«Rubare a tuo nonno. Davvero meschino.»
L’altro gli lanciò un’occhiataccia. «Ha detto che erano mie.»
«Sì, ma dopo che sarebbe morto, cretino. E dato che è vivo e parecchio incazzato, immagino che non le riavrai tanto presto.»
«La polizia sta arrivando. Il signor Stevenson è con loro,» comunicò Jack ai suoi amici, mentre un paio di agenti arrivavano sul posto insieme a un ometto sull’ottantina che, nonostante avesse un bastone, si muoveva molto più veloce di quanto si aspettassero. Corse da suo nipote e iniziò a picchiarlo con il bastone.
«Ahi! Nonno, ma che cavolo?»
«Brutto stronzetto ingrato!»
Ace e Joker rimasero in disparte, cercando di dissimulare una risata, senza dubbio per paura che Stevenson potesse prendersela anche con loro. I Kings erano stati ingaggiati dall’energico signore per fare da servizio di sicurezza mentre esponeva la sua preziosissima collezione di monete d’oro spagnole durante una mostra di monete e valuta. La collezione apparteneva alla famiglia da generazioni e il signor Stevenson avrebbe voluto lasciarla in eredità al nipote, che gli faceva da assistente.
Il venticinquenne era sembrato la quintessenza del nipote devoto: portava cibi e bevande al nonno, si assicurava che non stesse male per il caldo… per poi sgraffignare un borsellino pieno di monete proprio sotto il naso dell’anziano signore.
«Mi dispiace,» singhiozzò il giovane mentre il nonno lo colpiva dietro la testa.
«Ah, ti dispiacerà eccome. Vediamo quanto ti piace la galera.»
L’altro strabuzzò comicamente gli occhi e spalancò la bocca. Due poliziotti lo aiutarono a rialzarsi e iniziarono a trascinarlo via.
«Nonno, aspetta! Non mandarmi in prigione. Per favore!»
Stevenson si girò verso Ace e Joker. Aspettò finché il nipote non fu salito sul sedile posteriore dell’auto di pattuglia, poi disse, con un’espressione vagamente malvagia: «Non lo spedirò in prigione, ma un po’ di fifa non gli farà male.» Li ringraziò con un cenno della testa e poi si girò verso Chip. «Grazie, soldato.»
Joker diede un ordine e il cane si rilassò, aprì la bocca, tirò fuori la lingua e si alzò, scodinzolando felice. Stevenson gli diede una grattatina sulle orecchie, il che gli fece muovere la coda ancora più velocemente.
Dato che la mostra di monete era ormai conclusa, Ace e Joker fecero ancora un po’ di conversazione con l’anziano signore, poi si girarono per uscire dalla viuzza. La tasca di Jack iniziò a vibrare, e lui tirò fuori il telefono, diede un’occhiata allo schermo, poi un’altra per essere sicuro. Toccò la notifica per aprire il messaggio e continuò a fissarlo mentre Chip si metteva ad abbaiare. Jack sollevò la testa di scatto appena in tempo per vedere il cane saltare di fronte al padrone, per impedire che fosse investito da una donna in moto che aveva girato l’angolo, proprio mentre Joker e Ace stavano per sbucare dalla stradina.
«Merda.» Contavano su di lui per monitorare i dintorni con il drone. Avrebbe dovuto vederla quella moto, dannazione.
Joker fece i complimenti a Chip per il bel lavoro, gli diede una grattatina dietro l’orecchio e poi gli mise il guinzaglio. Ora che era tutto finito e aveva compiuto il suo dovere, il cane si era rilassato. Peccato che non fosse lo stesso per il suo padrone. «Jack, ma che diavolo?» ringhiò l’amico.
Lui fece una smorfia. «Scusa.»
«Che è successo?»
«Niente.» Bello vedere come la sua squadra fosse improvvisamente concentrata sui monitor, come se non stessero origliando.
«Stronzate.»
Jack non rispose perché Joker e Ace erano quasi arrivati al furgone di sorveglianza. Gemette e richiamò il drone, aprendo il tettuccio del veicolo in modo che potesse tornare al suo alimentatore. Poi girò la sedia e fissò la squadra. «Che c’è?»
Maury scosse la testa, e i morbidi capelli biondi gli caddero sugli occhi verdi, fissi sullo schermo con finta innocenza. «Niente, capo.»
Come d’abitudine, Megan andò dritta al punto. «Forse dovresti chiamarlo.»
«Se fosse stato interessato, si sarebbe fatto sentire qualche volta negli ultimi due anni,» ribatté Sil, con il suo solito tatto.
