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Nelle sue mani

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Blurb

Avrebbe dovuto prendersi la mia vita… Invece mi ha fatta sua.

Il vice capo della famiglia criminale Valetti, Vincent Valetti è sexy. Del tipo… che ti fa restare a bocca aperta, mordere le labbra e bagnare le mutandine per l’eccitazione. Alto e muscoloso, ha il tipico atteggiamento dominante e arrogante che rende molli le ginocchia delle ragazze.

Incute rispetto e timore nella sua Famiglia, e se lo merita. Se l’è guadagnato. Per quanto riguarda le donne… possono averlo per un’unica notte e procurarsi la più straordinaria scop... della loro vita, ma niente di più.

Fino a Elle Hawthorne.

Bellissima, formosa e in cerca di una via di fuga, attira Vincent. La sua innocenza lo implora di prenderla… scop... e danneggiarla agli occhi degli altri uomini. Peggio ancora, suscita in lui il desiderio di proteggerla.

Mentre è con Vincent, Elle è testimone di un terribile crimine – e se pronuncia una sola parola, i Valetti sono fregati. Combattuto tra la donna che brama e la lealtà verso la sua famiglia, Vincent è messo alla prova.

Dovrebbe ucciderla, ma non può permetterlo. Non vuole. Vincent è un uomo che prende ciò che desidera. E brama Elle tutta per sé.

Lei era nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ora appartiene a lui.

Fino a che punto arriverà Vincent per proteggere la ragazza che dovrebbe essere la prossima nella sua lista?

Questa è una storia d’amore indipendente a stampo mafioso in versione integrale, con un ragazzaccio spudorato e possessivo. Il lieto fine è assicurato.

