CAPITOLO 1

1753 Words
CAPITOLO 1 Phileas Fogg e Passepartout si accettano reciprocamente, il primo come padrone e l'altro come domestico Nell'anno 1872, la casa contraddistinta con il numero 7 in Saville Row, a Burlington Gardens - casa nella quale nel 1814 era morto Sheridan¹ - era abitata dall'egregio signor Phileas Fogg, uno dei membri più singolari e più notati del Club della Riforma di Londra, quantunque egli si studiasse di non fare cosa alcuna che potesse attirare l'attenzione su di lui. Questo Phileas Fogg, che prendeva il posto di uno dei più grandi oratori che sono l'onore dell'Inghilterra, era un personaggio enigmatico, di cui non si sapeva nulla, se non che egli appariva un fior di galantuomo e uno fra i più bei "gentlemen"² dell'alta società inglese. Si diceva che egli somigliasse a Byron³ - nella testa, perché quanto ai piedi non era possibile metterglielo a confronto -, ma era un Byron con i mustacchi e i favoriti, un Byron impassibile, che avrebbe potuto vivere mill'anni senza invecchiare. Inglese per certo, Phileas Fogg non era forse londinese. Non lo si era mai visto né alla Borsa né alla Banca né in alcun altro ufficio della gran finanza della City londinese. Le darsene del porto di Londra non avevano mai ospitato una nave che avesse per armatore Phileas Fogg. Questo "gentleman" non figurava in alcun consiglio di amministrazione. Il suo nome non era mai risuonato in un collegio di avvocatura, né al Tempio né a Lincoln's Inn né a Gray's Inn. Non aveva mai esercitato né alla Corte del Cancelliere, né al Banco della Regina né all'Echiquier né alla Corte ecclesiastica. Non era industriale né negoziante né mercante né agricoltore. Non faceva parte né dell'Istituzione Reale della Gran Bretagna, né dell'Istituzione di Londra, né dell'Istituzione degli Artigiani, né dell'Istituzione Russell, né dell'Istituzione Letteraria dell'Ovest, né dell'Istituzione del Diritto, né di quell'Istituzione delle Arti e delle Scienze riunite, che è posta sotto il diretto patrocinio di Sua Graziosa Maestà. Insomma egli non apparteneva a nessuna delle numerose società che pullulano nella capitale inglese, dalla Società dell'Armonica fino alla Società Entomologica, sorta principalmente con lo scopo di distruggere gli insetti nocivi. Phileas Fogg era membro del Club della Riforma, ecco tutto. Può stupire che un individuo tanto misterioso figurasse tra i membri di quell'onorevole circolo. Ma va considerato che vi era stato ammesso dietro raccomandazione dei banchieri Fratelli Baring presso i quali aveva un notevolissimo conto aperto: un conto in cui Phileas Fogg risultava invariabilmente creditore, quantunque spiccasse con frequenza grossi mandati a vista che i banchieri Baring pagavano puntualmente. Quest'insieme di cose, come è naturale, gli aveva procurato una profonda stima. Phileas Fogg era dunque ricco? Senza dubbio. Ma in che modo si era arricchito? Ecco ciò che nemmeno i meglio informati potevano dire; e il signor Fogg era proprio l'ultimo a cui convenisse rivolgersi per saperlo. Comunque, egli non si mostrava minimamente prodigo; ma neanche avaro. Ogni volta che gli fosse chiesto denaro per un'opera nobile, giusta e generosa, lo dava, senza strombazzamenti o celandosi addirittura dietro l'anonimato. Nessuno era meno comunicativo di quel "gentleman". Non parlava che lo stretto necessario; e ciò accresceva attorno a lui il mistero. Eppure la sua vita si svolgeva, come suol dirsi, alla luce del sole; ma era così matematicamente uniforme, che le immaginazioni insoddisfatte fantasticavano, cercando al di là delle apparenze. Aveva viaggiato, Sir Phileas Fogg? C'era ragione di supporlo, dato che nessuno meglio di lui conosceva la carta geografica del mondo. Non esisteva paese, per quanto remoto, di cui egli non mostrasse di avere profonda nozione. Talora con poche parole brevi e chiare rettificava le