«Grazie,» mugugnò Jack, che moriva dalla voglia di guardare di nuovo il telefono. Era stupido. Era solo un messaggio. Un breve messaggio. Quasi nemmeno un messaggio.
«Sbaglio?» gli chiese Sil, fissandolo con i suoi occhi scuri. «Secondo me, meriti di meglio. Ha avuto la sua chance e se l’è giocata.»
«Ma perché sono tutti così interessati alla mia vita sentimentale?»
«Perché è da un po’ che non ne hai una,» rispose Maury, lanciandogli un’occhiata.
La smorfia di Jack lo fece girare di scatto verso il monitor. «Non è così tanto.» Aveva avuto degli appuntamenti. Più o meno. Okay, forse erano state più roba da una botta e via che appuntamenti, ma comunque. Un paio di tizi erano durati qualche mese. O almeno qualche settimana.
Megan sollevò un sopracciglio rossiccio. «Un sacco.»
Solo perché il resto dei suoi amici aveva trovato l’anima gemella non significava che a Jack sarebbe successo lo stesso, per quanto in realtà lo desiderasse. Per lui le relazioni non sembravano funzionare mai, anche se si impegnava al massimo. Joker, d’altro canto, rifiutava di avere legami, il che naturalmente significava che uomini e donne gli si gettavano ai piedi, desiderosi di rivendicare il suo possesso, cosa che lo seccava da morire.
Il portellone del furgone di sorveglianza si aprì e Joker entrò a grandi passi. Jack fece girare la sedia, con un largo sorriso.
«Mi dispiace. Ma, ehi, è bello sapere che Chip è sempre pronto a rimettere le cose a posto.»
«Certo che lo è. Il mio cagnolino è tosto. A te, invece, che cazzo ti prende? Non potevi avvertirmi? Che è successo?»
Jack si strinse nelle spalle. «Nulla.» Come se Joker potesse cascarci.
«Davvero?»
«Mi sono distratto un attimo. Niente di che.»
«Primo, tu non ti distrai. E da quando un attimo non è niente di che?»
Joker aveva ragione. Sapevano tutti molto bene che un attimo poteva fare la differenza tra la vita e la morte. Jack aveva fatto un errore da pivello guardando il telefono, che da vero stupido aveva anche lasciato sulla console. Con riflessi fulminei, l’amico lo afferrò.
«Ehi, Sacha, ma che cazzo. Ridammelo!»
«Non chiamarmi così. E adesso vediamo cosa ti fa arrossire come una scolaretta.»
«Eddai, molla l’osso.»
«Bene, bene, bene, ma cosa abbiamo qui?»
Oddio. Jack si coprì la faccia con le mani. Proprio l’ultima cosa che gli serviva.
«Cos’è?» chiese Ace, che di sicuro sbirciava da dietro Joker, perché, anche se Joker era un ficcanaso, non poteva certo battere Ace nel campo dei pettegolezzi. Anston Sharpe era peggio della vecchietta della porta accanto che sa più cose su di te della tua famiglia.
«Un messaggio di Fitz.»
Jack ignorò il tono divertito di Joker. Spostò le mani e sospirò. Quei due sogghignavano come idioti.
«Non è niente. Solo un promemoria per il mio appuntamento per tagliare i capelli.» Perché diavolo aveva accettato di farseli tagliare da Ricci Capricci? Giusto. Perché Laz, il migliore amico di Fitz, gli aveva fatto gli occhioni da cucciolo e lui non era stato capace di dire di no. A volte gli amici erano degli stronzi.
«C’è un’emoji con bacino dopo, però,» sottolineò Ace.
«Di sicuro la aggiunge a tutti i messaggi.»
«No, non è vero,» ribatté l’altro, prendendo il cellulare dalla tasca. Passò il dito qualche volta sullo schermo e poi gli mostrò un messaggio di Fitz. «La mia ha lo sguardo sospettoso. Cioè, come mai? Perché a me l’emoji sospettosa? Si aspetta che gli freghi il phon? Che gli faccia una cattiva recensione su Yelp? Perché a te un bacino e a me il sospetto?»
«Perché sei molto losco,» disse Joker con una risatina nasale.
«Fanculo. E tu che emoji hai avuto?»
«Una faccina felice con un cagnolino guida per Chip.»
«Ma che diavolo? Cioè, Chip va bene. Tutti lo adorano. Ma perché una faccina felice a te? Tu non piaci a nessuno.»
Joker fece un sorriso arrogante. «La mia emoji e quella del mio cane dicono il contrario.»
«Come vuoi.» Ace roteò gli occhi e poi fissò il suo intenso sguardo verde-oro su Jack. «Allora… lo chiamerai?»
