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986 Words
4Quando Antonia è morta la prima cosa che ho pensato è stata che Paolino sarebbe rimasto per sempre con me. Nessuno nel futuro avrebbe avanzato pretese. Per un attimo mi sono sentita felice e come liberata da un peso. Questo pensiero mi ha sconvolta. Il rumore della mareggiata aveva l’andamento di una partitura musicale in cui predominavano le percussioni. Il giudice Gianni Baldacci sorrise al paragone e per alcuni istanti non fece altro se non ascoltare l’assalto delle onde sugli scogli. Arrivavano ad intervalli regolari, annunciati dal sordo rotolare dei sassi sulla battigia. Un rumore per certi versi rassicurante, che Baldacci associava alla sua infanzia a Quercianella. Si versò un altro bicchiere di whisky e si accarezzò la barba cortissima. Solo un cenno, ma bastava per togliergli quell’espressione da ragazzone che lui si portava appresso come una maledizione. Dov’è l’inghippo?, pensò fissando le foto scattate dalla Scientifica il sette di giugno. Aveva sistemato le polaroid come fossero le carte di un solitario. Un solitario macabro, comunque, fatto di dettagli raccapriccianti: corpi oscenamente scomposti, schizzi di sangue, occhi sbarrati. Vagamente stupiti, come nel caso di Antonia Rossetti. Una bella donna, forse troppo magra. Anche Nadia Fuseri era magrissima, quasi anoressica. La sventagliata del mitra le aveva troncato la testa. Cosa era realmente accaduto quella mattina? Baldacci sospirò e rilesse i suoi appunti. Piero Macconi era caduto a mezzo metro dal letto. Tra le mani stringeva ancora una torcia nera, piccola e tozza, che forse con un po’ di fantasia e in considerazione della scarsa luce presente nella stanza, poteva sembrare a qualche ingenuo agente una mitraglia, ma non di certo agli uomini di Colasanti. Antonia Rossetti probabilmente non aveva fatto in tempo a capire cosa stesse accadendo; la violenza rabbiosa del mitra l’aveva scagliata contro la parete dove il sangue versato aveva disegnato una lunga, spessa, scia scura. Il Cerreto aveva tentato di scappare dalla finestra: il suo corpo giaceva sul cordolo che circondava la casa, proteso verso il giardino e forse la salvezza. Tutti i colpi l’avevano raggiunto alla schiena. Il corpo di Nadia Fuseri, infine, presentava una ferita alla spalla sinistra che, secondo il rapporto del medico legale, doveva risalire ad alcuni giorni prima della morte. Sembrava inoltre che la Fuseri si fosse fatta medicare da qualche inesperto, poiché la sutura era molto approssimativa. Il referto autoptico evidenziava anche un inizio di infezione nonostante le dosi massicce di antibiotico rinvenute nel sangue della donna. Nella stanza dove dormivano Nadia Fuseri e Fabio Cerreto era stata ritrovata una borsa contenente quattro Berette calibro 9. Ma né la Fuseri, né il Cerreto avevano fatto in tempo a servirsene. Nella borsa non c’era nessuna impronta utile, tranne una visibilissima della Fuseri. Baldacci era propenso a credere che qualcuno avesse pulito a fondo quella che era, per ora, l’unica prova che collegava i brigatisti della Crocetta al giudice Dellepiane. L’irruzione della squadra speciale era avvenuta alle cinque del mattino ma solo nel primo pomeriggio del giorno dopo, esattamente alle tredici e dieci, Baldacci era riuscito ad entrare nel covo. Con il giudice c’era la Scientifica, un commissario della squadra politica e un maresciallo dell’Arma. Salvo il maresciallo che conosceva personalmente Colasanti, tutti gli altri si erano aggirati per quelle stanze con un senso di fatalità e ineluttabilità, come se si fossero trovati impotenti e impreparati di fronte alla brutalità dell’evidenza. – Sono queste ore di vuoto a preoccuparmi, colonnello – disse Baldacci a Colasanti. Le sue mani presero a tamburellare sulla cartelletta gialla con impazienza. Colasanti lo guardò storto. – Non riesco a capire le sue preoccupazioni – sbuffò infine. – È una prassi abbastanza normale quella che ho seguito. Ha avuto pressioni dalle famiglie? Qualcuno reclama la mia testa? – Nessuno vuole la sua testa, colonnello, né io né tantomeno le famiglie di quei disgraziati. – E allora? – E allora è una vicenda piena di buchi neri, se proprio vuole saperlo. Una vicenda sporca, se mi è consentito. – Ho fatto solo il mio dovere. – Già! Forse poteva farlo diversamente, le pare? Forse poteva garantire a quei disgraziati un regolare processo. Tutto qui. – Quei disgraziati, come lei li chiama, hanno ammazzato Dellepiane. Un suo collega, se non sbaglio. Baldacci fece un gesto vago con la mano. – Non è questo il punto, colonnello. – Voi giudici siete dei rompicoglioni! – Colasanti fissò Baldacci con un mezzo sorriso. – Sa forse qualcosa che io non so? Anche Baldacci sorrise. – Ma no, solo supposizioni. – E perché non me ne parla invece di tenersi tutto per sé? – Devo farmi un quadro preciso della situazione, poi si vedrà. Colasanti sbuffò nuovamente. Giuseppe Lombino andò ufficialmente alla Crocetta quattro giorni dopo l’uccisione di Antonia. Era con una delegazione di giornalisti del nord ovest e con tre appuntati dell’Arma che continuavano a ripetere “Non toccate niente, state lontani dai muri...”. Né Colasanti né Grande erano presenti; con tutta probabilità consideravano quella ricognizione inutile e dannosa. La casa non era assolutamente come Giuseppe se l’era immaginata: non c’erano stanze prive di mobili, arredi raffazzonati, e quel disordine tipico di chi ha altro a cui pensare. Era una bella casa, con mobili chiari e semplici, una cucina piena di oggetti e una biblioteca di tutto rispetto. Alcune stanze erano chiuse con i sigilli e Giuseppe pensò che fossero quelle in cui si era consumata la tragedia. Due di queste avevano la porta crivellata di pallottole e lui distolse lo sguardo sentendosi un intruso. Del resto Antonia è sempre stata molto indipendente. Quando abitava ancora con noi, prima di trasferirsi a Milano per intenderci, non c’erano mai orari. Andava e veniva a suo piacimento, senza nemmeno prendersi la briga di telefonare. “Niente nuove, buone nuove” diceva Margherita che, come tutti i campagnoli, amava parlare per proverbi e frasi fatte. Una estate, avrà avuto sedici anni, è stata via per tre mesi. Ha girato tutta l’Europa con il suo zaino e centomila lire. E poi è comparsa all’improvviso una sera di ottobre, insieme ad un certo Hans che aveva conosciuto a Berlino. Hans è stato con noi un po’ di giorni e poi se ne è andato e di lui non abbiamo saputo più nulla.
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