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Nora
Mi sveglio con un mal di testa martellante e lo stomaco nauseato. È buio e non riesco a vedere nulla.
Per un attimo, non riesco a ricordare cosa sia successo. Avevo bevuto troppo alla festa? Poi mi schiarisco le idee e mi tornano in mente gli eventi della notte scorsa. Ricordo il bacio e poi . . . Jake! Oh mio Dio, cos’è successo a Jake?
Cos’è successo a me?
Sono così terrorizzata che rimango sdraiata lì, tremante.
Sono sdraiata su qualcosa di comodo. Un letto con un buon materasso, probabilmente. Ho una coperta addosso, ma non riesco a sentire i vestiti su di me, solo la morbidezza delle lenzuola di cotone sulla pelle. Mi tocco e i miei sospetti trovano la conferma: sono completamente nuda.
Il mio tremore si intensifica.
Uso una mano per controllare tra le gambe. Con mio grande sollievo, sembra tutto normale. Nessuna parte bagnata, né indolenzita, nessun indizio che faccia pensare che io sia stata violentata.
Per ora, almeno.
Le lacrime mi bruciano gli occhi, ma non le lascio cadere. Piangere non aiuterebbe ora. Ho bisogno di capire cosa sta succedendo. Stanno progettando di uccidermi? Violentarmi? Violentarmi e poi uccidermi? Se si tratta di un riscatto, allora sono già morta. Da quando mio padre è stato licenziato durante la recessione, i miei genitori riescono a malapena a pagare il mutuo.
Mi sforzo di trattenere l’isteria. Non voglio iniziare a urlare. Attirerebbe la loro attenzione.
Così, rimango sdraiata lì al buio, mentre ogni orribile storia che ho visto al telegiornale mi attraversa la mente. Penso a Jake e al suo sorriso caldo. Penso ai miei genitori e a quanto saranno distrutti quando la polizia li avviserà della mia scomparsa. Penso a tutti i miei progetti e a come probabilmente non riuscirò mai a frequentare una vera e propria università.
E poi comincio ad arrabbiarmi. Perché lo fanno? Chi sono, a proposito? Penso che si tratti di 'loro' piuttosto che di 'lui' perché ricordo di aver visto una figura scura che incombeva sul corpo di Jake. Qualcun altro deve avermi afferrata da dietro.
La rabbia aiuta a fermare il panico. Riesco a riflettere per un po’. Ancora non riesco a vedere nulla nel buio, ma posso sentire.
Muovendomi con calma, mi metto ad esaminare con attenzione lo spazio che mi circonda.
Innanzitutto, mi rendo conto di essere distesa su un letto. Un letto grande, probabilmente matrimoniale. Ci sono dei cuscini e una coperta e le lenzuola sono morbide e piacevoli al tatto. Probabilmente costose.
Per qualche motivo, questo mi spaventa ancora di più. Questi sono criminali con i soldi.
Strisciando verso il bordo del letto, mi siedo, tenendo la coperta stretta intorno a me. I miei piedi nudi toccano il pavimento. È liscio e freddo al tatto, come il parquet.
Mi avvolgo la coperta intorno e mi alzo, pronta a continuare a esplorare.
In quel momento, sento la porta aprirsi.
Vedo una debole luce. Pur non essendo abbagliante, rimango accecata per un minuto. Sbatto le palpebre un paio di volte e i miei occhi si abituano.
E vedo lui.
Julian.
Se ne sta sulla soglia come un angelo oscuro. I suoi capelli si arricciano un po’ intorno al suo viso, addolcendo la perfezione dura dei suoi lineamenti. I suoi occhi sono concentrati sul mio viso e curva le labbra in un lieve sorriso.
È stupendo.
E assolutamente terrificante.
Il mio istinto aveva ragione—quest’uomo è capace di qualsiasi cosa.
"Ciao, Nora" dice a bassa voce, entrando nella stanza.
Rivolgo uno sguardo disperato intorno a me. Non vedo niente che potrei utilizzare come arma.
La mia bocca è secca come il deserto. Non riesco nemmeno a raccogliere abbastanza saliva per parlare. Così, lo guardo avvicinarsi a me come una tigre affamata a caccia della sua preda.
