0000 BURNOUT
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Mi chiamo Tad Lonnerman e sono un millennial.
In questi giorni sembra una scusa, ma non lo è. Odio quel termine e tutto il peso che comporta. I problemi sono problemi e li abbiamo tutti. Un padre che non abbiamo mai conosciuto. Una madre che ricorda a malapena il suo nome. Un debito a quattro zeri.
Quel giorno compievo venticinque anni. Condividevo un appartamento con mio fratello minore, Derek, perché era tutto ciò che mi rimaneva. Perciò non venitemi a dire che ero un ragazzino lamentoso e viziato.
L’unico problema che non avevo era il lavoro. Ero un programmatore associato nel settore dei videogiochi. Ero andato controtendenza sulla faccenda della disoccupazione, non è vero? Era un lavoro da sogno e da due anni restavo a galla, concentrandomi solo su ciò che facevo e sostenendo me e Derek.
E stava funzionando. Portland: la splendida costa nord-occidentale del Pacifico. Lì tutto andava per il meglio, nonostante la pioggia. Uno stipendio solido. Una carriera stimolante. Finalmente ce l’avevo fatta.
Allora perché era tutto così insignificante?
Eccomi lì, il giorno del mio compleanno, bloccato nel traffico nell’ora di punta, in una tempesta di neve. La pioggia la potevo affrontare. Portland è una bella città, ma ogni collina e autostrada attraversano infiniti colli di bottiglia. La neve blocca ogni cosa. Mi dava un sacco di tempo per meditare sui miei venticinque anni.
La mia conclusione? Che traguardo di merda. A sedici anni ti metti al volante. A diciotto diventi adulto. A ventuno arriva il momento delle feste. E ora cosa avevo ottenuto?
Una franchigia più bassa per l’assicurazione auto. State attente, signore.
Già. Venticinque anni. Avrebbero potuto benissimo essere trenta. Uccidetemi ora.
È ironico come le situazioni di vita più dure accadano nei compleanni. Per dirla tutta, non erano solo il tempo e l’angoscia esistenziale. La mia piccola azienda di videogiochi era stata acquisita qualche tempo prima da un mega-conglomerato senz’anima chiamato Kablammy Games. A loro non importava delle meccaniche di gioco o del design, si preoccupavano della monetizzazione e del data mining. E di fare sequel infiniti e cloni. E di mettere alla prova le buone idee fino a quando non rimanevano soltanto avanzi ripuliti alla perfezione.
La Kablammy aveva così tanti rami e divisioni che era impossibile ottenere qualunque cosa. Due anni a dare il meglio per farmi un nome e improvvisamente mi trovavo perso in un mare di dirigenti e richieste di moduli. E non cominciamo neanche a parlare della quantità di riunioni obbligatorie. Quel giorno ero già in ritardo per uno di quei meeting inutili. Probabilmente avremmo messo a punto strategie per aumentare le spese dei giocatori per contenuti di gioco normali. Ci dispiace, la principessa è in un altro castello: per favore, sborsa $ 9,99 per accedervi.
Sbuffai e inserii la freccia. Desideroso di uscire dal traffico, svoltai in una strada laterale vuota che si inerpicava su una collina. Non preoccupatevi, il mio odio per la neve non mi aveva lasciato impreparato. Avevo catene adeguate montate sugli pneumatici per combattere la mia nemesi. Con il peso assoluto del mondo a gravare sulla mia mente, la mia auto compatta scalò gradatamente la strada ghiacciata.
* * *
Morire non è come in quei film di Final Destination. Una faccenda sanguinosa, sicuro. Inspiegabile, certo. Ma non è questione di destino. Non esiste una serie di eventi che collude per ucciderti.
La morte non è neanche una cosa nobile come in tutte le storie che escono da Hollywood. Non è un sacrificio significativo che cambia per sempre il resto del mondo.
La morte è un fottuto camion con rimorchio della Pepsi che percorre una strada ghiacciata e sterza dritto sulla tua Nissan Altima.
Questo è tutto. Senza senso. Senza scopo.
È casuale.
Suonai il clacson ma il mezzo era fuori controllo. L’idiota non aveva nemmeno le catene sulle gomme. Provai a evitarlo ma semplicemente non c’era nessun posto dove andare e il mezzo era determinato a monopolizzare entrambe le corsie di quella strada stretta.
Mentre il camion Pepsi scivolava inevitabilmente più vicino, tutto ciò a cui riuscivo a pensare era se l’assicurazione avrebbe tenuto conto della riduzione per i miei venticinque anni.