CAPITOLO DICIOTTESIMO-2

2612 Words
— Già, e un’altra cosa. — (Juanita. ) — Credo che il clima scenico non risponda all’inizio del primo atto. — E perché adopera soltanto un proiettore a pistola? — Che è un proiettore a pistola? — proruppe Rita Simmons. I due sapientoni guardarono dall’alto in basso tanta ignoranza. Carol non si risentì delle loro critiche, non si curò della loro improvvisa sapienza finché la lasciarono combinare le scene a suo talento: le liti scoppiarono alle prove. Nessuno voleva capire che le prove erano impegni veri e propri, come il bridge o le riunioni della Chiesa episcopale. Arrivavano allegramente mezz’ora dopo o si presentavano schiamazzando dieci minuti prima, ed erano così suscettibili che quando Carol protestava, borbottavano che si sarebbero ritirati. Telefonavano: — Credo che stasera sarà meglio che non esca: temo che l’umidità risvegli il mio mal di denti, — oppure: — Non posso venire stasera, Da ve vuole che prenda parte al poker. Quando, dopo un mese di fatiche durante il quale almeno i nove decimi della compagnia erano presenti, quando quasi tutti avevano imparato la parte e alcuni parlavano come esseri umani, Carol provò un fiero colpo accorgendosi che Guy Pollock e lei stessa erano mediocri attori, e Raymie Wutherspoon era invece un attore eccellente! Nonostante la sua capacità di immedesimarsi nei personaggi, ella non riusciva a controllare la voce, ed era seccata di dover ripetere cinquanta volte le sue poche righe. Guy si tirava i morbidi baffi, prendeva un’aria sciocca e trasformava il signor Grimm in un fantoccio imbambolato. Raymie invece, nella parte del fellone, non pativa di repressioni: teneva alta la testa con un piglio pieno di carattere e il suo sogghigno era mirabilmente satanico. Ci fu una serata in cui Carol sperò di poter presentare veramente una recita: una prova durante la quale Guy rinunciò a sembrare mortificato. Da quella sera in poi, tutto andò a rotoli. Nessuno ne poteva più. — Ormai sappiamo la parte abbastanza bene: perché farcela venire a noia? — si lamentavano tutti. Cominciarono a fare mille sciocchezze; a giocare con le luci sacrosante, a ridere quando Carol cercava di trasformare la sentimentale Myrtle Case in un faceto fattorino; a recitare di tutto tranne che La ragazza di Kankakee. Dopo aver sciorinato alla peggio la propria parte, il dottor Gould suscitò grandi applausi con una parodia dell’Amleto. Perfino Raymie perdette la sua ingenua fede e cercò di convincerli che sapeva fare un numero di vaudeville. Carol arringò la compagnia: — Statemi a sentire: basta con queste sciocchezze. Dobbiamo metterci a lavorare sul serio. Juanita capeggiò l’ammutinamento: — Senti un po’ Carol, non ti dare tanta importanza. Dopo tutto, facciamo questa recita per divertirci, e se ci divertiamo con un sacco di sciocchezze... — Già, — debolmente. — ... Tu hai detto una volta che la gente a Gopher Prairie non sa godere la vita, e adesso che ci divertiamo vuoi farci smettere! Carol rispose, sobria: — Come posso fare per spiegarvi quel che voglio dire? È come la differenza che passa fra guardare la pagina comica d’un giornale e un quadro di Manet. Io voglio che ci si diverta, naturalmente; però... credo che presentare una recita per quanto è possibile perfetta sia più divertente ancora. — Era stranamente esaltata: parlava con sforzo, guardando non la comitiva ma i disegni scarabocchiati sul rovescio delle quinte da attori dimenticati. — Non so se possiate comprendere quanto sia divertente fare una cosa bella: l’orgoglio che ne deriva, la santità. I presenti si scambiarono un’occhiata incerta. A Gopher Prairie non è di buon gusto pensare alla santità tranne in chiesa, fra le dieci e mezza e mezzogiorno, la domenica. — Ma se vogliamo riuscirci, dobbiamo lavorare: dobbiamo imporci il controllo di noi stessi. Gli altri erano insieme divertiti e imbarazzati. Come affrontare quella pazza? Un po’ mortificati si misero a provare. Carol non udì Juanita che, dinanzi a tutti, protestava con Maud Dyer: — Se questa chiama divertimento e santità sudare sulla sua stupida commedia... be’, io proprio no! Carol assistette all’unico spettacolo di attori veri e propri che passò da Gopher Prairie quella primavera. Era una compagnia ambulante che presentava « eleganti drammi nuovi sotto la tenda ». Gli attori infaticabili suonavano la grancassa e vendevano i biglietti; fra un atto e l’altro cantavano canzoni romantiche sulla luna di giugno e spacciavano lo specifico del dottor Wintergreen per « Tutte le Malattie del Cuore, dei Polmoni, dei Reni, dello Stomaco e degli Intestini ». Rappresentarono Nell la pioniera, dramma a lieto fine degli Ozarks, con J. Witherbee Boothby che straziava l’animo degli spettatori gridando: — Voi non vi siete portato bene con la mia piccina, signor Cittadino, ma vi accorgerete che là, fra quelle montagne, vi sono persone oneste e tiratori scelti! Gli spettatori seduti sulle panche sotto la tenda rappezzata ammiravano la barba e il lungo fucile del signor Boothby; battevano i piedi nella polvere allo spettacolo della sua prodezza; urlarono quando il commerciante scimmiottò l’uso del lorgnon delle signore cittadine guardando traverso una frittella infilata in una forchetta; piansero senza ritegno sulla piccola Nell del signor Boothby, la quale nella vita privata era Pearl, la legittima sposa del detto signore; e quando il sipario calò ascoltarono rispettosamente la conferenza del primo attore sullo Specifico del dottor Wintergreen per la cura dei vermi, illustrata da orribili cose pallide raggomitolate entro bottiglie piene di alcole giallastro. Carol scosse il capo. « Juanita ha ragione, io sono una sciocca. La santità del teatro! Bernard Shaw! Il solo dubbio a proposito della Ragazza di Kankakee è che sia troppo raffinata per Gopher Prairie! ». Cercava di consolarsi con paroioni banali, presi dai libri: « l’istintiva nobiltà delle anime semplici », « ci vuole soltanto l’occasione per apprezzare le belle cose » e « robusti esponenti della democrazia ». Ma quelle frasi ottimistiche non s’imponevano come le risate del pubblico ai lazzi del buffo: — Sì perbacco, sono un tipo sciccoso! — Avrebbe voluto rinunciare a tutto, alla recita, al Circolo Filodrammatico, alla città. Mentre usci va dalla tenda e s’avviava con Kennicott per la polverosa strada primaverile sbirciava quello sparpagliato villaggio di legno e sentiva che non poteva, assolutamente non poteva star lì nemmeno un giorno e una notte ancora. Fu Miles Bjornstam che le ridette fiducia: lui, e il fatto che i posti per la Ragazza di Kankakee erano venduti fino all’ultimo. Bjornstam « discorreva » con Bea, seduto sugli scalini della porta di dietro, tutte le sere. Una volta borbottò a Caroli — Spero che offra un bello spettacolo a questo borgo. Se non ci riesce lei, c’è da giurare che non ci riuscirà nessuno. Era la grande serata: la serata della recita. I due camerini erano pieni d’artisti pallidi, sconvolti, tremanti. Del Snaffing, il barbiere che si riteneva uno specialista come Ella Stowbody per aver partecipato una volta a una scena di massa alla rappresentazione di una compagnia semipermanente di Minneapolis, li truccava dimostrando il suo disprezzo verso i dilettanti con bruschi: — Fermo! Come pretende che le faccia gli occhi se continua a dimenarsi? — Gii attori lo supplicavano: — Oh, Del, mi metta un po’ di rosso nelle narici, a Rita gliel’ha messo... Perdinci al mio viso non ha fatto niente! Erano estremamente del mestiere. Esaminavano la scatola del trucco di Del Snaffing, fiutavano il cerone, correvano ogni momento a mettere un occhio al forellino del sipario, tornavano indietro a ispezionare le loro parrucche e i loro costumi, leggevano sulle pareti a calce dei camerini le scritte scarabocchiate a matita: « Compagnia Comica Flora Flanders », e: « Che porcheria di teatro », e si sentivano colleghi di quegli svaniti commedianti. Caroi, elegantissima in tenuta di cameriera, stimolava con le buone il personale volontario a finire di metter su’ la scena del primo atto, gemeva a Kennicott, il maestro delle luci: — Per amor del cielo, non dimenticare il cambiamento di tono nel secondo atto! — correva fuori per chiedere a Dave Dyer che stava ai biglietti se non fosse possibile aggiungere qualche sedia, ammoniva la terrorizzata Myrtle Cass a non rovesciare il cestino della carta straccia quando Grimm la chiamava: — Ehi tu, Reddy. L’orchestra di Del Snaffin (piano, violino e cornetta) cominciava ad accordare, e tutti coloro che si trovavano dietro la