"Chesley, che diamine hai combinato?" gli domando osservando il suo viso mal ridotto: sullo zigomo ha un bel livido violaceo che finisce fin sopra all'occhio.
"Emh.. Ho sbattuto, niente di che" mi dice sbadatamente, cercando di coprirsi il volto con i capelli inutilmente.
Lo guardo qualche secondo per capire la sua espressione e sono più che sicura che mi ha appena mentito, è impossibile procurarsi un livido del genere sbattendo da qualche parte.
Quando gli rivolgo lo sguardo, noto che sta guardando un punto preciso e solamente quando seguo la traiettoria del suo sguardo mi accorgo di Brooklyn.
Si guardano con rabbia, sembra che uno dei due potrebbe scoppiare da un momento all'altro.
"Che fai li impalata? Sono cinque minuti che ti aspetto" mi dice Brooklyn spostando lo sguardo su di me, tenendo le braccia incrociate al petto.
"Si, Chesley ci vediamo, ciao!" lo saluto correndo con lo zaino in spalla, pesa terribilmente tanto e a momenti rischio di cadere a terra.
Guardo il ragazzo accanto a me che in questo momento è piuttosto serio. Tiene la mandibola contratta, sembra essere pensieroso.
"Tu non c'entri niente con i lividi che ha Chesley sulla faccia?" gli chiedo inarcando un sopracciglio.
"Perché pensi che io c'entri qualcosa? Non può essere solamente una semplice coincidenza?" mi domanda guardandomi.
"Perché non lo è Brooklyn, posso chiederti almeno perché? Ci deve essere una spiegazione al fatto che non potete neanche guardarvi in faccia!"
"Era solo un'avvertenza la mia, deve capire in qualche modo che le cose mie non si guardano, tanto meno si toccano." mi dice schioccando la lingua
Non voglio immaginare cosa sarebbe capace di fare se quella era solo un'avvertenza, anche se lui non era conciato meglio di Chesley.
"Hai trovato un modo per entrare a casa tua? Non potrai stare da noi per sempre, come farai con i vestiti?" gli chiedo dando sfogo alla mia curiosità.
"Proprio non mi vuoi fra i piedi, eh? Puoi stare tranquilla, ho cambiato la serratura e perciò sta sera mi daranno un mazzo di chiavi nuovo"
"Non è per quello, ero solo curiosa di sapere cosa avresti fatto. Questo non vuol dire che io ti voglia fra i piedi giorno e notte però" gli dico.
"Oh ammettilo che senza di me le tue giornate sono noiose, mi mancherà farti spaventare la notte, anche se pensandoci mi mancherà di più il tuo bel fondo schiena" ammette.
"Idiota!" esclamo arrossendo fino alla punta del naso, aumento il passo lasciandolo indietro con le sue stupide risate.
"Certo che sei strana! Ti fanno un complimento e ti arrabbi" mi dice, seguendo i miei passi.
"Questi non sono quel tipo di complimenti che si dovrebbero fare a una ragazza" gli dico puntandogli il dito contro al petto.
"E quali complimenti si dovrebbero fare ad una come te, acidona?" mi chiede abbassando il viso a causa della mia scarsa altezza.
Sussulto per la troppa vicinanza, i miei occhi cadono sulle sue labbra carnose, tirate in un leggero sorriso e sento improvvisamente una strana voglia di toccarle.
"Forse hai ragione, mh, non credo ci sia qualcosa di positivo da dire su di me. Acida è stata la cosa più carina che qualcuno mi abbia detto fin'ora" dico distogliendo lo sguardo.
"Non so perché tu ti sia costruita questa facciata da dura, ma sono sicuro che dietro ad essa ci sia una Abby diversa, magari un giorno avrò l'onore di conoscerla" mi dice guardandomi talmente intensamente da farmi rabbrividire.
Apro la bocca per parlare ma è come se fossi bloccata, mi ha sorpresa non poco ciò che mi ha detto e credo di non aver sorriso in questo modo da quando ero una bambina spensierata.
"Wow, hai sorriso!" esclama meravigliato. "Gente, sono appena riuscito a far sorridere questa ragazza qui" continua a gridare, beccandosi occhiate dalle persone che ci evitano.
"Brooklyn, sei forse impazzito?" gli chiedo strattonandolo per un braccio, trascinandolo sul marciapiede.
"Vai piano, sto salvando questo giorno sul calendario. Ti rendi conto che probabilmente ti vedrò sorridere nuovamente fra cinquant'anni?" mi dice, ancora sorpreso.
"Non dire sciocchezze, non capisco perché sei tanto sorpreso per un comune e semplice sorriso" gli dico, confusa, mentre lui continua a digitare sul suo telefono.
"Scherzi? Pensavo che avrei dovuto abituarmi nel vederti sempre con il muso, stronza e scontrosa" mi dice scuotendo la testa.
Spegne il telefono, lo infila in tasca e dà uno sguardo all'orologio che tiene sul polso, si abbina perfettamente alla sua pelle.
"Cavolo, sono in ritardo. Ci vediamo stasera" mi dice scappando via, lasciandomi sola con migliaia di domande che mi ronzano per la testa.
Chissà dove sta andando così di fretta.
Giunta a casa, mi preparo direttamente per uscire con Kylie, che sicuramente starà per arrivare. Prendo la borsa che uso solitamente per uscire e ci infilo il portafoglio e il telefono.
Dieci minuti dopo, infatti, la ritrovo fuori da casa bella pimpante. Mi porta da un negozio all'altro e a metà giornata ci troviamo con tantissime buste in mano contenenti vari vestiti.
"Ora ti porto nel mio negozio preferito, devi assolutamente prendere un abito" mi dice trascinandomi in direzione di un negozio, che già da fuori non lascia all'immaginazione. Potrebbe essere chiamato paradiso per ogni ragazza.
Prende decine di abiti per ciascuna di noi, che variano da colore a modello, inutile dire che ci fare in questione di moda.
"Fra due settimane ci sarà il ballo che ogni anno organizza la scuola per Halloween, perciò preparati, perché tu ci verrai" mi dice decisa, spingendomi dentro ad un camerino.
Uno dopo l'altro li boccia tutti, al sesto ormai ci ho perso anche la speranza che uno di questi abiti possa starmi bene. Indosso il penultimo ed esco, mostrandomi.
"Abby, sei stupenda" mi dice con gli occhi che le luccicano, il suo azzurro in questo momento è ancora più bello del solito.
"Dici? Non è troppo elegante per un ballo di Halloween, a scuola, per giunta?" le chiedo voltandomi verso lo specchio.
"Non mi interessa niente, ti sta davvero divinamente" mi dice sistemandolo. É interamente ricoperto di paillettes, di un blu scuro. Sulla schiena è aperto, con dei fili che si incrociano e sul davanti ha una scollatura profonda, ma non volgare.
Lei invece ne ha preso uno nero, corto a metà coscia e attillato, sul suo fisico sta d'incanto.
"Ti prego fermiamoci un attimo, i miei piedi stanno chiedendo pietà" piagnucolo dietro di lei, stanca di camminare e trascinare buste.
"Va bene, entriamo in questo bar e ci prendiamo anche una bibita, sono stanca anche io" risponde entrando nel locale.
Tiro un sospiro di sollievo e sprofondo su uno dei divanetti bordeaux che ci sono attorno ai tavoli, talmente comodi che mi addormenterei qui.
"Volete ordinare?" sento dire, e per un momento ho pensato che fosse uno scherzo del mio cervello, ma quando alzo lo sguardo è realmente davanti a me.