3.

1492 Words
Sto seduta sul mio banco a leggere il mio fantastico libro, ignorando chiunque osi disturbarmi. A volte mi chiedo se anche io un giorno, come le protagoniste dei miei romanzi, troverò qualcuno che mi ama con tutto se stesso, che si innamora di me per quella che sono, senza cambiare nulla. Un peso accanto a me si sposta, ma concentrata sulla lettura, continuo a dare attenzione al mio libro. Solamente la sua voce riesce per un pó a catturare la mia attenzione. "Come mai tutta sola?" mi domanda, Chesley se non sbaglio, seduto sull'altra sedia del mio banco. "Leggo" gli faccio notare mostrandogli per bene la copertina, non sapevo che fosse obbligatorio stare in compagnia. "Ti va di venire a fare un giro con me?" mi chiede con quel suo sorriso tanto luminoso, ci rifletto sopra e un pó incerta annuisco, sospirando. "Vengo solamente perché ho proprio bisogno di qualcuno che mi faccia da guida, non voglio perdermi ogni volta che devo andare a lezione!" gli dico, facendolo ridacchiare. "Sono fortunato allora! Come mai ti sei trasferita in questa città a liceo già iniziato? Non dev'essere facile ambientarsi, cambiare compagni, professori e metodi di studio" mi domanda curioso. "Ho avuto dei problemi e perciò mi sono trovata a dover accettare la situazione, pian piano ci si abitua" rispondo rimanendo diffidente, non sopporto parlare di me, soprattutto se sono persone di cui non mi fido e non conosco. "Capisco. Questo dove siamo ora è il piano terra, ci sono principalmente laboratori o aule dove si svolgono corsi extra" mi spiega camminando lungo il corridoio. "Loro che fanno?" domando incuriosita, indicando un gruppo di ragazzi un pó distanti da noi. "Loro sono del corso di danza, ora sono in pausa. Se vuoi puoi sempre iscriverti a uno di questi, ce n'è di ogni tipo" mi dice, mi è piaciuto vedere le persone ballare fin da piccola ma non ho mai avuto occasione di provarci. "Ti piace? Perché non fai la prova?" mi domanda. "Diciamo che sono abbastanza negata in ogni attività che richiede troppo movimento fisico" rispondo con una smorfia, sono sicura che farei una figuraccia dopo l'altra. "Se vuoi ti insegno qualche passo, non è difficile. Sono sicuro che non sei così male come dici" mi propone senza smettere di sorridere. "Emh.. Ora? Per me va bene, solo non ti lamentare quando ti accorgerai di avere a che fare con una vera frana" lo avviso, in risposta scuote la testa e mi trascina con se. Raggiungiamo una sala abbastanza spaziosa, circondata da specchi. Riesco già a sentirmi fuori posto. "Da quanto balli? Non hai per niente l'apparenza di un ballerino" gli chiedo mentre è impegnato sulla musica da scegliere. "Da un paio d'anni, solitamente ballo in coppia" mi risponde, mi prende una mano e si sistema accanto a me. Mi mostra vari passi che vedendoli da lui sembrano essere falici ma quando vado a provarli io risultano l'esatto opposto. Ma nonostante ciò non apre bocca e continua a muoversi assieme a me e spiegarmi quel piccolo pezzo di coreografia, se così si può definire. "Sei stata brava, hai visto che puoi riuscirci anche tu?" mi dice senza voler staccarsi da me, la sua vicinanza mi mette quasi a disagio. "Emh si, grazie! Ora devo proprio tornare a casa, mio padre mi aspetta" mento nervosa, scivolando via dalle sue mani. Lo sento annuire ma troppo impegnata a scappare non volto neanche la faccia. Rimetto lo zaino in spalla e con passo veloce esco di scuola. Sento qualcuno applaudire dietro di me e senza neanche girarmi ho come l'impressione che sia qualcuno di irritante. "Davvero i miei complimenti, un'esibizione davvero fantastica" eh infatti, eccolo che appare accanto a me più insopportabile del solito. "Grazie, non c'era bisogno che me lo dicessi, anche perché lo sapevo già" gli rispondo con tono falso, aumentando il passo. "Con Chesley poi, pensavo avessi gusti migliori" continua, senza smettere di seguirmi. "Posso sapere qual'è il tuo problema? Decido io con chi stare o meno, non sarai certo tu a dirmelo" ribatto incrociando le braccia al petto. "Siete davvero stupide voi donne, vi fate abbindolare con poco. É bastata l'aria da angioletto per farti cadere ai suoi piedi" mi dice con una smorfia, infilando le mani dentro alle sue tasche. "No, semplicemente mi sta più simpatico di te. Sei così insopportabile" gli rispondo assottigliando lo sguardo. "Perché non capisci che è falso? É palese che vuole prendersi gioco di te, le ragazze come te sono