Questa mattina ero riuscita ad essere pronta con ben venti minuti di anticipo e perciò avevo deciso di riprendere la lettura del mio libro che avevo lasciato in sospeso la notte scorsa. Ma sbadata come sono, non mi sono accorta dell'orario e ancora una volta mi sono ritrovata a correre per strada, in un terribile ritardo.
"Passaggio?" mi domanda quel inconfondibile voce poco distante da me, quando volto il viso, lo trovo con la sua macchina fermo accanto al marciapiede che mi aspetta.
"Accetto solo perché sono in ritardo e a piedi non riuscirei mai ad arrivare in tempo" gli dico, sedendomi nel sedile del passeggero.
"Faccio finta di crederci. Non sapevo portassi gli occhiali" nota guardandomi di tanto in tanto, ma stando comunque attento alla strada.
"Li uso per leggere, andavo di fretta e mi sono scordata di toglierli" gli dico mettendoli all'interno della loro custodia che fortunatamente tengo sempre dentro alo zaino.
"Hai degli impegni per questo pomeriggio?" mi domanda quando ci fermiamo al semaforo rosso.
"Non saprei, perché?" gli domando curiosa.
"Perché mi devi accompagnare da una parte per prendere una cosa" mi dice misterioso.
"E non puoi andarci senza di me?" gli domando.
"Se te l'ho chiesto è perché ho bisogno che tu ci sia, ma se proprio non ti va, posso chiedere a qualcun'altra" risponde facendo spallucce, tornando con le mani al volante. Non sembra essere arrabbiato, il suo viso è rilassato e ha le labbra leggermente piegate in un sorriso.
"Va bene, ti accompagno in questo posto a prendere questa cosa" gli dico ridacchiando, seguita da lui, che scuote la testa.
Si parcheggia e assieme entriamo a scuola, sotto lo sguardo delle persone che non perdono occasione per lanciarci occhiate o bisbigliare cose fra loro.
Quando raggiungiamo la nostra classe dove si svolgerà la lezione di letteratura, con molta tranquillità si siede accanto a me e afferra il mio telefono.
"Che fai?" gli domando cercando di sbirciare.
"Ti salvo il mio numero così appena sei pronta mi puoi chiamare, anziché farmi aspettare ore, sei lenta a prepararti" mi risponde.
"Non è vero" borbotto.
"Tieni, ti ho cambiato anche sfondo perché sinceramente il mare era un pó noioso da vedere" mi dice, restituendomi il telefono.
"E per questo metti una tua foto?" gli chiedo inarcando le sopracciglia.
"Dovresti sentirti onorata, fra l'altro è una delle migliori" mi dice presuntuoso, mostrando uno dei suoi migliori sorrisi. Nella foto si vede fin sotto le cosce, indossa solo dei pantaloncini e sembra che stesse ridendo quando gli hanno scattato questa foto.
Vorrei avere anche io la sua stessa autostima, poter mettere una mia foto come sfondo senza dovermi farmi mille pensieri, senza chiedermi ogni volta cosa penserebbero gli altri di me.
Le lezioni successive passano lente, fra una spiegazione e l'altra, e l'unica cosa a cui riesco a pensare è a ciò che dovrà fare questa sera Brooklyn, da voler la mia presenza.
Scendo velocemente li scalini di scuola prima di esser travolta da quella massa di studenti che si accalcano sull'uscita come animali.
"Hey Abby" mi chiama Chesley venendomi in contro mentre agita una mano in aria per catturare la mia attenzione.
"Ciao" lo saluto allegra, a ripensarci ieri non l'ho visto niente.
"Arrivederci" esclama Brooklyn piazzandosi fra noi due, prendendomi per il polso.
"Perdonaci, ma dobbiamo prepararci perché fra un pó usciamo e Abby non ha tempo da perdere con tipi come te" aggiunge trascinandomi via, lasciandolo lì, senza parole.
"Puoi dirmi che ti prende?" gli chiedo alzando il tono della voce quando siamo abbastanza distanti da chiunque possa sentirci o vederci.
"Niente, non sali?" mi domanda entrando nella sua macchina con un'espressione del tutto innocente.
"No, preferisco tornare a piedi!" gli rispondo con freddezza, camminando velocemente, ignorando ogni suo richiamo.
Quando torno a casa, come se non bastasse, trovo mio padre che mi aspetta con un'espressione che non promette nulla di buono.
"Siediti, voglio parlare con te" mi dice indicando con lo sguardo la sedia di fronte alla sua, con un tono piatto e le braccia incrociate.
"Che c'è?" gli chiedo sospirando, appoggiando la testa sulle mie braccia.
"Non mi piace il comportamento che hai nei confronti di Sheryl" mi dice e automaticamente alzo gli occhi al cielo.
"Dovevo immaginarlo che volevi parlarmi di questo, ci scommetto che si è offesa perché non ho mangiato il suo pollo"
"Abby, smettila. Lei voleva essere solamente gentile e tu non dovevi permetterti di trattarla in quel modo"
"Senti papà, mi sta bene che sia la tua compagna o ciò che vuoi che sia, in fondo sono problemi tuoi. Ma a me non è niente e non la sopporto quando cerca di fare la mammina con me, io una mamma ce l'ho già. Perciò chiarisci questa cosa con lei, perché non mi sembra che l'abbia capito molto" ribatto, nervosa.
