchita nel frattempo di tre fanciulline) si recò in vacanza a Chantenay, non lontano da Nantes, di cui è anzi considerato oggi il sobborgo industriale. Una ventina di chilometri della Loira separavano e separano Chantenay da Paimboeuf, dove la Loira comincia a sposarsi con l'Atlantico in un vasto estuario che ha in Saint-Nazaire (distrutta dai bombardamenti anglo-americani nel 1943) il suo centro principale. Di tutti questi nomi, il più importante per la nostra storia è quello di Paimboeuf, abitato oggi da poco meno di 4000 "paimblotins" (così si chiamano i suoi abitanti), che si dedicano principalmente a produzioni chimiche. Fu a Paimboeuf infatti che si svolse il concitato dialogo tra Jules Verne e suo padre, che si concluse con la solenne promessa che abbiamo ricordato più sopra. A Paimboeuf s'era ancorato, pronto a spiccare il grande balzo, il transatlantico "Coralie", che aveva come destinazione le Indie. Il piccolo Jules aveva già ottenuto di essere preso a bordo come mozzo, quando i suoi si accorsero - giusto in tempo - della sua scomparsa. Cosa aveva spinto il ragazzo a prendere quella grave decisione? Sarebbe stato forse come chiedere al pastorello Giotto perché disegnasse le pecore che stava pascolando o a Mozart perché giocasse con le note anziché con i birilli. Era cioè la "spia" di una vocazione all'avventura in mari lontani? Papà Pierre non stette a guardare tanto per il sottile e così riuscì a scoprire che non era una particolare sete dell'avventura a far partire il piccolo Jules per terre lontane, ma che il ragazzino aveva l'intenzione di andare a prendere sul posto una collana di corallo esotico per la cuginetta Caroline Tronson, che gli aveva ferito il cuore e alla quale intendeva dimostrare così il suo coraggio e il suo amore. Amici miei, non ridete di Jules, per piacere. Se siete ragazzi (o ragazzine!) ora, voi certo capite (o capirete presto) che cosa passava in quel cuoricino; e se non siete più ragazzini (o ragazzine), siate onesti con voi stessi: non avete sognato anche voi? (E se non lo avete fatto consentitemi di dirvi che vi compiango di cuore!). Comunque, Jules accettò di tornare a casa e di dimostrare in altro modo la sua sete di avventure e il suo amore per Caroline. L'episodio, e questo è molto importante, non guastò affatto la fiducia riposta in lui dai suoi genitori che s'azzardarono anzi a trasferirsi l'anno successivo, nel 1840, nell'isola Feydeau, un quartiere di ex armatori e vicinissimo agli attracchi e al porto. D'altra parte Jules ricambiò la fiducia dei genitori intraprendendo gli studi di diritto, ai quali non si sentiva portato, dopo avere concluso trionfalmente col baccellierato la sua permanenza al Lycée Royal. Avrebbe preso così la successione del padre nel suo avviato studio di consulenza legale, mentre il "cocchino" Paul avrebbe potuto diventare ufficiale di marina. Così è la vita... Ma niente paura. Il nostro Jules non sarebbe stato costretto a passare la sua vita tra scartoffie e cavilli giuridici, e si sarebbe scelto lui stesso una vita tra le carte (geografiche e nautiche) e la compagnia di eroi e grandi mascalzoni che difficilmente si fanno vedere nelle aule di un tribunale, perché devono dimostrare il loro valore e raccogliere il fio delle loro colpe in ben altri "ambienti", ossia in cielo, in terra e in mare aperto. Jules ottenne d'altra parte il contentino di andare a proseguire i suoi studi legali a Parigi, dove si recò una prima volta nell'aprile del 1847 superando brillantemente gli esami del primo anno e dove si stabilì a partire dal 1848. Tra i motivi dell'allontanamento da Nantes vi era ancora una volta quella benedetta cugina Caroline Tronson: insensibile all'adorazione di Jules, questa aveva fatto