IL BOSCO DI ELGED
Le stagioni del continente di Siger erano segnate dal clima e dai frutti che la terra donava ai suoi abitanti. C’era la stagione fredda in cui il terreno non dava nulla, ma veniva arato, ripulito e lasciato a riposare per la bella stagione. Gli abitanti nelle loro case attendevano le piogge che arrivavano sempre abbondanti. Per esse le preghiere alla Dea della luce Elios-aere erano numerose, poiché la stagione fredda era spesso dura e sempre troppo lunga a passare, e le piogge anticipavano spesso la bella stagione.
Poi c’era la stagione calda: quella dei frutti, dei fiori, dei ringraziamenti alla Dea, delle feste in suo onore. Feste che in quei periodi erano cessate del tutto. La guerra aveva tolto ogni cosa buona dagli animi degli abitanti di Siger. Animi che sempre di più stavano cadendo nella disperazione, che si facevano sempre più diffidenti alla Dea. A parte il regno di Achaar.
Il cielo sopra la città di Achaar era divenuto ormai scuro, alcuni fiochi bagliori ad est salutavano la fine del giorno. L’aria era gradevole. La stagione calda era alle porte e si potevano già sentire il profumo intenso dei fiori che nei campi prosperavano colorati, come numerose e vaporose nuvole variopinte. Già da tempo, le dolci colline attorno alla città, si erano tinte dell’oro del grano e del verde del mais, colorando come una tavolozza il paesaggio circostante. La natura era sempre rigogliosa e generosa ad Achaar, e fortunatamente anche in quei terribili periodi non smetteva di donare i suoi frutti preziosi, che oltre a sfamare la popolazione, la teneva occupata, laboriosa e devota. La fede nella Dea e il lavoro tenevano distanti i brutti pensieri, e davano una parvenza di normalità.
In quel cielo scuro sembravano lontani i ricordi delle battaglie combattute poco distante. Battaglie aspre, interminabili, sanguinose.
I corni di allarme avevano suonato in continuazione negli ultimi tempi. Le navi del nemico arrivavano sempre cariche di soldati pronti a uccidere più achaariani possibile. Nonostante questo, il coraggio e la volontà di sconfiggere il nemico, non avevano abbandonato i soldati di Achaar, che iniziarono a sentire troppo stretti i confini della città.
Le continue e facili vittorie su Kirine, avevano fatto nascere nei soldati achaariani una grande fiducia in loro stessi. Durante i combattimenti si sentivano forti, si scagliavano sul nemico con la consapevolezza di un vigore che nessuno poteva placare. Nemmeno il più forte dei kiriniani era in grado di fermarli.
Tutti si rendevano conto di questo: l’esercito di Achaar era davvero invincibile.
Per questo i colonnelli di reggimento e gli ufficiali cominciarono a sentirsi legati. La zona su cui dovevano combattere era troppo limitata. Le enormi forze di Achaar erano incatenate, costrette, limitate da un territorio che impediva strategie, manovre imponenti, vittorie più eclatanti.
Molti non volevano più attendere l’arrivo del nemico, ma andargli incontro e combattere su un vasto territorio, per poter sferrare un attacco finale.
Il rapimento di Eillean aveva sconvolto tutto il regno. Questo avvenimento e la voglia di opporsi al nemico, aveva fatto in modo che tutti i capi dell’esercito mettessero in atto la volontà di migliaia di soldati: andare incontro all’avversario, sconfiggerlo e riportare a casa la principessa.
Dopo il messaggio del Signore di Kirine, non c’era stato nemmeno il bisogno di molte riunioni per prendere una decisione, era servito solo un buon piano per la riuscita della missione.
Dalle scuderie del palazzo reale, uscì una figura abbigliata di scuro che, in sella ad un cavallo, si avviò veloce verso le mura sudest della città. Lo scalpitio degli zoccoli echeggiava sulle grandi lastre di pietra rosa che coprivano le strade, che in quella zona erano vuote. Arrivato all’entrata est, i portoni di legno scuro incastonati nella pietra rosa lo sovrastarono possenti. Le guardie lo riconobbero e fecero aprire i grandi portali che scivolarono lenti e silenziosi su rotaie di lucente Esterion. E quando oltrepassò l’entrata corse veloce. Non c’era tempo da perdere, doveva correre.
Un lungo viaggio attendeva il cavaliere, che in quel momento stava già attraversando un fitto boschetto situato nelle vicinanze del Piccolo Sogno, il fiume che attraversava la città.