"Devi capire che se una donna cerca di fare amicizia con te non è perché vuole automaticamente sostituire tua madre, semplicemente vuole stare in buoni rapporti con te" mi dice, con un tono più leggero.
"Si ma non può pretendere di avere così tanta confidenza con me dopo solo due volte che l'ho vista, piomba di punto in bianco nel letto di mio padre o nel mio bagno e pensa anche di potermi stare così tanto simpatica?"
"Quanto sei testarda" si lamenta, alzandosi dalla sedia, segno che si è ufficialmente arreso.
"Comunque io esco con.. mh, esco a farmi un giro per la città" gli dico, prendendo la mia borsetta. Mi sistemo i capelli davanti allo specchio che abbiamo in salone e mi ripasso il mascara.
"Va bene, stai attenta" mi dice baciandomi sulla fronte, come suo solito fare. Non credo riuscirà mai a stare più di cinque minuti arrabbiato con me.
Giunta davanti alla porta del mio adorato vicino improvvisamente mi ritorna la rabbia nei suoi confronti e busso con forza, aspettando solo lui per potergli dirgliene quattro.
"Oh che miracolo, pensavo che avrei dovuto aspettare ore" mi dice facendomi entrare.
"Perché gli hai detto quelle cose, se a te non sta simpatico sono problemi tuoi, ma è un mio amico e non hai il diritto di dirgli quelle cose non vere da parte mia!" gli grido in faccia.
"Isterica" commenta guardandomi.
"Idiota" ribatto, assottigliando gli occhi.
"Stupida" dice facendo un passo in avanti, mostrandomi tutta la sua altezza.
"Cretino" continuo ad insultarlo.
"Irritante" un altro passo avanti.
"Ti odio"
"Anche io" mi dice in un sospiro prima di baciarmi all'improvviso, facendomi assaporare nuovamente quel suo sapore che per qualche strano motivo mi era mancato. Le sue labbra morbide sfiorano delicatamente le mie e il suo respiro accarezza il mio viso.
Quando entrambi ci stacchiamo l'uno dall'altra per riprendere fiato cala un silenzio quasi imbarazzante fra di noi e tengo lo sguardo fisso sulle mie scarpe, per paura che se solo lo guardassi negli occhi tornerei a baciarlo.
"Forse è meglio se andiamo, non vorrei arrivare tardi" dice grattandosi dietro al collo. Annuisco e mi limito a seguirlo, senza emettere alcun suono.
Un quarto d'ora dopo, ci fermiamo davanti ad una villa grande quanto il doppio della mia e la sua messe insieme, di un azzurro cielo.
Scende e suona, dondolandosi sui talloni. Ad aprirci è una donna abbastanza giovane dal viso dolce, indossa un vestito a maniche lunghe rosa cipria e dei tacchi che mi fanno sentire improvvisamente fuori luogo con i miei jeans.
"Prego, entrate" ci dice con un sorriso, lasciandoci entrare in casa sua. "Tu sei il ragazzo che mi ha chiamata per il cane?" domanda a Brooklyn, che annuisce in risposta.
"Vieni, te li faccio vedere" dice guidandoci in un'altra stanza, in un angolo c'è una cuccia con un husky e tanti cuccioli accanto a lei.
Gli occhi di brook si illuminano quando gli permette di prenderli, sono talmente piccoli da starci nella sua mano.
"Quello che hai in mano è l'unico maschietto, sei stato fortunato!" gli dice coccolando la mamma che guarda Brooklyn attenta.
"Già. Ti piace?" mi domanda mostrandomi il cagnolino mentre lo accarezza con delicatezza, sorridendo.
"Si, è tenerissimo" rispondo sincera.
"Vieni di là che te lo metto nella cuccia, ti metto anche del cibo in caso ti servisse per oggi" gli dice guidandolo in un'altra stanza.
"Grazie mille" la ringrazia con fin troppa gentilezza che quasi non mi sembra lo stesso ragazzo di poche ore fa.
"Figurati, fammi sapere come sta ogni tanto. Ciao cara" mi saluta mentre ci accompagna fuori, non appena entriamo in macchina gli domando immediatamente curiosa:
"Perché ti sei preso un cane?"
"Almeno ho un pó di compagnia, casa mia è così vuota e silenziosa che è perfetta per un cane" mi risponde.
"Tempo fa mi dicesti che preferivi vivere solo e che non avevi bisogno di compagnia, casa tua andava bene così" gli ricordai.
"Beh, anche io posso cambiare idea. Ma preferisco comunque un animale a certe persone" mi dice e per un momento ho come avuto l'impressione che si riferisse ai suoi genitori.
"Comunque, aiutami a cercare un nome a questo piccoletto" mi dice toccando il cucciolo che sta sulle mie gambe. Lo osservo attentamente per cercare qualche dettaglio che lo possa caratterizzare.
"Ice!" esclamo guardando i suoi occhi color ghiaccio.
"Brava, mi piace" mi sorride alzando lo sguardo sul mio, in un secondo il mio corpo si riempie di brividi, il mio cuore aumenta i battiti e senza accorgemene mi ritrovo a sorridere anche io.