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1274 Words
3«Sono in ritardo. Hai visto le chiavi del lucchetto, per ca­so?» «Sono nel vuota tasche sul comò d’ingresso. Ma alla fine che hai deciso?» «Te lo dico a cena. Ciao. Baci.» Anna prese le chiavi di casa e uscì per andare a prendere la bici da corsa parcheggiata nel cortile condominiale. Se c’era una cosa che amava di quella città, era la possibilità di poterla attraversare in bicicletta, percorrendo tutte le piste ciclabili che si snodavano lungo ii viali principali. Da quando aveva iniziato a lavorare al negozio di filiera corta, si recava sul posto sempre in bici, anche quando fuori pioveva: le piaceva un sacco e la faceva sentire molto Jennifer Biel in Flashdance. La bicicletta era la stessa che negli anni addietro aveva utilizzato la domeni­ca per andare a fare un po’ di allenamento con suo padre. Poi lui era morto e lei non si era più sentita di affrontare tutti quei chilometri da sola: per continuare a fare un po’ di attività spor­tiva aveva pigramente optato per un corso di pilates nella pale­stra sotto casa e per un po’ di jogging durante il fine settimana. Anna montò in sella e cominciò a pedalare veloce: il cuore le batteva forte per lo sforzo e per l’emozione che non riusciva più a contenere. «Buongiorno a tutti e Buon Anno!» disse, entrando in ne­gozio «Ciao Anna. Buon Anno!» le risposero Roberto e Silvia. Roberto e Silvia erano i suoi colleghi. Un po’ più giovani di lei, erano entrambi già sposati con figli. Un ciao morbido e avvolgente la sorprese da dietro all’altezza dell’orecchio. Anna si girò di scatto. «Giorgio, sei tu… Mi hai spaventata…» disse, abbassando lo sguardo a terra. «Davvero? Non mi sembri spaventata. Mi sembri più imba­razzata, se devo essere sincero…» Ecco che ricomincia, pensò lei «Hai qualcosa da dirmi, giusto? Vieni, andiamo in ufficio.» Anna lo seguì sul retro del negozio, dove si trovavano l’amministrazione, gli spogliatoi e i servizi igienici. «Allora? Che hai deciso?» le chiese Giorgio mentre le fa­ceva segno di accomodarsi. Anna si sedette di fronte a lui, dal lato opposto della scriva­nia. Strinse i braccioli con le mani e fece un respiro profondo. «Ho deciso di accettare il posto» disse tutto d’un fiato. «Brava Anna! Sono proprio contento. Vedrai che saremo una bella squadra tutti insieme. Ho molta fiducia in te.» «Grazie» rispose lei. «Chiamo subito il commercialista per farti preparare il con­tratto. Tu, intanto, vai di là a dare una mano agli altri.» «Ok.» Era cominciata così una nuova fase della sua vita. Ed era una fase più regolare rispetto a quella precedente: il lavoro la impegnava tutti i giorni dal lunedì al sabato, con una mezza giornata libera a settimana e una pausa pranzo di un’ora. Era­no finiti i viaggi in auto e in treno, e i fine settimana tra­scorsi nei centri commerciali: adesso tutto aveva un ritmo or­dinato e questo ritmo cominciava a piacerle. «Mi sembri piuttosto serena, negli ultimi tempi» le disse sua madre una domenica mattina mentre facevano colazione e sfogliavano i giornali. Erano trascorsi già sei mesi da quando Anna aveva iniziato a lavorare alla filiera corta. «Sì, è vero. Lo sono. In questo momento mi piace la caden­za regolare che sta prendendo la mia vita. Spero che non mi venga a noia troppo in fretta.» «Speriamo. Senti… e con Giorgio come va? Ti è sempre così indigesto?» «Così. Insomma… mi sto lentamente abituando al suo at­teggiamento da piacione navigato.» La verità era che Giorgio si era rivelato invece una piacevo­lissima sorpresa: una volta superata l’antipatia per i suoi modi di fare, Anna si era resa conto che Giorgio era una persona estremamente competente nel suo lavoro. Preciso, attento, sempre vigile, sempre presente, Giorgio non lasciava nulla al caso. Conosceva di persona tutti i fornitori e trattava diretta­mente con loro gli ordini e i prezzi. Sapeva esattamente quali merci erano presenti in magazzino e quali no. Sapeva cosa or­dinare, quanto e come. Insomma era bravo. Bravo davvero. In quei mesi, in realtà, Anna e Giorgio non avevano avuto modo di conoscersi, se non in modo molto superficiale: le loro conversazioni si erano sempre limitate a sole questioni di lavo­ro e non avevano mai toccato la sfera del privato