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Il ritmo perfetto

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Prendi un uomo che ottiene sempre ciò che vuole, una donna che ha imparato a non desiderare, una madre e dei fratelli pazzi… E oh, sì, aggiungi una puzzola solo per rendere le cose interessanti e potresti avere “Il ritmo perfetto!

CC

Gray Lucas è tutto ciò che odio in uomo. Arrogante, ricco, privilegiato e playboy. È un’atleta professionista e le sue imprese sono leggendarie… Una sono io.

Abbiamo avuto l’avventura di una notte ed è stato selvaggio, passionale, eccitante e un grosso errore. O forse no.

Perché più tempo trascorro con lui e la sua pazza famiglia, più voglio che rimanga…

Ma gli uomini non restano… Vero?

Gray

Nel momento in cui ho rivisto Claudia Cooper, le altre donne hanno smesso di esistere. È irriverente, coraggiosa e bellissima. È perfetta.

Sono l’uomo per lei, l’unico uomo per lei. Lei, però, ancora non lo sa.

Amale e lasciale. Questa è la mia reputazione; con le donne gioco duro, veloce e sporco.

Ciò che CC non sa ancora è che con lei non sto giocando. La sto rivendicando.

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1 CC Il problema di vivere in un paesino è che tutti conoscono tutti. Io vivo qui da sempre. Non è stato bello, ma non è stato brutto. Non avevamo molto, eravamo solo io e Banger. Banger era mio padre. Be’, più o meno. In effetti era il vecchio con cui la mia donatrice di utero conviveva. Lei era scappata con un venditore ambulante di aspirapolvere quando avevo sette anni, e da allora c’eravamo stati solo io e Banger. Sì, so che la mia vita è stata un cliché. Lo accetto. Banger era stato un prigioniero di guerra. Era una montagna d’uomo, grosso, barbuto e ringhiante, che non mi ha mai fatta sentire indesiderata. Non sapeva molto sull’avere dei figli, meno che mai figlie, ma ce la siamo cavata. A dieci anni ero in grado di cambiare l’olio, invertire gli pneumatici e ricostruire un carburatore. A quindici sapevo rimontare un motore. Ero una maestra delle trasmissioni a sedici anni. Banger diceva che avevo un talento naturale, ma in realtà volevo solo renderlo fiero di me. Possedeva l’unica autofficina del paese e volevo essere certa di aiutarlo quanto più potevo. Scoprì di avere il cancro il giorno del mio diciassettesimo compleanno. Ci ubriacammo assieme. Banger era tante cose, ma non era uno che si preoccupava della legalità o delle regole della società. Forse è una delle cose che più amavo di lui. Morì l’estate in cui compii diciannove anni e in qualche modo mi ritrovai a farmi carico dell’officina. Ora, a ventisei anni, la gente di Crossville, Kentucky, mi conosce piuttosto bene. Hanno imparato a fidarsi del mio lavoro, e l’officina Claude è sempre impegnata. È così che mi chiamo, a proposito. Claudia Cooper. Banger mi ha sempre chiamata Claude e il nome mi è rimasto addosso. Se mai mi ha infastidita, ormai ho imparato ad accettarlo. Ho scoperto che dalla vita bisogna prendere quello che ti dà. Le cose potrebbero sempre andare peggio. Ma torniamo al perché sono a Lexington stanotte. Lexington è forse la città più vicina a Crossville. Mi ci vogliono almeno tre ore di auto per arrivarci. Ci vengo solo ogni tanto, e per una ragione precisa: se non fuggissi da Crossville di tanto in tanto, probabilmente finirei per diventare uno di quei casi di follia di cui si parla al telegiornale delle diciotto. In effetti sto rendendo un servizio al pubblico. La gente dovrebbe essermi grata. «Pronta a una ricarica, bellezza?». Sorrido al barista, che è in effetti l'unica ragione per cui sono rimasta in questo locale. Non è il mio genere. Sono più tipa da bar dei motociclisti, come quello circa tre traverse più avanti. Tuttavia, uno dei miei clienti mi ha consigliato questo posto perché fanno musica dal vivo il sabato sera, perciò mi sono detta “al diavolo”. Dopo dieci minuti che ero entrata, quando la band ha iniziato a cantare un pezzo dei Black-Eyed Peas che ricordavo a stento, ho capito di essere nei guai. È stato allora che Mr Spilungone mi ha sorriso: jeans sbiaditi e strappati, T-shirt nera e capelli ricci color sabbia scura. Mi ha portato da bere e sono rimasta qui. Certo, mi ha portato da bere perché è il