CAPITOLO DICIOTTESIMO-1

2033 Words
CAPITOLO DICIOTTESIMOSi affrettava verso la prima riunione del comitato per la lettura della produzione da scegliere. Il suo romanzo della giungla era dileguato, ma ne conservava un fervore religioso, uno slancio ancora informe d’aspirazioni, la fede nella possibilità di creare la bellezza per suggestione. Un lavoro di Dunsany sarebbe stato troppo difficile per Gopher Prairie; ella perciò sarebbe venuta a un compromesso e l’avrebbe iniziata Shaw, e precisamente con Androclo e il leone, pubblicato da poco. Il comitato era composto di Carol, Vida Sherwin, Guy Pollock, Raymie Wutherspoon e Juanita Haydock, esaltati dall’idea di essere contemporaneamente artisti e gente pratica. Erano ospiti di Vida nel salotto della pensione della signora Elisa Gurrey con le incisioni di Grant in Appomattox, il cestino di vedute stereoscopiche e le macchie misteriose sul tappeto sudicio. Vida era una fervida sostenitrice della diffusione della cultura, ma ancor più dei sistemi per favorire l’efficienza. Suggerì una « regolare revisione degli affari » e la lettura dei verbali come facevano alle riunioni del Thanatopsis; ma poi che non vi erano verbali da leggere e nessuno sapeva che cosa fosse una « regolare revisione degli affari » in fatto di letteratura, dovettero rinunciare all’efficienza. Carol, come presidente, disse con molta cortesia: — Qualcuno di voi ha qualche idea sulla produzione che daremo per prima? — E aspettò che prendessero un’aria vacua e mortificata per cavar fuori il suo Androclo. Guy Pollock, invece, rispose con sconcertante prontezza: — Le dirò: poi che vogliamo cercar di fare qualche cosa di veramente artistico e non soltanto perdere il tempo giocherellando, credo che dovremmo dare un classico. Che ne direste della Scuola delle maldicenze? — Ma... non crede che sia stato dato già molte volte? — Già, forse è vero. Carol era pronta a intervenire: « Che ne direste di Bernard Shaw? », quando quel traditore seguitò: — Allora perché non dare un dramma greco... per esempio l’Edipo re? — Ma, non credo che... Vida Sherwin intervenne: — Sono certa che sarebbe troppo difficile per noi! Io ho portato una cosetta molto divertente. E tese un sottile fascicoletto grigio intitolato La suocera di McGinerty, Carol lo prese, incredula. Era il genere di farsa presentata nei cataloghi scolastico-educativi come: « Commedia tutta da ridere, 5 uom, 3 don., durata 2 ore, rappresenta interno, particol. adatta per parrocchie e feste scolastiche ». Carol guardò quell’oggetto scabroso, poi Vida, e si accorse che costei faceva sul serio. — Ma questa è... è... insomma soltanto una... Ma Vida, io credevo che tu apprezzassi... ebbene, sì, l’arte! Vida sogghignò: — L’arte! Oh, sì, mi piace l’arte! È molto bella. Ma in conclusione che importa che genere di commedia daremo pur che si cominci? Quello che importa davvero, e di cui nessuno ha parlato, è: che cosa faremo del denaro, se ci riuscirà di raggranellarne almeno un pochino? Credo che sarebbe molto carino offrire alla Scuola Superiore una collezione completa delle letture di viaggi di Stoddard! Carol gemette: — Vida cara, perdonami, ma questa farsa... Dunque, vorrei che si desse qualche cosa di veramente distinto... per esempio l’Androclo di Shaw. Nessuno di voi l’ha letto? — Io, — disse Guy Pollock. — È molto bello. Allora, straordinario a dirsi, Raymie Wutherspoon parlò: — Anch’io. Ho letto tutte le commedie e tutti i drammi della Biblioteca Pubblica per prepararmi a questa riunione. E... Ma non credo che lei abbia capito tutte le idee antireligiose che vi sono in quest’Androclo, signora Kennicott: ritengo che la mente femminile sia troppo innocente per capire questi scrittori immorali. Certo non voglio criticare Bernard Shaw, so che è molto famoso fra tutti quei pezzi grossi di Minneapolis, però... a parer mio è assolutamente scandaloso! Le cose che dice! Ebbene, sarebbe molto arrischiato offrirlo ai nostri giovani. Mi sembra che un dramma che. non lascia la bocca dolce e non ha qualche cosa da dire non è altro che... altro che... Be’, insomma, qualunque cosa sia, non è arte. Perciò... ho trovato un bel dramma che è una cosa come si deve, e ci sono anche delle scene tanto comiche, io ridevo da me solo leggendole. È intitolato II cuore di sua madre, e si tratta di un giovane all’università che si mette in mezzo a un sacco di liberi pensatori e sbevazzatoci eccetera eccetera, ma alla fine l’influenza di sua madre... — Oh; che sciocchezze, Raymie! — proruppe