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Prologo
Prologo Elle | Vince Me ne pento già. Avanzo nell’ufficio mentre lui chiude la porta con un forte clic. Devono aver visto tutti che venivo qui con Vince e sanno cosa faremo. Mi sento una puttana da quattro soldi. Lui mi avvolge le mani intorno alla vita e attira il mio sedere contro di sé, la sua rigida erezione preme sulla mia schiena. Sento il ventre infiammarsi mentre mi deposita un bacio a bocca aperta sul collo. L’alito caldo mi fa correre brividi lungo il corpo e capitolo. Ho bisogno di tutto questo. Mi plasmo contro il suo corpo, allungo le mani dietro di me e gli circondo il collo intrecciandogli le dita tra i capelli. Non mi interessa cosa pensano gli altri. Per una volta voglio solo sentirmi bene. Brava ragazza. Sapevo che se fossi rimasto da solo con lei sarei riuscito a farla sciogliere. È vogliosa, e so con esattezza cosa fare. Le sfilo la canotta dalla testa mentre le stuzzico la pelle con le dita. Devo staccarmi per un attimo e lei coglie l’occasione per girarsi. Sta in punta di piedi per premere le labbra contro le mie. Gliele separo con la lingua e l’assaggio, le succhio il labbro inferiore mentre sgancio il reggiseno. Mi allontano e mi inginocchio per slacciarle i pantaloncini e tirarli giù. Mutandine di pizzo. Bene, saranno facili da strappare. Ho il respiro affannato, quasi convulso, e il cuore mi batte con impetuosità nel petto. Non ci credo, ma lo sto facendo davvero. Con i pollici mi strappa le mutandine e con noncuranza le getta di lato senza togliermi gli occhi di dosso. Un’altra ondata di eccitazione mi fa bagnare quando stringo le cosce. Lui sorride e mi afferra i fianchi costringendomi a premergli la fica contro il volto mentre respira a fondo. Morirei d’imbarazzo, ma il suo gemito sonoro e la leccata languida mi fanno chiudere gli occhi e schiudere le labbra per l’estasi. Si alza e mi toglie il reggiseno, le spalline mi solleticano le braccia mentre guardo i suoi occhi focalizzarsi sui seni. I capezzoli mi si induriscono sotto il suo sguardo pieno di lussuria. È così sexy, cazzo. Sapevo che era bellissima ma, dannazione, devo fermarmi un attimo per apprezzare quanto sia stupenda. Le afferro le cosce e la sollevo in modo da farle appoggiare il culo sul bordo della scrivania. Mi chino e le risucchio in bocca un capezzolo rosa pallido indurito. La testa le ricade all’indietro e un lieve gemito le sfugge dalle labbra. Si tira indietro e prima di inginocchiarsi fa scivolare il capezzolo fuori dalla bocca. Merda. Farà sesso orale con me. Il respiro mi si blocca in gola e per la mortificazione cerco di chiudere le gambe, ma le sue mani sulla parte interna delle ginocchia le bloccano e me le spalancano per fissarmi la carne. Le guance mi si infiammano e non riesco a guardare. Sono davvero sconvolta. «Vuoi che mi fermi, tesoro?». So che non lo vuole. Scommetto che in precedenza nessuno si è mai preso cura di lei in questo modo. Le piace. Si morde il labbro e scuote la testa. Le sorrido e concentro di nuovo l’attenzione sul suo delizioso sesso bisognoso. Le labbra della fica sono luccicanti di eccitazione, e cazzo l’adoro. Mi chino e do una lunga leccata, dall’entrata fino al clitoride. È così dolce. Con la lingua le sfioro quel bocciolo pulsante e finalmente si rilassa sotto di me. Sorrido nel suo calore, le afferro il culo in una presa ferrea e le faccio inarcare la schiena in una posizione per me agevole. Oh, mio Dio. È così bello. Mi devo concentrare per rimanere in silenzio. Affondo i denti nel labbro inferiore mentre senza vergogna gli faccio ondeggiare il sesso contro la faccia. La lingua mi massaggia il clitoride e le dita affondano dentro di me, si piegano, colpiscono il punto G e mi fanno inarcare la schiena. Porca puttana! Le piace quello che sto facendo. Accidenti, il suo corpo è così reattivo. Proprio come sapevo che sarebbe stato. Non vedo l’ora di entrarle dentro e guardare le sue tette rimbalzare. Non sono i seni più grossi che abbia mai visto ma sono sodi, e si adattano alla perfezione alle mie mani. Le mordo il clitoride, non forte, quanto basta per spingerla oltre il limite mentre la fica mi si serra attorno alle dita. È così dannatamente stretta. Intorno al mio cazzo la sua carne si sentirà in paradiso. Le mie cosce si stringono attorno alla sua testa. Voglio fermarmi, ma non riesco a controllare il corpo. Un sudore freddo mi traspira dalla pelle e mi sento paralizzata, mentre il corpo, sommerso da ondate di piacere, prende fuoco. La sua eccitazione mi bagna la mano. Tengo le dita nella sua fica stretta, accarezzando la parete interna e succhiandole il clitoride per strapparle ogni goccia di orgasmo. Non mi fermo finché non si adagia spossata sul tavolo. Sorrido e con gentilezza le appoggio una mano sulla coscia tremante. Questo dovrebbe calmarla. La carne è morbida, calda e bagnata. E in attesa di essere riempita. Apro la lampo dei jeans e li lascio cadere sul pavimento mentre mi accarezzo l’uccello. Sta implorando di essere avvolto in quel calore. Il rumore della zip mi fa spalancare gli occhi e mi risveglio dall’appagato stordimento. Oh, cazzo! Il cuore mi