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Le notti di madeline 2 (b**m)

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Blurb

Madeline ha dovuto mettersi in gioco, per riuscire a diventare la schiava personale di Diomedes, e nemmeno adesso può dormire sugli allori, perché il suo Padrone non è il tipo da darle troppe certezze. Inoltre, in seno al consiglio dei vampiri sta crescendo il dissenso per l"indulgenza che il nuovo capo, Adrian, riserva ai lupi, nemici storici dei bevitori di sangue. Madeline resterà invischiata in un complotto contro Diomedes e Adrian stesso, e dovrà lottare per sopravvivere... tutto questo su un paio di tacchi dodici, imbavagliata e con i polsi legati dietro alla schiena.

"«Quindi... è questo l’effetto che ti fa venire rapita?» disse, accarezzandole il corpo con le mani guantate. «Ti bagni e inizi a godere?».

«Se... se mi rapisce lei sì, Padrone...» ammise Maddie.

Diomedes si sfilò il passamontagna e lo buttò da un lato. «Dio... guarda che puttanella viziosa... stai per cominciare a gocciolare per terra».

Maddie si sentì tagliare di nuovo, tra i seni, e gemette più di piacere che di dolore. Era semplicemente troppo eccitata per distinguere tra l’uno e l’altro. Inoltre erano giorni che Diomedes non le consentiva di venire, quindi era carica come una molla.

Lui le allargò le cosce con le mani e Maddie sentì la punta di un guanto sul clitoride. Iniziò ad ansimare, senza riuscire minimamente a fermarsi.

Diomedes si sfilò un guanto e le accarezzò le labbra con le dita nude. Maddie iniziò a leccarle. «La vuoi la mia mano? Tutta quanta?» le chiese."