o del persona­le. Le poche informazioni che aveva su di lui le aveva carpite durante le chiacchierate in pausa pranzo con gli altri ragazzi. Sapeva che era sposato, che aveva due figli, un maschio e una femmina, ed entrambi i genitori ancora in vita. Aveva anche intuito che si era sposato abbastanza giovane, visto che i figli frequentavano entrambi le scuole medie e che Giorgio aveva solo trentasei anni: Giorgio era un anno più grande di lei. Il loro rapporto cominciò a cambiare una domenica pome­riggio durante la quale ebbero modo di stare a contatto da soli per la prima volta. Nella settimana antecedente, Anna aveva manifestato a Giorgio una sua idea per una nuova disposizione della merce negli scaffali: secondo lei l’attuale era un po’ cao­tica e poco attraente per la clientela. Due anni prima, durante una vacanza a Londra, aveva visitato il supermarket biologico che si trovava vicino al suo albergo e ne era rimasta molto col­pita: era un trionfo di colori e una sinfonia di profumi. Tutti i prodotti erano disposti negli scaffali divisi prima per marca e poi accostati tra loro per gradazione di tono: Anna si era sentita come stordita da quella meraviglia e, durante quel breve sog­giorno, era ritornata più volte in quel supermarket. Raccontò di quella esperienza a Giorgio e gli chiese se era disposto a fare questo tipo di esperimento anche nel suo negozio. Giorgio era una persona che sapeva ascoltare i suoi collaboratori e capire se in quello che gli stavano proponendo c’era qualcosa di buo­no che poteva contribuire a migliorare la sua piccola impresa. Sì fidava di Anna e delle sue sensazioni e volle assecondarla. Passarono quella domenica pomeriggio a risistemare una parte della merce negli scaffali secondo le indicazioni da lei suggeri­te. «Posso mettere un po’ di musica?» chiese Anna, mentre di­videva i barattoli in base all’azienda di origine. «Certo» rispose Giorgio «Che cosa ascolti di solito?» «Niente in particolare, in realtà. Ascolto prevalentemente la radio negli auricolari mentre vado e torno da casa in biciclet­ta.» «Perché, tu vieni al lavoro in bicicletta?» chiese Giorgio un po’ sorpreso. «Sì, tutti i giorni. Non ci avevi fatto caso?» «Per la verità, no. Che bicicletta hai?» «Vieni. Te la faccio vedere» gli disse Anna; e lo condusse fuori, alla rastrelliera comunale poco distante dal negozio. «Ma è una bicicletta da corsa…» «Sì… è quella che usavo quando mi allenavo con mio pa­dre.» «Tuo padre non va più in bici?» «No, non più… È morto diversi anni fa.» «Mi dispiace, Anna. Scusami.» «Non c’è nulla di cui ti devi scusare. Non potevi saperlo.» La conversazione andò avanti per tutta la domenica: per la prima volta dopo sei mesi, Anna e Giorgio si parlarono e si raccontarono l’uno all’altra. Quella stessa sera a cena, Anna fu più taciturna del solito. «Che ti succede, tesoro? Sei stanca? Non esci con Lella, stasera? È una bellissima serata: tiepida e appena ventilata.» «Stasera no. Lella è andata al mare e, per evitare il traffico, ha deciso di rientrare domani mattina presto, prima dell’orario di lavoro. E poi io sono stanca: è tutto il giorno che mi alzo e mi abbasso per spostare barattoli e confezioni da un ripiano all’altro. Mi sento le ginocchia sbriciolate.» «Allora finisci di mangiare e poi vai a dormire, così ti ripo­si.» «Sì, farò così.» Appena terminato di mangiare, Anna diede la buonanotte a sua madre e si ritirò nella sua mansarda. A differenza della altre sere, questa volta non accese la tv. Accese invece la piccola radio che aveva in bagno e si sdraiò ancora vestita sul letto. Era giugno e il cielo, visto attraverso il lucernario, appariva ancora terso e luminoso. Ripensò a Giorgio, a quello che si erano raccontati e a come aveva sba­gliato il suo giudizio su di lui. Le aveva dato l’idea di essere una persona molto piacevole, sensibile ed estremamente buo­na. Anna non lo sapeva, ma anche Giorgio quella sera stata ri­pensando alla loro domenica trascorsa insieme. E come lei, si era ricreduto sulla prima impressione che aveva avuto; Anna non era affatto un insignificante topino grigio: Anna era una ragazza riservata e una scoperta continua. Anna aveva dei meravigliosi e penetranti occhi scuri.
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