mille dicerie che circolavano al Club a riguardo di viaggiatori ritenuti periti o dispersi. Indicava le varie probabilità; e gli avvenimenti finivano sempre per dargli ragione, tanto che le sue parole venivano ritenute come ispirate da un sesto senso. Certo, Sir Phileas Fogg era un uomo che doveva aver viaggiato il mondo intero, almeno in spirito. Stava peraltro fuor di dubbio che da molti anni egli non si era allontanato da Londra. Le persone che avevano l'onore di conoscerlo più da vicino testimoniavano che nessuno poteva pretendere di aver visto quel "gentleman" altrove che nella strada diritta ch'egli percorreva ogni giorno per recarsi da casa al Club. Suoi soli passatempi erano leggere i giornali e giocare al "whist". Questo gioco di carte, che è preferito dagli Inglesi e il cui nome significa "silenzio", era adattissimo al temperamento di Sir Phileas Fogg. Egli vinceva sovente, ma quei guadagni non entravano mai nella sua borsa: figuravano invece per una somma rilevante nel suo bilancio di carità. Del resto il signor Fogg giocava soltanto per giocare, non per vincere. Il gioco era per lui un combattimento, una lotta contro una difficoltà, ma una lotta senza spostamento, senza moto, senza fatica; e ciò aderiva al suo carattere. Nessuno gli conosceva né moglie né figli - cosa che può accadere anche alle migliori persone -, né parenti né amici - cosa invero assai più rara. Phileas Fogg viveva solitario nella sua casa di Saville Row, il cui interno era per tutti un mistero. Teneva un unico domestico, il quale sbrigava da solo tutto il servizio, dato che il signore pranzava e cenava al Club, ad ore cronometricamente fisse, sempre nella medesima sala, alla stessa tavola, senza la compagnia di colleghi, senza invitare mai un estraneo. Rincasava soltanto per coricarsi, a mezzanotte in punto, senza approfittare in nessuna circostanza delle confortevoli stanze che il Club metteva a disposizione dei suoi membri. Su ventiquattr'ore ne passava dieci al suo domicilio, ripartite fra il dormire e la cura della toeletta personale. Se passeggiava, lo faceva invariabilmente al Club, sempre con passo eguale, nel salone d'ingresso dal pavimento intarsiato o sulla galleria circolare sorretta da venti colonne di porfido rosso e dominata da una cupola di vetri azzurri. Fornivano succulente vivande alla sua tavola le cucine, la dispensa, la pescheria e la latteria del Club. Camerieri del Club, compassati personaggi in abito nero, calzati con scarpe a suola felpata, lo servivano in porcellane rarissime e su stupende tovaglie di tela di Sassonia; bicchieri della più fine cristalleria del Club contenevano il suo "sherry", il suo porto, il suo claretto corretti con cannella, capelvenere e cinnamomo; e infine il ghiaccio del Club, fatto venire con ingente spesa dai laghi d'America, manteneva i suoi cibi e le sue bevande in soddisfacente stato di freschezza. Se vivere in queste condizioni significa essere eccentrici, bisogna ammettere che c'è del buono nell'eccentricità! La casa di Saville Row, senza essere sontuosa, era dotata d'ogni comodità in modo superlativo. D'altra parte il servizio, date le invariabili abitudini del padrone di casa, si riduceva a ben poco. Ma Sir Phileas Fogg esigeva dal suo unico servo una puntualità e una esattezza straordinarie. Quel giorno appunto - 2 ottobre - Phileas Fogg aveva licenziato James Forster, il servitore, poiché questi si era reso colpevole di avergli portato l'acqua occorrente per radersi riscaldata a ottantaquattro gradi Fahrenheit⁴ anziché a ottantasei . Ed ora il "gentleman" aspettava il successore di James, che doveva presentarsi tra le undici e le undici e mezzo. Phileas Fogg, comodamente seduto nella sua bella poltrona in salotto, con i piedi ravvicinati come quelli di un soldato alla parata, le palme delle mani sulle ginocchia, il busto eretto, la testa alta, guardava