Parte prima-3

2039 Words
Ma l'offerta del Bianchini le ricordò che era ora d'andare a casa, d'onde mancava da tre ore, e i suoi cinque figliuoli dovevano aver messo tutto sossopra. S'alzò, e sentendo un ronzio forte nella strada, s'avvicinò alla finestra, esclamò allegramente: — Tò! I bersaglieri. Il Bianchini accorse: c'era una compagnia di bersaglieri schierata, di cui si vedeva spiegare l'ala destra da via del Carmine. I soldati erano al riparo. Gli ufficiali passeggiavano in corso Beccaria, dove s'era radunata molta gente. Nell'anticamera, la signora disse alle amiche: — Fortunate voi altre che state qui, che potete veder qualche cosa! Noi stiamo in quel deserto di corso Vinzaglio, dove non accade mai nulla. E rise ancora di cuore sul pianerottolo dicendo che andava ad attraversare la rivoluzione. Malgrado tutto, il Bianchini si mise a tavola di buon umore, perché quello era sempre per lui il momento; perché non era né un goloso, né un beone, ma gli piaceva mangiare e ber bene, e a ciò lo servivano gli organi ottimamente. E poi gli faceva sempre piacere aver a mensa la nuora, che amava, e il nipotino, che il suo Alberto adorava. E la nuora non gli piaceva soltanto perché bella; colta, un carattere buono, sano e amabile come il suo; ma perché era figlia di suo padre. Il Commendatore Dondéro, ex-deputato, ricco, autore di opuscoli su quistioni tributarie, in procinto da quindici anni d'esser nominato senatore, che rappresentava per lui, modesto proprietario ed ex-impiegato oscuro e di molto circoscritta intelligenza, una grandezza sociale a cui non s'erano mai alzati nemmeno i sogni della sua ambizione giovanile, egli lo ammirava e lo venerava con una sorta di timidezza rispettosa, che gli dava quasi l'illusione di amarlo, benché fra i loro caratteri ci fossero molte e profonde disparità che non avevano lasciato stabilire tra di essi una vera dimestichezza. Certo egli aveva tal concetto e amore del suo figlio, che non considerava la figliuola del Dondéro punto superiore ai suoi meriti: una principessa non le sarebbe parsa tale; ma pure il sentimento che aveva per il padre si rifletteva un poco anche sulla figliuola, a cui dimostrava un rispetto, dei riguardi più che parenteschi, quasi ossequiosi. Cominciarono a mangiare col buonumore solito, benché il ronzio crescente di sotto indicasse che la folla andava crescendo. La moglie di Alberto raccontò che, due ore prima, dalla sua finestra, avendo interpellato con un certo telegrafo ottico convenuto fra loro la signora Luzzi che stava nella casa in faccia a piazza dello Statuto, se quella sera sarebbe venuta a tenerle compagnia, come aveva promesso, questa le aveva risposto: — Interdizione superiore. E tutti s'esilararono, perché quella interdizione, si capiva, era del signor Luzzi, un buon uomo a cui il più piccolo disordine pubblico faceva l'effetto d'un cataclisma della natura. Era già quasi buio, nella piazza s'accendevano i fanali del gas. Ma la signora Bianchini era un po' in pena per il figliuolo, che poteva capitare a tornar a casa fra i disordini. — Che idea d'andare a desinar fuori il primo di Maggio! — Oh! — disse la signora, con la sua voce placida e con compiacenza — Alberto non ha paura di nulla. E questo diede occasione al Bianchini di farne gli elogi: era stato coraggioso sempre; fin da ragazzo non aveva mai avuto paura né di buio, né di spettri, non s'era mai lasciato fare un sopruso dai suoi compagni, non aveva mai indietreggiato davanti a pericoli: pareva che ogni idea di pericolo facesse scattare dentro di lui una molla, che lo faceva accorrer per il primo, come se fosse stato chiamato per nome. — Quando il coraggio ha uno scopo — osservò la signora Bianchini — sta bene... Ma cosa serve contro una massa di gentaglia infuriata... che gli può fare un brutto tiro a tradimento, soltanto perché è ben vestito? — Gentaglia! — disse a mezza voce suo marito. Egli non aveva spirito democratico; ma l'udir designare il popolo basso con termini abitualmente spregiativi lo urtava. Sua moglie lo fissò. — Cosa diresti tu? — domandò. — Io?... Io dico: povera gente. — Senti la tua povera gente! — ribatté con accento vittorioso la signora. Una urlata clamorosa, sgangherata, di mille voci, s'era alzata da corso Beccaria. La signorina richiamò in fretta il ragazzo ch'era accorso alla finestra del terrazzino. — Fanno l'urlata