barista, ma continua a guardarmi le tette. Penso sia piuttosto chiaro quello che sta succedendo. «Spara», gli dico, rivolgendogli un sorriso spontaneo. Spontaneo perché dopo un bicchiere di whisky seguito da uno di whisky e coca sono piuttosto rilassata… al punto che, dopo quest'altro bicchiere, sono sicura che il mio culo si troverà un albergo in cui dormire per stanotte. Magari riesco a convincere il barman a venire con me. Non giudicatemi. L'ultima volta che ho fatto sesso, ne sono piuttosto sicura, è stata due presidenti fa. Se volete fare i conti, parliamo di sei anni. Sei anni. Le donne possono dire quello che vogliono dei vibratori, ma quegli affari non potranno mai in nessun caso prendere il posto del sesso vero. E questo ragazzo che continua a sorridermi dà proprio l'idea di saperne qualcosa di sesso vero. «Diavolo, piccolo. Hai da fare stasera…», esordisce una voce profonda davanti a me. Quando alzo lo sguardo, c'è un altro uomo che sembra essere appena uscito dalle pagine della rivista Sexiest Man Alive e che sta parlando, purtroppo, al barista su cui avevo messo gli occhi. Si scambiano un bacio breve, ma intenso. Piango un po' dentro di me, abbandonando il mio sogno di passare la notte con lui, e torno al mio bicchiere. Quel vecchio detto sul fatto che tutti i migliori siano sposati o gay è terribilmente vero. Deve essere per questo che io sono ancora single e il mio amico Raymond ha uno splendido ragazzo a casa. «Posso offrirtene un altro, labbra di zucchero?». Labbra di zucchero? «Direi di no», rispondo, alzando a stento lo sguardo. Non importa che aspetto abbia: essere chiamata labbra di zucchero è sufficiente a spegnere il mio interesse in partenza. «Uno scotch per me e un altro di… qualunque cosa stia bevendo, per la signora». «La signora sta bene così. Insistente, eh?». «A volte paga esserlo», mi dice, e infine la sua inflessione da campagnolo e la sensazione da "oh, che bravo ragazzo" mi fanno alzare gli occhi. È alto e robusto, con capelli castani tagliati cortissimi, una barba da cinque del pomeriggio, scura abbastanza da essere quasi le sei, occhi castani e un volto che sembra essere stato scolpito nella roccia. Un dio, forse. È talmente carino. Anche se accende ogni parte femminile di me, il suo bell'aspetto è un deterrente. Sono uscita con un ragazzo perfetto in passato. L'unica cosa a esserlo davvero però era il suo riflesso nello specchio. Non voglio ripercorrere quella strada… mai più. «Ero proprio sul punto di andarmene», gli dico, e non è una vera bugia. «Resta ancora un po'. Sei la prima cosa che vedo stasera a darmi una ragione per essere in questa città. Come ti chiami?». «Be', sicuramente non “labbra di zucchero”», gli dico, prendendo il bicchiere che il barista dei miei sogni, per quanto gay e impegnato, poggia sul bancone. Il tipo sorride al mio commento e si siede accanto a me, poi si sporge nella mia direzione come se fossimo amanti separati da tempo. Cerco di ignorare il suo odore, ma lo trovo alquanto impossibile. Ha addosso una colonia che non ho mai sentito. Deve alimentare ogni mio singolo feromone perché, unita al suo rude odore maschile, sta rendendo una donna come me ubriaca… ed eccitata. Pericolo. È senza dubbio pericoloso. Potrà anche andarmi un po’ di divertimento, ma questo tipo sembra urlare “playboy”… e playboy ricco, oltretutto. Il barman è molto più il mio tipo. Non che io sia una snob. Tutto il contrario, direi. Anzi, trovo che la gente ricca sia davvero insopportabile. «Però scommetto che le tue labbra sono dolci, bellezza». Insopportabile… anche se i tipi come lui sono carini quando cercano di portarti a letto. Mi appoggio a lui facendo un sorriso, poi mi passo abbondantemente la lingua sulle labbra. «È qualcosa che non scoprirai mai», sussurro, e bevo un altro sorso dal mio bicchiere. Lui si blocca per un istante, come se la mia risposta lo avesse sconvolto, poi mi rivolge un ampio sorriso che gli fa perfino brillare gli occhi castani. Cazzo. «Mi sono sempre piaciute le sfide», dice, e percepisco l’eccitazione vibrare dentro di me. Sento gli allarmi e i campanelli di pericolo che suonano… ma non sembro in grado di smettere di guardarlo negli occhi. Ho già detto… cazzo?

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