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2063 Words
2 Seconda «Wow! Seconda» squittì Emma alle mie spalle. Quando mi voltai verso la sua voce, abbassò gli occhi sul mio naso, e mi chiesi se mi sarei mai abituata al fatto che le persone dovessero pensarci prima di incrociare il mio sguardo. Ora che avevo il tempo di guardarmi intorno, mi accorsi che eravamo in una zona boscosa sul Monte Hood. C’erano alcune baite che punteggiavano la proprietà, ma quella di Kai era di gran lunga la più grande. Non c’erano recinzioni, solo spazi aperti e cedri e abeti bellissimi ed enormi. «Già, chi l’avrebbe mai detto?» Feci spallucce, non sapendo cosa rispondere. Non ero ancora del tutto convinta che non si trattasse di una sorta di delirio paranoico. Ero ancora sconcertata dall’essere risultata la seconda nel branco e preoccupata di cosa questo volesse dire veramente. Emma e io ci incamminammo insieme verso il retro della casa, seguendo il profumo di cibo pronto. Lei sorrise e mi prese la mano. «Dai, ti presento il mio compagno.» Di nuovo quella parola: Kai mi aveva detto che alcuni degli uomini lì presenti si sarebbero chiesti se fossi la loro compagna. «Il tuo compagno…?» Lasciai la frase in sospeso. «Sì, Devon. Abbiamo fatto la cerimonia di accoppiamento pochi mesi fa. Te la sei persa.» «Quindi è come un matrimonio?» Sperai che l’accoppiamento non fosse qualcosa che le donne erano costrette a subire. La maggior parte di queste persone sembrava a posto, ma rimanevo guardinga. Il cortile sul retro, vidi, era un grande spazio verde con tavoli rettangolari e qualche griglia. Mi chiesi se avessero degli hamburger vegetariani. Certo, come no. Supposi che non esistessero licantropi vegetariani. Anche solo pensare a quella parola, licantropo, mi fece sentire pazza. «Quasi come un matrimonio» mi spiegò Emma, «se non fosse che i compagni sono estremamente rari e, una volta che un licantropo trova il suo, si accoppiano per la vita. Solo che al posto di scambiarsi gli anelli, come ho visto fare agli umani in TV, si scambiano il sangue.» Gli occhi dovevano essermi usciti dalle orbite. Sangue. «Non beviamo il sangue! Solo un piccolo morso, un marchio.» Emma si tirò su la lunga manica della camicia per rivelare un segno sul polso. «È infuso di magia. Devon ed io siamo accoppiati per la vita e ora possiamo avere dei figli.» Sorrise. «Stai parlando di me, spero.» Un uomo alto con i capelli color sabbia e gli occhi azzurri si avvicinò alle nostre spalle, avvolgendo le braccia intorno alla vita di Emma. Lei arrossì. «Aurora, questo è Devon, mio compagno e marito.» Lui mi prese la mano e si inchinò leggermente. «Piacere. Benvenuta nel branco. Siamo tutti elettrizzati all’idea di averti con noi, o comunque la maggior parte di noi lo è.» Fece un cenno verso Sadie e altri ragazzi seduti a uno dei tavoli, che mi osservavano accigliati. Emma lo schiaffeggiò sul braccio e lui la baciò sulla guancia prima di dirigersi verso una delle griglie. Ricordai che Devon era posizionato verso il centro del branco. «Quindi non è un problema che tu sia sottomessa e Devon…» «Dominante?» Emma lasciò andare quella parola come se niente fosse. «In realtà è la miglior combinazione tra compagni. Due lupi troppo vicini come rango potrebbero essere molto potenti insieme, o sviluppare un conflitto latente. Se ci fossero due lupi altamente dominanti e una situazione di pericolo, chi proteggerebbe chi? Se il meno dominante cercasse di proteggere il più forte, starebbe dicendo che l’altro non può proteggersi da solo. Questo potrebbe dare il via a uno scontro fra loro.» Cavolo. Così tante regole e cose da memorizzare. «Io e Devon abbiamo chiaro il nostro ruolo. Se mai dovesse succedere qualcosa e lui venisse ferito, lo proteggerei fino al mio ultimo respiro, ma in genere lascio che sia lui a prendere il comando.» Sorrise. «Basta “Fondamenti di licantropia”, andiamo a socializzare. Avremo tutto il tempo per parlarne nei prossimi secoli. Ah, ho dimenticato di dirtelo? A meno che non ci uccidano, noi licantropi siamo immortali.» Si diresse verso il gruppo, lasciandomi a bocca aperta. Cos’aveva appena detto? Ero immortale? Santo cielo! Avrei dovuto investire quel cervo. Mi avvicinai lentamente a un tavolo vuoto, sentendomi la ragazza nuova al liceo con una sola amica. Un giovane ragazzo indiano, che sembrava la fotocopia di Kai, mi mise