magica linea del proscenio erano paralizzati dal terrore. Carol si diresse barcollando verso il foro del sipario. C’era tanta gente e tutti guardavano con tanto d’occhi... Nella seconda fila vide Miles Bjornstam, ma senza Bea: solo. S’interessava proprio dello spettacolo! Era un buon segno. Forse quella serata avrebbe convertito Gopher Prairie alla bellezza cosciente. Si slanciò nel camerino delle signore, rianimò Maud Dyer mezza svenuta della paura, la spinse fuori delle quinte e ordinò che si alzasse il sipario. Il sipario cominciò ad alzarsi con molta incertezza, barcollò, tremò, ma arrivò in cima senza imbrogliarsi... almeno quella volta. Allora ella si accorse che Kennicott aveva dimenticato di spegnere le luci nella sala. Qualcuno, in prima fila, rideva. Si slanciò dietro la quinta di sinistra, girò ella stessa l’interruttore e fulminò Kennicott con uno sguardo così feroce che quegli indietreggiò spaventato. La signora Dyer strisciava fuori sul palcoscenico immerso nella penombra. Lo spettacolo era cominciato. In quello stesso istante Carol capì che era una brutta commedia recitata in modo abominevole. Incoraggiandoli con mendaci sorrisi, guardava andare a rotoli tutte le sue fatiche. La messa in scena sembrava ingenua e nuda, l’illuminazione comune; Pollock tartagliava e si tirava i baffi, mentre avrebbe dovuto essere un tirannico magnate; Vida Sherwin, nelle vesti della timida moglie di Grimm, chiacchierava col pubblico come se questo fosse la sua scolaresca d’inglese alla Scuola Superiore; Juanita, nel ruolo principale, sfidava il signor Grimm come se ripetesse la lista delle cose che doveva ordinare dal droghiere; Ella Stowbody dichiarava: — Gradirei una tazza di tè, — come se declamasse: « Deh, signor mio, del vostro duolo ascoso - Parte fate anche a me »; e il dottor Gould corteggiava Rita Simmons urlando: — Perdinci-tu-sei-una-ragazza-meraviglioooosa! Myrtle Cass, nella parte del fattorino, fu tanto compiaciuta degli applausi dei parenti, poi tanto agitata dai commenti di Cy Bogart sui suoi pantaloni, che non sapeva nemmeno uscire dalla scena. Solo Raymie, imperterrito, si dedicava completamente al proprio ruolo. E che il suo giudizio fosse esatto, Carol lo capì quando, dopo il primo atto, Bjornstam se ne andò e non tornò più. Fra il secondo e il terzo atto raccolse la compagnia e disse, supplichevole: — Vorrei sapere una cosa, prima che ci si separi. Che stasera si vada bene o male, non è che l’inizio. Ma vogliamo che sia davvero un inizio? Quanti di voi si impegnano a riunirsi intorno a me, al più presto, domani stesso, per gettare le basi d’una nuova rappresentazione da dare a settembre? Tutti la guardarono con tanto d’occhi e annuirono alla protesta di Juanita: — Direi che basti una recita, per ora! Stasera ce la caviamo che è un amore, ma ricominciare... Mi sembra che avremo tutto il tempo di riparlarne in autunno. Carol! Spero che tu non voglia fare insinuazioni poco simpatiche. Credo bene che tutti questi applausi dimostrino che il pubblico trova che tutto va d’incanto. E allora Carol capì tutta l’estensione della sua sconfìtta. Mentre il pubblico si disperdeva, udì B. J. Gougerling il banchiere che osservava a Howland il droghiere: — Ebbene mi pare che si siano portati splendidamente: proprio come artisti veri e propri. Ma questo genere di spettacoli non mi piace un gran che. Meglio un bel cinema con incidenti automobilistici e assalti di banditi e un po’ di spirito d’iniziativa, e senza tutti questi discorsi sconclusionati! E allora Carol capì che senza dubbio sarebbe stata sconfitta di nuovo. Stanca e abbattuta, non se la prendeva con loro, artisti e spettatori. Lei, lei sola era da biasimare per aver cercato di intagliare disegni e sculture nel solido ed onesto abete casalingo. — È la più umana delle mie sconfitte. Sono battuta dalla Via Principale. Devo andare avanti... Ma non posso! Non fu molto sollevata dai commenti dell’Intrepido. «... sarebbe impossibile fare una distinzione fra gli attori, dato che tutti dettero così bella prova di sé nella difficile esecuzione di questa celebre commedia di Nuova York. Guy Pollock non avrebbe potuto essere più a posto nella parte del vecchio milionario, per la sua fine interpretazione del burbero personaggio; la signora