Zero
«Ti giuro che il mio tema valeva almeno un sette e mezzo!»
All'ennesima lamentela di Margherita decido che è l'ora di smettere di prestarle attenzione, ed estraggo il cellulare dalla tasca per fare qualche livello di Candy Crush mentre gli altri continuano a fingere di ascoltarla.
Quest'anno i professori hanno avuto la geniale idea di cominciare a pubblicare i voti dei compiti sul sito della scuola prima di restituirli, così ogni Santa volta dobbiamo sorbirci le lamentele della nostra amica prima dell'ingresso.
«E tu Didi? Quanto hai preso?»
«Mh?»
Alzo lo sguardo, troppo concentrata sulla mia partita per seguire il filo del discorso.
«Il tema. Quanto ti hanno dato?»
«Non ho ancora controllato»
Mento, alzando le spalle con noncuranza, non volendo dire alla mia amica del mio dignitosissimo 8- che genererebbe troppa invidia.
Lei mi dedica una smorfia annoiata, per poi tornare a parlare ad alta voce gesticolando il più possibile per far sì che tutti notino la sua manicure appena fatta.
Accanto a lei c'è Marco, uno stangone di un metro e novanta con i capelli biondi che arrivano fino alle spalle e scarpe sempre firmate.
Poi Erika, caschetto nero perfetto e una collezione di borse che fa girare la testa;
Infine c'è Daniele, sfoggiare macchine di lusso e addominali è la cosa che gli riesce meglio.
E io cosa ci faccio in mezzo a loro? Suppongo di avere una grande casa che è sempre vuota, il che equivale a fare di me il membro essenziale.
In realtà sono dei buoni amici, e in più per sopravvivere in questa scuola devi per forza avere un gruppo fisso.
Oltre a noi ci sono i secchioni, i nerd, quelli della squadra di calcio e...
«Oh Dio, i fricchettoni»
Sbuffa Erika, tirando fuori la lingua e avvicinando due dita ad essa mimando di vomitare.
Mi giro nella direzione in cui sta guardando e li vedo entrare dall'ingresso principale.
In realtà fricchettoni è solo un modo più dispregiativo per dire anticonformisti, forse un po' stravaganti.
Fanno passi lunghi e camminano a testa alta, ridendo tra di loro ed alzando la voce anche nei momenti in cui non è necessario, attirare l'attenzione è il loro hobby preferito.
Usano vestiti eccentrici, provocatori, infrangono il codice d'abbigliamento della scuola da così tanto tempo che ormai neanche i professori gli dicono più nulla.
Portano calze a rete, maglie trasparenti e trucco sul viso.
Qualcuno li definirebbe iconici, ma di certo non io.
Il nostro gruppo li odia da sempre perché si ritengono migliori di noi, mentre noi ci riteniamo migliori di tutti gli altri.
Sono solo in cinque ma quando passano la gente si gira a guardarli come se fossero in mille.
Una ragazza bionda con il pearcing alla narice, un ragazzo dai capelli lunghi fino alla schiena ed un altro con le occhiaie che arrivano fino alle guance scavate.
E poi beh, poi c'è Damiano.
Penso sia il loro leader, anche se è difficile da capire. Cammina sempre davanti a tutti con una sigaretta tra le labbra, mettendo in mostra il naso importante e gli zigomi pronunciati.
Matita sotto agli occhi, capelli mossi tagliati appena sotto l'orecchio e sguardo che fa cadere ai suoi piedi qualsiasi ragazza gli passi davanti.
Tranne noi, ovviamente, per noi è un no categorico.
Ha soffiato la ragazza a Marco durante il terzo anno, e se già ci odiavamo a pelle da quel momento in poi è iniziata una vera e propria guerra.
Li guardiamo con aria disgustata e superiore mentre attraversano il cortile a grandi passi, avviandosi verso una parte dello spiazzo che è come se tenesse la loro firma.
Di solito arrivati lì si girano una canna da dividere in quattro per sopportare le seguenti cinque ore di lezione, anche se sono più le volte che le saltano che quelle in cui partecipano.
Quando ci passano affianco Damiano si gira a guardarci, per poi sfoggiare un sorriso a trentadue denti ed alzare il dito medio.
Arriccio le labbra indispettita dalla sua sfrontatezza, distogliendo lo sguardo da lui e dai suoi amici per evitare di irritarmi più del dovuto.
«'A sfigati 'nce riuscite a fà na mattina senza drogavve?»
Gli urla Daniele, e in tutta risposta il ragazzo che sembra un rockettaro ride a bocca larga.
«A tu' madre piace sto drogato però»
Ribatte infatti, passandosi la lingua sui denti, per poi fare l'occhiolino e voltarsi senza essere minimamente toccato dalle parole del mio amico.
Margherita alza gli occhi al cielo, stringendosi la sua Louis Vuitton alla spalla, per poi far cenno col capo verso la scuola invitandoci ad entrare.
«Quando la smetteremo di dare spazio a quei buffoni?»
Si lamenta, varcando l'entrata e avviandosi verso il suo armadietto decorato secondo gli standard più stereotipati possibili del gusto femminile.
Le vorrei dire che la mascolinità tossica dei nostri amici farà sì che vadano avanti a provocarli per sempre nel tentativo di imporsi come Alpha della scuola, ma non lo faccio. Non è da me.
«Se le cercano, se stessero al loro posto come gli altri per noi neanche esisterebbero»
Risponde Erika, scuotendo le spalle ed appoggiando la schiena magra al muro perfettamente verniciato di fianco a noi.
Qualche volta quando dice queste cose vorrei chiederle quale sia il "loro posto" e perché mai nella sua testa dovrebbe trovarsi più in basso del nostro.
Se mi importasse solo un po' di più magari allora glielo chiederei anche, ma in questo caso non ne vale la pena.
In realtà neanche a me quei ragazzi vanno a genio, anzi direi che non mi piacciono proprio, con quel loro fare losco e le manie di protagonismo.
«Se smetteste di dargli attenzioni non li noteremmo neanche più»
Commento, prendendo il mio libro di latino dall'armadietto e cominciando a dirigermi con gli altri verso le aule.
«Non riusciamo tutti a farci scorrere le cose addosso come te, Didi»
Mi risponde Marco, sorridendo, per poi avvolgermi con dolcezza un braccio attorno alle spalle.
Svicolo via dal contatto con lui velocemente, fulminandolo con lo sguardo perché dopo quattro anni che usciamo insieme i miei amici non sembrano ancora aver capito che odio essere toccata.