La sua meta era un villaggio situato nel punto d’incontro tra il Piccolo Sogno e il fiume Mosoi.
La Stella di Nasarid stava nascendo, e quando il cavaliere arrivò nelle vicinanze del villaggio dei doresian, la notte era al suo culmine.
I doresian, anche se facevano parte del regno di Achaar, erano un popolo a se stante, con una propria autorità, un proprio esercito, una propria religione, ed erano uno dei sette popoli che abitavano nel continente di Siger, gli unici a sud ad avere un colore della pelle diverso da ogni altro.
I popoli del nord erano di pelle chiara, come i kiriniani, gli alayani, gli aisiani e gli achaariani, mentre quelli del sud erano di pelle scura come gli ouna e gli assari di Kamaul. I doresian erano gli unici del sud ad avere la pelle chiara, o per meglio dire ambrata. Erano diversi da tutti gli altri, erano alti ed esili, mentre gli altri popoli erano di corporatura possente e di un’altezza minore rispetto ai doresian, a parte gli ouna che erano il popolo più piccolo del continente.
Alberi altissimi dalle chiome folte e vigorose si innalzavano davanti al cavaliere. Erano ritti e severi come guardiani che volessero impedire a chiunque di andare oltre i loro tronchi. Il bosco di Elged era vasto, con un folto sottobosco e disseminato di decine di sentieri. Una persona che si fosse addentrata per la prima volta, si sarebbe perduta sicuramente in quell’intricato dedalo di passaggi. Avrebbe vagato per giorni senza mai riuscire e trovare un’uscita che lo portasse fuori da quella vastità di alberi e fogliame.
La maggioranza dei viottoli, erano stati delineati con il fine di portare le persone indesiderate fuori strada. Tutti, quotidianamente, venivano percorsi dai doresian stessi perché rimanessero segnati. Alcuni di questi portavano fuori dal bosco in direzione delle Montagne Settentrionali, altri in direzione del mare, alcuni si congiungevano senza avere una precisa destinazione. Solo uno portava al villaggio, e il cavaliere lo imboccò guardandosi attorno guardingo. Quando fu sicuro di non essere seguito, si tranquillizzò, guardandosi attorno rasserenato. La fioca luce dell’astro della notte offuscava i contorni di ogni cosa, rendendo misterioso e magico tutto quello che lo circondava.
Non era la prima volta che andava in quel luogo, ma in quell’istante tutto gli sembrò diverso. Le stelle si intravedevano tra le alte e scure fronde, e per qualche momento Lanas si fece trasportare dal dondolio del cavallo, assaporando l’aria tiepida e profumata del muschio, dei funghi e dei mille fiori. Ascoltò i suoni degli animali notturni, respirando pienamente l’atmosfera ovattata e riposante che solo quel luogo possedeva. Riuscì persino (per alcuni brevi istanti) a dimenticare i pensieri che lo assillavano e che non riusciva mai ad abbandonare.
Non si accorse nemmeno che alcune sentinelle doresian dagli alberi lo stavano osservando. Fecero uno strano verso di uccello, Lanas lo riconobbe e rispose con un altro verso facendosi identificare, poi per alcuni istanti tenne alto il braccio destro in segno di saluto.
Ad un tratto sentì il rumore di un fiume, era il Mosoi che tagliava a metà il bosco di Elged. Scorreva tranquillo ed il gorgoglio dell’acqua riempiva l’aria profumata di mille essenze. Lasciò che il cavallo si abbeverasse tranquillamente, poi lo spronò a guadare il fiume. In quel periodo dell’anno l’acqua non era molta e numerose rocce affioravano in superficie. L’animale percorse il tratto senza difficoltà. L’acqua gloglottava allegramente, riflettendo la luce dell’astro della notte e delle stelle. Numerose lucciole aleggiavano tutt’intorno. Attraversato il fiume, ne percorsero un tratto affiancandolo. Quando Lanas vide il punto giusto, fece svoltare Scudo e lo diresse verso il sentiero che finalmente avrebbe portato al villaggio dei doresian. Quando arrivò, lo accolse una fievole luce ambrata, soffusa e vaporosa.
Erano luci deboli che provenivano dalle loro case di legno e da alcune lanterne appese ai rami più bassi.
Le abitazioni erano di forma circolare, con tetti a cupola ricoperti da fogliame, avevano due tonde finestre e un’unica apertura senza porte: era sufficiente una tenda di tessuto colorata. Le loro dimore erano sufficienti per una famiglia di quattro persone, i doresian non facevano molti figli. L’interno era diviso in due stanze, quella da notte e quella da giorno, ed erano arredate semplicemente. Tutti i mobili erano in legno e anche gli utensili, il metallo era usato solo per fabbricare punte di frecce e strumenti musicali, ma non adoperavano l’Esterion, usavano solo il ferro.