dei bersagli facili" mi dice e inizio a non capire cosa stia dicendo. "Cioè? Come me in che senso?" gli chiedo confusa, siamo praticamente fermi in mezzo alla strada a discutere come se la cosa fosse del tutto naturale. "Ingenua, innocente. Basta poco per prenderti in giro, dovresti stare più attenta ai tipi come lui. L'apparenza inganna, ricordatelo sempre" mi risponde, e senza darmi il tempo di ribattere scompare via. Sembra quasi che l'ultima frase si riferisse non solo a ciò che ha detto ma a ben altro. Cerco di non pensarci e proseguo il percorso verso casa. Oggi mio padre ha il turno serale, perciò sono sola a casa. Mi stendo sul divano e chiudo gli occhi, cadendo in poco tempo in un sonno profondo dovuto alla stanchezza. Quando riapro gli occhi fuori è ormai buio e trovandomi sola accendo tutte le luci presenti in questa casa e dopo essermi controllata alle spalle corro in cucina, la mia fame è urgente. Alla fine decido di cucinare delle pizze che ho trovato surgelate, non sono particolarmente brava ai fornelli. Accendo la televisione e sto accovacciata sul divano a guardare stupidi programmi televisivi. Tutto a d'un tratto sento un tonfo che mi spaventa e incuriosisce allo stesso tempo. Dopo qualche minuto di silenzio sento uno strano rumore provenire dalla serratura, e terrorizzata prendo una padella dalla cucina. Se mio padre lavora a quest'ora è impossibile sia lui, perciò chi può essere? Cammino silenziosamente e guardo dallo spioncino della porta, non trovando nessuno però. è impossibile sia uno scherzo, nessuno mi conosce e tanto meno sa che sono sola a casa. Apro lievemente la porta e quasi non urlo quando vedo un corpo accasciato a terra. "Brooklyn! Cosa ci fai a terra? Mi sono spaventata a morte, sappi che non è affatto divertente! Dio quanto ti detesto!" inizio a dire a raffica, arrabbiata. Ma lui sembra non ascoltarmi, ha il viso abbassato e solo quando mi inchino noto che è svenuto. "Oh santo cielo" esclamo non sapendo cosa fare, ma perché queste cose succedono solo a me? Corro in cucina e prendo un bicchiere d'acqua che rovescio sulla faccia del ragazzo privo di sensi. Borbotta qualcosa di strano e si muove di poco, lamentandosi dal dolore. "Riesci ad alzarti? Ma che diamine hai combinato?" gli chiedo osservando il suo viso sporco di sangue. "Si" mi risponde appoggiandosi a me, è terribilmente pesante. Infatti non so con quali forze sono riuscita a trascinarlo sul divano. "Allora?" "Ho fatto a botte con un tizio" mi risponde tenendosi la testa fra le mani, con gli occhi chiusi. "E perché sei venuto qui? Che ti ha fatto questo tizio?" "Ho perso le chiavi di casa, puoi stare un pó zitta? Stai sempre a fare domande" si lamenta, guardandosi le nocche sanguinanti. "Sei insopportabile anche quando stai male, avrei dovuto lasciarti sul pavimento!" gli grido aprendo gli sportelli dove di solito teniamo i medicinali. Appena torno da lui lo trovo senza maglietta che poco fa gli ho bagnato, con la testa appoggiata sul bracciolo del divano. Prendo un fazzoletto bagnato d'acqua e gli pulisco con cautela il labbro spaccato, chissà per quale motivo sono arrivati a picchiarsi in questo modo. "Ai" si lamenta stringendo gli occhi. "Scusa" sospiro, vorrei dirgli di aver pazienza se vuole che lo aiuti ma non mi sembra il momento di fare la stronza. Stare vicino a lui mi fa una strana sensazione, è pur sempre mezzo nudo a pochi centimetri da me. "Fatto. Come farai ad entrare in casa?" gli chiedo curiosa, mentre lo guardo. "Non lo so, domani troverò un modo. Dove è tuo padre?" mi chiede alzando il capo. "è a lavoro" rispondo sistemandomi comoda sul divano, tornando a mangiare la mia pizza ormai fredda. "E tua madre?" continua. "..Non c'è più" sussurro abbassando lo sguardo sulle mie mani, è insopportabile quella fitta al cuore che sento ogni volta che ricordo che lei non è più qui con me. Apre la bocca ma la richiude subito, appoggiandosi nuovamente al divano. "Hai freddo? Posso darti una maglietta di mio padre se vuoi.." "Si, grazie" mi risponde guardandomi in un modo strano. Salgo velocemente le scale e ritorno da lui con una maglietta blu. Nella stanza regna il silenzio assoluto, abbastanza imbarazzante. Per la prima volta non so cosa dire. "Allora.. Io vado di sopra, dormi qui o.." "Mi va bene anche qui" mi risponde togliendosi le scarpe, scrollo le spalle e mi dirigo silenziosa nel mio letto.
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