Capitolo 5: Il Bacio Feroce e la Conquista del Corpo

524 Words
La tensione che aveva vibrato tra loro, sottile come la lama di un pugnale antico, si spezzò. Non fu un bacio, fu un’implosione. Un cedimento violento e totale. Sergio lo afferrò, e le sue labbra presero quelle di Daniele non con dolcezza, ma con la fame di un uomo che trova l’acqua dopo un deserto. Non ci fu attesa, solo un’urgenza bruciante che spazzò via ogni pensiero, ogni storia, ogni ombra. Sergio lo spinse contro la parete, tra le cornici di quadri che ritraevano volti sconosciuti, e Daniele vi si abbandonò con un gemito soffocato. Non fu una resa, fu una liberazione. Le sue mani aggrappate alla stoffa del cappotto di Sergio la strapparono via, i bottoni che saltarono e tintinnarono sul pavimento di legno furono l’unico suono oltre al loro respiro affannoso. Sotto, la pelle di Sergio era calda, viva, un incendio a contrasto con il gelo secolare che aleggiava nella stanza. Le loro bocche non si staccavano, un dialogo furioso di denti, labbra e lingua. Ogni sussurro, ogni gemito condiviso, era la negazione di ogni solitudine passata. Daniele sentiva le mani di Sergio—quelle stesse mani che poco prima sfioravano fantasmi—ora scivolare con ferocia possessiva sotto la sua maglia, tracciando linee di fuoco sulla sua schiena, stringendogli i fianchi con una forza che prometteva lividi. Lui ricambiava con uguale disperazione, aggrappandosi alle spalle larghe, scavando le dita nei muscoli tesi, come se temesse che Sergio potesse dissolversi in fumo tra le sue braccia. Gli indumenti divennero ostacoli insopportabili, strati di civiltà da strappare via. Tessuti scivolarono sul pavimento consunto del tappeto persiano, mescolandosi alla polvere dei secoli. Nudo contro il muro freddo, Daniele non sentì il gelo. Sentì solo il calore brutale del corpo di Sergio premuto contro il suo, una fusione di sudore, pelle e respiri sincopati. Non fu un amplesso, fu un’appropriazione. Un riconoscimento feroce. Sergio lo sollevò con uno slancio di forza primordiale, e Daniele gli avvolse le gambe attorno ai fianchi, aggrappandosi come un naufrago. Ogni movimento era un’affermazione, una conquista, una preghiera. Il passato, con i suoi pesi e i suoi sussurri, venne spazzato via non da una tregua, ma da un uragano più potente. I quadri sulle pareti sembravano vibrare. Gli specchi opachi riflettevano il lampo di corpi intrecciati, un’immagine viva e palpitante che sovrascriveva tutte quelle morte. Daniele urlò, un suono strozzato e liberatorio, seppellendo il volto nel collo di Sergio, annusando il suo odore di pioggia, di pelle e di qualcosa di antico e selvaggio. Era posseduto, completamente, non da uno spirito, ma da una vitalità tanto travolgente da sembrare soprannaturale. E quando il vortice li lasciò, esausti, tremanti, ancora stretti l’uno all’altro sul pavimento, avvolti solo nel calore reciproco e nel fruscio della pioggia, la libreria non era più la stessa. Il silenzio che li avvolgeva non era più carico di presenze in attesa. Era un silenzio nuovo, stordito, saturo di una verità semplice e bruciante: per una volta, i vivi erano stati più forti dei morti. E in quel disordine di corpi e di vesti strappate, giaceva la promessa di un’ossessione più terrena, e per questo, infinitamente più pericolosa.
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