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Emilie Sanslieu. Nella costellazione del drago Glinor

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Il mistero dei draghi e di un’antica città perduta attende Emilie nel suo soggiorno nella Costellazione del Drago. Insieme ad amici vecchi e nuovi, Emilie affronterà la conoscenza del potere delle pietre, imparerà quanto sia importante riconoscere un drago di terra da un drago d’acqua, un drago dell’aria da uno del fuoco, e che le leggende hanno sempre un fondo di verità. Sia quando si tratti di tradimenti, sia quando si parli del Dono dei Sanslieu. Il pericolo è fra loro, le Potenze Oscure possono corrompere gli animi più nobili e penetrare nel Palazzo della Conoscenza con astuzie inimmaginabili, ma quando l’amicizia è forte e vera, c’è sempre la speranza che l’ostacolo possa essere superato, soprattutto quando si può contare su un’amica inaspettata: Glinor dei Sanslieu.

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Capitolo I-1
Capitolo I «Oh! È bellissimo! Che cos’è?» Gli occhi sgranati per la sorpresa, Emilie guardava una meraviglia che splendeva nella buia volta celeste, un grosso ammasso di stelle che disegnavano un enorme animale, con una grande testa e una lunghissima coda. Istintivamente, tese un braccio per indicarlo e si sporse: avrebbe perso l’equilibrio se l’Arciguardiano Smanoinich non l’avesse afferrata al volo. “Che sia la sbadataggine, il futuro dono dei Sanslieu?” La voce dell’Arciguardiano echeggiò sarcastica nella testa di Emilie, che si ricordò finalmente di essere cavalcioni su un dorso di drago e nel bel mezzo del vuoto galattico, per cui si sbrigò ad aggrapparsi alla cintura di Smanoinich e a recuperare l’equilibrio. Nella custodia appesa dietro le spalle, Iriadel rideva a crepapelle. Emilie non ebbe il tempo d’indignarsi col suo flauto che la prendeva in giro, poiché il drago Seall virò improvvisamente, accelerò con una brusca spinta delle ali, e si tuffò fra quelle stelle. Un filo di fumo gli usciva dalle narici. «La costellazione del drago» le rispose l’Arciguardiano con la sua voce profonda e un po’ gutturale, come se avesse una caverna al posto della cassa toracica. «È grandissima!» esclamò Emilie, che non aveva mai immaginato che un insieme di stelle tanto numeroso potesse formare una sola costellazione. «Hanno un nome?» Smanoinich rise. “Finché la curiosità serve per apprendere, l’intelligenza ne approfitta per evolvere!” Le parole risuonarono nella mente di Emilie come tante campane, l’Arciguardiano proseguì: “Eltanin, Rastaban e le due Draconis sono le stelle più grandi. Ladalin, Kemelek e Mirantor i pianeti abitati. Soltanto in uno di essi si trovano le tracce della memoria. Potere del fuoco di drago, se la città sepolta riuscirai a trovare, l’Antica Gemma potrà riapparire”. Emilie non riuscì a riflettere sull’ultima frase perché Seall emise una potente fiammata e accelerò un’altra volta, e poco dopo si trovò circondata da luce e da stelle incandescenti, come se si fosse infilata dentro un tizzone. “Fuoco e sangue di drago, la verità non compare, labirinti di sapienza in cui cercare, quel che altrove è un pericoloso mistero, qui è realtà da inventare. Fantasia, ingegno e saggezza sono il prezioso dono del drago”. Emilie avrebbe voluto chiedere su quale pianeta sarebbero atterrati e tenere gli occhi ben aperti per non perdersi nulla del suo ingresso nella costellazione del drago, ma l’ipnotica voce mentale dell’Arciguardiano le fece venire un gran sonno, finché le palpebre non divennero tanto pesanti da non riuscire a scollarle e si addormentò. «Non è un passero e neppure un fringuello, ma direi che se ti svegliassi sarebbe l’evento più bello, il mattino canta nella stella del drago, ti aspetta di certo una sorpresa da mago». La canzoncina s’infiltrò fra i sogni di Emilie sotto forma di un cinguettio familiare. Subito dopo, una serie di trilli che parevano una fanfara esplosero l’uno dopo l’altro: “Abbiamo visite! Sveglia! Apri gli occhi! Non tutti e due insieme o crederai di stare ancora sognando”. L’inconfondibile voce di Iriadel costrinse Emilie a svegliarsi del tutto e la ragazzina aprì gli occhi. Il suo sguardo incrociò quello di una strana creatura che la osservava, a braccia incrociate. Era altissima, così alta che forse avrebbe dovuto chinarsi per passare attraverso la porta, con un viso gradevole ma talmente pallido da sembrare uno spettro. “Potrebbe avere il raffreddore, oppure l’influenza”. I capelli erano lunghi e biondissimi, gli occhi verdi, grandi e all’insù. Ciononostante faceva