Capitolo 2

929 Words
Capitolo Due Come la maledetta pentola che non bolle mai, se la guardi, i miei colleghi oggi si rifiutano di andarsene. Scommetto che non stanno nemmeno lavorando. Col senno di poi, questa era una falla nel mio piano. Dato che io qui sono la direttrice tecnica, molte persone vogliono rimanere in ufficio fino a tardi per sbandierare quanto lavorino sodo, specialmente in seguito all’acquisizione. Come evocata dal pensiero dell’acquisizione, un’email di Robert Jellyheim (il mio referente del gruppo Morpheus) appare nella mia casella di posta. Merda! Che mi abbiano in qualche modo sgamata? Ma no! Mi comunica che hanno intenzione di incrementare al più presto l’integrazione e che, a breve, incontrerò lui e la direzione superiore faccia a faccia. Dev’essere questo il motivo per cui le tute sono state consegnate. Devo ammettere che il Diavolo è piuttosto sicuro di ottenere questo giro di finanziamenti. Beh, lo vedremo… ammesso che i miei stupidi colleghi se ne vadano, ovvio. Il mio stomaco brontola, dandomi un’idea. Forse usciranno, finalmente, se penseranno che me ne sia andata? E se, in seguito, qualcuno guarderà le telecamere, mi vedrà tornare con del cibo: perfettamente naturale. Afferrate le mie cose, mi dirigo a grandi passi verso il lift… cioè, elevator, insomma: l’ascensore. Aspettate! E se i miei colleghi non se ne accorgessero? Oh, ho trovato! Mi fermerò a riordinare qualche scrivania, prendendo due piccioni con una fava. Nel momento in cui aggiungo una penna in più a una tazza che ne conteneva solo quattro, sono certa di essere stata notata. Ottimo. Mi dirigo verso l’ascensore e, quando entro, premo tutti i pulsanti dei piani con numeri primi: un lusso che mi concedo, quando viaggio da sola. Il mio pranzo quotidiano consiste in diciannove ravioli che mi porto da casa, ma ogni volta che devo cenare al lavoro, vado sempre nello stesso ristorante giapponese: il Miso Hungry. Anche la mia ordinazione da loro è sempre la stessa: zuppa di miso con quarantasette cubetti di tofu e diciassette pezzi di scalogno, oltre a tre porzioni di involtini di avocado, con un pezzo tenuto indietro, per rendere il totale pari al numero primo di ventitré. Dopotutto, una delle cose che distingue gli esseri umani dagli animali è il nostro desiderio di ordine e prevedibilità, o almeno questo è ciò che dico a Gia, quando mi prende in giro per la mia vita idilliaca, scandita con la precisione di un orologio svizzero. “Da asporto?” mi chiede la cameriera, non appena mi vede. Annuisco. “Sì, da asporto.” Mentre lei si precipita al banco del sushi per dare la comanda al cuoco, scruto il ristorante semivuoto… e rimango sbalordita nel vedere un uomo scrutare me con penetranti occhi blu ceruleo. E che uomo! Viso perfettamente simmetrico. Capelli neri che sembrano di seta. Spalle larghe e atletiche. Gli zigomi di un angelo e le labbra più baciabili che io abbia mai visto. L’unica cosa che lo allontana dalla perfezione è la barbetta trasandata sul volto e lo scompiglio delle ciocche nere sulla testa. Combatto l’impulso di fiondarmi da lui, per pettinargli all’indietro quei capelli indisciplinati, e rubare un coltello da sushi al cuoco, per radere quel bellissimo viso. Sì, ok. Devo ammettere che ho una sorta di feticismo per i ragazzi ben rasati. Quando ho visto per la prima volta le foto di Henry Cavill nei panni di Superman, tutto curato e in ordine, mi è venuta voglia di toccarmi. Ma non sono stata entusiasta, quando poi ha assunto il ruolo di cattivo baffuto e trasandato in Mission: Impossible – Fallout. I 25 milioni di dollari che la DC Films ha speso per la rimozione in CGI dei suoi baffi, durante le riprese di Justice League, sono stati soldi ben spesi, secondo me. Non vedo l’ora che arrivi il giorno in cui la tecnologia mi permetterà di eliminare i baffi da tutte le facce sui miei schermi. Merda! Lo sto ancora fissando imbambolata: situazione resa ancora peggiore dal fatto che non è solo al tavolo. Con lui, c’è una donna altrettanto stupenda. E lei (a differenza del suo accompagnatore trasandato, ma sexy) è estremamente curata, con un trucco impeccabile e i capelli neri perfettamente acconciati. Mentre distolgo lo sguardo, colgo il bastardo sorridere. Che mascalzone! Che libertino! Quando la cameriera torna con il mio cibo da asporto, scorgo lo sconosciuto sussurrare qualcosa alla sua bellissima accompagnatrice. La donna mi lancia un’occhiata e comincia ad alzarsi. Merda! Mi affronterà per aver sbavato per il suo uomo? Detesto la violenza di qualsiasi tipo, ma specialmente quella che potrebbe coinvolgere me. Strappando freneticamente il mio ordine alla cameriera, le piazzo i soldi in mano e mi fiondo fuori dal Miso Hungry. Quando torno in ufficio, il mio battito cardiaco è ancora alle stelle. Immagino che farmi eccitare da bellissimi sconosciuti non sia un buon preludio per un’effrazione come si deve. Per lo meno, qui ci sono buone notizie. Come speravo, il piano è finalmente vuoto. Scommetto che gli imbroglioni si sono dispersi come quaglie, non appena le porte dell’ascensore si sono chiuse dietro di me. Mettendo da parte il cibo (ho perso l’appetito, al pensiero di ciò che sto per fare), fingo di scrivere qualche riga di codice, prima di lanciare lo script disattiva-telecamere che ho preparato. Sta succedendo davvero? Ho le ovaie per fare una cosa del genere? Raddrizzo le spalle. Sta succedendo davvero. Mi rifiuto di tirarmi indietro. Ignorando la stretta allo stomaco, mi alzo, affrettandomi verso la mia destinazione. Quando arrivo davanti alla porta, lancio un’occhiata alla telecamera, auspicabilmente disattivata. Adesso o mai più.
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