batte forte nel petto e respiro affannosamente. Scosto i capelli dalla faccia e deglutisco con forza. Perderò la verginità. Non voglio che accada in questo modo. Lei si puntella sui gomiti e chiude le gambe. Corrugo le sopracciglia per la confusione e la rabbia mi arde in corpo. Che diavolo sta facendo? Mi sta piantando in asso? Cazzo, sarebbe la prima volta. So che le è piaciuto mentre mi dilettavo con la sua fica. Adorerà un sacco quello che le farò quando la impalerò con l’uccello. Mi schiarisco la gola e cerco, con un certo nervosismo, d’incontrare il suo sguardo. Un violento rossore mi imporpora le guance e colora il petto. Non lo voglio fare così. La mia carne sta supplicando di permettergli di scoparmi e le mie fantasie oscure vogliono diventare realtà. Voglio che mi prenda e mi sbatta fino a quando non urlerò. Ma non posso farlo. «Stai bene, tesoro?». La domanda contiene una nota di monito. La mia mente si scatena al pensiero di lui che mi trattiene e scopa come vuole. Che mi punisce per averlo respinto. Ma non voglio respingerlo. Anch’io voglio dargli piacere. Mi mordo il labbro inferiore per controllare l’impulso di tremare. Mi siedo sul bordo della scrivania e cado senza sforzo in ginocchio. Mi prende subito nella bocca invitante e mi succhia la punta dell’uccello. Gemo e lascio cadere la testa all’indietro, le infilo le dita tra i capelli ed esercito una leggera pressione sulla nuca. Questa bocca calda e avida è così dannatamente piacevole. Mi prende più in profondità e fa scivolare la lingua lungo la parte inferiore dell’uccello. Muove la testa su e giù sul cazzo e mi succhia così forte che le si incavano le guance. La faccio continuare con il suo ritmo, ma voglio affondarle sul serio nella gola. Però, mi trattengo. Le cose che voglio farle non le piacerebbero. Un’immagine perversa di lui che mi scopa la bocca con forza mi passa per la mente e mi ritrovo a prenderlo più a fondo di quanto sia in grado, cercando di soffocarmi con il suo cazzo. La gola si chiude intorno alla spessa lunghezza, le spinte dei suoi fianchi sono brevi e superficiali. Mi tiro indietro e respiro in modo rapido mentre mi stringe i capelli nei pugni. Appena incamero abbastanza aria lo prendo in bocca e lo faccio ancora. Si sta comportando come se le piacesse, cazzo. Si ritrae di nuovo e lecca la parte inferiore dell’uccello, mi stuzzica con la mano mentre mi lecca per tutta la lunghezza. I suoi grandi occhi azzurri mi guardano in cerca di approvazione. «Continua così, tesoro, e mi farai venire». Al solo guardarla le palle mi si sollevano e la spina dorsale formicola, ma cerco di non venire. Con lei non ho ancora finito. Non l’ho mai fatto prima, ma ho letto tanti romanzi rosa e articoli… e ho visto tanti porno. So che devo farlo scivolare in fondo alla gola e ingoiare. Lo faccio di nuovo e soffoco un po’, ma appena posso lo faccio penetrare proprio fino in fondo finché non riesco a respirare affatto. Poggio le mani sulle cosce, voglio massaggiargli le palle o stimolargli il perineo, in cerca di quel piccolo punto di cui ho letto e che dovrebbe far esplodere un uomo, invece le dita mi affondano nelle cosce. Mi ritraggo e prendo un respiro profondo. Sento la saliva gocciolare lungo il mento e l’asciugo subito. È troppo brava. Voglio entrare in quella fessura bollente ma non succederà. «Tesoro, sto per venire». Sono pronto a tirarmi indietro. Sono sicuro che non è il tipo di ragazza che vuole ingoiare. Anche se non pensavo proprio fosse così abile con i lavoretti di bocca. L’idea che abbia fatto pratica mi manda in bestia. Non sono geloso ma, fanculo, il pensiero non mi piace. In questo momento il mio tesoro fa la cosa più e*****a in assoluto, cazzo. Chiude gli occhi, tira fuori la lingua piatta sotto la punta dell’uccello e con le mani si unisce i seni. Apro gli occhi al suono del gemito più sexy che abbia mai udito e avverto lo sperma caldo sul petto. Osservo mentre i fiotti mi colpiscono i seni e provo una profonda soddisfazione. Sorrido con timidezza e il respiro torna normale. Sono stata io a fargli tutto questo. Apro gli occhi e vedo il suo adorabile sorrisetto. «Puliscilo con la lingua, tesoro». Il mio cazzo è ancora duro mentre la sua lingua guizza fuori a leccare via un po’ di sperma appiccicoso rimastogli sopra. Si siede sui talloni molto più rilassata rispetto a prima, poi allunga la mano per prendere i vestiti. Aggrotto le sopracciglia e il cuore mi sprofonda nel petto. È pronta ad andare via? Di già? Mi sento un po’ amareggiata sapendo che mi vorrà fuori di qui ora che la nostra breve avventura è finita. Solo un pochino, però. Almeno, è quello che sto dicendo a me stessa. Mi sento così sporca, ma mi piace. Con la coda dell’occhio lo guardo mentre si china sulla scrivania per poi porgermi dei fazzolettini per pulirmi il petto. Gli rivolgo un sorriso forzato e mi ripulisco in fretta. Voglio farlo ancora, ma non credo che sia il tipo di ragazzo che sta con una sola donna. E non ho intenzione di concedermi a qualcuno che dopo non mi vorrà più. Non so a cosa stavo pensando. Inizio a sentirmi travolta dal rammarico, ma lo faccio scivolare via. Desideravo tutto questo. Ho