BDSM - CONTIENE SCENE ESPLICITE - CONSIGLIATO A UN PUBBLICO ADULTO

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Chapter 1
1. Adrian Kelemen, o Coleman, come ora si faceva chiamare, passeggiava nel giardino assolato della sua villa di Kensigton con soddisfazione del tutto particolare. La luce del giorno esaltava la perfezione dei suoi capelli scuri, ma rendeva il suo sguardo meno brillante, quasi umano. «È un buon sistema» disse, costeggiando lentamente i cespugli di bosso che dividevano il prato superiore da quello inferiore. «Non il migliore in assoluto, ma di certo il più personale. Mi è sempre piaciuto lo stile di Diomedes, anche se non tutti condividono il mio punto di vista». Madeline lo seguiva in silenzio, ascoltandolo attentamente. Per il momento, in realtà, il nuovo capo del consiglio dei vampiri non aveva detto niente di eccezionale, ma Madeline lo ascoltava comunque con attenzione. Era strano vedere un bevitore di sangue alla luce del sole. Diomedes, il padrone di Madeline, non era sicuro che dipendesse dall’età – non solo, comunque. Il precedente capo del consiglio, che Madeline non aveva mai incontrato, era davvero anzianissimo, antico al punto da non sapere nemmeno lui la sua età. Il suo sangue aveva creato Sarah Adams e il sangue di Sarah Adams aveva reso un titano Adrian Coleman, che anagraficamente aveva solo ottocentocinquant’anni circa. «Siamo creature abitudinarie e amanti delle tradizioni» continuò Adrian, scendendo l’imponente scalinata di pietra che portava al prato inferiore. Indossava un completo fumo di Londra dal taglio impeccabile, ma non portava la cravatta e la camicia bianca era slacciata sul collo. Ed era comunque pallido, di quel particolare e affascinante pallore di tutti i vampiri. «I simboli hanno la loro importanza... cosa che Sarah non capisce, ma di cui Diomedes è più che consapevole, per fortuna». Si voltò verso di lei. «Tutto questo per dire che apprezzo il fatto che abbia mandato la sua schiava preferita». Madeline chinò lievemente la testa. «Grazie, signore». Adrian rise. «Avrei sempre voluto una schiava così rispettosa... non sono mai riuscito a procurarmene una». Un istante dopo, comunque, rise di nuovo e ammise: «No, okay. Non l’ho mai voluta. Mi piacciono i tipi irrequieti. Quindi...» aggiunse, con un sorriso malizioso, «...giovane londinese... deduco che tu abbia vinto il braccio di ferro psicologico con il tuo padrone». Madeline ci pensò per qualche istante. Be’, era quasi morta di fame, per “vincerlo”. «Giusto. In fondo ho sempre pensato che neanche Diomedes apprezzasse la completa obbedienza, nonostante quella sua impeccabile aria da master. Hai con te l’ampolla, credo?» lasciò improvvisamente cadere il discorso. Lei la tirò fuori dalla propria borsa, porgendogliela. Era un’ampolla di vetro lavorato, con una grossa gemma rossa sul tappo d’argento. Aveva più o meno le dimensioni di un flaconcino di profumo da 50 ml. «Molto bene» disse lui, prendendola e svitando il tappo. Madeline restò un po’ stupita da quel gesto. Diomedes le aveva spiegato tutto il necessario, riguardo a quello scambio. Era un’antica consuetudine vampirica. Il nuovo capo di un consiglio donava un’ampolla con il suo sangue ai suoi alleati più vicini. Un tempo era un dono puralmente formale, perché le tecniche di conservazione del sangue erano primitive e quindi il contenuto dell’ampolla molto presto si seccava, diventando inutilizzabile. Negli ultimi cent’anni, tuttavia, nuove tecniche e nuove sostanze chimiche avevano reso possibile conservare il sangue molto a lungo, così che quel dono simbolico aveva assunto un altro significato: se il vampiro che lo riceveva era in pericolo, debole o affamato, poteva bere il sangue dell’ampolla, che normalmente apparteneva a un membro anziano e forte della loro razza. Quelli a cui veniva concesso quel dono, per consuetudine, mandavano la propria ampolla tramite un servitore umano, che si metteva a disposizione del capo del consiglio. Madeline si aspettava che Adrian bevesse da lei, se lo desiderava, e la usasse a proprio piacimento, prima di riempire l’ampolla del proprio sangue. Adrian, però, sembrava di un altro avviso. Si sfilò la giacca e la posò sul parapetto di marmo tra i due prati. Si arrotolò una manica della camicia e si tirò fuori dalla tasca dei pantaloni una specie di tubicino trasparente che terminava con un ago. «Se lo facessi nel modo tradizionale» le spiegò, leggendole la confusione nel pensiero, «dovrei mordermi un milione di volte. Le mie ferite si rimarginano