Juan ita Haydock, beffarda. — L’influenza di sua madre, figurarsi! Facciamo qualche cosa di classe, dico io. Credo che potremo benissimo comprare i diritti della Ragazza di Kankakee, che è uno spettacolo vero e proprio, e che tiene il cartellone da dieci mesi a Nuova York! — Andrebbe bene davvero, se non costasse troppo... — rifletté Vida. L’unico voto contrario alla Ragazza di Kankakee fu quello di Carol. Detestò la Ragazza di Kankakee ancor più di quanto avesse preveduto. Era la storia d’una ragazzotta di campagna che riusciva a scagionare il fratello d’una accusa di falso, diventava segretaria di un miliardario di Nuova York e consigliera, mondana della moglie di lui, e dopo un ben concepito discorso sulla disgrazia di avere troppi soldi sposava il figlio del milionario. C’era anche un fattorino che era una macchietta. Carol capiva che Juanita Haydock ed Ella Stowbody aspiravano entrambe al ruolo principale: lo concesse a Juanita. Questa le dette un bacio e con l’esuberanza di una nuova stella presentò al comitato esecutivo la propria teoria: — Quello che vogliamo in una commedia è che sia piena di spirito e di pepe. Per questo gli scrittori americani mettono nel sacco tutti quegli scocciatori europei. Ecco la lista dei personaggi, scelti da Carol e confermati dal comitato: John Grimm, milionario......……..Guy Pollock Sua moglie………………………….Sig. na Vida Sherwin Suo figlio ……………………………Dott. Harvey Dillon Suo concorrente……………………Sig. Raymon T. Wutherspoon Amica della signora Grimm………Sig. na Ella Stowbody La ragazza di Kankakee......………Signora Juanita Haydock Suo fratello………………………….Dott. Terence Gould Sua madre...........................……….Signora Maud Dyer Stenografa………………………Sig. na Rita Simmons Fattorino d’ufficio…………………Sig. na Myrtle Cass Cameriera in casa Grimm....………Signora Carol Kennicott Regia: Signora Kennicott Fra le lamentele secondarie vi fu quella di Maud Dyer: — Va bene, lo capisco benissimo che sembro tanto vecchia da poter passare per la madre di Juanita anche se lei ha otto mesi più di me, ma non mi fa punto piacere che se ne accorgano tutti quanti e... Carol supplicò: — Oh, mia cara, tu e Juanita dimostrate la stes-sis-si-ma età, ma io ti ho scelta perché hai una così bella carnagione che starà tanto bene con i capelli bianchi, e sai che con una parrucca bianca e la cipria chiunque dimostra subito il doppio della propria età, ed io voglio che la mamma sia molto carina. Ella Stowbody, la declamatrice professionista, certa di aver ricevuto una parte secondaria per una combutta di invidie e di gelosie, alternava sorrisi di sprezzo e sospiri di cristiana rassegnazione. Carol insinuò che lo spettacolo si sarebbe molto avvantaggiato di alcuni tagli, ma poiché tutti gli attori, tranne Vida, Guy e lei stessa, gemevano per la perdita d’una sola riga, fu ridotta al silenzio e cercò di consolarsi dicendosi che dopo tutto si poteva ottener molto con la direzione e la messa in scena. Sam Clark aveva scritto al compagno di scuoia Percy Bresnahan, presidente della Velvet Motor Company di Boston, annunciandogli in termini entusiastici la fondazione della Filodrammatica. Bresnahan mandò un assegno di cento dollari; Clark ne aggiunse venticinque è portò i fondi a Carol gridando affettuosamente: — Ecco qua! Questo vi permetterà di mettervi in piedi a meraviglia. Essa affittò per due mesi il secondo piano del municipio. Durante tutta la primavera i filodrammatici si entusiasmarono sul proprio talento in quello squallido stanzone. Lo ripulirono togliendo di mezzo stendardi, urne elettorali, manifesti e sedie senza gambe; poi dettero l’attacco al palcoscenico. Era un palcoscenico molto ingenuo. Sorgeva alquanto rialzato sul pavimento, è vero, e aveva un sipario movibile su cui era dipinto l’annuncio pubblicitario d’un farmacista morto da dieci anni: ma senza di ciò non sarebbe stato possibile prenderlo per un palcoscenico. Da una parte e dall’altra si aprivano due camerini, uno per gli uomini e uno per le donne. Le porte dei camerini erano anche di accesso al palcoscenico, sì che molti cittadini di Gopher Prairie erano stati iniziati alla vita romantica dal l’intraveduto baleno delle spalle nude della prima donna. V’erano tre scenari: un bosco, un « interno povero » e un «interno ricco », quest’ultimo utilizzabile anche per uffici e stazioni ferroviarie e come sfondo per il quartetto svedese di Chicago. V’erano tre gradazioni di luci: piena, mezza e buio pesto. Era questo l’unico teatro di Gopher Prairie. Veniva comunemente