1. Jolie

1122 Words
1 JOLIE Sento qualcuno imprecare in fondo al corridoio e mi sveglio con l’odore di capelli bruciati e della tequila della scorsa notte. «Bleah,» borbotto, la mia bocca sa di cenere e pessime decisioni. Mi alzo dal letto per ispezionare il casino e fare la stima dei danni. Beh, sono riuscita a infilarmi una specie di pigiama, anche se indosso la maglietta della mia squadra di calcio di terza media e la gonna fasciante che avevo al bar la scorsa notte. Sul comodino c’è un bicchiere d’acqua e una confezione mezza vuota di Advil, questo spiega perché, l’universo sia lodato, non ho nessun mal di testa stamattina. La mia stanza è il solito ammasso di abiti sparsi, libri abbandonati e un arredamento troppo sofisticato per lo schifo di residenza per studenti in cui vivo. L’ho detto a mia madre ma lei ha insistito per ordinare dei piumini da Parigi e una sedia da scrivania dalla Svezia, quindi eccoci qui. «Maddy, ti sei bruciata di nuovo?» urla Christine, una delle mie coinquiline, da un’altra stanza. «Questo maledetto arricciacapelli diventa troppo bollente e adesso sembra che abbia un succhiotto in fronte,» piagnucola in risposta Madison, la terza coinquilina. I miei piedi sembrano pesanti come mattoni mentre calpesto scarpe con tacchi alti e camicie di seta per arrivare fino alla porta della mia camera. «Mettici sopra del Neosporin, dovrebbe sparire nel giro di un’ora,» grido a mia volta. «Ah, guarda chi si è unito al mondo dei vivi. Non pensavo ti avremmo vista prima dell’una.» Christine mi sfreccia accanto, profuma di lavanda e ha in mano un pasticcino per la colazione. Quasi provo a dargli un morso prima che passi oltre. «Che diavolo è successo la notte scorsa?» «Troppa tequila e la decisione all’ultimo minuto di andarcene in un narghilè bar,» urla Maddy che adesso capisco essere in uno dei bagni. La cosa, in effetti, spiega il sapore di cenere in bocca. Il mio stomaco protesta mentre entro in cucina. Noi tre ci siamo incontrate al primo anno e siamo diventate subito migliori amiche. Madison è laureanda in musica, destinata alle sale concerto e alla fama. Suona l’arpa ed è così brava che fa commuovere. È anche la più gentile del gruppo, sempre a organizzare serate e a farci invitare alle feste e nei posti migliori. Poi c’è Christine, la scaltra donna d’affari. Giuro che un giorno staccherà la testa a morsi ai colleghi maschi come una mantide religiosa. È la più intelligente del gruppo, l’amica che usa il buon senso e si assicura che paghiamo la bolletta della TV in tempo o che non ci sfrattino. E poi ci sono io, la colla che ci tiene insieme. Non direi che sono intelligente o talentuosa, a meno che il talento non riguardi il baciare o i vestiti. Se avete bisogno di aiuto nel settore bellezza, sono la ragazza che fa per voi, motivo per il quale mi sto laureando in economia, con una specializzazione in branding aziendale. Se potessi entrare in un’azienda cosmetica, produrre i miei prodotti o lanciare sul mercato i loro, sarebbe fantastico. Se devo lavorare, tanto vale fare qualcosa che mi piace. Sono anche quella folle, l’amica che costringe tutte a correre rischi così che i nostri ricordi di questo periodo non solo siano luminosi, ma brillino di luce propria. Tra noi però, sono anche la più incosciente, la più irresponsabile. Motivo per il quale le mie migliori amiche sono già in piedi e pronte per il primo giorno di corsi del terzo anno, mentre io sto ancora tentando di farmi passare la sbornia. La nostra cucina è sorprendentemente pulita, cosa che devo attribuire a Christine. Quando è ubriaca si mette sempre a pulire e per me va benissimo. Se vivessi da sola in questa villetta da un solo piano con tre camere da letto, avrei già bruciato mezza casa secoli fa cercando di preparare dei nachos alle due del mattino. «Non rubare i miei Frosted Flakes!» mi rimprovera Madison, ancora in bagno. Rimetto la scatola a posto, maledicendola silenziosamente, e prendo gli Special K alla fragola. Peccato che non siano altrettanto dolci, ho bisogno di un po’ di zuccheri per affrontare questo brutto risveglio. «A che ora hai le lezioni?» chiedo io, cercando fare una stima di quanto debba essere creativa con la mia giornata. «Ne ho una alle nove, una alle undici e una alle due del pomeriggio, quindi starò al campus per la maggior parte della giornata,» risponde Christine dalla stanza in fondo alla casa. «Io ho quasi le stesse lezioni, in più devo andare in palestra dopo. Qualcuno vuole venire a pilates con me?» chiede Maddy speranzosa. Christine e io emettiamo dei versi evasivi, che poi è il modo in cui normalmente vanno le nostre conversazioni. Maddy chiede, noi rifiutiamo. «E tu invece?» continua Christine, riferendosi al calendario delle mie lezioni. Ho riflettuto per tutta l’estate su quanto avrei dovuto nascondergli. Pensavo sarebbe stato facile, ma adesso che ci sono, non sono molto sicura di come fare. Staranno al campus tutta la giornata e, anche se nuotiamo in un mare di studenti, c’è ancora la possibilità che mi chiedano dove ho passato le mie giornate. Casa nostra si trova a due minuti di distanza dalla Salem Walsh University nella Carolina del Nord. È una strada fiancheggiata da altre case studentesche, ognuna a malapena resa vivibile dal proprietario per poi venire sfasciata e affittata di nuovo ai festaioli del college dell’anno successivo. Avevo scelto Salem molto prima che mi diplomassi al liceo. In pratica ancora prima di essere promossa al secondo anno e per parecchie ragioni. Uno, è l’alma mater dei miei genitori. Due, questa università è una delle migliori dello Stato, per non parlare del Paese. E tre, è a venticinque minuti dalla spiaggia. I palazzi della Salem Wash University sono coperti di edera rampicante e l’università ha un cortile soleggiato come uno di quei college pittoreschi dei film, però con un’atmosfera da città di mare. Dopo le lezioni, spesso gli studenti vanno alla spiaggia per surfare, studiare sulla sabbia, o giocare un po’ a pallavolo prima che i bar aprano per la serata. Per questo semestre, però, non sarò tra loro. Come farò a nascondere una cosa del genere alle mie migliori amiche? A chiunque? Se mi chiedessero in che edificio si tengono le mie lezioni dei prossimi mesi, o volessero che ci vedessimo per pranzo? Mi sono cacciata in un mare di guai, incosciente come sono. Ma ho scontato metà della pena. Quest’estate al campeggio ho estinto metà della condanna. Adesso devo solo superare questo semestre, poi mi aspetterà un fantastico ultimo anno. Devo solo capire come evitare di far scoprire alle mie coinquiline e a chiunque altro io conosca che sto andando al college statale.
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