ottenuto esattamente quello che volevo. «Devi studiare tanto?», le chiedo mentre mi tiro su i boxer e i jeans. So che ha fretta di andarsene, ma come minimo resterò con lei quando uscirà di qui. Sono sicuro che gli altri sanno che eravamo qui a spassarcela, ma voglio che le portino il rispetto che merita. Non la lascerò sola mentre le fanno abbassare gli occhi e la giudicano. Di certo non resto qui. Vedo la borsa accanto alla porta. Mi limiterò a sgattaiolare via dal retro. Scuoto la testa in risposta alla sua domanda. «Sono un po’ stanca. Voglio solo tornare a casa». L’euforia provata pochi minuti fa sta già scemando e mi sento sempre più a disagio mentre mi alzo e sistemo i pantaloncini. Non ho idea di dove siano le mutandine. Non che importi molto considerato che le ha rovinate. Gli occhi mi si chiudono mentre il denim preme contro il clitoride sensibile. Dannazione, lo voglio di nuovo. Lo voglio dentro di me. Ma non così. Non ho intenzione di perdere la verginità in questo modo. Non con qualcuno che nemmeno conosco. Il pensiero mi fa abbassare lo sguardo sul pavimento e cerco di ingoiare la vergogna che si sta insinuando in me. Merda, ha il rammarico negli occhi. Non è proprio quello che voglio. Desidero rivederla. Devo farla venire intorno al mio uccello e l’ho appena assaggiata. «Ti accompagno a casa in macchina, tesoro». Mi mordo il labbro inferiore e afferro la borsa. La metto in spalla e annuisco; faccio una smorfia quando i manici mi segnano la pelle sensibile. Porca puttana, perché ho preso così tanta roba e ho camminato per tutto il tragitto fino a qui? Lui allunga la mano senza indugio e me la toglie. È un gesto carino e non me l’aspettavo. Immagino speri di entrarmi nelle mutande quando mi lascerà a casa. È sicuro come la morte che non succederà. Penso a ciò che mi attende lì e mi irrito. Cazzo, non riesco a credere a quanto sia diventata schifosa la mia vita. Il promemoria mi fa chiudere gli occhi. Cerco di soffocare la rabbia. Non mi piace il luogo in cui sono finiti i suoi pensieri. Le appoggio gentilmente la mano sulla spalla e stringo piano. «Smettila, Elle». L’occhiata che mi lancia mi trafigge come un pugnale mentre scaccia la mia mano. «Solo perché l’abbiamo appena fatto», rispondo con rabbia mentre faccio cenno verso la scrivania, «non significa che tu abbia il diritto di dirmi cosa devo fare». Subito mi pento del mio sfogo. Non è colpa sua. Merda. Ho rovinato tutto. Qualunque cosa sia. Qualunque cosa sia stata. Tutto questo ora è finito. Che diavolo le prende? Ho una mezza idea di scaraventarle il culo sulla scrivania e scoparla fino a farle abbandonare quest’atteggiamento irriverente. So fin troppo bene come farlo. In modo lento e profondo. Cazzo, la tormenterei per strapparle un orgasmo dietro l’altro fino a farle smettere di stare così dannatamente sulla difensiva. Ho fatto un maledetto errore; spalanco la porta ed esco il più in fretta possibile lasciandolo indietro. Continuo a camminare oltre l’accesso alla sala da pranzo del ristorante e proseguo dritto. Dev’esserci una porta per uscire da qui senza che nessuno mi veda. Abbasso la maniglia di quella che penso sia un’uscita e spingo la pesante porta. Alla fine, torno in me e la seguo determinato ad avere ancora quella boccuccia insolente avvolta intorno all’uccello. Metto piede fuori dall’ufficio e mi affretto dietro di lei. Non quella stanza! Che diavolo sta facendo? Cristo Santo! Resto a bocca aperta mentre spalanco gli occhi davanti alla scena che mi si presenta di fronte e istintivamente faccio un passo indietro, ma la mia schiena colpisce un muro di muscoli. Delle braccia forti mi circondano la vita e il volto, una mano mi copre la bocca per soffocare l’urlo che mi squarcia la gola. Dannazione. Non riesco a credere che stia succedendo. La tengo stretta a me, mentre lei si dibatte nella mia presa. Non riesco davvero a credere che sia venuta qua. Tommy e Anthony mi fissano oltraggiati. Cerco di urlare e allontanarlo. Devo fare qualcosa, qualsiasi cosa. Le lacrime mi bruciano gli occhi, il corpo si riscalda e poi diventa insensibile per la paura. Fanculo! È inutile. Lui non mi lascerà andare. «Per favore!», cerco di gridare, ma la mano resta serrata sulla bocca. Lacrime di impotenza mi scendono lungo le guance accese mentre i singhiozzi mi scuotono. Vorrei lasciarla andare, ma se lo faccio so che la famiglia dovrà liberarsi di lei. Se mi lasciasse andare non direi niente. Giurerebbe e spergiurerebbe di non parlare, ma non sarebbe abbastanza. Lo implorerò, deve credermi. Provo a parlare, ma la sua mano preme più forte sulle mie labbra. Vorrei poterle credere, ma non posso rischiare nel modo più assoluto. Con un cenno della testa indico la porta facendo loro sapere che la porto via. I piedi strisciano e incespicano mentre mi trascina in ufficio. Gli offrirò qualsiasi cosa. Dev’esserci un modo per convincerlo. A malapena lotta contro di me quando chiudo la porta. Non credo sia possibile convincere la famiglia a lasciarla andare. Forse c’è una possibilità. Dovrò tenerla finché non riuscirò a persuaderli. Ora lei è il mio ostaggio.

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