chiamato l’Opera. Un tempo, compagnie erranti se ne servivano per rappresentarvi Le due orfanelle, Nellie la bella modella e Otello, con numeri di varietà negli intervalli; ma ormai il cinema aveva spodestato il teatro zingaresco. Carol progettava. d’essere pazzamente moderna nella messa in scena dell’ufficio, del salotto dei Grimm e dell’umile casa » presso Kankakee. Per la prima volta, qualcuno di Gopher Prairie aveva il coraggio rivoluzionario di usare scene chiuse con pareti intere: le stanze dell’Opera avevano ancora ai lati le quinte: cosa che semplificava di molto la regia poiché il fellone poteva sempre svignarsela dinanzi all’eroe camminando traverso le pareti. Gli abitanti dell’« umile casa » avevano il dovere di essere amabili e intelligenti. Carol aveva immaginato per loro una scena semplice e d’una calda tonalità. Vedeva benissimo l’inizio dello spettacolo: tutto buio tranne le alte scranne e la pesante tavola di mezzo, illuminate da un raggio dall’esterno: il punto luminoso centrale doveva essere una lucida brocca di rame colma di primule. Meno chiaramente immaginava il salone dei Grimm come una serie di alte e fresche arcate bianche. Quanto al modo di produrre quegli effetti, non ne aveva la minima idea. Ella si accorgeva che, a dispetto dei giovani scrittori entusiasti, il teatro non era spontaneo, comprensibile e terra terra come l’automobile e il telefono. Scoprì che l’arte più semplice richiedeva una raffinata preparazione. Scopri che mettere insieme uno scenario perfetto era difficile come trasformare tutta Gopher Prairie in un giardino georgiano. Lesse tutto quello che potè trovare sulla messa in scena; comperò vernici e tavole di legno compensato; prese in prestito senza scrupoli mobili e drappi; obbligò Kennicott a farsi falegname; si dibattè specialmente col problema delle luci. Nonostante le proteste di Kennicott e di Vida indebitò il Circolo mandando a prendere a Minneapolis un piccolo riflettore, un piccolo proiettore, un regolatore per oscuramento e lampadine azzurre e ambrate: e con l’ebbrezza d’un pittore nato, libero per la prima volta di sguazzare fra i colori, trascorse estatiche serate a dipingere con le luci. Soltanto Kennicott, Guy e Vida l’aiutavano. Escogitarono il modo di agganciare le tavole in modo di formare delle pareti: attaccarono alle finestre tendine color croco: annerirono la stufa di latta, infilarono un grembiule e scoparono. Gli altri capitavano al teatro tutte le sere, ed erano molto saputi e superiori. Avevano preso in prestito da Carol il manuale di scenotecnica e usavano un vocabolario estremamente specializzato. Seduti su un cavalletto Juanita Haydock, Rita Simmons e Raymie Wutherspoon guardavano Carol che cercava di trovare il punto giusto per attaccare un quadro sulla parete del primo atto. — Non per vantarmi, ma credo che farò un effettone, al primo atto, — confidò Juanita. — Vorrei però che Carol non si desse tanta importanza. Di vestiti non capisce niente. Volevo indossare un amore di vestito che ho, rosso fiamma, e le ho detto: “Quando entro, non sarebbe un colpo negli occhi se mi fermassi sulla soglia con quell’abito rosso? ”, ma lei non me lo vuole permettere. La giovane Rita convenne con lei. — È talmente presa da tutti quei particolari della montatura del palco che non vede più il quadro come insieme. Mi sembra che sarebbe bello fare una scena d’ufficio come quella di Piccola, ma mia!. L’ho vista a Duluth: ma lei non vuole starmi nemmeno a sentire. Juanita sospirò: — Volevo fare un discorso come l’avrebbe fatto Ethel Barrimore se avesse recitato una cosa come questa (Harry ed io l’abbiamo sentita a Minneapolis, avevamo un amore di posti, proprio in prima fila, e so che potrei imitarla benissimo), ma Carol non ha dato nemmeno ascolto al mio suggerimento. Non voglio aver l’aria di criticare, ma credo che Ethel ne sappia più di lei in fatto di recitazione! — Sentite un po’, credete che Carol ci azzecchi a mettere un proiettore dietro il camino nel secondo atto? — rincalzò Raymie. — Io le ho suggerito anche che sarebbe bello avere un panorama dietro la finestra, nel primo atto, e sapete che mi ha risposto? “Sì, sarebbe bello anche avere Eleonora Duse come prima attrice”, ha detto, Ce a parte il fatto che al primo atto è sera, lei è un gran tecnico”, ha detto. Devo dire la verità che mi è sembrata molto sarcastica. Io ho letto molto e so che potrei costruire un panorama se non volesse far tutto lei.
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