davanti una grossa bistecca sanguinolenta. Lo ricordai dalla gara di sguardi. «Per te, mia signora.» Sorrise. Aveva circa sedici anni, ma chi poteva dire la sua vera età. Mi coprii il naso perché l’odore della carne mi nauseava. «Grazie, ma in realtà sono vegetariana» ammisi. La sua espressione crollò. I licantropi dovevano avere un udito davvero buono, perché ogni voce si spense e tutte le teste si voltarono verso di me. Il ragazzo iniziò a ridere, una risata profonda e gutturale. «Il nuovo secondo in comando di mio fratello, vegetariano?» Mi stava prendendo in giro? Sorrisi sotto ai baffi. «Sì! Parola chiave, secondo in comando.» Il potere irradiò dalla mia voce, ma non ne ero consapevole. Il ragazzo smise immediatamente di ridere e abbassò lo sguardo, e tutti tornarono a parlare. Ops, non ero sicura di cosa avevo appena fatto, ma mi dispiacque. Kai si avvicinò con un piatto di pannocchie e del purè di patate e me lo mise davanti, arruffando i capelli del fratello. «Questo ti insegnerà a non prendere in giro un vegetariano dominante» scherzò Kai. Suo fratello mise il broncio, prima di rivolgersi a me. «Io sono Akash. Benvenuta nel branco» borbottò. Gli sorrisi, adesso mi sentivo davvero in colpa. «Grazie. Proverò a ricordare i nomi, ma tu aiutami se non dovessi riuscirci. Grazie per la bistecca. È stato molto gentile da parte tua.» Akash arrossì dalla testa ai piedi e… fu un ringhio basso quello che sentii da Kai? Akash guardò suo fratello sogghignando, prima di correre a prendere il suo cibo. «Da che parte dell’India vieni?» chiesi a Kai. «Hai dato per scontato che, dal momento che ho la pelle scura, io venga dall’India?» La sua espressione era vuota. «Oh. Mi dispiace, io…» Non seppi cosa dire. Lui sorrise. «Vengo da Delhi, e anche Akash.» Cretino. Volevo schiaffeggiarlo, ma ci ripensai. «Sono stata a Delhi. Cibo incredibile e persone meravigliose» dissi. Non mi piaceva stare lì seduta con lui che torreggiava su di me con la sua mole imponente e non mi piaceva neanche il modo in cui il suo profumo mi scaldava lo stomaco. Fu il suo turno di restare senza parole. Mi presi del tempo per studiare il suo aspetto. L’ombra di una rasatura imperfetta gli punteggiava la mascella forte, e non potei fare a meno di ripensare a quanto fosse attraente. Era quel tipo di uomo rude su cui ogni donna ha delle fantasie segrete. Mi aspettavo che, da un momento all’altro, iniziasse a spaccare la legna. «Sei stata a Delhi?» «Sì, sei mesi fa, per volontariato. Ho avviato un rifugio per donne vittime di violenza domestica. Dio, mi manca il cibo.» Pensai a tutte le notti fredde passate a dormire su una branda al ricovero per donne, con mia madre. Frammenti della mia infanzia si rincorsero nella mia mente, ma cercai di sopprimerli. Tentai con tutte le mie forze di non ripiombare in quel posto buio. Alzando lo sguardo, vidi che la mascella di Kai si serrava e i suoi occhi passavano dal nero al giallo dorato. Raddrizzai la testa per la paura, ma lui si riprese con rapidità e forzò un sorriso. «È generoso da parte tua fare un lavoro del genere.» La sua voce era dura, come se fosse arrabbiato. Aveva colto i miei pensieri? I miei pensieri più privati? La rabbia si impadronì di me e alzandomi, presi il mio piatto. «Credo che andrò a socializzare, dopodiché tu ed io dovremmo parlare della mia vecchia vita e di cosa farne.» La mia voce era tagliente mentre mi allontanavo. Come osava leggermi nella mente quando pensavo al mio doloroso passato! Erano cose private! Due parole arrivarono dritte nella mia testa attraverso il nostro legame. «Mi dispiace.» Non importava. Mi scrollai di dosso la conversazione con Kai e mi sedetti con Emma e Devon. Trascorsi le due ore successive assieme agli altri lupi. Scoprii che riuscivo a capire immediatamente chi era sottomesso e chi invece più dominante. Il mio lupo interiore poteva percepirlo e io finii col conversare facilmente, lasciando che a guidarmi fosse l’istinto. Per quanto tutto questo fosse strano, sentivo che questo era il mio branco, la mia famiglia, e mi sentivo molto protettiva nei confronti dei lupi sottomessi. Una cosa era certa: Sadie mi stava lanciando occhiate taglienti da tutta la sera. Mi ricordai di chiederne il motivo ad Emma più tardi. Mentre stavo raccontando a Luke, un lupo dei ranghi centrali nel branco, del mio posto preferito per le escursioni sul