un'altra irrevocabile scelta. Scrivendo a un amico musicista, Verne manifestava allora la sua intenzione di vendicarsi a modo suo: "Parto, perché (Caroline) non mi ha voluto, ma vedranno un giorno di che legno è fatto questo povero giovanotto che si chiama Jules Verne". Avrebbe avuto ragione, anche se avrebbe dovuto attendere qualche anno. Conclusi gli studi con la licenza nel 1849, e rifiutando di fare ritorno a Nantes, Jules decise di dedicarsi all'attività letteraria, e più precisamente teatrale. Non ebbe un gran successo in questo campo, anche se non gli mancarono appoggi potentissimi, come quelli di Alexandre Dumas padre, di Alexandre Dumas figlio e di Edouard Seveste. Ma un'amicizia giusta fu pure quella di un musicista originario come lui di Nantes, Hignard: poco più di un modesto artigiano, questi ebbe tuttavia nel 1859 il merito di condurre con sé Verne in un viaggio in Scozia finanziato da suo padre, e quel viaggio sarebbe stato un vero "colpo di fulmine" per Jules, che due anni dopo, sempre grazie a Hignard e insieme a lui, avrebbe visitato anche Norvegia e Scandinavia. "Il merito è, in gran parte, di un editore". Il libro, lo si sa, è anzitutto opera di uno "scrittore" (che si chiama così appunto perché "scrive"), e per questo, quando ne prendiamo in mano uno, subito dopo o insieme al titolo, guardiamo immediatamente chi sia l'"autore", lo scrittore. Ma un libro, soprattutto un libro che arriva nelle mani di tante persone, è in realtà frutto dell'opera di molti altri oltre che dello scrittore. E tra questi altri, consentitemi di ricordare la figura dell'editore, cioè del responsabile della conduzione di una casa editrice, il più importante mediatore o tramite fra autore e lettore. Chi è l'editore? E' un uomo di cultura che, ordinariamente, prima di mettersi a stampare libri, ne ha letti parecchi e forse ne ha anche scritti; ma è anche un industriale, un imprenditore, cioè uno che sa organizzare il lavoro culturale e tecnico di numerose persone, investendo in questo lavoro dei capitali che solitamente riesce a fare rientrare in cassa con un pareggio di bilancio o addirittura con qualche guadagno. (In caso diverso, deve avere qualcuno che lo "finanzi" e che certo non concede gratis il suo denaro...). Perché tutta questa digressione sulla figura dell'editore? Perché ritengo che in gran parte il merito dei libri di Jules Verne vada appunto attribuito a un editore, Pierre-Jules Hetzel. Questi era nato 14 anni prima di Verne, nel 1814, e aveva cominciato come Verne gli studi di diritto, ma era stato meno costante di lui. Aveva intrapreso anche l'attività diplomatica, assumendo l'incarico di Capo di Gabinetto per il Ministero degli Esteri nel 1848, quando il Governo era presieduto da Louis Eugène Cavaignac, l'ex generale che aveva mostrato una grande energia nel reprimere l'insurrezione democratica del 23-26 giugno 1848. Il 2 dicembre 1851, però, Carlo Luigi Napoleone Bonaparte, figlio di Luigi Bonaparte re d'Olanda e quindi nipote di Napoleone Bonaparte, attuò il suo colpo di Stato che avrebbe fatto di lui l'imperatore Napoleone Terzo e Pierre-Jules Hetzel, che era di fede repubblicana, dovette prendere la via dell'esilio. Hetzel rientrò in Francia solo nel 1859 e decise di dedicarsi per intero all'attività editoriale. Era un ritorno al primo amore. L'attività editoriale, infatti, l'aveva intrapresa a 22 anni, nel 1836, quando si era impiegato come semplice commesso presso l'editore parigino Paulin, e in essa aveva fatto una rapida carriera: appena un anno dopo, nel 1837, il Paulin avendo intuito le grandi capacità di quel giovanotto, lo aveva voluto come socio. Hetzel inoltre nel 1843 aveva cominciato a pubblicare in proprio e s'era subito creato degli