Le case non avevano un ordine preciso. Erano disposte a piccoli gruppi di tre o quattro in mezzo ad ampie e pulite radure attorniate da alti alberi. In mezzo al villaggio era ubicata la Casa Maggiore: l’abitazione del capo villaggio. Era l’unica a forma quadrata e divisa in due sezioni, in una vi era l’abitazione del capo e nell’altra la Sala delle convocazioni. Qui si tenevano le riunioni dei capi delle cinque arti: la musica, la scienza, la medicina, la religione e la coltivazione.
Lanas passeggiò senza farsi sentire tra i sentieri del piccolo villaggio che a quell’ora era immerso nel silenzio. I passi di Scudo, per alcuni attimi, furono l’unico rumore che si sentiva. Le lanterne accese erano immobili e la loro luce richiamava alcuni insetti che ronzavano appena.
Lentamente si avvicinò alla Casa Maggiore. Sulla soglia, una donna era in piedi ad attenderlo. Era longilinea, con lunghi e ondulati capelli biondi sciolti lungo i fianchi. Le braccia leggermente incrociate sul ventre si aprirono alla sua vista. Era Larael, che lo accolse con un caloroso sorriso. - Lanas, finalmente, ti stavamo aspettando! - disse correndogli incontro. - Entra presto, siamo tutti riuniti qui.
Lanas scese da cavallo e lo lasciò libero, poi insieme a Larael si diresse verso l’entrata della Sala.
Insieme scostarono la tenda leggera ed entrarono. La stanza era immersa nella penombra e un aroma dolce permeava l’aria fresca e umida. Al centro quattro doresian erano seduti in cerchio sul pavimento. La sala delle convocazioni non era molto ampia, non aveva né sedie, né tavoli, solo una larga cassettiera e delle mensole che sorreggevano numerosi vasi di terracotta da cui tremolavano piccole fiammelle. Sul pavimento c’erano tanti tappeti multicolori.
Lanas volse lo sguardo verso i quattro doresian. Tutti erano vestiti con una tunica bianca dalle maniche ampie e lunghe bordate da verdi motivi floreali, e strette in vita da una larga fascia verde. Tutti lo salutarono con un cenno della testa e lui fece altrettanto. Riconobbe tutti. Treves il capo della scienza, Aurim quello della coltivazione, Nolian quello della musica. Ma solo il più anziano si alzò per dargli il benvenuto. - Ben arrivato principe del regno di Achaar, siamo lieti di riaverti nel nostro villaggio. Sai che sei sempre il benvenuto quando decidi di farci visita.
- Lo so grande Allen. - E detto questo diede un forte abbraccio al capo religioso e politico dei doresian. Era alto, di corporatura robusta e avanti con gli anni ma ancora di bell’aspetto. Aveva lunghissimi e lisci capelli bianchi divisi in due trecce, e nei suoi occhi verdi vi si leggevano bontà e saggezza.
- Siediti pure Lanas. Allen ti ha invitato per parlarti di una questione importante. - disse Larael indicandogli uno dei due posti vuoti, poi andò verso la cassettiera, prese una brocca e una coppa e gli servì una tisana calda alla menta. La sua veste candida frusciò appena e Lanas la osservò per alcuni istanti. Al chiaro delle candele che illuminavano la stanza, la trovò più bella che mai. Alla luce tremolante, i lunghi capelli biondi gli sembrarono fini fili d’oro, e il viso dai tratti dolci gli sembrò scolpito da un abile scultore, tanto era perfetto.
In quel momento la trovò talmente bella che non capì una sola parola di quello che gli stava dicendo, infatti era rimasto in piedi ad osservarla.
- Lanas… ma hai ascoltato le mie parole? - chiese la ragazza con una punta d’irritazione nella voce.
Allen emise una sonora risata. - Non prendertela Larael! Con la tua bellezza prestare attenzione a quello che dici non è molto semplice…- commentò ironicamente.
Tutti risero, meno Larael. Alla corte di Achaar una frase simile avrebbe fatto arrossire di piacere qualsiasi dama, ma non Larael. Il suo carattere suscettibile e orgoglioso non tollerava certi comportamenti, la frase di Allen l’aveva irritata. Per tutti i cervi, lei era il capo dell’arte della medicina! Pensò.