BAD FAME

1629 Words
La sveglia suona svegliandomi dal mio solito incubo. Penso di essere una delle poche al mondo che ringrazia la sveglia ogni mattina... Mi alzo pigramente e faccio un'abbondante colazione con muffin e cappuccino. Adoro il cioccolato. Guardo l'ora e sono già le 13. Devo sbrigarmi se voglio arrivare puntuale al lavoro. Mi faccio una doccia veloce e mi vesto con la solita divisa: calzoncini neri a metà coscia e un top bianco senza maniche con il logo del bar "Kitten". Il top è troppo stretto per i miei gusti ma purtroppo è la divisa che tutti noi indossiamo. Mi do' una pettinata veloce e lego i miei lunghi capelli neri in una coda di cavallo alta. Non mi trucco mai al lavoro, non mi interessa rendermi più bella. Anzi se potessi vorrei essere invisibile. Metto dei vestiti di ricambio nella borsa ed esco di corsa. Di solito non esco in divisa, è troppo corta e stretta. Oggi però sono in ritardo e non farei in tempo a cambiarmi al bar. Mentre percorro il corridoio la porta del mio vicino si apre e lui esce. Ci fermiamo a guardarci : indossa dei jeans neri e una maglietta bianca attillata che evidenzia tutti i suoi muscoli. Dalla manica sinistra spunta il tatuaggio che ieri mi ha incantata. È un groviglio di rami con le spine e qualche goccia di sangue risalta per il colore rosso. "Buongiorno gattina!" Sorride malizioso guardandomi il seno. Mi riprendo e mi osservo il busto dove la scritta "kitten" si allarga sul mio seno. È per questo che mi chiama gattina? Non credevo sapesse dove lavoro... "Buongiorno anche a te mister muscolo!" Ribatto secca perché non mi piace come mi guarda. Non che sia diverso dagli sguardi degli altri uomini. Lo supero e mi dirigo verso le scale. "Mi chiamo Reece!" Mi urla mentre scendo velocemente i gradini. Faccio finta di non averlo sentito e continuo la mia corsa. Lo so è da maleducati ma ne ho abbastanza di uomini che si fanno avanti per poi trattarmi come se non valessi nulla. Questo poi è anche il mio vicino di casa non potrei evitare di incontrarlo. Arrivo al bar Kitten con cinque minuti di anticipo. Dietro il bancone c'è la mia collega Jen indaffarata a preparare alcuni drink. Dal retro spunta Adrian che appena mi vede si acciglia e distoglie lo sguardo. Sembra ancora arrabbiato. Sbuffo maledicendomi mentalmente per aver fatto sesso con un collega. Speriamo almeno che il lavoro non ne risenta. Dopo tre ore le mie speranze sono andate in fumo. Adrian non mi rivolge parola e sembra fare apposta a passare ordini incomprensibili e sbagliati. Faccio finta di niente con la speranza che rinsavisca e si accorga di comportarsi da bambino. Ma quando lo vedo parlare con dei suoi amici che poi mi guardano e ridono, mi rendo conto che non sarà così semplice. Cerco di ignorarli e continuo il mio lavoro finché due di loro si avvicinano al bancone e iniziano a squadrarmi e sogghignare. So già cosa pensano e perché ridono ma indosso la mia maschera di indifferenza e gentilmente chiedo cosa vogliono. "Vogliamo il servizio che hai fatto ad Adrian. Sappiamo che ti piace farlo in tre ma se vuoi chiamiamo anche gli altri." Ridacchiano continuando a fissarmi il seno. Per un momento rimango basita. Sul serio ha detto questo di me? Guardo Adrian che mi guarda sghignazzando con i suoi amici. Sopprimo la rabbia che mi sta invadendo e mi volto verso i due ragazzi di fronte a me mostrando il mio sorriso. "Credo che Adrian non abbia capito bene." continuo a parlare calma e sorridente."Sono mesi che mi rompe pregandomi di uscire con lui. L'altra sera gli ho dato un'occasione. Ma purtroppo è stata come dire... poco soddisfacente. Adesso sto lavorando ma tranquilli quando ne avrò voglia sarò io a cercarvi!" sorrido facendogli occhiolino. Ormai sono abituata a mostrarmi così: come la gente si aspetta io sia. So che è sbagliato ma ho imparato sulla mia pelle che è inutile insistere e dire la verità. La gente non cambia opinione solo per delle parole, soprattutto se si tratta di una brutta reputazione. Li saluto e mi volto continuando a lavorare facendo finta non sia successo niente. Non sembra che Adrian abbia preso bene le mie parole perché adesso non solo continua a portare ordini sbagliati, ma insinua con i clienti che la colpa è mia. Sopporto fino alla pausa delle 17,00 e poi mi dirigo spedita verso l'ufficio di Aaron, il nostro capo. Busso piano e al suo permesso entro andandomi a sedere sulla sedia di fronte alla scrivania. "Ciao Aaron scusa se ti disturbo ma ho una richiesta da farti." Mi muovo a disagio sulla sedia. "Nessun disturbo tranquilla. Dimmi cosa posso fare per la mia migliore barista?" Mi sorride. Aaron è un uomo di cinquant'anni, brizzolato