Monte Hood, Kai mi appoggiò una mano sulla spalla. «Dobbiamo parlare» mi sussurrò all’orecchio, entrando completamente nel mio spazio personale. Non era una richiesta. Lo guardai e annuì bruscamente. «Luke.» Fece un cenno. Lui sorrise. «Kai.» Ci incamminammo insieme verso casa e, mentre passavamo accanto a Sadie, non potei fare a meno di invidiarle i capelli neri e il fisico scolpito. Era molto carina, oltre che l’esatto opposto di me. Io avevo una carnagione chiara e capelli di un pallido biondo. Mi sentii insignificante rispetto alla sua bellezza esotica. «Hai l’aspetto di un angelo» disse Kai mentre raggiungevamo la porta di casa. Cercai di contenere il rossore che mi stava colorando le guance, ma recuperai rapidamente. «Okay, prima cosa all’ordine del giorno: devi uscire dalla mia testa. Tipo adesso.» Ero seriamente combattuta tra lo schiaffeggiarlo e… Il suo sguardo sexy e accigliato incontrò il mio come se avesse sentito anche quel pensiero, e mi sfidasse a completarlo. Quando non lo feci, sorrise e aprì la porta di casa, facendomi strada verso il suo ufficio. Dopo aver chiuso la porta alle nostre spalle, rimasi lì, incerta su cosa fare. I miei occhi vagarono sul moderno arredamento dai colori maschili, blu scuro e grigio, e decisi di sedermi sul divano di pelle marrone. Kai si sedette sul bordo della grande scrivania di legno. Torreggiava su di me. Un’altra volta. «Ti insegnerò come impedirmi di leggere i tuoi pensieri, ma non sarò mai completamente escluso dalla tua mente. Qual è il prossimo punto in agenda?» Sorrise e i suoi occhi brillarono, come se avere una lista di cose da discutere gli procurasse una gioia immensa. Bene, era disposto a insegnarmi a tenere privati i miei pensieri. Era già un inizio. «Devo chiamare mia madre.» Questo non era negoziabile. Kai sospirò e si passò i grandi palmi sui jeans attillati. «La cosa migliore per un lupo, dopo la trasformazione, è fingersi morto. Ho spostato la tua auto più a fondo nel bosco, lontano dalla strada, e l’ho nascosta sotto degli alberi caduti. Una chiamata alla polizia, dicendo che l’ho trovata mentre facevo jogging, e il gioco è fatto. Il tuo sangue… è dappertutto. Penseranno che gli animali abbiano preso il tuo corpo.» La mia mente vacillava. Se questo idiota pensava che sarei stata d’accordo a falsificare la mia morte, avrebbe avuto una grossa sorpresa. «Gli animali hanno preso il mio corpo!» Ruggii, e i suoi occhi gialli divamparono. Non andava affatto bene. «E non fingerò la mia morte!» Mi alzai, avvicinandomi a lui. «Sono tutto ciò che è rimasto a mia madre.» Poi lasciai che i flashback della mia infanzia fluissero attraverso il legame mentale: mia madre che veniva picchiata mentre cercava di impedirgli di colpire me, e le immagini di me che venivo colpita per la più sciocca delle cose. Poi le bloccai. «Lei è tutto quello che ho io.» La mia mascella era così serrata che pensai che i miei denti si sarebbero spezzati. Kai accorciò in un attimo la distanza tra di noi; il suo corpo si irrigidì e sembrava pronto a uccidere. «Chi ti ha ferita?» chiese, facendomi immediatamente pentire di aver condiviso ricordi così personali. Così da vicino, riuscivo a sentire il suo profumo. La sua essenza unica faceva sì che la bestia dentro di me si agitasse di nuovo nella sua gabbia, proprio mentre una sensazione di calore si concentrava più a sud del mio ombelico. «Non farlo» gli dissi con ferocia e provai a scansarlo, ma lui si piazzò davanti a me. «Lasciami entrare» mi implorò e, mentre mi fissava negli occhi, sembrava vulnerabile. «No.» Lo respinsi indietro e lo fissai, senza abbassare lo sguardo come avrei dovuto, dimostrandogli che non poteva costringermi. Non ero una sua proprietà. Alfa o meno, io avevo voce in capitolo e sapevo prendermi cura di me stessa. Lui ricambiò lo sguardo, risoluto. Sfidalo, disse il mio lupo interiore. Cazzo, cosa stavo facendo? La mia fronte esplose di sudore e le mie ginocchia divennero improvvisamente molli. Perché diavolo lo stavo facendo? Il suo odore era inebriante e non riuscivo a distogliere lo sguardo. Sapevo che era sbagliato, un’idea pessima e terribile sfidare l’alfa, ma nel profondo di me c’era una sopravvissuta che non si sarebbe arresa. Mai. E lui l’aveva trascinata in tutto questo. Dovevo restare in piedi o mi avrebbe calpestata.
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