paura, perché le braccia che spuntavano dalla tunica a maniche corte erano coperte da squame verdastre. Emilie scattò a sedere sul letto, la faccia spiritata. «Chi sei?» «Non è consuetudine fra gli umani dire buongiorno, come stai, mi piacerebbe fare la tua conoscenza?» rispose lo sconosciuto, la voce altezzosa e l’aria arrogante. Emilie udì Iriadel trillare nella sua testa per attirare la sua attenzione: “Fossi in te, la pianterei di fare la faccia di chi ha visto un mostro e gli domanderei chi è, mi sembra un tipo suscettibile. Inoltre, non è molto educato guardarlo a quel modo”. Il flauto aveva ragione. L’aspetto della creatura immobile accanto al suo letto era inquietante, ma la ragazzina ricordò che le persone non si giudicano dall’aspetto e che doveva guardare oltre le apparenze. «Scusa» disse. «È che…» non riuscì ad aggiungere altro. Sulla faccia dello sconosciuto, severa sino a quel momento, si disegnò un sorriso allegro. «Solo che ho una faccia talmente spaventosa che ti sono mancate le parole.» «Non è vero, non sei spaventoso, sei solo strano. Scusa, non avevo mai visto una persona come te.» A quel punto, lo sconosciuto cominciò a ridere. Rideva e singhiozzava, lacrime di divertimento gli colavano sulle guance pallide ed era letteralmente piegato in due dalle risate. Emilie lo immaginò mentre si rotolava per terra a causa del gran ridere. Fra una risata e l’altra, il nuovo venuto cercava di darsi un contegno e di riprendere un’aria seria, però non ci riusciva. “Apparenze a parte, dev’essere un tipo simpatico” rifletté Emilie. Attese quindi che gli passasse la ridarella. «Sei una ragazzina sincera, signorina Sanslieu. Ammetto che la fama che ti precede è del tutto meritata. Di solito, voi umani evitate di dire quel che pensate con la scusa di una cortesia che, con tutto il rispetto, ho sempre trovato stucchevole. Bisogna riconoscere inoltre che, svegliarsi in un posto estraneo, dopo un lungo viaggio attraverso l’universo, e trovare accanto al proprio letto un multirazziale, sarebbe stata un’esperienza insuperabile per chiunque. Voglio essere onesto, l’ho fatto di proposito, volevo vedere come te la cavavi e se era vero quel che si dice di te: benvenuta nella costellazione del drago, Emilie, è un piacere conoscerti. Adesso, se sei abbastanza sveglia, dovresti alzarti e prepararti; è l’ora della colazione e l’Arciguardiano Smanoinich vuole presentarti agli altri allievi. Ti consiglio di sbrigarti perché, oltre alla colazione, ci aspetta una lunga visita nei palazzi dei draghi.» La strana creatura fece per andarsene. «Aspetta!» la chiamò Emilie. «Come ti chiami? E che cos’è un multirazziale?» Lo sconosciuto si volse, la squadrò con un sorriso beffardo stampato sulla faccia e rispose: «Mi chiamo Aduial, che in Sindarin, uno dei linguaggi elfici, vuol dire Secondo Crepuscolo, quello del mattino, poiché sono nato nel momento di passaggio dalla notte all’alba. E ora sbrigati o facciamo tardi.» «Non sapevo che esistessero elfi come te, quelli che ho incontrato erano diversi.» «Infatti non sono un elfo ma un multirazziale.» «Che vuol dire?» Aduial tentò di impostare uno sguardo severo ma era troppo divertito. «I racconti sulla tua curiosità, Emilie, non erano certo fandonie! C’è tempo per le spiegazioni, a Smanoinich non piace che si arrivi in ritardo, sbrigati». Senza aggiungere altro, Aduial si voltò e lasciò la stanza. «Ti aspetto qui fuori!» aggiunse mentre chiudeva la porta. Emilie si guardò intorno. Non aveva avuto ancora il tempo di vedere la sua nuova cameretta e questa le parve strabiliante. Era stata scavata nella roccia, le pareti brillavano di tante pietre colorate, incastonate forse casualmente, ma che a tratti componevano degli splendidi mosaici, era irregolarmente tondeggiante e aveva una grande finestra. A parte il letto, una sedia e una scrivania, l’ambiente era spoglio. Non c’era l’ombra di un armadio. In compenso, c’erano ben cinque porte, tutte di legno, tutte uguali, tranne che per il colore delle pietre che vi erano state inserite nella parte superiore, in modo da formare una decorazione. «Mi piacerebbe moltissimo non fare tardi, peccato che non sappia dove siano le mie cose e che questo posto sembri un labirinto». Emilie saltò giù dal letto. Trillo di Iriadel: “Regola numero uno, trovare il bagno per sciacquarti la faccia, sembri uno spaventapasseri. Fortuna che Merlin non è un passero o sarebbe già scappato”. Appollaiato su un trespolo accanto alla finestra, Merlin cinguettò allegramente. «Se la porta del bagno vuoi trovare, tutte le porte dovrai aprire.» «Grazie, Merlin, mi