Lui scosse la testa. «No. Era per confermare l’appuntamento. Dal suo salone, devo aggiungere. Non è un messaggio personale.»
«Ma c’era l’emoji con il bacino,» ribatté l’amico, agitando le sopracciglia.
«Probabilmente è un errore. Adesso tutti fuori dal mio furgone.» Jack ignorò il gemito collettivo. Lo chiamavano furgone, ma era lungo quasi dieci metri ed era un mostro della sorveglianza, pieno fino a scoppiare di tutti i dispositivi più avanzati. Le sedie erano ergonomiche e reclinabili, e fornivano il massimo comfort per le lunghe ore che ci passavano per lavoro. Era dotato di tutto, da una cassaforte per le armi, alla macchina per il caffè, fino al mini-frigo.
«Eddai,» si lamentò Joker. «Vuoi farci camminare con questo caldo?»
Jack non fece una piega. «Hai attraversato deserti a piedi con un cane da trenta chili in spalla, più l’equipaggiamento. Puoi resistere per due isolati al sole della Florida.»
«Fratello, noi abbiamo corso mentre tu eri qui nella tua bella e comoda sedia sotto l’aria condizionata,» protestò Ace.
Lui si irrigidì, le mani sulla tastiera. Le abbassò, poi girò lentamente la sedia verso l’amico.
«Merda,» mormorò Maury alle sue spalle. «Ragazzi, filiamocela.»
Maury, Megan e Sil salutarono e volarono fuori dal furgone come se avessero il culo in fiamme. Qualcuno stava di sicuro per finire arrosto, ma non loro.
«Stai dicendo che noi non facciamo niente perché siamo seduti davanti a uno schermo?» chiese Jack, stringendo gli occhi. In passato aveva spesso avuto discussioni su quello che lui e la sua squadra facevano, ma i Kings sapevano come stavano le cose. Ogni tanto qualcuno se lo dimenticava, e Jack doveva ricordarglielo. O, nel caso di Ace, fargli un culo così.
Quelli della sicurezza informatica erano i nerd, e anche se lui e la sua squadra erano rispettati, allo stesso tempo erano trattati in modo diverso dagli altri, perché nessuno riusciva mai a capire di che cavolo stessero parlando. Non che a Jack e ai suoi fregasse qualcosa. Sapevano quanto era importante il loro lavoro. Diavolo, senza sicurezza informatica la Four Kings Security non sarebbe esistita. «Anche se io e la mia squadra non siamo sempre occupati a schivare proiettili, non farci prendere a pugni in faccia o inseguire i cattivi, non vuol dire che non lavoriamo tanto quanto voi.»
Ace fece un piccolo passo all’indietro verso il portello, alzando le mani in gesto di resa. «No, lo so. Cioè, quello che fate è davvero importante. Non stavo dicendo quello.»
«Allora cosa stavi dicendo, Anston?»
«Ehm, che dovete stare attenti con l’aria condizionata. Vi farà seccare gli occhi, e quelli vi servono per, ehm… fare quello che fate… e anche altre cose.»
Jack inclinò la testa. «Mmm.»
«E, ehm… grazie che mi guardi le spalle. Meglio andare. Roba per il matrimonio, sai. Devo andare da Colton. Vedere se devo salvare dei fioristi o se per magia sono apparse nuove sfumature di “blu ma non blu”.» Indicò dietro di sé. «È una giornata così bella. Penso che andrò a piedi. Ci vediamo dopo.» Ace scappò via dal furgone e Jack spostò lo sguardo su Joker, poi scoppiarono entrambi in una risata fragorosa.
«Prenderlo per il culo è sempre divertente,» disse Joker, asciugandosi una lacrima.
Lui annuì. Si alzò e andò al posto di guida, mentre l’altro si lasciava cadere sul sedile del passeggero e Chip si stendeva in mezzo a loro sul pianale. Mise in moto e si diresse al vicino quartier generale. Non gli piaceva abbandonare il suo gioiellino vuoto per strada, se non era necessario.
Joker rimase in silenzio, il che fece mugugnare Jack. «Cosa?»
«Lo chiamerai?»
«Perché dovrei?» Jack svoltò nel parcheggio privato attaccato al quartier generale e mise il furgone nel suo posto riservato. Spense il motore e si girò verso l’amico. «Sono passati due anni. Ha avuto un sacco di tempo per chiamarmi. Diavolo, siamo anche andati agli stessi eventi e l’ho a malapena incrociato. Quindi sono abbastanza sicuro che voglia evitarmi.»
«Forse si sente in colpa per non aver chiamato?»