V
Il fumo del sigaro riempiva la stanza di un sentore acre e penetrante. Le sue dita tamburellavano su quel documento trascritto e validato. Poche righe avevano sancito il destino di un’ignara creatura e lui ne era l’artefice principale.
«Lo so che ti sto chiedendo molto, ma tu la conosci Anna, è una donna meravigliosa e sarebbe una madre perfetta per Elia. Dopo tutto quello che ha passato se la merita un po’ di felicità ed Elia in cambio riceverebbe solo amore incondizionato. Elia è arrivato a me e non posso credere che sia solo una coincidenza».
Non era stata la preghiera di suor Chiara a convincerlo, ma il suo amore mai sopito per Anna. Lei era stata il suo primo bacio, la sua prima scoperta, il suo unico rimpianto. Non era pronto a diventare padre, aveva altri obiettivi quando Anna glielo chiese e così le loro strade si divisero. Ma Tito non aveva mai smesso di pensare a lei, alla sua imprevedibile vivacità, alla sua bellezza gentile ed armoniosa, alla sua nobile e forte presenza di spirito. La seguiva a distanza, era il suo amico di sventure, il suo fazzoletto ricamato, il suo antidolorifico naturale. Aveva accolto le sue lacrime prima di gioia poi di dolore, quando dopo anni di tentativi e delusioni era rimasta incinta e aveva perso il bambino. Aveva sofferto con lei e per lei, ma non le aveva mai confessato il suo vero sentimento. Si era fatto da parte quando Anna aveva conosciuto Livio. Era l’uomo giusto per lei, premuroso, attento, complice, e soprattutto Anna ne era innamorata.
Così aveva fatto quello che riteneva legittimo e cioè donarle quello che le aveva negato tempo addietro, la felicità di essere madre.
«Dottore, Anna è qui».
«Grazie Iris, falla entrare».