Il malore2009, dintorni di Milano
La tensione per avere affrontato Anna in modo così deciso e la rabbia che, per qualche motivo che non le è ben chiaro, l’ha sopraffatta in quel momento stanno lentamente abbandonando Clara. L’autista l’ha portata in città, lasciandola davanti a un grande centro commerciale, come da lei richiesto. Durante il viaggio, però, l’ha osservata dallo specchietto retrovisore, palesemente preoccupato. Clara, ancora infastidita dalle continue manifestazioni di apprensione, si aggira in mezzo alla gente tra i vari stand di profumi, creme e trucchi. La musica in sottofondo è allegra e rilassante al tempo stesso. Abbandonandosi a essa, la donna abbozza finalmente un lieve sorriso. Spostatasi nel reparto dell’intimo, si sofferma a guardare i completi: sete e pizzi nei colori pastello, avorio e champagne sono i suoi preferiti.
“Questo è davvero bellissimo, lo voglio provare. E anche la camicia da notte coordinata. Questo centro ha dei bellissimi negozi, ho fatto bene a dar retta a Davide quando me lo ha consigliato”.
Una commessa graziosa, piccolina, molto ben truccata, le si avvicina: «Posso aiutarla, signora?»
Clara le mostra il completo avorio con il pizzo grigio chiaro e la camicia da notte in nuance: «Grazie, vorrei provare questi due capi, sono molto belli», ma intanto pensa: “Anche se nessuno me li vedrà addosso”.
«Prego, signora, da questa parte». La ragazza, tenendo in mano i capi scelti da Clara, le fa strada fino ai camerini. Appende il tutto all’interno e la fa entrare.
«Ha un profumo buonissimo, mi ricorda qualcosa. Come si chiama?», chiede passando accanto alla commessa.
«Io? Non ho messo profumo. Ah! Ma sì, è di Hermès. Me lo sono spruzzato per una cliente poco fa. Vuole provarlo? Glielo vado a prendere così completiamo l’effetto della biancheria. Giusto?»
Senza aspettare una conferma la ragazza, sorridendo, si avvia al reparto profumi.
«Lei è gentilissima!» le dice Clara a voce alta. Poi, senza convinzione alcuna, dice a se stessa: “Ma sì, ha ragione: completiamo l’effetto”. Poco dopo la commessa bussa al camerino: «Eccolo qua! Prego. Lo provi. Anzi, lo indossi!»
Clara prende la boccetta. Mentre la guarda, viene colta da una sensazione di vuoto. Spruzza il profumo. Ancora quella strana sensazione allo stomaco. Poi una fitta dolorosa al ventre.
«Ma che profumo è? Eppure non è un’essenza così intensa da causare un capogiro», mormora spaventata.
Subito dopo, un’altra fitta più forte la fa piegare in due.
La boccetta cade.
“Che dolore, non è il profumo. Aiuto! Che mi succede?”. Sempre più intimorita, con il cuore che batte all’impazzata, cerca di cambiarsi in fretta. Non ancora completamente vestita, apre la porta del camerino e cade in ginocchio, con una mano ancora sulla maniglia. Poi tutto si fa buio. La ragazza, alle prese con un’altra cliente, udendo il tonfo del corpo sul pavimento, si volta allarmata.
«Mio Dio! Signora, che succede?»
Abbandona i capi che aveva in mano lasciandoli alla cliente che stava seguendo e corre verso i camerini. Chinandosi su Clara, le posa una mano sul cuore: «Signora? Signora? Chiamate un’ambulanza: sta male, non risponde più».
Alcune persone si avvicinano attirate dal trambusto, mentre dal fondo una voce grida: «Ho chiamato l’ambulanza, arriva tra cinque minuti!»
«Era con qualcuno?» domanda una persona.
La ragazza, senza staccare lo sguardo da Clara, risponde «No, era sola. Almeno così mi è parso. Allontanatevi. Lasciatela respirare. Prendo le sue cose dal camerino».
Nell’attesa dell’ambulanza qualcuno pone dei cuscini sotto la testa di Clara, mentre qualcun altro arriva con un bicchiere d’acqua. Dopo nemmeno una decina di minuti sopraggiunge la Croce rossa. «Permesso! Fateci passare».
Un medico si china su Clara, mentre la donna che lo accompagna chiede alla ragazza: «Come è successo? Cosa lamentava la signora?»
«Non mi sono accorta di niente. Mi sono allontanata da lei per servire un’altra cliente. La signora stava provando dei capi. Non aveva dato segni di malessere».
Dopo aver verificato battiti e respiro, i soccorritori trasferiscono Clara sulla barella.
«La portiamo in ospedale, qui non possiamo fare nulla», conclude il medico. Poi, rivolto al paramedico, aggiunge: «Andiamo».