Capitolo 4: Le Ombre Risvegliate

869 Words
Il mattino seguente, nel Cimitero di Nebbia, l’aria era più pesante del solito. La nebbia aveva un odore acre, quasi marcio, e sembrava avvolgere ogni cosa con una possessività nuova, più aggressiva. Le statue parevano osservare con occhi di pietra, e perfino i cipressi deformavano in ombre contorte, proiettate dal sole che tentava invano di farsi strada tra le nuvole dense. Il paesaggio era trasformato: non più quieto, ma inquieto, come se aspettasse, tendesse, si preparasse. Filippo percorreva i sentieri del campo santo con il cuore angosciato. Nella notte, aveva dormito poco e male, tormentato dal ricordo delle presenze affiorate accanto alle tombe antiche. Ogni scricchiolio, ogni battito del proprio cuore, gli sembrava un avvertimento. Sentiva la nebbia insinuarsi tra le pieghe del suo cappotto, e la paura, ora, era il suo compagno più fedele. Alberto invece, al contrario, sembrava posseduto dallo stesso entusiasmo febbrile che negli anni l’aveva portato a rischiare la vita per scoprire l’invisibile. La mente dello studioso era in subbuglio. Il quaderno della sera precedente era pieno di appunti e disegni frettolosi: sagome evanescenti, iscrizioni mezze cancellate dal tempo, visioni che si mescolavano ai sogni e agli incubi della notte. L’archeologo camminava deciso, incurante dei rimproveri silenziosi della nebbia che si stringeva alle sue gambe; sentiva di essere vicinissimo a qualcosa di cruciale, e questa sensazione gli bruciava dentro come una promessa che non potesse ignorare. Fu Filippo il primo ad avvertire i nuovi segni. Una statua di cherubino all’ingresso sud del cimitero era spostata di qualche centimetro rispetto al giorno prima, e una croce piantata su una tomba giovane era inclinata, come se una mano invisibile l’avesse colpita con rabbia. Anche i corvi – creature taciturne e scaltre – stavano appollaiati più numerosi del solito sui rami contorti, e gracchiavano parole che Filippo non voleva comprendere. Sentendosi chiamati da quell’inquietudine, Filippo e Alberto si incontrarono davanti a una delle tombe più antiche, quella con le iscrizioni misteriose che Alberto aveva studiato fin dal primo giorno. La lapide era segnata da una lunga cicatrice di muschio, e la terra sotto di essa pulsava impercettibilmente, come se respirasse. Filippo fece cenno di non avvicinarsi, la voce tremante: — È successo qualcosa. Da questa notte, le anime si muovono più vicine. Alberto, però, non si lasciò intimorire. Le sue mani, tremanti ma abili, spazzarono via il muschio, ricalcando le lettere incise sulla pietra. Mentre toccava la superficie gelida, un rumore sordo fece vibrare l’aria: un battito, come il colpo di un cuore enorme sepolto sotto strati di terra. In quel momento, una corrente d’aria gelida si sollevò improvvisa, spazzando via la nebbia come tende sollevate da mani impazienti. Dalla terra si levarono figure evanescenti, ombre che sembravano tratteggiate con i carboncini, volti smorti e corpi allungati dal dolore degli anni passati in attesa di vendetta. I morti vendicativi erano risvegliati, e il cimitero non era più un luogo di riposo ma di sfida e paura. Filippo, con un disperato gesto protettivo, si frappose tra Alberto e le ombre, cominciando a recitare in fretta antiche litanie che i custodi avevano tramandato nel corso dei secoli. La voce si disperdeva nella nebbia, mescolandosi ai sussurri delle anime e al silenzio inquietante di alberi, statue, lapidi. — Non dovresti essere qui — sibilò una voce non umana, proveniente da un punto indistinto tra le tombe. Alberto fu costretto ad arretrare, ma lo sguardo nei suoi occhi brillava ancora di sfida, incapace di accettare il mistero come limite. Egli si rese conto, però, che non bastava la sua scienza né la forza della volontà. Qualcosa di più antico e potente era in gioco, e sarebbero dovuti essere pronti a tutto. Il paesaggio intorno veniva ora dipinto da una luce irreale: la nebbia aveva guadagnato sfumature azzurre e violacee, e le ombre si spostavano sempre più vicine agli uomini vivi. Quel giorno, il vento si abbatté tra i cipressi con forza, e tutto il cimitero si fece teatro di una tensione invisibile ma soffocante. Durante una breve tregua, Filippo portò Alberto verso una zona più sicura, spiegandogli sottovoce che le lapidi con le antiche iscrizioni contenevano formule e avvertimenti: erano chiavi per fermare l’avanzata degli spiriti, e forse per capirne le origini. Se li avessero ignorati, il confine tra i mondi si sarebbe spezzato per sempre. Poco dopo, quando la nebbia si fece improvvisamente trasparente, mostrando un varco verso una cripta sepolta, Alberto ebbe una visione improvvisa: vide una giovane donna dal volto dolce e malinconico tra le tombe, con gli occhi colmi di un’antica passione disperata, che sembravano chiamare il suo nome attraverso il tempo. Un impulso misterioso gli fece allungare la mano, e per un attimo egli sentì il cuore come risucchiato nella profondità oscura del passato. Filippo lo strinse forte per riportarlo alla realtà. — Ora devi scegliere cosa cercare qui — disse, la voce rotta. — Conoscenza, vendetta, passione, o redenzione. Ma ogni strada ha un prezzo. Mentre il giorno avanzava, le ombre attendevano. E tra i vivi, il legame tra custode e archeologo si faceva sempre più profondo: quello di due uomini segnati dalla solitudine, uniti dalla sfida e dalle paure, ormai parte di una storia che il cimitero stesso stava scrivendo nelle pieghe assorte della nebbia.
Free reading for new users
Scan code to download app
Facebookexpand_more
  • author-avatar
    Writer
  • chap_listContents
  • likeADD