troppo velocemente. Questo è un dispositivo butterfly, un cosiddetto ago “a farfalla”... decisamente più comodo. Ma sei comunque a mia disposizione, quindi spogliati. Vediamo di regalare a Diomedes del sangue vagamente saporito, nel caso che prima o poi dovesse berlo». In un certo senso Madeline ne fu rassicurata. Il suo padrone l’aveva spedita lì perché Adrian la usasse come un oggetto, se avesse deciso di non farlo Diomedes ne sarebbe stato dispiaciuto. Si slacciò la camicia e si sfilò la gonna. L’aria primaverile era scaldata dal sole, quindi non sentì freddo, ma spogliarsi all’aperto era comunque un po’ strano, per lei. «Ho scoperto che mi piace guardare una donna nuda alla luce del sole» sorrise Adrian. «Be’, mi piace quasi tutto, alla luce del sole. Erano ottocentocinquant’anni che non mi esponevo ai suoi raggi senza bruciare... e comunque non ho niente neanche contro le donne nude». Sotto i vestiti Madeline indossava un corpetto di pizzo, dei minuscoli slip coordinati e delle calze autoreggenti. Le sue mani andarono alla chiusura del corpetto, ma Adrian scosse lievemente la testa. «Togliti solo le mutande» disse. Madeline eseguì. Involontariamente, si guardò attorno, sperando che fossero soli, ma naturalmente non era così. Quella di Adrian era una grande casa, con molto personale. Un giardiniere stava potando una siepe, a una trentina di metri di distanza, e delle voci lontane venivano da una terrazza più in alto. «A quattro zampe» ordinò Adrian, proseguendo lungo il confine del prato inferiore. «Precedimi fino a quella panchina». Madeline fece come le veniva ordinato. Procedette a carponi sul ghiaino del vialetto. Le pietruzze che lo componevano le si conficcarono nelle ginocchia e nel palmo delle mani ed era consapevole che a quel punto Adrian, dietro di lei, e il giardiniere, più indietro, avevano una visione praticamente ginecologica del suo lato posteriore. Loro e chiunque ci fosse sulla terrazza. «Gli direi pure di venire qua a sbatterti» rise Adrian, leggendole nel pensiero, «ma sfortunatamente è gay. Sulla terrazza, invece, ci sono Sarah e il capo dei lupi britannici, che poi è il padre del mio figlioccio. Per quel che ne so Harry è dispostissimo a sbattere qualsiasi essere di sesso femminile gli passi davanti, ma in questo momento credo che lui e Sarah stiano affrontando qualche serissimo argomento pedagogico riguardo al loro bambino, quindi ti va male anche da quel lato». Le tirò un calcetto tra le gambe, invitandola così a sbrigarsi. Madeline accelerò, mordendosi il labbro inferiore per non singhiozzare di dolore. Probabilmente aveva le ginocchia spellate, ormai. Adrian le tirò un altra pedata sul sedere, ma niente di davvero fastidioso. Madeline sperava che tutto considerato fosse soddisfatto di lei. Diomedes ci teneva, che facesse una bella figura. «Ferma. In ginocchio» le disse Adrian, quando fu accanto alla panchina. Appoggiò l’ampolla sulla seduta e le avvicinò alla faccia il cavallo dei pantaloni. Diomedes, a quel punto, avrebbe lasciato che lei gli slacciasse i bottoni con i denti, ma Adrian fu più sbrigativo: se lo tirò fuori e glielo piazzò davanti alla bocca. «Se vuoi fare una bella figura fammi un pompino coi fiocchi. Non sono difficile da soddisfare. Per quanto mi riguarda puoi anche toccarti, ma forse è Diomedes che non vuole». In effetti era così. Se Adrian le avesse ordinato di farlo, Madeline l’avrebbe fatto, ma se gliene dava solo la possibilità lei doveva attenersi alle disposizioni di Diomedes, che poi erano riassumibili in un “tu vieni quando lo dico io”. Quindi si dedicò a lui e basta. Lo leccò sui testicoli e lungo l’asta, per poi baciarlo e mordicchiarlo. Lasciò che la propria bocca si riempisse di saliva prima di iniziare a succhiarlo. Lo sbirciò per osservare la sua reazione. Il suo cazzo era duro come pietra, ma questo non significava che fosse perfettamente soddisfatto e per Madeline era importante che lo fosse. Adrian le restituì lo sguardo senza parlare. Prese l’ago a farfalla e se lo infilò delicatamente nella vena all’interno del gomito. Prese anche l’ampolla e ci infilò dentro il tubicino trasparente, ma non aprì ancora la valvola del dispositivo. «Mh... fammi vedere quelle tettone, giovane londinese...» le disse. Madeline tirò fuori i seni dal corpetto e iniziò a massaggiarseli, mentre continuava a succhiarlo. «E adesso toccati... ma senza venire, okay?». Lei fece come gli ordinava. Iniziò a titillarsi il clitoride, mentre con l’altra mano si accarezzava attorno al buchetto della fica. Era