ai bersaglieri! — disse il ragazzo tornando a tavola. — Che canaglia! — esclamò spensieratamente il Bianchini, indignato. — Ah! vedi dunque! — esclamarono a una voce la moglie e la figlia, in aria di trionfo. La signora Giulia s'alzò, inquieta. — Mi pare che qui siamo troppo in vista. Vedono due grandi finestre rischiarate, al primo piano... Potrebbero tirar dei sassi. Se chiudessimo le imposte? La figliuola corse a chiudere le imposte della finestra sul corso Beccaria, dicendo: — Che bei mascalzoni! Insultare i militari! Che cosa ne possono loro?... — E dopo aver prestato l'orecchio per lo spiraglio alle grida: — Se sentiste i vituperi che dicono! In un altro momento, il Bianchini sarebbe già stato turbato. Ma il piacere di nutrirsi in abbondanza, e le libagioni copiose che faceva ogni giorno a tavola, proponendosi ogni giorno di moderarsi il dì dopo, gli davano un'esaltazione, che teneva lontana la paura. E infatti, con occhio intrepido, dal suo posto, egli guardava l'estremità opposta della piazza formicolante di gente. La conversazione durò un altro poco, interrotta a quando a quando da uno scoppio d'urli, di voci squarciate, di fischi, fra cui si distinguevano qua e là delle insolenze articolate: — Plandrun! — Mangiapani a tradimento! — Abbasso i cappelloni! A un certo punto, la signora Bianchini ebbe uno slancio d'indignazione: — Ma perché non spazzano la strada a colpi di fucile! Intanto il ragazzo era corso alla finestra rimasta aperta sulla piazza, e improvvisamente disse: — Tirano delle pietre! Tutti balzarono in piedi. — Bisogna chiuder le persiane! — esclamò la signora Bianchini. La signorina premette con forza il campanello elettrico nel muro. La cameriera e la cuoca accorsero in furia. In quel punto si sentì sotto le finestre della piazza un fragore di vetri rotti. — Hanno rotto un lampione del gas! — gridò il ragazzo. — Chiudete le persiane! —gridò Bianchini. — E Alberto che è fuori! — esclamò la signora Giulia girando affannata per la stanza. Nello stesso momento intesero un colpo forte nella persiana della sala, ch'era attigua alla camera da pranzo. — Ma tirano anche a noi! Rosa — gridò la signora Bianchini spaventata —, le persiane della sala subito! — Rosa corse. Antonia si lanciò nella stanza da lavoro delle signore. Altri vetri di lampioni caddero nella piazza con grande fragore, un'altra sassata urtò nella balaustrata del terrazzino della stanza da pranzo. — E ora, che cosa accadrà? — gridò la signorina spaventata. Tutte tre le signore si lanciarono nella camera da lavoro che era la più lontana dal corso Beccaria, spensero i lumi, e s'avvicinarono tremando alle persiane della finestra di destra. Bianchini mandò Rosa ad assicurarsi se era chiuso il portone di casa, corse a quella di sinistra, e lo spettacolo che vide gli diede un senso di freddo acuto dalla testa ai piedi, come se gli avessero versato sulla nuca una brocca d'acqua ghiacciata. La folla tumultuante faceva nero tutto lo spazio intorno alla rotonda del Meridiano; la piazza era chiusa da compagnie di fanteria; il corso San Martino da una doppia schiera di cavalleggieri; i bersaglieri chiudevano il corso Beccaria; gruppi di carabinieri e di guardie di polizia a tutti gli angoli; e dietro alle masse scure e silenziose delle truppe, di cui scintillavano qua e là le uniformi e le baionette al lume dei lampioni, la piazza e i viali eran solitari, i portici deserti, le botteghe chiuse, le case senza lumi, cieche e mute come corpi abbandonati. La città, dalla parte delle truppe, pareva morta. La folla, in alcuni punti folta, in altri rada, fluttuava, avanzando e retrocedendo a vicenda, lanciando sassi, che non si vedeva dove andavano a cascare, emettendo urli da selvaggi, fra cui si distinguevano grida d'incitamento e di comando: — Sotto figliuoli! — Forza ai vetri! — Coraggio! — Una voce altissima e quasi lamentevole gridò: — State in guardia! — Nel frastuono si continuava a sentire fragorii di fanali spezzati. Delle forme nere si chinavano a raccoglier pietre per terra, tenendo il viso alto, per non perder d'occhio la truppa. Altri giravano rapidamente, come per diffondere una parola d'ordine. I più avanzati parevano i più giovani, fra cui c'eran dei ragazzi. Tutta quella massa aveva delle mosse brusche, strane, come delle scosse che ricevessero tutti ad un punto, come se fosse agitata