Lo affronterò se mi tocca.
Si avvicina e io faccio un passo indietro. Poi un altro e un altro ancora, finché non raggiungo il muro. Sono ancora avvolta dalla coperta.
Alza la mano e mi irrigidisco, pronta a difendermi.
Ma tiene semplicemente una bottiglia d’acqua e me la offre.
"Ecco" dice. "Ho pensato che avessi sete."
Lo fisso. Sto morendo di sete, ma non voglio che mi droghi di nuovo.
Sembra capire la mia esitazione. "Non ti preoccupare, gattina mia. È solo acqua. Ti voglio sveglia e cosciente."
Non so come reagire a questa affermazione. Il cuore mi martella in gola e mi sento male per la paura.
Se ne sta lì, a guardarmi con pazienza. Stringendo la coperta con una mano, soccombo alla sete e prendo l’acqua da lui. Mi trema la mano e nel farlo sfioro le sue dita con le mie. Un’ondata di calore mi attraversa, una strana reazione che ignoro.
Ora devo svitare il tappo, il che significa che devo lasciar andare la coperta. Osserva il mio dilemma con interesse e nessun accenno di divertimento. Per fortuna, non mi tocca. Sta lì in piedi a meno di due metri di distanza e semplicemente mi guarda.
Premo le braccia sul corpo, tenendo la coperta in quel modo, e svito il tappo. Poi tengo la coperta con una mano e porto la bottiglia alle labbra per bere.
Il liquido freddo è straordinario sulle mie labbra secche e sulla lingua. Bevo finché non finisco tutta la bottiglia. Non riesco a ricordare l’ultima volta in cui l’acqua mi è sembrata così buona.
La secchezza della bocca dev’essere l’effetto collaterale di qualsiasi droga abbia usato per portarmi qui.
Ora posso parlare di nuovo, così gli chiedo: "Perché?"
Con mia grande sorpresa, la mia voce sembra quasi normale.
Alza la mano e mi tocca di nuovo il viso. Proprio come aveva fatto nel locale. E ancora una volta, resto immobile lì e glielo lascio fare. Le sue dita sono delicate sulla mia pelle, il suo tocco è quasi tenero. È un contrasto così evidente rispetto a tutta la situazione che rimango un attimo disorientata.
"Perché non mi è piaciuto vederti con lui" dice Julian, e riesco a sentire la rabbia repressa a stento nella sua voce. "Perché ti ha toccata, ti ha messo le mani addosso."
Riesco a malapena a pensare. "Chi?" sussurro, cercando di capire di chi stia parlando. E poi capisco tutto. "Jake?"
"Sì, Nora" dice, cupo. "Jake."
"È—" Non so nemmeno se riesco a dirlo ad alta voce. "È . . . vivo?"
"Per ora" risponde Julian, con gli occhi che ardono nei miei. "È in ospedale con una lieve commozione cerebrale."
Sono così sollevata che mi accascio contro la parete. E poi mi sovviene il pieno significato delle sue parole. "Che vuol dire ‘per ora’?"
Julian si stringe nelle spalle. "La sua salute e il suo benessere dipendono completamente da te."
Ingoio per inumidire la gola ancora secca. "Da me?"
Le sue dita mi accarezzano di nuovo il viso, spingendomi i capelli dietro l’orecchio. Ho così freddo che ho l’impressione che il suo tocco mi bruci la pelle. "Sì, gattina mia, da te. Se ti comporti bene, starà benissimo. Altrimenti . . ."
Riesco a malapena a respirare. "Altrimenti?"
Julian sorride. "Morirà tra una settimana."
Il suo sorriso è la cosa più bella e spaventosa che io abbia mai visto.
"Chi sei?" sussurro. "Che cosa vuoi da me?"
Non risponde. Mi tocca i capelli, portando una folta ciocca castana sul viso. Respira, come per annusarla.
Lo osservo, bloccata. Non so cosa fare. Dovrei affrontarlo ora? E se sì, cosa otterrei? Non mi ha ancora fatto del male e non voglio provocarlo. È molto più grosso di me, molto più forte. Vedo lo spessore dei suoi muscoli sotto la maglietta nera che indossa. Senza i tacchi, arrivo appena alla sua spalla.