umida, ma non era ancora grondante. Insistette con il proprio clitoride, sentendo il piacere che aumentava lentamente. Nel frattempo stuzzicava il foro dell’uretra di lui, lo leccava di piatto sul glande e poi scendeva lungo l’asta, abbassandogli il prepuzio con le labbra. «Più forte, tesoro. Usa i denti. E allargati per benino... aspetta...» Adrian si chinò e la leccò su una spalla. Madeline l’aveva già sperimentato una volta, tempo prima. Dipendeva dalla sua età e dalla sua forza. Tutti i suoi fluidi organici erano... Non concluse il pensiero. Dal punto in cui lui l’aveva leccata si allargò una lenta ondata di piacere, che quasi le mozzò il fiato in gola. Digrignò i denti, mordendolo sul cazzo, e Adrian emise un sospiro di soddisfazione, iniziando a muoversi a sua volta dentro la bocca di Madeline. Lei si infilò dentro due dita e iniziò ad allargare, continuando a sgrillettarsi. Rallentò quasi subito, rendendosi conto che se avesse continuato così sarebbe venuta presto. In quanto ad Adrian, aprì la valvola del dispositivo butterfly e il suo sangue iniziò a gocciolare dentro l’ampolla. «Cristo» borbottò «accelera». Madeline lo fece subito. Allineò bocca e gola in modo da riuscirglielo a prendere quasi tutto e aumentò il ritmo. Allontanò la propria mano dal clitoride, ma continuò a penetrarsi. A quel punto era terribilmente su di giri e se Adrian le avesse ordinato di godere fino in fondo gli sarebbe stata molto, molto grata. Ma Adrian si limitò a tirarglielo fuori dalla bocca e a venirle sulle tette. Chiuse la valvola dell’ago e se lo sfilò dalla vena. Il forellino, ovviamente scomparve all’istante. Subito dopo tappò l’ampolla e la passò a Madeline. «In piedi» le ordinò. Lei lo fece, anche se si sentiva un po’ instabile sulle gambe. Si osservò. Aveva le calze strappate all’altezza delle ginocchia e le ginocchia stesse abrase e un po’ insanguinate. Sui suoi seni c’erano ancora i resti dell’orgasmo dell’altro, le cui gocce traslucide brillavano sulla sua pelle nell’ultima luce del giorno. «Riprendi la tua borsa e torna a casa» le disse Adrian, con un sorriso sornione. «Solo la borsa, ci tengo. E ci tengo anche che tu ti ripresenti da Diomedes così come sei ora... collana di perle compresa. In fondo, questa è la tua grande serata». Madeline si impedì di sospirare. «Sì, signore» mormorò. +++ Quando parcheggiò nello spiazzo laterale della casa di Diomedes il sole era tramontato del tutto. Madeline aprì la portiera e non si stupì eccessivamente di trovare Diomedes stesso seduto sui gradini della scalinata dell’ingresso di servizio. Come sempre, Madeline pensò che fosse l’uomo più bello che avesse mai visto. Alto, snello, con le spalle larghe e il viso patrizio, dagli occhi grigiastri e scintillanti. I suoi capelli castani avevano due seducenti striature grigie sulle tempie e la sua pelle era perfetta e luminosa come quella di tutti i vampiri. La osservò scendere dalla macchina con un vago sorriso. «Dev’essere il mio compleanno» commentò. Madeline gli rivolse un lieve inchino e poi restò dritta davanti a lui, perché la guardasse. Gli occhi dell’altro passarono dalle sue ginocchia abrase e le sue calze strappate, alla sua fichetta nuda e completamente depilata, ai suoi seni scoperti e sporchi del piacere di un altro. «Eccezionale» sorrise. «Hai guidato fin qua così, eh?». Madeline annuì. «E gli altri automobilisti che cosa ne hanno pensato?». Lei deglutì, vergognandosi al ricordo. «A-alcuni mi hanno gridato delle cose, Padrone». Sulla fronte di Diomedes si dipinse una sottile ruga. «Eri chiusa dentro, vero?». Madeline annuì. L’aria era fredda, lì fuori, ma i capezzoli non le stavano diventando duri solo per quello. «Sì, Padrone». «E che cosa ti hanno gridato?». Lei sospirò leggermente. «Qualcuno mi ha detto che ero svitata, ma per lo più... puttana, zoccola, troia, ninfomane, pervertita...». Distolse lo sguardo. «A un... a un incrocio un tizio se l’è tirato fuori e ha iniziato a toccarsi». Diomedes rise. «Come dargli torto? Vieni, entriamo». Si alzò e Madeline lo seguì. In realtà era stata una delle cose più imbarazzanti della sua vita. Persino più imbarazzante di quanto Diomedes l’aveva spedita in un cinema a luci rosse a masturbare il primo che capitava. Pricipalmente Madeline aveva avuto paura di venire fermata dalla polizia. «Sai, credo che anche venirti a riprendere in centrale sarebbe stato piuttosto divertente» le disse Diomedes, circondandole la vita con un braccio e sfiorandole il sedere.

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