sei di grande aiuto. Mi sembra di stare nel regno degli indovinelli.» «Bianco per il candore, giallo per apparire, verde per sapere, azzurro per viaggiare, il marrone è per uscire.» Cantò di nuovo Merlin. Intanto Iriadel sghignazzava a forza di trilli. Emilie si fermò un attimo a riflettere. «Candore, uguale pulizia, uguale bagno!» Aprì la porta decorata con scintillanti pietre bianche ed entrò nella piccola toilette. Sapone, acqua e pettine la aiutarono a darsi un aspetto presentabile. «Con madame Sonore era tutto più facile» sbuffò, «e anche più divertente, ma immagino che per diventare dei veri Viandanti bisogna sapersi arrangiare da soli e rinunciare a qualche comodità. E adesso i vestiti. Giallo per apparire, quindi dev’essere l’armadio.» Oltre la porta con le decorazioni gialle, c’erano una fila di vestiti appesi, uno specchio, una cassettiera e una scarpiera. Emilie prese una delle divise, casacca e pantaloni identici a quelli indossati da Aduial, ma di colore marrone invece che bordò come quella del multirazziale. Siccome la casacca era a maniche corte, prese dalla cassettiera un giacchino dello stesso colore. «Non si sa mai. Madame Sonore dice sempre che bisogna essere previdenti per non buscarsi un raffreddore.» Scelse degli stivaletti dalla scarpiera e si osservò un attimo allo specchio: aveva ancora l’espressione spiritata. Ma quella, per il momento, non c’era verso di cambiarla perché era troppo stupita ed eccitata dal suo primo giorno nella costellazione del drago. Per un attimo, la curiosità prevalse sulla fretta ed Emilie pensò di aprire la porta con le pietre verdi, ma poi si disse che arrivare in ritardo non sarebbe stato il modo migliore per iniziare la sua carriera di aspirante viandante, quindi decise che avrebbe curiosato un’altra volta. «Chissà se avrò bisogno di qualche quaderno? Aduial ha parlato solo di colazione e di una visita nei palazzi dei draghi, per cui non dovrebbero servirmi e, comunque, posso sempre venire a prenderli.» Emilie si fermò a guardarsi intorno, chiedendosi se non stesse dimenticando qualcosa. La borsa della mamma con i suoi tesori era sul comodino di fianco al letto. Istintivamente la sua mano andò al medaglione che aveva infilato sotto la casacca e si sentì più tranquilla, poi si avvicinò alla borsa e la aprì: le sue cose più preziose stavano tutte là dentro, compreso i due mantelli, accuratamente ripiegati, il diario e lo scrigno. Richiuse la borsa e, rassicurata, inforcò la porta decorata con le pietre marroni, la stessa da cui era uscito Aduial. Non fece in tempo ad appoggiare la mano sul pomello che Iriadel cominciò a trillare all’impazzata. «Non so se posso portarti con me, Iriadel, non ho chiesto il permesso.» Trillo terribilmente offeso. «Non fare il permaloso! Certo che non voglio lasciarti qui, solo che non so che fare!» Trillo deciso di chi ha le idee chiare. “Un Viandante non si separa mai dal suo flauto, neppure a colazione”. Poiché Emilie esitava ancora, Iriadel fece il broncio con un trillo che pareva una pernacchia. «E va bene» si rassegnò la ragazzina. «Tanto lo so che, se non ti porto, saresti capace di strillare per tutto il giorno, però prometti di non combinare pasticci e di non infilarti nelle conversazioni. Non per ora, almeno, dato che non conosciamo nessuno.» Trillo di promessa. Emilie lo mise nell’astuccio, infilò la tracolla e, finalmente, uscì. “Devo essere in ritardo” pensò, e intanto si chiedeva come sarebbe stata quella sua prima giornata da allieva. Seduto sul gradino della scala, Aduial aspettava. Nella penombra del pianerottolo solitario, pareva un fantasma. La squadrò con un mezzo sorriso sornione. «Sei pronta ad affrontare la realtà dei Viandanti, signorina Emilie Sanslieu?» Emilie lo precedette lungo le scale perdendosi l’espressione scherzosa di Aduial. «Sono terrorizzata ma cerco di non farlo vedere. Non so niente di niente, non conosco nessuno, a parte te e l’Arciguardiano, che mi fa paura perché mi parla nella testa e mi fa addormentare, oppure mi confonde tutti i pensieri.» La mano del giovane si poggiò sulla sua spalla, trattenendola. «Smanoinich è un grande saggio e un gran guardiano, ha sconfitto tante volte le Potenze Oscure e rischiato la propria vita per salvare qualcuno, non devi avere paura di lui. Come tutti i draghi, conosce tantissime cose e ha un metodo molto personale per comunicare e insegnare, ma serve a stimolarti a pensare, in modo che tu possa trovare da sola le risposte. Inoltre dovresti sapere che i draghi parlano per metafore.»

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