camminare le lancette della pendola, una macchina complicatissima che indicava le ore, i minuti, i secondi, i giorni, i mesi e l'anno. Allo scoccare delle undici e mezzo il signor Fogg doveva, come era sua quotidiana abitudine, lasciare la casa e recarsi al Club. Mancavano dieci minuti. In quel punto si udì bussare all'uscio del salotto. James Forster, il servo licenziato, comparve. - Il nuovo domestico - annunciò. Un giovanotto d'una trentina d'anni si fece avanti e s'inchinò salutando. - Siete francese, e vi chiamate John? - gli domandò Phileas Fogg. - Jean, se così vi piace, signore - rispose il nuovo venuto. Jean Passepartout: soprannome che mi è stato dato in grazia della mia naturale attitudine a trarmi d'impaccio. Credo di essere un onesto figliolo; ma, per dir tutto sinceramente, debbo confessare che ho fatto parecchi mestieri. Sono stato cantante girovago; poi cavallerizzo in un circo; ho emulato Léotard nei voli acrobatici e Blondin nel ballare sulla corda; poi, per utilizzare in pieno i miei talenti, sono diventato professore di ginnastica; e infine sergente dei pompieri di Parigi. Ho anzi nel mio stato di servizio diversi incendi notevoli. Ma ora già da cinque anni ho lasciato la Francia e, desideroso di gustare la vita di famiglia, faccio il cameriere in Inghilterra. Trovandomi senza posto, e avendo saputo che il signor Phileas Fogg è l'uomo più esatto e più sedentario di tutto il Regno Unito, mi presento in casa del signore, con la speranza di viverci tranquillo e di dimenticare persino questo soprannome di Passepartout. - Passepartout mi piace - rispose il "gentleman". - Mi siete stato raccomandato. Ho buone informazioni sul vostro conto. Conoscete le condizioni che vi offro? - Sì, signore. - Bene. Che ora fate? - Le undici e ventidue minuti - rispose Passepartout, dopo aver estratto dalle profondità del suo taschino uno spropositato orologio d'argento. - Il vostro orologio è indietro - disse Phileas Fogg. - Mi sia permesso: la cosa è impossibile! - - Il vostro orologio ritarda di quattro minuti. Non importa. Basta conoscere l'errore. Dunque da questo momento, ore undici e ventisei minuti e mezzo del mattino, di questo mercoledì 2 ottobre 1872, voi siete al mio servizio. - Ciò detto Phileas Fogg si alzò, prese con la mano sinistra il cappello, se lo posò in testa con un movimento da automa e disparve senza aggiungere parola Il francese sentì il portone chiudersi una prima volta: era il suo nuovo padrone che usciva; poi una seconda volta: era il suo predecessore James Forster che se ne andava. Passepartout rimase solo nella casa di Saville Row. [1] Richard Brinsley Sheridan, uomo politico e drammaturgo irlandese, in realtà morì nel 1861, a 65 anni di età. Le sue commedie, tra le quali "I rivali" e "La scuola della maldicenza", sono tra le più brillanti del secolo diciottesimo. Per approfondire - Link Wikipedia [2] Gentleman" (e il suo plurale "gentlemen") è termine inglese che significa "gentiluomo, persona distinta, signore" e ben si adatta perciò alla figura di Mister Phileas Fogg. [3] George Gordon Byron (1788-1824), poeta inglese, celebre soprattutto per "Il pellegrinaggio del giovane Aroldo" e l'incompiuto "Don Giovanni". L'accenno che il Verne fa ai piedi di Byron richiama una delle maggiori sofferenze del giovane Byron, che infatti era afflitto da una congenita deformità. Per approfondire - Link Wikipedia [4] La scala termometrica Fahrenheit, preferita a lungo nei paesi anglosassoni a quella centigrada (o Celsius), fissa a 32 gradi la temperatura a cui il ghiaccio si scioglie e a 212 gradi quella a cui l'acqua bolle ed evapora (nella scala centigrada sono rispettivamente 0 gradi e 100 gradi): 84 gradi Fahrenheit corrispondono pertanto a 28,88 gradi centigradi e 86 gradi Fahrenheit corrispondono a 30 gradi centigradi.
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