Indizi2009, Monza
«Non sono arrivato in tempo, quel dannato Bertoli si era già allontanato, accidenti!» esclama Mario rientrando in casa.
Alice, rimasta immobile accanto al tavolino con l’identikit dell’uomo in mano, si limita a guardarlo, in attesa.
«Sei sicura di quello che hai detto? Lo hai definito “amico”, cosa intendevi esattamente?»
La donna, vedendolo così sconvolto, si avvicina a lui e gli accarezza un braccio: «Calmati Mario. Forse ho sbagliato a definirlo amico. Per quanto ne so, poteva essere solo un conoscente. Posso dirti soltanto che qualche volta è stato qui, li ho sentiti discutere e poi ridere. Si fermava un’ora circa, forse è il papà di qualche compagno di asilo di Edoardo. Credevo che lo conoscessi anche tu».
Mario, sempre più agitato, con mano tremante prende il cellulare dalla tasca. «No, non l’ho mai visto in vita mia. Devo chiamare Bertoli».
L’investigatore risponde prontamente riconoscendo il suo numero: «Signor Valadier?»
«Non so. Non so da dove iniziare. Ma pare che…»
Capendo lo stato confusionale dell’uomo, Bertoli prova a calmarlo: «Prenda un respiro e mi dica che cosa è successo».
Mario, deglutendo a fatica, con la bocca secca per l’agitazione, esordisce: «Si tratta dell’uomo. Alice afferma di averlo visto qui. Dice che è venuto a casa nostra due o tre volte negli ultimi tempi, a trovare Emma. Li ha sentiti discutere, poi ridere. Pare fossero amici. Forse intimi». La voce di Mario crolla.
«Lo ha visto arrivare? Le chieda se è venuto in macchina e che tipo di auto fosse. E pure se era con qualcuno».
«Già chiesto. Sto imparando a fare gli interrogatori… Arrivava sempre a piedi, da solo, e si tratteneva un’ora circa».
Bertoli, facendo una smorfia, senza distogliere l’attenzione dal traffico della tangenziale sulla quale si è da poco immesso, dice: «Per fortuna i vicini di casa non si fanno mai i fatti propri. Mando qualcuno immediatamente per raccogliere la testimonianza della signora Alice e… signor Valadier, per quel che vale, mi spiace». Mario termina la chiamata e guarda Alice che si avvicina a lui e lo abbraccia restando in silenzio. «Mi addolora vederti così. Ma non è detto che avessero una storia. Mi rifiuto di crederlo».
Dal corridoio giungono dei piccoli passi. Poco dopo compare un bimbo di circa quattro anni, biondo, bellissimo, con due grandi occhi verdi. Edoardo, il secondogenito di Mario e Emma. Il piccolo, scorgendo l’espressione grave del padre, si blocca preoccupato: «Papà?»
Alice, prendendo l’iniziativa, si accovaccia davanti a lui, accarezzandogli la testa. «Ciao piccolo, papà è un po’ stanco. Io ho una torta al cioccolato buonissima, ne vuoi un po’? Sai, sono appena arrivata da un lungo viaggio e devo dare da mangiare ai miei pesci. Vuoi aiutarmi?»
Il piccolo, attratto da quella prospettiva, dimentica immediatamente il problema che aveva percepito, e con un cambiamento repentino di atteggiamento, come solo i bambini sanno fare, esclama felice: «Sì! Ma posso dargliela io la pappa ai pesci?» «Certo tesoro! Allora andiamo?» Il piccolo le affida la sua manina. Lei la prende e lo porta con sé. Mario per tutto il tempo è rimasto perso nei suoi pensieri, totalmente assente. Quasi non si accorge di Alice che, nell’uscire, lo guarda con grande preoccupazione.