Mentre rifletto sulla possibilità di combattere qualcuno che probabilmente pesa una cinquantina di chili più di me, lui prende la decisione per me. Allenta la presa sui miei capelli e tira la coperta che stringo forte.
Non la lascio andare. Semmai, la stringo più forte. E faccio qualcosa di imbarazzante.
Lo supplico.
"Ti prego" dico disperata. "Ti prego, non farlo."
Sorride di nuovo. "Perché no?" La sua mano continua a tirare la coperta, lentamente e inesorabilmente. So che lo sta facendo per prolungare la tortura. Potrebbe tranquillamente strapparmi la coperta con un forte strattone.
"Non voglio questo" gli dico. Riesco a malapena a respirare per la costrizione sul petto e la voce mi esce inaspettatamente sospirata.
Sembra divertito, ma c’è un bagliore oscuro nei suoi occhi. "No? Credi che non abbia percepito la tua reazione nel locale?"
Scuoto la testa. "Non c’è stata nessuna reazione. Ti sbagli . . ." La mia voce è carica di lacrime non versate. "Voglio solo Jake—"
In un attimo, mi avvolge la mano intorno alla gola. Non fa nient’altro, non stringe, ma la minaccia è implicita. Sento la violenza in lui e sono terrorizzata.
Si china verso di me. "Tu non vuoi quel ragazzo" dice con fermezza. "Lui non potrà mai darti quello che posso darti io. Hai capito?"
Annuisco, troppo spaventata per poter fare qualsiasi altra cosa.
Mi lascia andare la gola. "Bene" dice con un tono più dolce. "Ora lascia andare la coperta. Voglio rivederti nuda."
Rivedermi? Dev’essere stato lui a spogliarmi.
Cerco di stringermi ancora di più al muro. E continuo a non lasciar andare la coperta.
Sospira.
Due secondi dopo, la coperta è sul pavimento. Come avevo sospettato, non ho alcuna possibilità quando usa tutta la sua forza.
Resisto nell’unico modo possibile. Invece di restare lì e permettergli di guardare il mio corpo nudo, scivolo lungo il muro fino a sedermi per terra, con le ginocchia contro il petto. Con le braccia che mi avvolgono le gambe, rimango seduta così, tutta tremante. I miei capelli lunghi e folti mi cadono lungo la schiena e le braccia, coprendomi in parte.
Nascondo il viso tra le ginocchia. Sono terrorizzata da quello che mi farà ora e le lacrime che mi bruciano gli occhi finalmente escono fuori, rigandomi le guance.
"Nora" dice, con un tono inflessibile. "Alzati. Alzati, ora."
Scuoto la testa in silenzio, ancora senza guardarlo.
"Nora, questo può essere piacevole o doloroso per te. Dipende da te."
Piacevole? È pazzo? Tutto il mio corpo è scosso dai singhiozzi, a questo punto.
"Nora" ripete, e sento l’impazienza nella sua voce. "Hai esattamente cinque secondi per fare quello che ti sto dicendo."
Aspetta e riesco quasi a sentirlo contare nella testa. Conto anch’io e quando arrivo a quattro, mi alzo, con le lacrime che continuano a rigarmi il viso.
Mi vergogno della mia vigliaccheria, ma ho tanta paura del dolore. Non voglio che mi faccia male.
Non voglio proprio che mi tocchi, ma chiaramente non è un’alternativa.
"Che brava ragazza" dice sottovoce, toccandomi di nuovo il viso, coprendomi le spalle con i capelli.
Tremo al suo tocco. Non riesco a guardarlo, così tengo gli occhi abbassati.
A quanto pare è contrario a questo, perché mi solleva il mento fin quando non ho altra scelta che quella di incrociare il suo sguardo.
I suoi occhi sono blu scuro con questa luce. È così vicino a me che riesco a sentire il calore che si irradia dal suo corpo. Mi fa piacere perché sento freddo. Sono nuda e fa freddo.
Improvvisamente, si allunga verso di me, chinandosi. Prima che possa spaventarmi, mi fa scivolare un braccio intorno la schiena e un altro sotto le ginocchia.
Poi mi solleva senza sforzo tra le sue braccia e mi porta sul letto.