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574 Words
3 CC Probabilmente dovrei farmi esaminare il cervello. Non posso neanche dare del tutto la colpa al non essere stata con nessuno per un’eternità. No, credo sia follia pura quella che mi sta facendo andare a ballare con questo tipo. «Mi è consentito sapere il tuo nome?», gli domando per distrarmi, perché quando mi stringe tra le braccia e mi tira a sé, sento di nuovo quella scossa elettrica attraversarmi. Lo guardo negli occhi e vedo un bagliore. Esita, poi infine risponde: «Gray». «Gray? Come il colore?», gli chiedo. Fa una strana espressione prima di sorridere di nuovo. «Non ti piace? Io credo che suonerà benissimo quando lo urlerai stanotte mentre ti s…». «Eviterei di finire la frase se vuoi una pur minima possibilità di avere fortuna stanotte, Gray». «Allora ammetti che c’è una possibilità?». «Sta diventando sempre più piccola». «Ci posso lavorare», dice lui, mentre sono impegnata a ignorare il suo odore. È buono. Non è solo la colonia, c’è dell’altro, qualcosa di profondamente maschile che mi fa vibrare dentro. Forse mi lascerò andare e metterò fine al mio periodo di siccità. È solo per una notte, no? Non importa che sia troppo perfetto. Non significa che sto ripetendo la storia. Non dovrò più rivederlo. «Sei diventata silenziosa», mi sussurra mentre ondeggiamo al ritmo della musica. «Stavo ascoltando la musica», mento. «Ti chiami davvero Gray?». «È così strano?». «Non penso di averne mai conosciuto uno, perciò sì. Anche se il mio vecchio si chiamava Banger, perciò…». «Mi prendi per il culo? Banger?». «Credo fosse il suo nome di strada, ma, se ne aveva un altro, l’aveva cambiato da anni». «Credo che mi piaccia». «Era un grand’uomo», ammetto con un sorriso, sentendo la familiare fitta di tristezza al ricordo di ciò che ho perso. «Che è successo?». «Cancro», sussurro. Odio quella maledetta parola. «Mi dispiace, dolcezza». È quello che dicono tutti, e mi infastidisce esattamente come quando lo dice questo tipo. È finto. Potrà anche dispiacergli, ma non capiscono davvero. In pochi lo fanno. «Allora… il nome?», lo sollecito. «Mia madre pensava che sarebbe stato forte chiamare i suoi figli come dei colori». «Colori?». «Mhm-mhm. Così io sono Gray, diminutivo di Grayson». «Be’, ehi, è un bel nome. Molto meglio di… Green?». «Quello è mio fratello». Mi allontano da lui per guardarlo in faccia. «Stai mentendo». «Neanche un pochino. Ho cinque fratelli e ognuno ha il nome di un diverso colore». «Non è possibile, non ci sono sei colori che possano…». «Gray, Green, Black, Blue, White e Cyan». Credo che mi si spalanchi la bocca. Non riesco a impedirlo, mentre assimilo il fatto che là fuori ci siano cinque uomini con nomi come quelli. Quando mi rendo conto che mi sta guardando, gli sorrido e gli do una piccola pacca sulla spalla, come se stessi tentando di consolarlo. «Be’, ehi, almeno ti è toccato il migliore dei nomi». «Non mi sentirai obiettare. Specie parlando di Black e Blue. Sono gemelli, per inciso». Scoppio a ridere e non riesco a fermarmi. «Oh, mio Dio, te lo stai per forza inventando». «Temo di no. Perciò, capisci, ho bisogno che mi aiuti». «Aiutarti?». «Per come la vedo io, se dici abbastanza a lungo il mio nome col tuo splendido accento del sud, imparerò ad amarlo. Cavolo, varrà la pena di essere stato definito un membro della Banda dei Pastelli». Rido prima di riuscire a impedirmelo. «La Banda dei Pastelli? Ahia». «Va tutto bene. Mi è andata meglio che ai miei fratelli». «Sempre dal punto di vista del nome, intendi?». «Be’, per quello e per il fatto che il mio pastello è uno di quelli lunghi e grossi che…». «Oh, buon Dio…». Stavolta ride. È davvero una bella risata. Una risata che abbatte ogni resistenza… non che ce ne fosse tanta da parte mia già prima. «Io sono CC», gli dico mentre torno nella sua presa. «CC?». «Già. Casomai, sai, volessi urlarlo parecchio stanotte». Il suo sorriso si allarga. «Mi assicurerò di farlo. Spesso». Addio siccità… e a mai più rivederci.
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