e con due profondi occhi azzurri. Lavoro con lui da tre anni ormai e ho imparato molto da lui. Mi ha assunta nel mio periodo più buio, quando nessuno avrebbe mai dato un lavoro a una ragazza come me. Mi ha dato fiducia e in questi anni ho cercato di meritarla, per questo non mi sento a mio agio. Mi sembra di aver fallito. "Mi spiace ma ho fatto un casino con Adrian. Ora lui è arrabbiato e non credo riusciremo a lavorare insieme. Volevo chiederti se posso cambiare i turni per non lavorare con lui. Se non è possibile lo capisco. Mi cercherò un'altro lavoro." non riesco a guardarlo negli occhi mi sento in colpa per averlo messo in questa situazione. "Cosa significa hai fatto un casino?"la sua domanda mi fa alzare il viso verso di lui. Il suo sguardo è sorpreso ma non vedo delusione nei suoi occhi. Non ancora almeno. "E' una cosa personale che non riguarda il lavoro. Lui non l'ha presa bene. " prendo un respiro e continuo " Senti, se non è possibile lo capisco. Mi cercherò un'altro lavoro." Lo guardo dispiaciuta. Ho sbagliato a bere L'altra sera e a lasciarmi andare. Sono pronta ad andarmene se necessario ma non voglio che la sua attività sia compromessa per un mio errore. "Zara calmati. Non so cosa sia successo ma va bene, cercherò di cambiarvi i turni. Lo sai che non posso fare a meno di te!" porta le mani avanti per rassicurarmi ed io mi sento anche peggio. Quest'uomo è troppo buono con me, non me lo merito. "Grazie Aaron! Ti prometto che una cosa del genere non succederà più!" mi alzo dalla sedia e lo guardo grata. " Se vuoi posso parlargli io..." inizia ma lo interrompo. "No grazie. Lo sai come vanno certe cose, si arrabbierebbe ancora di più. Grazie comunque come sempre." Gli sorrido voltandomi e ritornando al lavoro. Per fortuna il turno di Adrian è appena finito e ricomincio a lavorare più serena e senza problemi. Sono le dieci di sera quando finalmente riesco a tornare a casa. Questa giornata mi ha distrutto sia mentalmente che fisicamente. Quando arrivo sul pianerottolo del mio appartamento mi blocco vedendo davanti alla porta Adrian che mi guarda furioso. "Tu! Brutta puttana!" mi urla venendomi incontro minaccioso, tanto che involontariamente faccio un passo indietro. " Ti sei fatta sbattere anche da Aaron per farmi cambiare gli orari? " continua a sputare cattiverie mentre si avvicina. "Ho chiesto di cambiare i miei turni non i tuoi! E non sono affari tuoi con chi scopo o meno!" gli rispondo cercando di apparire indifferente. Mi impongo di rimanere ferma e non indietreggiare. Non voglio più mostrare di avere paura. Sono così impegnata a celare le mie emozioni che non mi sono accorta che la porta del mio vicino si è aperta e lui si è messo di fianco a me. "Qualche problema gattina?" la sua voce mi distrae e mi volto a guardarlo sorpresa. E' altissimo per cui devo alzare la testa per vederlo in viso. Stà guardando Adrian con sguardo minaccioso. Adrian si ferma e ci guarda sorpreso. Poi mi guarda ancora più maligno, forse è il nomignolo che mister muscolo ha usato a farlo arrabbiare di più. "E questo chi è il tuo pappone? Non credevo ti facessi pure pagare!" mi guarda con disprezzo. Io oramai sono abituata a gente come lui e le sue offese non mi colpiscono più di tanto. "Come? Non mi hai pagata l'altra sera? Si vede che ero troppo ubriaca. Pazienza ritienilo un omaggio della casa. Basta che non ti fai più rivedere. " Rispondo serafica. Con la coda dell'occhio vedo il mio vicino sobbalzare e voltare il viso verso di me. Perfetto. Se mi considera una puttana starà alla larga da me. Il viso di Adrian diventa ancora più rosso. Mi guarda un'ultima volta e si allontana senza più dire una parola. Mi avvio tranquillamente alla mia porta senza degnare di uno sguardo il mio vicino. Non voglio ammetterlo ma la vergogna mi impedisce di guardare il suo viso che immagino sia disgustato. Mentre apro la porta ed entro nel mio appartamento la sua voce mi sorprende. "Perchè ti fai trattare così?" senza rendermene conto mi volto e lo guardo. Non mi stà fissando con disgusto. Sembra dispiaciuto. E questo mi colpisce come un pugno nello stomaco. Non voglio la pietà di nessuno tanto meno la sua. Per cui indosso il mio sorriso più innocente e lo fisso negli occhi. "Che vuoi? Oggi non mi va di fare sesso mi dispiace. Sarà per un'altra volta." chiudo la porta dietro il suo sguardo confuso. E' inutile che fa quella faccia sorpresa. So benissimo cosa vogliono gli uomini da me. E sono sicura che lui non è da meno. Mi trascino verso il letto e mi ci butto con i vestiti ancora addosso. Per la stanchezza mi addormento senza rendermene conto.
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