dagli scossoni d'una febbre violenta. E davanti a quella agitazione furiosa, pareva più terribile, più solenne l'immobilità impassibile delle truppe lontane, che chiudevan tutte le vie davanti come muraglie viventi. Il Bianchini si ritirò dalla finestra, profondamente agitato. I lumi erano stati spenti; ma un po' di chiarore del vicino lampione della luce elettrica entrava nella stanza. A quel chiarore egli vide la figliuola e sua moglie sedute in un angolo, mute, tenendo per mano il ragazzo. La sola signora Giulia rimaneva alle persiane, esclamando di tratto in tratto con affanno: — E mio marito ora? E Alberto? Come farà a tornare, Dio mio! — Il Bianchini cercò d'acquetarla, profittando della semioscurità che non lasciava vedere il suo viso pallido; ma la sua voce tradiva il suo turbamento. — Ma perché non fanno fuoco! — esclamò la signora Bianchini, con voce quasi di pianto. — La canaglia è dunque padrona di Torino, adesso! Questa volta suo marito non pensò più a ribatter la parola. Tornò ad avvicinarsi alla persiana. La folla urlava sempre più, e gli parve che avanzasse. Si sentivano suonar delle trombe. Egli guardò quelle file nere dei soldati, e provò per loro un sentimento profondo d'amore e di pietà. Ma insieme lo assalse un vivo terrore a pensare che tra quella folla furiosa di rapina e la città, e l'ordine sociale, e gli averi di tutti, non c'erano che quelle poche file di giovani armati, stanchi dalle fatiche di tutta la giornata, forse digiuni da molte ore. Gran Dio! Per distruggere ogni cosa non c'era che a superare quel piccolo baluardo di forze umane! Egli avrebbe voluto vedere un apparato formidabile, degli interi corpi d'armata, dei fossati enormi, delle mura granitiche sorte per incanto. Pazzi feroci! Bruti insensati! Perché non se la pigliavano coi loro padroni, con quelli che li sfruttavano, con quel signor Ferreri, per esempio, che stava all'angolo della stessa casa, un appaltatore che s'era fatto dei millioni col lavoro degli operai? — Perché minacciavano e facevano tremare lui pure, che aveva servito lo Stato tant'anni, per un modesto stipendio e che non aveva mai messo sul lastrico un inquilino delle soffitte, nella sua casa di San Salvario? Chi aveva sfruttato lui? Non aveva sempre rispettato e amato gli operai? C'era forse un soldo del suo patrimonio che fosse stato estorto a qualcuno? E, preso da un moto più forte d'allarme, di paura, cercando con gli occhi gli ufficiali a cavallo che vedeva circolar fra le truppe, disse loro in cuor suo: — Ma movetevi dunque! Ma liberateci una volta da questa tortura dell'inferno! E, vedendo che non si muovevano, si staccò dalla finestra e cominciò a camminar per la stanza a passi concitati. Non era ancor giunto in fondo che sentì un colpo di fucile, e poi subito una grandinata di colpi, che risonarono nella piazza con un fracasso tremendo. Le signore gettarono un grido. Egli si lanciò alle persiane e vide la folla fuggire disperatamente verso San Donato e il viale di Rivoli, urlando e imprecando, tutti curvi, piegati in due, come per fuggire alle palle. Credette a una strage, gli parve sentir delle grida di feriti, cercò per la piazza se vedeva della gente stesa a terra, si sentì gelare il sangue nelle vene. Ma non vide né feriti né morti: dovevano aver tirato per aria. Vide tutte le truppe avanzarsi, mandando baleni dalle baionette. Vide passare sotto le sue finestre, a corsa rapidissima, una compagnia di bersaglieri, e osservò l'ufficiale che era alla testa, grasso, colla sciabola in pugno, che pareva impacciato nella corsa dal mantello. Dei carabinieri e delle guardie seguivan correndo le truppe, e sparando colpi di pistola. Egli notò i lampi del fuoco diretti in alto, quasi verticali. Delle grida violente di rimando s'intesero di sotto la casa: — Via! Via! Via! — Più lontano vide avanzarsi la massa — Poi un rumore pesante di passi di corsa: un gruppo di fanteria passava per i giardini della casa per prendere di fianco la turba. Dopo non si vedeva più un dimostrante da nessuna parte. Il Bianchini mise un gran respiro, si tirò indietro dalle persiane e si trovò seduto sopra una seggiola in mezzo alla stanza, dove gli giunse all'orecchio, misera consolazione, lo scalpitio d'una massa di cavalli, e la voce limpida d'un ufficiale che gridò: — Aaaal trotto!
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