Juanita Haydock, la fanciulla venuta dal West per sventare i piani degli imbroglioni dì Nuova York, fu una visione di bellezza e di padronanza scenica. La signorina Vida Sherwin, la notissima insegnante della nostra Scuola Superiore piacque come signora Grimm, il dottor Gould era perfettamente a posto nella parte del giovane innamorato (attente, ragazze, ricordate che il dottore è scapolo! È fama che sia un vero campione, quando si tratta di tradizionali quattro salti in famiglia). Rita Simmons nel personaggio della stenografa era bella come un quadro e la signorina Ella Stowbody rivelò il lungo e intensivo studio del teatro e delle arti affini compiuto nelle scuole dell’East con la bella finitezza data alla propria parte. «... la maggior lode va rivolta alla signora Kennicott sulle cui abili spalle è caduto, tutto il peso della direzione ». « Così gentile », sospirò Carol, « così ben intenzionato, così cordiale... e così maledettamente falso! È stato il mio fallimento... e il loro! ». Cercò di ragionare. Spiegò elaboratamente a se stessa che era una follia isterica condannare Gopher Prairie perché non andava pazza per il teatro. Era utile come città di mercato per gli agricoltori: questa era la sua giustificazione. Con quanto coraggio, con quanta generosità faceva il suo lavoro, procacciando il pane al mondo, sostenendo i lavoratori della terra! Poi, all’angolo sotto l’ambulatorio dì suo marito, udì un agricoltore che concionava: — Già. Si sa che sono stato battuto. Lo spedizioniere e i droghieri di qui non ci volevano pagare un prezzo decente per le nostre patate» e sì che la gente in città le chiede urlando. Perciò abbiamo detto: bene, prendiamo un furgone e spediamole dritte dritte a Minneapolis. Ma i commercianti di lì erano in combutta con lo spedizioniere di qui; e hanno detto che non ci avrebbero sborsato nemmeno un centesimo di più di quello che ci dava lui senza neanche contare che erano più vicine al mercato. Va bene, allora abbiamo scoperto che potevamo ottenere un prezzo più alto a Chicago. Ci mettiamo in cerca dei vagoni merci per spedirle, e le ferrovie non ce li hanno voluti concedere, anche se avevano i binari pieni di vagoni vuoti. Ecco come vanno le cose: c’è un buon mercato, e queste cittadine c’impediscono dì arrivarci. Così funzionano sempre queste cittadine, Gus. Ci danno quello che vogliono per il nostro grano, e noi paghiamo per i nostri vestiti quello che vogliono loro. Stowbody e Dawson agguantano tutte le ipoteche che possono e ci mettono del fittavoli. L’Intrepido mentisce quando ci parla della Lega apolitica, gli avvocati ci dissanguano, i commercianti in macchinari detestano di farci credito negli anni cattivi, ma le loro figlie sfoggiano toelette nuove a tutte le stagioni e ci guardano dall’alto in basso come fossimo un mucchio di barboni. Giovanotto, io vorrei darle fuoco, a questa città! Kennicott osservò: — Ecco quel vecchio pazzo di Wes Brannigan che brontola. Perdinci, quanto gli piace di sentirsi parlare. Ma dovrebbero buttarlo fuori dalla città! Si sentiva vecchia e distaccata da tutto durante le cerimonie della Scuola Superiore, che a Gopher Prairie è la festa della gioventù; il discorso di diploma, la sfilata degli anziani, il ricevimento dei nuovi iscritti, il sermone pronunciato da un ecclesiastico di Iowa il quale asserì di credere nella virtù di essere virtuosi, e la processione del giorno della premiazione, quando i pochi veterani della Guerra Civile seguirono Champ Perry, col chepì arrugginito, lungo la polverosa strada primaverile, fino al cimitero. Incontrò Guy: si accorse che non aveva nulla da dirgli. Il capo le doleva ed era tutta stordita. Quando Kennicott osservò, soddisfatto: — Ci divertiremo un mondo, quest’estate; andremo al lago più presto e porteremo vestiti da strapazzo e faremo una vita primitiva, — gli sorrise a fatica. Nel caldo soffocante della prateria si trascinava per vìe che non cambiavano mai, parlava di nulla con gente insipida e pensava che non avrebbe mai potuto evadere da lì. Trasalì accorgendosi d’aver usato il verbo « evadere. ». Poi, per tre anni che trascorsero come un breve paragrafo, non si interessò più di niente, tranne che dei Bjornstam e del suo bambino.
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