importanti contatti così da riuscire a mettere in catalogo gli autori più celebri del momento (e alcuni dei quali sono molto noti anche oggi, come Balzac, Musset, Charles Nodier, George Sand e Victor Hugo), che egli contribuiva a rendere ancora più popolari con edizioni a buon mercato. Rientrato dunque in Francia nel 1859, tre anni dopo rifondò la sua casa editrice decidendo di rivolgersi quasi esclusivamente ai giovani e ai ragazzi. E proprio in quel 1862, prima che cominciasse ad uscire la rivista per i giovani " Magasin illustré d'éducation et de récréation ", Verne s'incontrò con Hetzel. Trentaquattrenne ormai, Verne aveva concluso con ottimi risultati i suoi studi di diritto, aveva scritto benché senza grande successo diverse commedie e novelle, aveva visitato la Scozia e i paesi nordici e si era anche sposato. Quest'ultimo evento si era verificato nel 1857, quando Jules aveva impalmato Honorine de Viane, una giovane vedova che aveva già due figli e che egli aveva conosciuta al matrimonio di un amico ad Amiens. Verne era anche già diventato padre: era tuttavia lontano da casa, in viaggio in Scandinavia, quando Honorine affrontò i travagli del parto dando alla luce l'unico loro figlio, Michel Verne. Jules Verne, insomma, in quel 1862 era proprio un uomo fatto ed era già riuscito a dare a Caroline qualche prova per giudicare "di che legno è fatto questo povero giovanotto che si chiama Jules Verne". Sappiamo però che in realtà, per usare un'immagine dei nostri giorni e che gli sarebbe stata cara, il suo aereo era appena appena decollato, ma era destinato a ben altre trasvolate. Manco a farlo apposta, si riferiva appunto al "volo" il primo libro che Verne propose a Jean-Pierre Hetzel, quando gli venne presentato dal romanziere Brichet, dietro raccomandazione del ben più celebre Alexandre Dumas figlio. Questi sembra essere stato anzi il primo a leggere il manoscritto di "Voyage en ballon" (conosciuto da noi col titolo: "Cinque settimane in pallone"). Hetzel, un editore sicuro del fatto suo, diede immediatamente qualche suggerimento al giovane autore e lo invitò a riportare il manoscritto dopo una quindicina di giorni. E quando Jules tornò, Hetzel aveva già pronto un bel contratto: in base ad esso, Verne s'impegnava a consegnare all'editore tre volumi ogni anno (si tenga presente che qualche romanzo poteva essere costituito da più di un volume) e per ogni volume Hetzel avrebbe pagato una bella cifretta: 1925 franchi. Una fortunata coincidenza nell'attualità rese il romanzo di Verne molto interessante anche per gli adulti: il 3 ottobre 1863, poco tempo dopo che "Voyage en ballon" era comparso in libreria, Félix Tournachon, detto Nadar, celebre per avere realizzato nel 1858 la prima fotografia aerea a bordo di un pallone, compiva un volo inaugurale con il suo "Le Géant", ossia "Il Gigante". Il romanzo di Verne e l'"exploit" di Nadar si inserivano in una polemica allora vivissima relativa al problema del volo: per volare, sarebbe stato meglio un oggetto più leggero o uno più pesante dell'aria? Rispettivamente, per intenderci, il dirigibile e l'aereo. Ora, mentre il pallone aerostatico, diretto antenato del dirigibile, esisteva già (e il colosso, il "Gigante" di Nadar ne era una prova molto eloquente), l'aereo era ancora di là da venire: il primo volo umano su un aereo a motore sarebbe stato quello dei fratelli Orville e Wilbur Wright, a Kitty Hawk, negli U.S.A., nel 1903. (A onor del vero, però, bisogna ricordare che già nel 1877 l'ingegnere italiano Enrico Forlanini aveva costruito e fatto innalzare nell'aria un modellino di elicottero, il primo mezzo più pesante dell'aria che s'innalzasse con mezzi propri).
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